The day I fell in love with you
Il giorno in cui mi sono innamorata di te
Elise
Ricordo quel giorno come fosse ieri... quando ti ho guardato e ho sentito le farfalle nello stomaco, quando mi hai sorriso e non ho potuto fare a meno di sorridere anche io.
È stato nell'istante in cui mi sono seduta accanto a te e ti ho visto, che ho smesso di maledire mentalmente le mie amiche e la loro idea bacata di un viaggio last minute, che ci aveva costrette a stare in posti separati.
Ricordo che mi sono seduta un po' agitata e tu mi hai guardato dritto negli occhi, e con una voce dolcissima, dopo avermi donato uno dei tuoi più bei sorrisi, mi hai chiesto "Tutto bene, signorina?". No, non andava niente bene. Odiavo viaggiare in aereo, ora lo sai, e l'idea di affrontare un viaggio da sola mi terrorizzava. Non avevo nessuna delle mie amiche accanto, a cui urlare in faccia tutta la mia ansia e buttare addosso tutte le mie paure sul decollo imminente. Ma, ovviamente, tutto questo non potevo dirtelo... così, mi sono limitata a ricambiare il sorriso e ad annuire impacciatamente, rispondendo silenziosamente alla tua domanda.
Hai subito colto l'occasione per essere gentile e farmi sentire a mio agio, cedendomi il tuo poggiatesta, in modo da farmi viaggiare più comoda e, eventualmente, addormentare.
Così ho tirato fuori la mia spavalderia e mi sono presentata. "Io sono Elise", ti ho detto in tono squillante. "Daniel" mi hai risposto tu sorridendo.
Quando l'aereo ha iniziato a decollare, avevo decisamente l'aria terrorizzata e tu hai sorriso di nuovo e mi hai preso la mano, tranquillizzandomi. Te lo confesso, ho avuto un tuffo al cuore quando hai preso la mia mano... una sensazione improvvisa di gioia mi ha invasa. Un po' come quando senti di stare al posto giusto, nel momento giusto, con la persona giusta.
Quando l'aereo ha preso quota ho lasciato andare la tua mano, con un'evidente aria imbarazzata. Ciò che mi avevi smosso dentro, con quel semplice contatto, era probabilmente visibile agli occhi di tutti.
Mentre l'aereo era in volo abbiamo conversato su di noi e sul perché ci trovavamo entrambi in quell'aereo. Mi hai detto di essere un broker (che, per la cronaca, non ho ancora capito che fa. Ma lo sai, sono un po' ottusa su certe cose) e che eri lì per un viaggio di lavoro. Ero affascinata dal modo in cui parlavi di te e della tua vita e, per un attimo, mi sono sentita così stupida a raccontarti la mia banale quotidianità e gli sciocchi motivi del mio viaggio: una commessa di abbigliamento per bambini che decide di visitare la magica Londra insieme alle amiche di una vita.
Per questo motivo, quando me l'hai chiesto, te l'ho quasi sussurrato. Mi vergognavo del mio lavoro mediocre che, rispetto alle responsabilità che avevi tu, non era niente di speciale.
Così tu hai subito capito come mi sentissi... non so come hai fatto, ma l'hai capito. Hai iniziato a farmi una specie di discorso filosofico sull'importanza di ogni individuo nella società, sull'utilità di ogni singolo essere umano sulla faccia della terra. E poi hai iniziato a parlare di vita, di sogni, desideri, aspettative, e ogni tua singola parola mi catturava. Mi hai detto che il lavoro non è poi così importante e che ciò che conta è l'amore. L'amore tra un uomo e una donna, tra una mamma e il suo bambino, tra un padre e un figlio, tra un nonno e un nipote, l'amore che ognuno mette in ciò che fa. Come il pittore che una volta dipinto il suo quadro resta interminabili minuti ad osservarlo, o come lo scrittore che sfoglia felice la prima copia del suo libro, o come l'attore a teatro che posando i suoi abiti di scena, si commuove dicendo addio al suo personaggio.
Ecco, Daniel, tutto questo... mi ha fatto capire che persona speciale e rara fossi. Mi ha fatto capire quanto fossi stata fortunata ad aver avuto il posto accanto a te, su quell'aereo.
E dopo tanti discorsi seri abbiamo iniziato a parlare del nostro passato, dei nostri amori, delle nostre delusioni. È stato bello scoprire che esistono ancora uomini che soffrono per amore. Avevo finalmente trovato una persona normale, a posto, per bene, e l'avevo trovata su un maledettissimo aereo. La mia paura di volare si era trasformata in un sogno ad occhi aperti.
Quando poi abbiamo cominciato a fare discorsi più frivoli, sui luoghi comuni degli uomini e delle donne, ho visto il tuo lato divertente... e l'ho adorato. Ho iniziato a dire che voi uomini guardate sempre e solo le forme estetiche di una donna: il seno, il sedere... e che tutto il resto passa in secondo piano, se non completamente inosservato. Mi hai smentita. Quindi per metterti alla prova ti ho chiesto, così a bruciapelo: "Qual è la cosa che più ti piace di me?". Speravo di coglierti alla sprovvista, speravo in una tua esitazione che mi avrebbe fatto capire che in realtà mi avevi guardato il fondoschiena, quando mi ero alzata per recuperare una cosa dal bagaglio a mano. Ma, invece, hai risposto subito, pronto, deciso, e quello che mi hai detto mi ha sciolto il cuore. "Adoro la fossetta che ti si forma proprio qui, in mezzo alla guancia, quando sorridi".
Credo di essere rimasta per un attimo senza parole e di essere arrossita al punto di far sperimentare al mio viso tutte le sfumature del rosso e del viola.
Ecco, Daniel, credo che quello sia stato il preciso istante in cui mi sono innamorata di te.
Mai nessun uomo mi aveva detto una frase così bella, e la cosa più incredibile era che non l'avevi detta per compiacermi o far colpo su di me, ma perché la pensavi davvero. Te lo leggevo negli occhi.
Il volo durò circa un'ora e mezza e, ad oggi, ti dico che è stata l'ora e mezza più bella della mia vita. Salire su quell'aereo, sedermi accanto a te, conoscerti, ha cambiato ogni cosa. Ha reso tutto più bello, magico, incredibile, speciale.
Non sono mai stata una sognatrice, ma accanto a te lo sono diventata. Romantica e sognatrice.
Appena scesi dall'aereo, le mie amiche avevano subito approfittato per "rubarmi" a te. Ma prima che, mi trascinassero definitivamente via, via dall'uomo che in così poco tempo mi aveva stregato, via da ogni possibilità di ricontrarti... mi hai preso per un braccio, gentilmente, e mi hai dato il tuo bigliettino da visita.
"Se hai bisogno di qualcuno che ti tenga ancora la mano, chiamami!". E mi hai fatto l'occhiolino, facendomi arrossire e ponendo le mie amiche, un secondo dopo, nella fase "terzo grado".
Quel gesto è stato stupendo per me. Mi ha fatto capire che non ero l'unica ad aver provato un turbinio di emozioni in così breve tempo. Ho lasciato quell'aereo con l'umore a mille, felice... esattamente come sono oggi.
Il giorno in cui mi sonno innamorato di te
Daniel
Ricordo quel giorno come fosse ieri... quando i tuoi occhi sono inciampati nei miei e le tue dita hanno sfiorato la mia mano, ho capito che avresti fatto un gran casino dentro.
Hai preso posto accanto a me titubante e agitata, buttando all'aria ogni cosa si trovasse sul tuo cammino. Era palese avessi paura di volare, anche se non volevi darlo a vedere.
Di solito non sono uno dalle mille parole, ma quando ho letto la paura nel tuo sguardo, non sono riuscito a trattenermi.
"Tutto bene, signorina?". Ho sussurrato guardandoti dritto negli occhi.
Sei rimasta in silenzio, riempiendo con un sorriso l'aria intorno a noi. E sai, quell'attimo lo ricordo ancora: la tua mano tremante che spostava un ciuffo di capelli via dal viso, gli occhi nocciola spalancati, mentre le tue labbra si allargavano all'insù.
E ti ho sentita, ho sentito il mio cuore perdere un battito, e lì ho capito che con i tuoi modi di fare eri riuscita ad ottenere la mia completa attenzione.
Non volevo smettere di guardarti, volevo sentire la tua voce, vedere l'effetto che mi provocava. Così mi sono offerto di prestarti il mio poggiatesta, sperando di poterti tranquillizzare; hai accettato timidamente con un semplice grazie. Una voce flebile e dolce ha fatto capolinea tra noi" Piacere Elise".
"Daniel" ho risposto sorridendo.
Finalmente il tuo viso aveva un nome, che non avrei dimenticato per tutta la vita.
Ma il bello doveva ancora arrivare: quando è stato annunciata la partenza ti ho vista chiudere gli occhi e cominciare a sussurrare qualcosa, non ho potuto fare a meno di sorridere, credevo stessi pregando, oggi invece so che stavi maledicendo le tue amiche per quel viaggio organizzato all'ultimo momento. Non riuscivo a staccare gli occhi dai tuoi, mentre la mano ha cominciato a muoversi da sola, senza permesso, fino alla tua. Ti ho vista sussultare a quel contatto, ma non ti sei sottratta, forse perché avevi troppa paura, o forse perché anche tu avevi sentito quella forte attrazione. Hai stretto la presa sulla mano, mentre le dita mi sfioravano.
Appena l'aereo ha preso quota hai sospirato, lasciando andare la mia mano in modo veloce, con il viso arrossato e l'espressione d'imbarazzo dipinta in viso.
"Scusa...".
Abbiamo parlato, parlato e ancora parlato senza sosta, per l'intero viaggio, senza nemmeno renderci conto del tempo che trascorreva. Ero insaziabile: più mi raccontavi di te, più volevo sapere; era come se fosse scritto nel destino che quel viaggio mi avrebbe portato la felicità.
Avevo perso il volo maledicendo il ritardo del taxi, ma ad oggi, se rivedessi l'autista dai baffi alla messicana, lo ringrazierei, pagandogli il doppio della corsa.
Ricordo ancora come ti eri definita una ragazza comune, semplice, che lavorava come commessa in un negozio di abiti per bambini, ma io vedevo tutt'altra cosa, io vedevo tutto quello che i tuoi occhi mi stavano raccontando silenziosi.
I capelli ramati scendevano in morbide onde sulle spalle, le lunghe ciglia risaltavano i tuoi grandi occhi nocciola e quelle labbra... un continuo invito a toccarle.
Non riesco ancora a dimenticare il suono della tua risata quando ti ho parlato del mio lavoro, ancora oggi non so cosa ti divertisse tanto, ma l'eco della tua voce lo sento ancora risuonare in testa.
Sono rimasto incatenato a te, ai tuoi occhi, al tuo corpo, stretto in quell'abito rosa che mostrava più di quanto potessi immaginare. Forse è stata proprio la tua insicurezza, il tuo strano modo di vedere il mondo o semplicemente la tua bellezza a destabilizzarmi, ma sapevo che non sarei riuscito a dimenticarti, a dimenticare quell'oceano di sensazioni che mi stavi provocando.
Posso sentire ancora quel nodo alla bocca dello stomaco, quando sei scivolata sulle mie gambe, mentre cercavi di farti strada tra i sedili. Le mani si sono posate involontarie sui fianchi, il profumo dei tuoi capelli mi ha investito all'istante. Ti sei rialzata, con le guance colorate, e le mani a scorrere su quel vestito che ti scopriva troppo le gambe. Ed eri bella, bella da mozzare il fiato...
Quando sei tornata al tuo posto mi sono alzato, non volevo crearti ulteriore imbarazzo, ma i nostri sguardi si sono scontrati, mentre un sorriso si è allargato sui nostri visi.
Dopo discorsi sull'amore hai deciso di mettermi alla prova, ma sono certo ad oggi, di averti stupito con la mia risposta.
"Qual è la cosa che più ti piace di me?". Hai chiesto con un sorriso sicuro, convinta forse che sarei caduto proprio su quella domanda.
"Adoro la fossetta che ti si forma proprio qui, in mezzo alla guancia, quando sorridi". Ho letto nel tuo sguardo l'incertezza di aver sentito bene, mentre sapevo di aver segnato un punto a mio favore.
Un'ora e mezza di viaggio dopo stavamo per atterrare, ripetutamente mi passavo le mani nei capelli, nervoso e agitato, tu credevi ci fosse qualcuno ad aspettarmi, io credevo di impazzire perché non avrei avuto altra occasione di vederti. E lo volevo, lo volevo più di ogni altra cosa al mondo, non volevo e non potevo farmi scappare quell'occasione.
Perché sai Elise, sei stata un colpo di fulmine, uno di quelli che gli uomini non ammetteranno mai di avere, ma che a differenza delle donne hanno una sola volta in vita loro, e tu sei stato il mio.
Una volta recuperati i bagagli siamo rimasti in attesa, l'uno di fronte all'altra, a guardarci in silenzio con le labbra socchiuse in cerca di parole che non volevano arrivare. Le tue amiche continuavano a ridere a due passi da noi, sorprese e divertite dal nostro strambo incontro.
Ho recuperato un biglietto da visita dal portafoglio, cercando di darmi tutto il coraggio possibile per fare quella mossa, per fare scacco matto.
Ti ho guardato, allungando il cartoncino verso di te, che hai afferrato al volo. E mentre sembravo sicuro di me, dentro mi sentivo come un bambino.
Hai alzato un sopracciglio sorpresa, forse non credevi di aver procurato tante emozioni al tuo passaggio... eppure l'hai fatto.
Ho recuperato il trolley, ti ho sorriso e salutato con un piccolo bacio sulla guancia e mi sono voltato, pronto ad andare, ma prima di essere troppo lontano da te, mi sono girato ancora, avevo bisogno di rivedere il tuo viso un'ultima volta, perché non sapevo se mai ti avrei rivista.
Eri ferma, con il cartoncino tra le mani e lo sguardo fisso su di me; ho alzato la mano per salutarti facendoti l'occhiolino. "Se hai bisogno di qualcuno che ti tenga ancora la mano, chiamami".
Ma io sapevo dove trovarti, esattamente dentro di me, dove c'era più rumore.
Oggi...
Noi
"Te lo immaginavi così?". Le sussurro tenendo la mano ferma sul ventre, mentre le note della nostra canzone riempiono l'aria.
Si volta con il sorriso sulle labbra e lo sguardo fisso sulla sua pancia.
"No... non avrei mai pensato che sentire questi piccoli calci mi avrebbero resa così felice".
Mi avvicino posando le labbra sulle sue, in un bacio che profuma di noi.
"Pensa come sarà tenerlo tra le braccia". Le avvolgo un braccio intorno alle spalle attirandola a me.
"Daniel?".
La osservo attentamente, quel tono corrisponde ad una domanda, ne sono certo.
"Quando hai capito che ero quelle giusta?".
Butto la testa indietro, mentre la mente si perde tra i ricordi, prima di puntare i miei occhi nei suoi.
"Quando ti sei seduta accanto a me sull'aereo".
Un espressione sorpresa le si dipinge in viso. "Davvero?".
"Già... con le tue incertezze e la tua bellezza mi hai catturato subito, è bastato uno sguardo per capire che mi stavo innamorando di te".
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