Coma
Gli occhi sgranati, le pupille ridotte al minimo, uno strano sorriso sul volto. La lunga chioma dorata e i capelli imbrattati di sangue.
Alice era pazza. Tanto pazza.
Alice faceva paura. Tanta paura.
Ma il Dodo l'amava. L'amava come solo un bambino può fare: con tutto sé stesso e con tutto il cuore.
Alice è invincibile.
Questo è ciò che pensava ogni volta che incrociava il suo sguardo.
Quegli occhi color dell'oceano che a volte parevano fin troppo maturi per appartenere ad una bambina di solo undici anni.
Il Dodo non fece amicizia con gli altri quattro bambini, erano troppo legati tra di loro per poter fare spazio anche a lui.
Parlava con loro di rado, giusto qualche volta prima o dopo gli spettacoli.
Il direttore non sapeva che lui andava con loro quelle sere in cui ricevevano la loro "ricompensa".
Certo, era rischioso andarci comunque, però il Dodo non poteva davvero farne a meno.
Perché oltre all'Alice sempre allegra e gentile, lui si era innamorato anche di quell'Alice che correva per i vicoli in piena notte. Quella che teneva sempre in tasca un pugnale e una freccetta. Quella che aveva sempre i vestiti imbrattati di un sangue che non era il suo. Quella che rideva solo ed unicamente perché detestava l'idea di mettersi a piangere.
Alice è invincibile.
Questo pensava e questa era una delle sue poche certezze nella vita.
Inutile dire che si sbagliava. Si sbagliava eccome.
-
Sembrava una giornata come tante altre quella in cui la vita del Dodo venne completamente e irrimediabilmente stravolta.
Iniziò tutto la sera, durante una "ricompensa".
Come al solito il bambino aveva avuto intenzione di osservare lo spettacolo da lontano, nascosto dietro una vecchia auto parcheggiata in quella stradina di periferia da tempo immemorabile.
I cinque erano pronti a cominciare.
La "preda" era già arrivata.
Sembrava che nulla potesse andare storto.
E invece andò proprio così.
Il Dodo non dimenticò mai quel momento.
Il momento in cui vide lo sguardo di quei cinque bambini, per lui incredibili e soprattutto invincibili, vacillare.
Come se avessero avuto paura di qualcosa.
Anzi, di qualcuno.
Megumi gli disse di rimanere in camera sua mentre lei e gli altri andavano a riferire tutto al direttore.
Ma lui disubbidì.
Era in camera sua da circa dieci minuti quando si stancò di aspettare e decise di uscire per vedere cosa stesse succedendo.
Udì il suono dello sparo.
Poi passarono alcuni istanti.
Dopo se ne udì un secondo.
Un fremito gli attraversò il corpo da capo a piedi, ma quando raggiunse Alice, ormai era troppo tardi.
Sia lei che il direttore erano distesi a terra, in mezzo a un mare di sangue, ma se l'uomo pareva solo indebolito e molto stanco, la bambina invece era in condizioni a dir poco critiche.
Alla fine perfino loro ti hanno abbandonata, eh Alice?
I quattro bambini infatti erano andati via.
Loro dovevano proteggerti. Loro POTEVANO proteggerti. Perché non l'hanno fatto, Alice?
Le si avvicinò, inginocchiandosi poi accanto a lei.
Ehi Alice, non doveva andare così. Tu non puoi morire, lo sai, vero?
Fu allora che si accorse di una cosa: il petto della bambina, seppur molto debolmente, si stava ancora alzando e abbassando.
Lo sapevo che tu non potevi morire.
Tu sei invincibile, non è vero Alice?
Il Dodo era cagionevole e di costituzione minuta. Inoltre era anche più piccolo di lei, seppur di solo un anno, ma nonostante ciò si fece forza e sollevò la bambina, prendendola tra le braccia.
Non sapeva dove sarebbe andato.
Sapeva solo che non sarebbe rimasto in quel circo un secondo di più e che Alice sarebbe rimasta al suo fianco... Per sempre...
E in effetti fu così.
Alice non morì.
Peccato solo che, allo stesso tempo, non si risvegliò... Mai più.
Mi sento Monokuma.
Non chiedetemi perché, ma più vado avanti con questa storia più inizio a capire come deve essersi sentito anche lui...
(Per chi non lo sapesse, Monokuma è un personaggio di Danganronpa e Danganronpa è un anime di genere "DISPERAZIONE")
(Sì, è il caso che vi preoccupiate XD)
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