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15| Il Fratello Del Re


𝕴𝖓 𝖖𝖚𝖆𝖑𝖘𝖎𝖆𝖘𝖎 𝖈𝖆𝖘𝖔, 𝖈𝖍𝖊 𝖉𝖎𝖋𝖋𝖊𝖗𝖊𝖓𝖟𝖆 𝖋𝖆 𝖚𝖓𝖆 𝖕𝖊𝖗𝖘𝖔𝖓𝖆 𝖎𝖓 𝖒𝖊𝖓𝖔 𝖘𝖚𝖑𝖑𝖆 𝖋𝖆𝖈𝖈𝖎𝖔 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖙𝖊𝖗𝖗𝖆?
-Ted Bundy

"Che peccato commise la ragazza?" Asteria si sentiva in ansia. Fremeva all'idea di conoscere il continuo e così, come se fosse febbricitante, si era sporta in avanti con gli occhi sgranati.

Ehsan le aveva sorriso teneramente, portandosi una mano alle labbra: la storia non era ancora finita.

"Kim non riusciva a piangere, a lasciare che la paura prendesse il sopravvento sul suo corpo. Immobile e statica nel suo stato di shock non aveva potuto far altro che osservare e giudicare.

Il demone davanti a lei spalancava e chiudeva le
fauci, respirando pesantemente. Riusciva a sentirne l'odore orrendo solleticarle lo stomaco, pregandola di rigettare.

Si era quindi voltata, impedendosi di guardarlo ancora. Cosa diamine era successo? Il demone, comunque sia, aveva fatto un passo in avanti e s'era sdraiato ai suoi piedi come un cane.

-Stanno venendo a prendere anche te,- aveva sibilato il mostro, esibendo la lunga lingua nera. Kim aveva sbattuto le palpebre un paio di volte, intontita.

Quell'essere le stava parlando e proprio non accennava a volersene andare.

-Chi è che sta venendo per me?- Aveva quindi ceduto lei, azzardando uno sguardo nella sua direzione. Osservarlo era difficile, coperto di sangue e dall'aspetto deforme non aveva proprio l'aria di essere una creatura amichevole.

Al sentire la domanda l'essere immondo aveva tirato indietro la testa in una risata simile ad un latrato.

-Oh, cosa ne posso sapere io? Uno dei miei fratelli, certamente, ma del motivo ancora non sono a conoscenza.-

Si era leccato i canini affilati, guardando a lungo il cadavere dietro di lui. Forse avrebbe potuto approfittarne per cibarsi ancora un po'.

Ma l'uomo che aveva ucciso puzzava di marcio a causa della sua anima corrotta e così, a malincuore, aveva rinunciato.

Avrebbe certamente trovato qualcun altro con cui sfamarsi. Kim stessa aveva un odore invitante ma ah, non era compito suo giustiziarla! Non ancora, per lo meno.

-Non ho fatto nulla di male, io.- Aveva balbettato la poverina, sentendo i muscoli tendersi.

Aveva contratto talmente tanto la mascella da sentirsela pulsare. Pian piano la paura stava iniziando ad attaccarle i nervi ed ora, finalmente, era sul punto di piangere.

-Tutti fanno qualcosa di brutto, prima o poi. E tutti voi umani, un giorno, vi troverete a doverne pagare le conseguenze.-

Kim non capiva. Era forse un angelo della morte, quello davanti a lei? No, impossibile. Gli angeli non avevano un aspetto tanto ripugnante e di sicuro non dilaniavano i corpi degli umani per farne banchetto.

-Sarò buona, manterrò una vita normale e farò solo del bene così che tu o qualcun altro non dovrete mai venire per me.-

Si era portata una mano al cuore per poi baciarsi le dita, giurando silenziosamente al suo dio di esser brava e di non meritare una morte tanto dolorosa.

Ma il quinto demone, che di umani ne aveva visti molti, si era limitato a ridere.

Rideva, rideva e rideva in modo acuto e con le fauci spalancate. Dava l'impressione di volerla mangiare, di esser sul punto di inglobarla con un sol boccone.

-Non esistono umani buoni, di questo son sicuro, e se nessuno dei miei fratelli verrà mai a trovarti allora ci rincontreremo nel regno dei morti.-

Si era alzato sulle gambe possenti, arrivando a sfiorare i due metri di altezza. Era un colosso: forte e alto, spaventoso e oscuro.

Un giustiziere della notte, questo era sembrato a Kim.

-Esiste un regno dopo la morte?- Il mostro se ne stava andando e lei, colta alla sprovvista, era riuscita a porre solo quella domanda.

-Per alcuni, per altri solo l'oblio. Ma non preoccuparti,- e s'era abbassato un'ultima volta verso di lei per sfiorarle la fronte con le labbra sporche e ferite, -mi assicurerò di inserire il tuo nome sulla lista.-

Kim aveva aggrottato le sopracciglia, alzandosi a sua volta per andarsene il più lontano possibile dalla scena del crimine.

Non poteva permettere che qualcuno la vedesse vicino al cadavere dell'uomo, sarebbe finita in guai seri.

Forse aveva solo avuto un'allucinazione; magari era stata lei stessa ad ucciderlo e nemmeno lo ricordava. Stava impazzendo? Quella era ironicamente la risposta più sensata.

-A presto, Kim.- "

Ehsan aveva battuto le mani, annunciando ai presenti la fine della storia. Asteria non era sicura di averla apprezzata a pieno, non quanto quella del Gelo per lo meno.

Forse era stata troppo cruda e violenta per lei, ma doveva riconoscere che Ehsan possedeva una grande fantasia. Non capiva però quale fosse la morale della storia.

Non era presente un lieto fine, in quella storia, ma era pieno di suspense. Cosa sarebbe successo a Kim? Avrebbe incontrato il demone, dopo la morte? Nonostante Asteria fosse curiosa aveva deciso di non domandare ed Ehsan di non continuare.

Magari non c'era un seguito alla storia, probabilmente finiva semplicemente con la protagonista che fuggiva e con il demone che le diceva addio.

Iblīs aveva invece apprezzato la storia.
Il mostro aveva, secondo lui, ragione. Nessun umano era buono e tutti, alla fine, avrebbero fatto i conti con le conseguenze delle loro azioni.

Bisognava solo sperare che il bene fatto surclassasse il male e che, giunti al giudizio finale, venisse abbonato loro il perdono.

Lui era certo che non lo avrebbe mai ottenuto.
Gli orrori che aveva compiuto erano troppo pesanti e nessuna buona azione l'avrebbe mai salvato. Quindi perché provare? Tanto valeva continuare sulla sua strada.

"Cosa ne pensi, Miel?" Dall'espressione che aveva era certo che la storia l'avesse turbata, seppur di poco, e che il discorso del demone non le fosse piaciuto.

Ah, l'ingenuità le stava meravigliosamente! Ma non le sarebbe stata utile. In un mondo del genere, nel suo mondo, vinceva il più forte e bisognava far di tutto per sopravvivere agli altri.

Lui lo sapeva e per anni aveva agit di conseguenza.
La bontà, l'affetto e la gentilezza portavano ad una cosa soltanto: la morte.

"Io credo che esistano umani buoni, puri d'animo, e che comportarsi in modo sbagliato e meschino sia semplicemente più facile."

Iblīs aveva aggrottato le sopracciglia, confuso ma intrigato. La sua esistenza non era facile nonostante si comportasse, come diceva lei, meschinamente.

Cosa intendeva, quindi?

Si era sporto in avanti fino a far aderire il suo petto alla schiena di lei, prendendo un bel respiro profondo. Asteria sapeva di buono e di vino, aveva bevuto?

L'idea non gli era piaciuta ma non le aveva detto nulla, si era limitato ad osservare il suo corpo irrigidirsi ed i suoi occhi abbassarsi verso il pavimento.

Non le piaceva esser toccata eppure, solo il giorno prima, l'aveva baciato.

"Perché è più facile?"

"Esser buoni richiede una grande forza d'animo mentre, al contrario, esser cattivi è facile e quasi istintivo. Soccombere a questo istinto è debolezza di spirito."

Asteria si era portata una mano ai capelli, giocandoci per distrarsi. Sapeva che le sue parole sarebbero potute sembrare un attacco indiretto al Re ma, dopotutto, era stato lui a chiederle un'opinione.

Non avrebbe acconsentito a cambiare i suoi pensieri solo per far piacere ad Iblīs nonostante fosse parzialmente ansiosa del risultato.

Tutto aveva una causa ed un effetto ed ora, seduta sulle sue gambe, non poteva far altro che aspettare.

Nasser aveva quindi deciso di intervenire, parandosi davanti ai due con aria dura e seria.

"Credo che dovreste prepararvi alla visita di vostro fratello, sire. Sarà qui a momenti."

La stanza era calata in un silenzio pesante mentre Asteria si corrucciava, sempre più confusa.

Non era riuscita ad impedire a se stessa di voltarsi verso Iblīs, rivolgendogli uno sguardo interrogativo.

"Avete un fratello?"

"Hai un fratello, credevo di averti già detto di darmi del tu. Non l'ho forse fatto?" Aveva poggiato il mento sulla sua spalla, costringendola a voltare nuovamente il viso in avanti.

Non voleva che lo guardasse, non in quel momento perlomeno. Nasser aveva sbagliato a tirar fuori l'argomento davanti a lei ma poteva biasimarlo?

Forse avrebbe dovuto punirlo, forse avrebbe dovuto...

"Hai un fratello?" Nonostante si sentisse in imbarazzo a dargli del tu, davanti a Nasser e ad Ehsan oltretutto, aveva deciso di dargli corda.

Voleva così disperatamente ottenere delle risposte da infischiarsene. Se davvero aveva un fratello voleva dire che anche lui era maledetto e, quindi, immortale.

Non ne aveva mai sentito parlare, in verità.
Aveva quindi supposto che fosse un segreto, qualcosa da non far trapelare al di fuori delle mura del palazzo.

Capiva perfettamente il perché di tutta quella segretezza. Se il popolo avesse saputo di un altro erede sarebbe insorto, ordinando che vi fosse un cambio di sovrano.

Non importava chi fosse, bastava spodestare Iblīs e liberarsene.

"Si, un fratello." Aveva sorriso tra se e se, strofinando la fronte contro la spalla di Asteria per tentare di distrarsi.

Da quanto non lo vedeva? Erano passati moltissimi anni, di questo era certo, e forse nemmeno rammentava che forma avesse il suo viso.

Poi, un'idea era balenata nella sua mente.

"Verrai anche tu."

Aveva stretto la mano attorno ai capelli scuri di lei, dandole l'impressione che volesse tirarglieli. Si era invece limitato a giocarvici.

"Perché?" Asteria aveva provato ad assumere un tono di voce formale e serio, che non ammetteva storie, ma non ci riuscì.

Il semplice fatto di averlo vicino le metteva ansia e, nonostante volesse esser coraggiosa, non ci teneva a passare per sciocca.

"Perché ho deciso così," aveva sibilato Iblīs al suo orecchio, ridacchiando, "devo forse dar spiegazione a tutte le mie decisioni?"

Asteria aveva mandato giù un groppo amaro, scoccandogli un'occhiata decisamente non amichevole.

"No, sire." Enfatizzando sull'appellativo si era quindi alzata per fare un veloce inchino e affiancare Nasser.

Le mani di Iblīs erano volate in avanti come a volerla afferrare ma ahimè, sembrava proprio non riuscire a coordinarsi per tempo.

E così le era sfuggita, ancora una volta.

"Vado a prepararmi, allora." Detto ciò gli aveva scoccato un'ultima occhiata, avviandosi verso le porte d'uscita.

Era tentato di fermarla, di dirle che lui non l'aveva autorizzata ad andarsene e che quindi doveva rimanere lì. Poteva farlo, no? Lui era il Re, dannazione! Aveva il diritto di fare e dire ciò che più voleva.

Ma non poteva, non con lei.
Aveva bisogno di farle credere di avere del potere, lì, di poter controllare qualcosa.

Un povero usignolo che si divertiva a volare senza notare, però, la gabbia che lo teneva prigioniero.
Lui l'avrebbe lasciata spiccare il volo, oh le avrebbe permesso di librarsi in aria e assaggiare la rarefatta libertà fino a vederla scontrarsi contro la gabbia e cadere.

E chi l'avrebbe soccorsa quando, ferita e triste, sarebbe caduta? Lui, esattamente.

Iblīs aveva sorriso, gesticolando alle guardie di aprirle le porte.

Che volasse, allora! Lui sarebbe stato pronto a vederla soccombere, a curarle le ferite senza dirle, si senza dirle che era stato lui ad infliggergliele.

"Sii pronta entro il pomeriggio, Miel, non vorrai farmi aspettare."

**

Asteria era circondata da quattro donne, tra cui Hafa e la madre, che con dedizione tentavano di acconciarle i capelli.

Una delle donne, Miulla, le aveva infilato un vestito dorato lungo sino ai piedi che le scopriva, però, le braccia e il quale aveva una scollatura a V sul davanti.

Era un abito regale, che nemmeno i popolani d'alto rango sarebbero stati in grado di comprare.

Le sembrava di star indossando la ricchezza fatta ad oggetto e la cosa la disgustava. Rammaricata di non avere più i suoi semplici abiti aveva lasciato che le donne la toccassero e l'acconciassero come fosse una bambola.

Doveva esser bella, sembrare regale ed elegante.

Continuavano a ripeterglielo e lei, per effetto, si sentiva nauseata all'idea. Non era forse bella anche con i suoi abiti? E quel sottile strato di nero che le avevano messo sugli occhi la rendeva davvero più regale?

Asteria aveva sospirato, scoccando un'occhiata implorante ad Hafa.

Quest'ultima le aveva sorriso, sbrigandosi ad intrecciarle nei capelli piccoli dei fiori di loto e dei sottilissimi nastri, anch'essi dorati.

"Chi è l'ospite del Re?" Aveva sussurrato Hafa al suo orecchio, abbassando subito dopo lo sguardo.

Non c'era bisogno che si pentisse della sua domanda, era solo curiosa ma Asteria non pensava di poter sfamare la sua curiosità.

Non poteva permettere che si diffondesse la voce dell'esistenza di un secondo erede, era certa che Iblīs non l'avrebbe esattamente apprezzato.

"Credo sia un ricco signore, probabilmente possiede delle terre ma non so di cosa voglia parlare al Re."

Hafa aveva annuito, sorridendole e Asteria, di conseguenza, si era sentita in colpa ad averle mentito.

"Hai ancora qualche livido, qui." Le aveva sfiorato il lato del collo con i polpastrelli, facendosi seria.

Asteria si era esibita in una smorfia infastidita mentre Hafa le chiedeva se desiderava che li coprisse con qualche ciocca di capelli.

"No, lascia che vedano. Lascia che lui veda." E aveva sorriso al suo riflesso, inclinando la testa di lato.

Iblīs doveva vedere, rendersi conto di ciò che le aveva fatto e strisciare, se necessario, ai suoi piedi.

Non lo odiava, certo, ma disprezzava ciò che le aveva fatto.

Un lieve bussare alla porta aveva distratto le cinque donne, facendole agitare.

"Oh santo cielo, non ho ancora finito di truccarti!" Aveva esclamato la madre di Hafa, portandosi le mani contro il viso per coprirselo.

Asteria aveva inarcato le sopracciglia, osservandosi meglio nello specchio.

"Si, invece." Si era indicata gli occhi coperti da un sottile strato nero, rassicurando la donna con un sorriso.

"Ma non è abbastanza, bambina mia."

"Sono solo la dama da compagnia, non hai di che preoccuparti. E se il Re farà storie gli dirò di esser stata io ad averti impedito di truccarmi oltre."

Non voleva altro sul suo viso, le andava bene così.
Ma la donna era persistente e così aveva scosso la testa, dispiaciuta.

"Non dovresti prenderti la colpa per qualcosa che ha fatto un altro."

Asteria si era alzata dalla sedia, liquidandola con un gesto della mano.

"È okay, davvero. Grazie di ciò che avete fatto." Hafa l'aveva accompagnata alla porta, tenendola timidamente sotto braccio.

Si prospettava una serata estenuante ma interessante. Si era chiesta se anche il fratello di Iblīs fosse albino e se, ancora peggio, avesse il suo stesso temperamento.

Sperava di no.

Hafa le aveva sistemato un'ultima volta un fiore di loto dietro all'orecchio, sorridendole come forma di saluto mentre la vedeva uscire dalla porta.

In risposta Asteria aveva sorriso, facendole un occhiolino.

"Non pensavo ci stessi provando con me." Si era sentita dire lei.

Aveva roteato gli occhi, voltandosi verso il suo interlocutore: Nasser.

"Provarci con te? Cosa ti ha dato questa stupida, stupidissima, idea?" E lo aveva affiancato, sorridendo.

Il passo di Nasser si era fatto più lento per permettere ad Asteria di decidere il ritmo.

"Mi hai fatto un occhiolino."

"L'ho fatto ad Hafa." Si era sbrigata a chiarire lei, alzando un dito in aria con espressione arcigna.

Lo stava prendendo in giro, ovviamente, e lui si stava divertendo a punzecchiarla.

Nasser si era quindi stretto nelle spalle, dandole un colpetto con il fianco. Era quindi passato ad osservare il modo in cui l'avevano acconciata e vestita, soddisfatto del risultato.

Sembrava davvero un membro della famiglia reale nonostante il suo portamento fosse troppo casuale e monotono.

"Ti dona, il vestito intendo." Aveva distolto lo sguardo, puntandolo verso le vetrate.

Asteria aveva inarcato un sopracciglio per poi dargli una veloce gomitata.

"E i capelli no? Quanto sei meschino, ed io che mi sono fatta sistemare solo per te!"

Nel vedere l'espressione sconvolta di Nasser era scoppiata a ridere, coprendosi la bocca con la mano.

"Non fare quella faccia, non mi avrai mica preso seriamente, vero?"

Lui, preso in contropiede, aveva tossito un paio di volte per poi scuotere la testa.

"No, certo che no. Ah, quasi dimenticavo: aspetta qualche minuto nelle cucine, verrò a riprenderti tra poco. Devo controllare che il Re abbia finito di prepararsi."

Asteria aveva annuito, rivolgendogli un cenno della testa mentre entrava nella stanza.

Era impaziente di conoscere il fratello di Iblīs nonostante fosse certa che non gli avrebbe rivolto parola. Sarebbe stato inappropriato farlo, si sarebbe quindi limitata a rispondere a eventuali domande.

Aveva sbuffato, sedendosi su una delle sedie.
La cucina pareva deserta, probabilmente lo staff aveva finito di preparare la cena ed ora erano tutti a riposare.

Aveva fatto dondolare un paio di volte le gambe, osservando i sandali scintillanti che portava ai piedi. Erano comodi, certo, ma troppo sfarzosi.

"Scusa, c'è per caso dell'alcol qua dentro?"

Gli occhi di Asteria erano saettati a destra mentre osservava lo sconosciuto. Chi diamine era? Non gli aveva risposto, limitandosi a indicargli una mensola in alto in cui le cuoche tenevano qualche bottiglia di vino.

"Chi sei?"

Lo sconosciuto aveva schiuso le labbra per poi leccarsele, rivolgendole uno sguardo divertito.

"Il nuovo cuoco, il Re mi ha chiamato per un'occasione speciale. Ne sai qualcosa, tu?"

Aveva stappato la bottiglia di vino, versandosene un generoso bicchiere per poi appoggiarsi al tavolo.

Aveva un aspetto strano: vestito tutto di un giallo spento e con dei folti capelli biondi, ricci, e due grandi occhi verdi con lunghe ciglia chiare.

Da dove veniva? L'aspetto non era quello di un suo concittadino. Possibile che venisse da oltre oceano?

"Diciamo che sono stata costretta a partecipare a questa occasione," aveva sbuffato lei, poggiando la guancia sul palmo della mano.

Lo straniero aveva sorriso con fare consolatorio per poi passarle il bicchiere di vino.

"Penso che un po' di questo potrebbe servirti, allora."

L'aveva osservata prenderne un sorso per poi porle un'altra domanda.

"Sei, per caso, la sposa del Re?"

A quel punto il vino le era andato di traverso, costringendola a tossire per rimettersi in sesto.

Lui, in risposta, era scoppiato in una fragorosa risata mentre si teneva la pancia con una mano.

"Cosa diavolo ti viene in mente?" Si era pulita l'angolo delle labbra con il palmo della mano, rivolgendogli un'espressione sconvolta.

Ma lui continuava a ridere come se avesse appena assistito allo spettacolo più divertente della sua vita.

Asteria aveva abbandonato il bicchiere di vino, decidendo di non rischiare ancora una volta di soffocarsi.

"Mi dispiace, mi dispiace, non pensavo che ti sarebbe andato di traverso il vino."

Le aveva dato un colpetto sulla schiena per aiutarla, abbassandosi quindi alla sua altezza.

Era certa di non aver mai visto degli occhi del genere nella sua città.

"Da dove vieni? Non hai l'aspetto di uno del posto," aveva inclinato la testa di lato, giocando con il bicchiere.

Lui si era stretto nelle spalle, alzandosi nuovamente in piedi.

"Da molto lontano, ma ho dei parenti vicino la capitale. Non ho forse il fascino di un cittadino di classe alta?"

Le aveva rivolto un veloce occhiolino mentre Asteria scuoteva la testa.

"Direi più di un campagnolo, in realtà."

Lui aveva sgranato gli occhi mentre mandava giù il vino con un solo sorso. Aveva quindi ripreso a ridere in modo quasi isterico, rischiando di strozzarsi come aveva fatto lei.

"Mi stai dando del campagnolo?"

"Decisamente."

La porta delle cucine si era velocemente aperta, rivelando un Nasser con il fiatone. Aveva corso? Dall'aspetto sembrava proprio di si.

Aveva fatto passare lo sguardo da lei allo sconosciuto un paio di volte, raddrizzando velocemente la postura ed assumendo un'espressione impassibile.

Qualcosa non andava, Asteria ne era certa.

"Vedo che hai già avuto l'onore di conoscere il principe. Asteria, lui è Uraeus, il fratello di Iblīs."

Cosa?

A T T E N Z I O N E

Uraeus: il serpente sacro rappresentato sui copricapi dei sovrani e/o degli dei egizi.

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