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- Ma sei proprio sicuro di volerlo fare davvero? -
- Non ti agitare, probabilmente ci stanno guardando dalla telecamera. -
- Ma è rischioso. -
- È l'unica soluzione che mi è venuta in mente. -
- E se non funzionasse? -
- Almeno ci avremmo provato, no? -
- Non è una risposta, Satoshi! -
- Hajime, stai calmo. Andrà tutto bene. -
- Ma... -
- Ragazzi, sbrigatevi o inizieranno a insospettirsi. -
- Tanto non hanno l'audio. -
- In ogni caso sospetteranno qualcosa se vi vedono indugiare per tutto questo tempo. -
- Ok... -
- Hai bisogno di aiuto con la siringa? -
- No, tranquilla Sumire, ce la faccio. -
-
- Ancora non si vedono... - Mormorò Souchi.
- Ho paura che sia successo qualcosa anche a loro... - Disse invece Hajime.
- Dovremmo andare a controllare... -
- Meglio di no. -
- Ma se li hanno avvelenati di nuovo non sarà pericoloso? -
- Forse sì, ma non possiamo lasciarli qui da soli... - Ribatté il ragazzo osservando Satoshi e Keichi, ancora sdraiati sui due letti.
- Qualcuno deve chiamare la polizia, o saremo costretti a rimanere chiusi qui dentro per sempre. -
- No, si accorgeranno della nostra assenza già tra un paio d'ore, quando chiameranno per farci andare in mensa a cenare. -
- Due ore sono molto lunghe in situazioni del genere. -
- Lo so... -
- Ecco... Shun e Kazuto prima mi hanno spiegato più o meno come stanno le cose, ma... Sul serio è arrivato il Dodo? -
- Sì. -
- Povero Takeshi... Deve essere proprio disperato per arrivare a fare una cosa del genere... -
- Ren. -
- Eh? -
- Si chiama Ren. -
- No, guarda che era Takeshi. Saranno anche passati sei anni, ma lo ricordo perfettamente. -
- Sul serio? - Chiese il Cheshire Cat sgranando gli occhi. - E... Non è che ti ricordi anche il suo aspetto? -
- Certo che me lo ricordo. - Rispose Tweedledum alzando gli occhi al cielo. - Ha gli occhi castani, i capelli neri e lisci e la pelle pallida visto che a causa della sua salute cagionevole non può neanche stare troppo all'aperto. -
- ...Ah. -
- Che è questa reazione? -
- Ecco... Non c'è proprio la minima possibilità che in realtà il Dodo sia un ragazzo moro tendente al biondo con gli occhi azzurri e la pelle leggermente abbronzata? -
- È esattamente l'opposto di quello che ti ho appena detto... Certo che non può essere lui. -
- ...Ah. -
- Non dirmi che un ragazzo così si è spacciato per Takeshi!? - Esclamò Souchi a dir poco incredulo.
- Ecco... Insomma... - Borbottò Hajime distogliendo lo sgaurdo.
- Voi e la vostra memoria a breve termine... -
- Bè, ad ogni modo non è che questa scoperta cambi le cose. C'è sempre un criminale a piede libero per il centro psichiatrico intenzionato a uccidere Satoshi! -
- Già... Anche questo è vero... -
- Ad ogni modo il sistema di sicurezza di questo posto fa proprio schifo... Possibile che nessuno si sia accorto di nulla!? -
- Probabilmente hanno avvelenato anche i cinque infermieri che oggi erano di turno. -
- Ah... Giusto... Allora altro che due ore! Potremmo davvero rimanere qui per sempre! -
- Ma poco fa tu e quegli altri due non stavate parlando di un piano? -
- In effetti sì, ma... -
- Ma? - Lo incalzó Souchi.
- Ma è molto rischioso e io non so se sia il caso di provarci davvero... - Rispose l'altro chinando leggermente lo sguardo.
- Hajime, Keichi è in coma! - Ribatté Tweedledum, solo allora il Cheshire Cat si rese conto che stava piangendo. Con quel suo modo di parlare sempre calmo e pacato non ci aveva proprio fatto caso. - Se qualcuno non porta subito un antidoto, rischierà di rimanere così per sempre, capisci!? E lo stesso vale anche per Kazuto e Shun se davvero è successo qualcosa! E anche per te! Ti ricordo che non hai ancora preso l'antidoto! -
- Ho capito Souchi... - Sospirò il ragazzo. - Ho capito... In fondo è davvero l'unico modo che abbiamo per avere una piccola possibilità di vittoria. -
- Bene, ma ora mi vuoi spiegare di cosa si tratta esattamente? - Chiese il rosso mentre si alzava dal letto.
- Dobbiamo uscire. - Rispose Hajime, mentre con una mano accarezzava leggermente il capo del fidanzato. - Dobbiamo uscire e andare in giro per il centro psichiatrico. -
- Ma equivale a un suicidio! - Ribatté Souchi incredulo. - Non puoi dire sul serio, che razza di piano è!? -
- Eh già. Satoshi, lo hai sentito? - Rise il ragazzo prima di accucciarsi accanto al biondo. - Lo pensa anche lui: che razza di piano è? -
-
Le luci erano spente e le tende tirate.
La camera era completamente avvolta nel buio.
C'erano solo due ragazzi al suo interno, entrambi sdraiati sui letti e in silenzio.
L'unico rumore che era possibile udire era quello del loro respiro.
Uno stanco e irregolare, come quello di un malato, mentre l'altro più rapido, quasi agitato.
E poi c'era anche qualcos'altro: il ticchettio delle lancette di un piccolo orologio a muro, che scandivano il tempo lentamente, dando quasi l'impressione di soffermarsi a lungo su ogni singolo secondo.
In tutto il centro psichiatrico solo quattro persone erano in movimento; una era addormentata sul letto all'interno di una delle tante camere; altre quattro erano distese inermi al suolo in mezzo ai lunghi corridoi dalle pareti bianco latte; altre cinque ancora erano invece al piano terra, ma nelle medesime condizioni dei quattro ragazzi; e poi ce n'erano altre due, quei due ragazzi sdraiati sui letti della stanza avvolta nell'oscurità più totale.
Per un attimo, quando la porta di quella camera si aprì di scatto inondandola di luce, parve quasi che il tempo si fosse fermato.
Poi però le lancette ripresero a scorrere, scandendo i passi del ragazzo che in quel momento si stava avvicinando a uno dei due letti.
Il letto a sinistra, dove era sdraiato un ragazzo dai mossi capelli dorati.
Il moro si avvicinò al suo letto, tenendo tra le dita una siringa, stringendola con così tanta forza da imprimersi quasi il suo segno sul palmo della mano.
Una lacrima di sudore dovuta alla paura e alla tensione prese a scendergli lungo la fronte, fondendosi lungo il cammino con una lacrima.
La mano di Ren tremò mentre avvicinava l'ago alla pelle di Satoshi, ma il suo sguardo era deciso.
Ormai era tardi per tornare indietro.
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