47|| Un'Ora Per Morire
๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐ ๐๐๐ ๐๐๐๐๐ ๐๐ ๐๐๐๐ ๐๐๐ ๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐' ๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐, ๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐ ๐ ๐๐๐ ๐๐๐๐๐ ๐๐๐' ๐๐๐๐๐๐๐๐. ๐ฎ๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐. ๐ฝ๐๐๐๐๐๐ ๐๐ ๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐ ๐ ๐๐๐๐. ๐ฏ๐๐๐ ๐๐ ๐๐๐, ๐๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐ ๐๐ ๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐.
-James Lawson
C'era un qualcosa di estremamente sleale, nel tempo.
Asteria si era resa conto di quanto il suo corpo, i suoi arti e il suo inconscio lavorassero a ritmo lento, affaticato. In realtร , perรฒ, era tutto frutto della sua immaginazione.
Le pareva di star andando troppo piano, con poca grinta, nonostante i legamenti delle gambe la pregassero di rallentare. I polmoni le si erano espansi, bisognosi di piรน aria, mentre Nasser la tirava in avanti.
Lui era allenato, o almeno lo era stato. Un tempo, quando il Regno era davvero stato minacciato da eserciti stranieri, allenarsi era stata la sua quotidianeitร .
Avevano sceso le fitte scale a chiocciola, oscurate da fitte ombre nere. Asteria si era guardata attorno per qualche breve secondo, ascoltando e adocchiando le macchie nere farsi sempre piรน vicine.
Non appartenevano a corpi umani e tantomeno a oggetti. Erano solo ombre, forse salite dagli Inferi per accogliere Iblฤซs.
Quel pensiero l'aveva motivata a spingersi contro i propri limiti, correndo a perdifiato mentre tutto il corpo le doleva per lo sforzo.
Per attimi interminabili non aveva pensato ad altro che a Iblฤซs, chiedendosi se la stesse aspettando o meno. Aveva paura? Forse no, perchรฉ il Re non le aveva mai dato l'impressione di qualcuno che indietreggia davanti alla morte.
Era stata fermata da una mano callosa, calda, e subito l'aveva riconosciuta come quella di Nasser.
"Sarร pieno di guardie, aspetta."
Non potevano semplicemente entrare nella tana del nemico e aspettarsi che questo li accogliesse a braccia aperte.
Realizzando e accettando ciรฒ, Asteria aveva annuito. I suoi piedi avevano fatto altri due passi, come inconsapevoli, mentre voltava la testa verso il consigliere.
Cosa fare, quindi? Certamente non potevano aspettare che se ne andassero tutti, perchรฉ avrebbe significato che era tutto giร finito.
Aveva schiuso le labbra per parlare, per esprimere i suoi dubbi, quando dei flebili rumori di passi l'avevano distratta.
Nasser era stato veloce nell'afferrarla per la vita e spingerla contro il muro, dove le ombre inghiottivano i vivi per ingannare gli uomini.
Avevano aspettato lรฌ, nascosti, mentre il suono si faceva sempre piรน vicino. Asteria aveva sentito il cuore dell'uomo batterle contro la schiena, feroce, e il suo respiro tra i capelli maditi di sudore e sangue.
Entrambi avevano studiato l'entitร del rumore, tentando di acuire il piรน possibile l'udito. Pareva che i passi appartenessero a una persona sola, e questo li aveva sollevati.
Due contro uno andava bene, fintanto che a primeggiare fossero loro.
"Al mio tre," le aveva sussurrato lui, "tu lo prenderai per le spalle mentre io lo attaccherรฒ frontalmente. Capito?"
Asteria aveva annuito senza troppo storie. Fare solo e soltanto di testa sua non l'avrebbe certamente aiutata, non in una situazione tanto delicata quanto pericolosa. Doveva esser sincera con sรฉ stessa: non possedeva nemmeno la metร delle doti fisiche di Nasser.
Di conseguenza non poteva pensare di farsi largo tra una decina di persone senza esser fermata. Asteria aveva dovuto strozzare un sospiro tra la gola e le labbra, nel punto in cui le parole venivano formate ma non enunciate, per evitare di farsi sentire.
Quando il profilo dell'uomo s'era fatto vicino, quando l'ombra non era divenuta altro che uomo, Nasser aveva sussurrato il primo numero.
Uno.
Era quindi sbucato un piede fasciato da spesse bende giallastre, chiazzate di nero, seguito dal tintinnio che solo cocci di metallo potevano produrre.
"Due," e poi, quando il viso cupo e semi celato dello sconosciuto aveva fatto capolino verso l'angolo in cui i due si erano nascosti, Nasser aveva urlato: "tre!"
Nella frazione di secondo che aveva diviso la sua immobilitร dallo scatto repentino, Asteria aveva visto qualcosa.
Sulle mattonelle ruvide e maleodoranti, tra le incrostazioni di urina e sangue, aveva squadrato il viso canino di Seth.
Con le fauci schiuse e il muso allungato, il dio aveva inclinato la testa di lato, sorridendo.
Rivoli di bava avevano abbandonato le sue labbra mentre allungava le mani incorporee verso di lei.
Come pochi minuti prima, Asteria si era sentita alienata dal proprio corpo. Con un vago accenno di sorriso, si era quindi lasciata possedere dal dio.
Ancora padrona dei propri occhi, la ragazza si era vista mentre afferrava per spalle lo sconosciuto. Riusciva a sentire i muscoli tendersi e allungarsi, pervasi da un'energia che non aveva mai posseduto.
Inconsciamente si era aspettata di udire delle urla, di vederlo far resistenza contro i due aggressori, e invece si era ritrovata alle prese con una vittima che vittima non sembrava.
Nasser gli aveva puntato il pugnale alla gola, intimandogli di far silenzio.
Qualcosa le diceva che sarebbe rimasto muto anche senza minaccia.
"Dobbiamo spostarci," aveva sibilato il consigliere, senza mai distogliere lo sguardo dall'altro, "siamo troppo vicini."
E cosรฌ lo avevano trascinato di lato, dove l'oscuritร ingoiava ogni possibilitร di fallimento.
Asteria aveva sentito Seth rovistare tra le sue meningi, grattandole le retine con gli artigli affilati. Si era immaginata burattino e il dio burattinaio, ma le andava bene.
Quando avevano ormai raggiunto il punto prescelto, Nasser aveva toccato con leggerezza i polsi di lei, sentendolo freddi.
"Puoi lasciare la presa."
Per un attimo si era sentita riluttante ad accettare, ma forse non era lei a esserlo. Forse era Seth a non voler prendere ordini.
Non capiva piรน quale emozione fosse sua e quale, invece, appartenesse al suo nuovo alleato.
In fine aveva ubbidito, lasciando che l'uomo scivolasse a terra.
Senza capire i movimenti del suo stesso corpo, Asteria si era inginocchiata davanti alla vittima. Un uomo dal volto neutro, gli occhi persi in una dimensione che lei non avrebbe mai capito.
Un sacerdote.
Il sacerdote.
Aveva puntato le iridi in quelle di lui, vedendolo tremare e boccheggiare nella disperata ricerca di aria.
Lo vedeva, il sacerdote vedeva chi vi fosse in realtร dentro il corpo della ragazza e la paura, dolce sia di odore che di sapore, gli aveva forato lo stomaco.
Aveva chinato la testa, prostrandosi a terra con le mani congiunte davanti a se.
"Io...Io- a cosa devo," aveva ingoiato il groppo che gli ostruiva la gola, schiarendosi la voce, "sono solo un umile servo."
Seth era riuscito a sentire l'odore salato delle lacrime nonostante l'uomo non le avesse ancora versate. I sensi umani erano strambi, poco percettivi, per questo aveva privato Asteria dei suoi.
Ora, col controllo del suo corpo, poteva agire come meglio credeva, mantenendo le sue capacitร .
"Portami da lui." La voce della ragazza era suonata strana alle orecchie di Nasser, piรน rauca e catatonica, piรน surreale e intangibile.
Il sacerdote aveva scosso la testa, gemendo di dispiacere.
"Io non posso...Osiride reclamerebbe la mia testa, non posso-"
La mano di Asteria era volata verso la nuca dell'uomo e lรฌ lo aveva afferrato per i capelli, facendo si che le sue unghie gli si conficcassero nella cute.
"Oh, quanto amo gli umani," il dio si era leccato le labbra mentre l'involucro umano in cui sostava, Asteria, si indeboliva.
"Osiride potrร pure reclamare la tua testa, ma io mi prenderรฒ tutto il resto prima ancora che tu possa raggiungere l'aldilร ."
Lo aveva costretto a guardalo negli occhi, e ciรฒ che aveva visto lo aveva eccitato: paura, sottomissione. Non importava che il sacerdote servisse e adorasse Osiride piuttosto che lui perchรฉ, alla fine dei giochi, gli umani non erano animali fedeli.
Seth li disprezzava e li adorava al tempo stesso perchรฉ loro- oh, loro si schieravano sempre dalla parte di colui che ritenevano vincente, scampando il piรน delle volte alla sconfitta.
"Asteria, si puรฒ sapere cosa stai blaterando?" Nasser le aveva sfiorato la spalla, sentendo la stoffa contro la punta delle dita.
Sotto di essa, il gelo bollente dell'inferno. Negli occhi di lei non aveva visto altro che tempeste di sabbia e desolazione.
Non era riuscito a toccarla ulteriormente, comunque sia, perchรฉ la cute di Asteria era divenuta insostenibilmente fredda al tatto.
"Attento a cosa tocchi, umano," l'aveva vista ghignare in maniera sardonica, quasi lo stesse schernendo.
Lei gli aveva quindi guardato le dita e il suo sorriso s'era allargato, meschino come solo quello fi un dio poteva essere.
Le sue falangi erano violacee e quasi insensibili mentre se le tirava, tentando fi far tornare a scorrere il sangue.
Un solo battito di ciglia era servito a far sรฌ che tornassero del colore originale, quasi come non fosse mai successo nulla.
Come se se lo fosse immaginato.
Come se fosse lui, il pazzo.
"ร sempre ironico vedere gli umani sperimentare l'altro lato della medaglia." Aveva mormorato il dio tramite le labbra della ragazza.
Il tono enigmatico era vacillato verso un tremore di isterica ironia mentre gli occhi dorati si incupivano.
Nasser era rimasto in silenzio, sbigottito, mentre le ginocchia gli cedevano sotto il peso dell'improvvisa realizzazione.
Si era prostrato anche lui a terra, gli occhi spalancati e iniettati di vago terrore.
"Chiedo perdono."
I tratti di Asteria si erano fatti piรน affilati, come quelli di un lupo, mentre avvicinava il volto a quello del consigliere.
Aveva mostrato i denti piรน lunghi del normale, piรน candidi della neve, mentre rideva sguaiatamente.
"A quale dio chiedi perdono? A me," Seth si era leccato le labbra, sentendo gli occhi corporei di Asteria premere per uscire dalle orbite, "o a lei?"
Non gli aveva dato modo di rispondere mentre voltava la testa verso la direzione in cui Uraeus e i suoi uomini si celavano.
Tic, toc.
Non avevano molto tempo, forse non ne avevano affatto. Seth si era proteso in avanti, alzando il mento del sacerdote.
"Portala da lui," gli aveva accarezzato i capelli in un gesto premuroso, intriso perรฒ di avvertimenti, "prima che io ti porti in un limbo nel quale non vuoi rimanere intrappolato."
Il dio provava affetto verso i suoi figli, certo, ma consciamente sapeva che quello non era il motivo per cui stava aiutando Asteria.
No, era la rabbia a guidarlo.
Millenni prima, quando la sabbia aveva ingoiato tutto l'Egitto e gli umani non erano altro che una manciata, Seth aveva tradito e ucciso Osiride.
Ricordava ancora il momento in cui ne aveva smembrato il corpo, il sangue del fratello sotto le unghie e la sensazione di vuoto allo stomaco nel fissare gli occhi in quelli spalancati e vacui di lui.
Poi, aveva sparso i vari pezzi del cadavere per tutto l'Egitto, convinto che a quel punto sarebbe stato impossibile farlo risorgere.
Ma si era svegliato. Le sue sorelle avevano mummificato il corpo, facendolo rinascere nei campi Aaru.
Il suo piano era fallito, fatto a pezzi nello stesso modo in cui aveva martoriato il cadavere di Osiride.
Da quel momento in poi erano iniziati gli ottant'anni di conflitto con Horus, figlio di Osiride, il quale era stato cresciuto con l'unico intento di vendicare il padre.
E c'era riuscito, il maledetto.
Nonostante la successiva riappacificazione con i suoi parenti, Seth aveva imparato a covare un certo senso di sdegno.
Forse non avrebbe mai superato il fratello, nemmeno dopo averlo ucciso ci era riuscito, ma poteva comunque sia dargli fastidio.
Gli avrebbe impedito di prendere l'anima di Iblฤซs, o quel che ne rimaneva, e da solo avrebbe riso.
Da solo, avrebbe gioito.
Da solo.
Il dio aveva lasciato il corpo di Asteria, vedendola premere i palmi contro il muro per rivendicare un minimo di stabilitร .
Le girava la testa e lo stomaco le si era aggrovigliato mentre la bile le solleticava il cavo orale.
Aveva preso un respiro profondo, sperando di migliorare.
I suoi occhi avevano cercato la figura alta del dio, e silenziosamente avevano pregato ancora nella sua assistenza.
Un attimo dopo, il dolore era sparito.
"Devi-devi, ecco, sdraiarti per terra." Il sacerdote aveva tirato un respiro di sollievo nel vedere gli occhi umani di Asteria, piuttosto che quelli caotici e rabbiosi di Seth.
Senza dirle molto altro, l'uomo le aveva afferrato il polso, controllandole le pulsazioni. Avrebbe dovuto portarla a uno stato di coma, cosรฌ da farla entrare nel mondo riservato ai morti.
"Non siamo sicuri che dica la veritร ," aveva mormorato Nasser, ancora scosso, mentre fermava il sacerdote, "potrebbe maledirti e noi non ce ne renderemmo mai conto."
Asteria gli aveva dato ragione. Con la coda dell'occhio aveva visto l'ombra scattante di Seth muoversi sui muri ed espandersi fino al tetto.
Qui, aveva ingoiato la fioca luce delle torce appese.
Si era sentita alleggerire da un peso al petto, come se la presenza incorporea del dio riuscisse a metterle tranquillitร .
Chi avrebbe mai attaccato qualcuno, quando questo era protetto da un dio? Uraeus, forse, e per questo dovevano fare in fretta.
Si era sdraiata a terra, inorridendo per l'odore. La consapevolezza di essersi appena stesa su rimasugli di liquidi umani l'aveva disgustata.
Chiudendo gli occhi, aveva tentato di non pensarci.
"Dobbiamo fidarci," aveva quindi risposto a Nasser, "perchรฉ non abbiamo, al momento, un piano migliore."
Se l'era immaginato irrigidirsi, infastidito, e distogliere lo sguardo. Sapeva anche lui di quanto Asteria avesse ragione.
Non avevano un piano secondario, una via di fuga B o un qualche esercito alla loro portata.
Chissร se i suoi concittadini erano arrivati sani e salvi, chissร se la stavano aspettando.
Aveva ricordato l'ultimo consiglio che una sua concittadina le aveva dato, sentendosi piรน forte.
Era stata distolta da quei pensieri da due dita.
Il sacerdote aveva premuto con veemenza l'indice e il medio contro la fronte di Asteria, sul punto che separava le due folte sopracciglia.
Qui, aveva fatto roteare le falangi in un cerchio completo. La porzione di pelle toccata si era scaldata, costringendo la ragazza a stringere ermeticamente gli occhi.
Chiazze violacee e rossicce si erano affacciate sul velo scuro della sua imposta cecitร , distraendola.
"Nel nome degli dei, io consacro questo corpo e questa anima," aveva iniziato il sacerdote.
La voce gli era tremata, instabile, quasi a riflettere quanto in realtร non volesse aiutarla. Rabbia rossa quanto la sabbia del deserto piรน profondo le era montata in petto, scuotendola.
Era certa che il religioso non fosse stato affatto scontento quando aveva gettato Iblฤซs nella fauci dell'oltretomba, verso un dio che mai l'aveva amato.
"Nel nome di Seth, io consacro te a lui, cosicchรฉ egli possa guidarti."
Aveva estratto un piccolo pugnale, lanciando uno sguardo verso Nasser. Faceva parte del rituale e voleva che lo sapesse, prima di ritrovarsi con la gola dilaniata.
Il consigliere aveva deglutito a vuoto, pensieroso.
"Puoi ripensarci," aveva quindi mormorato lui a un Asteria semi dormiente, "puoi dimenticare tutto e andare via. Possiamo andare via."
Sarebbe stato cosรฌ semplice andarsene, ricominciare da zero e fingere di non esser mai stati parte di tutto ciรฒ.
Era quello che avrebbe voluto fare lui.
Asteria aveva sollevato con fatica le palpebre, puntando le iridi liquide in quelle scure e calde di lui. La rabbia si era volatilizzata, lasciando posto a tanta amara tristezza.
Capiva le parole di Nasser e da un certo punto di vista la allettavano. Oh quanto sarebbe stata felice, in quel momento, se mai si fosse proposta volontaria.
Avrebbe vissuto normalmente con i suoi cari ed eventualmente avrebbe assistito in maniera passiva alla caduta del regno.
Era troppo tardi, perรฒ, per rimpiangere scelte che non aveva preso. E se non le aveva prese allora, perchรฉ farlo in quel momento?
"Mi dispiace."
Nasser aveva sentito il petto venir scosso da un mostro triste e solo. Una creatura muta gli si era arrampicata su per l'esofago, tentando di strillare.
Ma piรน questa ci provava e piรน il mutismo la soffocava, amplificando un dolore che non poteva urlare e non poteva far vedere.
Le dispiaceva non essersi innamorata di lui, di non aver preso la decisione piรน sicura. Le dispiaceva, infine, perchรฉ ancora una volta era stata costretta a rifiutarlo.
Quindi aveva chiuso gli occhi, sentendo il pugnale tracciarle il palmo della mano. La linea del cuore si era aperta di vermiglio; fiori di papavero che si facevano strada su un terreno morbido ma dalle estremitร callose: questo era ciรฒ che aveva visto il sacerdote.
"Che tu possa compiere il destino che gli dei hanno scritto per te."
L'uomo aveva affondato il dito nella ferita, intingendolo a sufficienza per asportare il sangue sufficiente a dipingerle uno scarabeo tra le clavicole.
Il disegno, seppur grottesco e abbozzato male, aveva fatto il suo lavoro.
Seth aveva sentito l'anima della ragazza legarsi alla sua mentre Nasser la vedeva perdere colore in viso, il corpo scosso da fremiti e gli occhi spalancati in un'espressione di terrore.
Dalle labbra di Asteria era fuoriuscita della schiuma bianca, accompagnata da qualche lacrima.
La schiena le si era inarcata verso l'alto mentre prendeva un respiro profondo, le costole che premevano contro la stoffa della veste, e poi tutto era finito.
Il suo corpo era crollato pesantemente a terra e la testa le si era voltata di lato.
Nasser l'aveva guardata, morta, realizzando di esser stato l'ultima cosa che Asteria aveva visto.
Subito si era voltato verso il sacerdote, pronto a ucciderlo in cambio di spiegazioni, ma era stato anticipato.
"Ha un'ora," aveva sibilato lui, alzandosi, "se non tornerร tra i vivi entro quei sessanta minuti, avrร fallito e la sua anima rimarrร intrappolata lรฌ."
Quindi lo aveva guardato, gli occhi cupi e l'espressione di chi proprio non voleva essere in quel posto.
"Ha un'ora prima che la morte se la tenga con sรฉ."
ATTENZIONE
Scusate per il ritardo e per gli errori!
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