12| Il Sussurratore
𝕾𝖔𝖓𝖔 𝖉𝖎𝖘𝖕𝖎𝖆𝖈𝖎𝖚𝖙𝖔 𝖉𝖎 𝖘𝖔𝖑𝖊 𝖉𝖚𝖊 𝖈𝖔𝖘𝖊. 𝕸𝖎 𝖉𝖎𝖘𝖕𝖎𝖆𝖈𝖊, 𝖈𝖔𝖒𝖊 𝖕𝖗𝖎𝖒𝖆 𝖈𝖔𝖘𝖆, 𝖉𝖎 𝖆𝖛𝖊𝖗 𝖒𝖆𝖑𝖙𝖗𝖆𝖙𝖙𝖆𝖙𝖔 𝖖𝖚𝖆𝖑𝖈𝖍𝖊 𝖆𝖓𝖎𝖒𝖆𝖑𝖊 𝖉𝖚𝖗𝖆𝖓𝖙𝖊 𝖎𝖑 𝖈𝖔𝖗𝖘𝖔 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖒𝖎𝖆 𝖛𝖎𝖙𝖆 𝖊 𝖑𝖆 𝖘𝖊𝖈𝖔𝖓𝖉𝖆 𝖈𝖔𝖘𝖆 𝖉𝖎 𝖈𝖚𝖎 𝖒𝖎 𝖉𝖎𝖘𝖕𝖎𝖆𝖈𝖊 è 𝖓𝖔𝖓 𝖕𝖔𝖙𝖊𝖗 𝖚𝖈𝖈𝖎𝖉𝖊𝖗𝖊 𝖙𝖚𝖙𝖙𝖆 𝖑𝖆 𝖉𝖆𝖓𝖓𝖆𝖙𝖆 𝖗𝖆𝖟𝖟𝖆 𝖚𝖒𝖆𝖓𝖆.
-Carl Panzram
Iblīs non immaginava che il suo primo bacio sarebbe stato così. In realtà non lo immaginava affatto.
Si sentiva così sciocco, adesso, nel non averlo fatto prima.
Perché non aveva mai baciato nessuno? Eppure pareva essere una sensazione piacevole.
Le labbra di Asteria erano morbide, soffici come piuma e lui desiderava così tanto rovinarle.
Le aveva morso il labbro inferiore una, due e tre volte facendo sì che sanguinasse anche lei.
Gli sembrava di starsi fondendo con ella e mentre il sapore del suo sangue gli sfiorava il palato pensava che non era abbastanza.
Avrebbe dovuto morderle ogni angolo di pelle, farla sanguinare quanto bastava per tenerla in vita e dare alle sue labbra un bel color rosso.
Con la mano libera le aveva cinto il collo, glielo aveva piegato all'indietro e aveva approfondito il bacio.
Voleva rovinarle le labbra, sfigurargliele e far in modo che tutti le trovassero tremende. In quel modo, si era detto lui, nessuno avrebbe più voluto baciarla e solo lui ne avrebbe avuto il piacere.
Non doveva preoccuparsi: lui non si sarebbe mai scandalizzato e mai l'avrebbe trovata brutta.
Si, era giusto che quel tocco fosse riservato solo a lui.
Dopotutto lei era la sua bambola, no? Aveva pagato per averla lì e poteva esercitare, quindi, qualche diritto.
No, non era giusto che fosse così.
Razionalmente sapeva di non poter pretendere nulla ma non gli importava, a lui non importava mai.
Come a volersi scusare del male fatto, le aveva accarezzato il labbro con la lingua tentando di cicatrizzare le sue ferite.
Asteria non aveva mai chiuso gli occhi, troppo sconvolta per rilassarsi o per assecondarlo.
Cosa aveva fatto? Oh, l'aveva combinata davvero grossa ed ora non sapeva come uscirne.
Iblīs la stava baciando in un modo così strano e così nuovo da confonderla. Non era il suo primo bacio, quello, ma si sentiva come se lo fosse.
Non era gentile eppure le accarezzava la guancia.
Non era cattivo eppure le cingeva il collo.
Grigio, Iblīs era così grigio in quel momento.
Una parte di lei sperava stesse, ancora una volta, farneticando e che al suo posto vedesse qualcun altro.
Nonostante questo non le sembrava una ricerca di supremazia, quel bacio. Lui non tentava di schiuderle le labbra né tanto meno di imporre un ritmo serrato.
Le baciava il labbro e poi entrambi, ne prendeva uno tra i denti e poi lo baciava di nuovo. Non le chiedeva di ricambiare ma nemmeno di andarsene.
Le labbra di Iblīs, aveva notato lei, erano fredde e screpolate forse a causa del freddo.
Sarebbero diventate così anche le sue?
Il suo cervello sembrava aver smesso di formulare pensieri; si era completamente azzerato nel momento in cui lei aveva schiuso le labbra. Iblīs aveva deglutito, discostandosi per qualche secondo senza la più pallida idea di cosa fare.
Con il pollice aveva tentato di pulirle le labbra sporche di sangue, senza realmente riuscirci. Aveva quindi deciso di fare altro, per il momento, evitando di toccarle le labbra.
Non lo fece per pietà, sia chiaro, ma per contenersi.
Se avesse continuato le avrebbe completamento sfigurato le labbra e, nonostante l'idea lo allettasse, voleva aspettare per arrivare a quel punto. Desiderava portare avanti quel momento il più a lungo possibile, come un ricordo che non si è disposti a lasciar andare.
Era quindi passato a baciarle le guance, mordendo i lembi di pelle tra la mascella e il collo con moderata forza. Non voleva farle male, non perché fosse mosso da un forte senso di empatia o di simpatia ma per non spaventarla più del dovuto.
Iblīs non era stupido e, nonostante sembrasse disconnesso dalla realtà, era decisamente un buon stratega. Se l'avesse graffiata e cosparsa di segni lei non gli si sarebbe più avvicinata, non in quel modo per lo meno, e se le avesse tirato i capelli fino a farla gridare si sarebbe impaurita.
Voleva che accettasse con meno paura possibile ciò che stavano facendo, il legame che pensava stessero creando per poi distruggere eventualmente tutto.
Sarebbe stato tutto più facile se Asteria si fosse tramutata in un obbediente bambola alla sua mercè, completamente abbandonata al suo volere e dipendente da lui.
Riusciva a immaginarsela mentre gli si aggrappava alla camicia, pregandolo di restare perché non aveva nessun altro.
Il solo pensiero lo aveva fatto fremere in maniera piacevole ma sconosciuta.
Si era concesso un attimo per guardarle gli occhi, un attimo essenziale per fargli rimangiare ogni pensiero che aveva appena formulato. Voleva davvero distruggerla? Forse no, forse avrebbe preferito guardare i fiori con lei, ma era un'idea irrealizzabile, un'utopia.
Nessun umano sano di mente avrebbe voluto svolgere normali azioni quotidiane con lui così come nessuna donna sana di mente avrebbe mai desiderato stargli vicino.
Manipolarla era quindi l'unica via possibile, giusto?
Aveva sorriso a se stesso per poi tornare ad appoggiare le labbra su quelle di lei. Al tatto gli erano parse più secche, forse a causa del sangue che le impregnava, e gonfie ma non se ne era dispiaciuto.
Per un secondo netto Asteria aveva chiuso gli occhi e si era scansata, aveva ripreso fiato e come se nulla fosse lui le aveva baciato l'angolo della bocca.
Aveva tentato di giustificarsi in ogni modo, si era detta che lo stava facendo per un puro scopo di sopravvivenza, di conservazione.
Si era lasciata baciare da un uomo che conosceva da qualche giorno e l'unica cosa a cui riusciva a pensare era a quanto non fosse stato sgradevole.
Non sgradevole ma nemmeno piacevole, ecco.
Se fosse stata in grado di avvicinarlo magari sarebbe riuscita a guadagnarsi il ritorno a casa, giusto? Dio, più lo guardava e più si sentiva in colpa.
Lui la osservava ad occhi sgranati, come un animale che s'era perso e non sapeva dove andare e con le mani ancora sul suo viso.
Asteria era arrivata alla conclusione che se si fosse mossa, lui si sarebbe scansato senza dirle assolutamente nulla. Ma cosa sarebbe successo, dopo? Aveva concentrato lo sguardo sul pavimento mentre pensava a quanto sarebbe stato facile se Iblīs avesse dimenticato tutto.
Subito dopo s'era fatta ribrezzo per un desiderio tanto egoista e meschino. Sarebbe stata lei a dimenticarsene; una volta uscita da quella stanza avrebbe agito come se nulla fosse mai successo.
Avrebbe dovuto parlarne a qualcuno? No, non poteva fidarsi di nessuno, lì dentro. Le persone, lo aveva appreso col tempo, avrebbero fatto qualsiasi cosa per elevare il proprio status e per guadagnarsi il favore di qualcuno.
Non importava se durante il processo bisognasse affondare un'altra persona perché il fine giustifica i mezzi, no? Se solo ci fosse stato Azef con lei...era sempre stato lui il più tranquillo, colui che rifletteva su tutto e solo dopo agiva.
Le avrebbe dato qualche consiglio prezioso e sarebbe riuscito a tirarla fuori dai guai.
Ma Azef non era lì, così come Alisha e, paradossalmente, come Nasser.
Era sola, di nuovo, e odiava quella sensazione. Cosa facevano, quindi, le persone sole? Cercavano il contatto, lo bramavano e poi lo rigettavano.
Aveva preso un respiro profondo e si era scostata ancora di più, forse perché consapevole di quanto fosse vulnerabile in quel momento.
Doveva calmarsi, respirare e andarsene il più velocemente possibile.
Ma Iblīs non era della stessa idea; poteva concepire e accettare l'interruzione del bacio ma non aveva ancora finito con lei.
Solo un altro po', si era detto Iblīs, voleva stare con lei solo un altro po'.
Aveva quindi afferrato il pennello e come se nulla fosse le aveva stretto la mascella per attirarla più vicino a lui.
"Mostrami le labbra," aveva mormorato lui, soddisfatto nel vederla obbedire.
Asteria aveva sporto il labbro inferiore, quello sanguinante, in fuori, sobbalzando quando il pennello era venuto in contatto con la ferita.
Il Re aveva fatto roteare un paio di volte il pennello sulle labbra arrossate per poi mordersi il labbro nello stesso punto in cui l'aveva precedentemente morso Asteria.
La ferita aveva quindi ripreso a sanguinare e, senza sussultare, si era passato il pennello sulla ferita.
Aveva premuto con movimenti lenti ma pesanti, cercando di sentire il maggior dolore possibile.
Era così rilassante e terapeutico, per lui, il male fisico.
Una volta soddisfatto si era piegato, facendo scorrere la punta del pennello sopra le clavicole di Asteria.
Si, le avrebbe dipinto la costellazione dello scorpione sulla pelle senza dirle cosa rappresentava. Non era una costellazione egiziana, quella, e a lui non andava di spiegare.
"Quando sei nata? Intendo, sai intendo il giorno e il mese. Ovviamente, non potevo intendere altro, vero?" Aveva ridacchiato da solo, aspettando pazientemente una risposta.
Le linee dovevano uscire a perfezione: sottili e ben delineate. Si era dovuto concentrare con tutto se stesso per impedire alle sue mani di tremare.
Asteria aveva aggrottato le sopracciglia, confusa. Pochi minuti fa la stava baciando ed ora le dipingeva la pelle, chiedendole quando fosse nata.
Non c'era nulla di coerente in quella situazione.
"il ventinove maggio."
Iblīs aveva fatto saettare lo sguardo su di lei, sorridente. Parlare, le piaceva parlare? Se non voleva baciarlo poteva dialogare, si lui-ecco lui poteva parlare per ore se era questo che voleva.
Doveva solo mandare avanti una conversazione e lei sarebbe rimasta lì, giusto? Il suo sguardo era saettato sul quadro della donna coperta di dalie: rappresentava Dahlia, ironicamente, ed il suo sguardo pareva dirgli di rallentare e di redimersi.
Fanculo, avrebbe fatto ciò che voleva!
"Ah-ah quindi sei una figlia di Seth, uh?" Iblīs ricordava di aver parlato ad un sacerdote di quest argomento. In base al mese e al giorno di nascita si era il figlio di un dio e, in base alla divinità, se ne ricavavano i tratti principali.
Asteria non aveva aggiunto altro, troppo concentrata sulla sensazione del pennello contro la propria pelle.
Il Re si era morso il labbro, infastidito e frustrato al tempo stesso. Perché non diceva altro? Era forse strano che si parlasse, dopo un bacio? Non lo sapeva, non gli era mai capitato e di certo nessuno ne aveva mai parlato con lui.
Forse avrebbe semplicemente dovuto mandarla via o continuare a baciarla. Si, in quel modo non avrebbe dovuto parlare affatto.
"Sai cosa dicono dei figli di Seth?" Aveva soffiato sopra la sottile linea di sangue dipinta tra le clavicole, cercando di far asciugare il tutto.
Non aveva fretta, magari avrebbe persino ripassato le linee più e più volte con sangue nuovo, impedendo ad esso di asciugarsi e, di conseguenza, ad Asteria di andarsene.
"No, cosa dicono?"
Il pensiero di avere del sangue addosso la turbava e il fatto che Iblīs si comportasse come nulla fosse l'agitava ancora di più.
Sapeva quali erano le caratteristiche dei figli di Seth ma farlo parlare era una spiaggia sicura.
Lui, comunque sia, aveva sorriso e s'era affrettato a dirle tutto ciò che sapeva sui figli di Seth.
"Credo che tu lo sappia, forse lo sanno tutti in realtà, ma Seth è il dio della guerra, delle tempeste e dell'oscurità.
È rappresentato come un uomo dalla faccia di un cinghiale ma, oh, tu sei decisamente più carina, non preoccuparti."
Asteria si era trovata divertita dall'ultima frase e senza preoccuparsi di nasconderlo aveva ridacchiato.
Iblīs aveva avvertito le spalle rilassarsi, confortato dall'atmosfera nuova.
"Come il cinghiale i figli di Seth vanno dritti verso la meta senza preoccuparsi degli ostacoli che incontrano. Il loro scopo è essere i numero uno, sentirsi liberi e controllare il proprio destino.
Sono perfezionisti, ambiziosi e passionali ma anche impetuosi e dal carattere un po'...non mi viene il termine."
Aveva premuto il pennello con più forza mentre tentava di ricordare.
Asteria era rimasta in silenzio mentre pensava a un modo per sbloccare Iblīs. Lui sembrava, però, paralizzato.
Tutto il suo corpo era immobile, tranne gli occhi i quali saettavano da una parte all'altra nella ricerca di un termine o di una risposta.
Con l'ansia a stringerle la gola Asteria aveva alzato la mano, toccandogli i capelli mentre mormorava un: "carattere ombroso, è questo che si dice."
Iblīs si era distanziato e annuendo si era morso nuovamente il labbro, lasciando che un rivolo di sangue tornasse a macchiargli il viso.
"Si, ombroso..." aveva intinto il pennello nella ferita per poi tornare a concentrarsi sul proprio disegno.
Più guardava le linee, però, e più esse prendevano forma e spessore. Non ricordava cosa stava dipingendo, la sua mano si muoveva da sola e lui non aveva voglia di impedirglielo.
Avrebbe lasciato che fosse la sua mano a condurre le danze, lui sarebbe stato solo un osservatore taciturno.
"Quando sei nato?" Asteria aveva iniziato a dondolare le gambe nel tentativo di distrarsi, o di distrarlo.
Per Iblīs era stato difficile rammentare la data esatta ma era invece facile riportare alla memoria la sensazione della sua nascita.
Ricordava il freddo pungente contro il viso, il cielo grigio e triste, la sensazione di vuoto nell'aver lasciato il ventre della madre e l'astio, la tremenda quantità di astio che qualcuno gli riversava addosso.
Non sapeva il perché ricordasse la sua nascita, se come fosse possibile, ma ci riusciva e questo gli bastava. Era uno dei pochi ricordi fissi che gli rimaneva.
"il quindici di dicembre, si penso fosse il quindici."
"Un figlio di Osiride, quindi."
Iblīs aveva grugnito, ridacchiando subito dopo. Oh, allora anche lei conosceva l'oroscopo egiziano! Questo significava che prima gli aveva mentito e, nonostante la cosa lo infastidisse, una parte di lui ne era stato felice.
Significava che voleva parlargli, giusto?
Non era l'unico a voler portare avanti una conversazione, allora!
"E cosa dicono dei figli di Osiride?" La sua mano aveva continuato a muoversi mentre le sue palpebre si facevano sempre più pesanti.
Gli sembrava di star cadendo in trance o di essere sul punto di addormentarsi. Gli ci era voluta molta concentrazione per non abbandonarsi totalmente al proprio corpo.
"Osiride è simbolo di fertilità e di crescita, è ironicamente il dio dei morti e simboleggia il rinnovamento.
I suoi figli dovrebbero vivere ogni istante della loro vita come se fosse l'ultimo, cercare esperienze nuove e spesso estreme.
Sono sinceri e diretti, non esitano a dire la verità nonostante questo possa danneggiare il prossimo. Molto leali. Curiosi, ottimisti, passionali e carismatici ma vendicativi, gelosi, intolleranti e manipolatori."
Senza osservare la reazione di Asteria aveva osservato la proprio mano muoversi freneticamente.
La costellazione era sparita ed ora, sulla pelle di lei, stava prendendo forma un volto.
Chissà cosa ne sarebbe uscito fuori!
Asteria aveva annuito, condividendo le parole di Iblīs. Essere un figlio di Osiride pareva essere una sfortuna piuttosto che una benedizione, ma non glielo disse.
"Sono anche persone capaci di grandi imprese ed esseri dall'animo estremamente sensibile."
Certo, non era sicura che quei canoni potessero applicarsi a Iblīs, ma tanto valeva provare a rincuorarlo.
Lui l'aveva guardata per qualche secondo, incredulo. Non sapeva se ridere della sua ingenuità o inorridire davanti ad essa. Perché quell'umana tentava in ogni modo di dipingerlo come una brava persona?
Forse si illudeva che ci fosse del buono, in lui, e che non tutto fosse marcio e nero.
Un tempo, magari, le avrebbe dato ragione.
Era stato un bambino sensibile, lui, e dall'animo puro ma poi tutto era cambiato, lui era cambiato e non pensava ci fosse qualcosa da apprezzare del suo carattere.
Gli umani avevano la strana abitudine di ignorare le cose spiacevoli e non se ne capacitava affatto.
Lui era orrendo, un essere immondo e cattivo eppure lei sedeva tranquillamente davanti a lui.
Forse anche lei era pazza.
"Sai da dove deriva il mio nome?"
Asteria aveva scosso la testa, curiosa.
"È probabile che derivi dal termine greco diábolos o dalla parola ublisa, in arabo, che vuol dire 'colui che non ha nulla da aspettarsi dalla grazia di Dio.'
Altri pensano derivi da hybris, anche questo in greco, ed ha diverse traduzioni come: eccesso, superbia, orgoglio e prevaricazione.
Ma, nonostante l'origine del nome, una cosa si sa per
certo: Iblīs è il nome con cui, nell'Islam, si indica il diavolo.
In alcuni testi sacri si cita la disubbidienza di Iblīs a Dio, in quanto prima era un angelo, nell'adorare gli umani."
Asteria si era sentita gelare mentre pensava a quanto quella descrizione lo rappresentasse a pennello. Come poteva essere una coincidenza?
La testa aveva iniziato a dolerle ma aveva tentato di non pensarci. Ancora qualche minuto e Iblīs avrebbe terminato il suo dipinto e, a quel punto, se ne sarebbe andata il più velocemente possibile.
Parlare del diavolo, di qualsiasi cultura fosse, era sbagliato e considerato un tabù. Non si sarebbe sorpresa se dopo quella conversazione avesse attirato la sfortuna o peggio: qualche forza maligna.
Era una credenza molto sentita e nonostante Asteria si considerasse una persona razionale, ne aveva paura anche lei.
Iblīs aveva preso a canticchiare una canzoncina mentre dava l'ultima e importantissima pennellata.
Il sorriso sul suo volto aveva insospettito Asteria e così, con decisione e velocità, s'era girata verso il muro sul quale poco prima aveva adocchiato un piccolo specchio.
Freddo, aveva sentito lunghi brividi di freddo percorrerle il corpo mentre lasciava cadere a terra lo specchio.
I cocchi si erano sparsi per terra come foglie in autunno mentre si alzava.
Iblīs aveva dipinto lei, una lei senz'occhi e con le labbra spalancate in un urlo silenzioso ma terrificante.
Era riuscita a fare solo due passi prima di venir fermata dal Re.
Non riusciva a guardarlo, a sopportare la sua vista e oh, non vedeva l'ora di togliersi di dosso quel disegno e tutto-tutto, dio, tutto quel sangue
"Sai un altro nome con cui vengo chiamato, Miel? Ah, non tremare a quel modo, non ti si addice. Mi chiamano il sussurratore, Waswas, e sai perché?"
Le aveva toccato la guancia con l'indice per poi afferrarle il viso, stringendola e strattonandola verso di lui.
Aveva fatto toccare i loro nasi in un gesto che, di per sé, non aveva nulla di affettuoso per poi darle un veloce bacio a stampo.
Con la lingua aveva tamburellato sulla ferita di Asteria, mordendola con più vigore possibile affinché facesse male.
Si, voleva che soffrisse perché, per lui, quello era l'unico modo di sentirsi vivo.
"Perché è compito del diavolo sussurrare parole dolci e tentatrici nei cuori degli umani."
A T T E N Z I O N E
Nel caso vi interessasse l'oroscopo egizio, vi lascio qui sotto i segni e qualche info:
1- Nilo ( (1-7 gennaio, 19-28 giugno, 1-7 settembre, 18-26 novembre)
Il Nilo, primo dei dodici segni zodiacali dell'oroscopo egiziano, indica l'inizio. Le persone nate sotto questo segno hanno forza e passione, fantasia e capacità di sognare imprese memorabili.
2-Amon-Ra ( 8-21 gennaio, 1-11 febbraio)
Chi è nato sotto il segno di Amon-Ra ha il compito di legare, tenere unito, motivare. Un segno che fa del dialogo e della pazienza i propri punti di forza, rappresentando così coloro che sono destinati a ruoli di responsabilità e rilievo.
3- Mut ( (22-31 gennaio, 8-22 settembre)
Mut, nell'oroscopo dei segni egiziani, rappresenta la madre, colei che nutre e supporta. Le personalità di coloro che nascono sotto questo segno sono portate all'accoglienza e all'assistenza, all'ascolto e all'insegnamento.
4- Geb ( 12-29 febbraio, 20-31 agosto)
Geb, o Seb, nell'antico Egitto rappresentava la terra e la capacità di prendersene cura. I nati sotto questo segno dell'oroscopo egiziano sono persone attente e sensibili, con una grande attenzione ai tempi della giustizia e del dolore del prossimo.
5- Osiride ( 1-10 marzo, 27 novembre-18 dicembre)
Osiride è un segno che parla di persone capaci di grandi imprese, ma estremamente vulnerabili, coloro il cui destino è legato alle circostanze piuttosto che alla volontà.
6- Iside ( 11-31 marzo, 18-29 ottobre, 19-31 dicembre)
Personalità diretta e impulsiva quella rappresentata e descritta da questo segno zodiacale. Le persone nate sotto il segno di Iside non sono certo campioni di mediazione, ma sono riconosciute per la loro coerenza e sincerità.
7- Toth ( 1-19 aprile, 8-17 novembre)
Toth nello zodiaco egiziano rappresenta la saggezza e la capacità di risolvere i problemi. I nati sotto il segno di Toth quindi hanno caratteri riflessivi e una grande empatia, caratteristica questa che li porta ad essere persone in grado di ascoltare ed aiutare.
8- Horus ( 20 aprile-7 maggio, 12-19 agosto)
Nell'oroscopo egiziano Horus simboleggia il coraggio, lo spirito indomito, la capacità di spingersi al limite delle proprie possibilità. Una persona che infonde ottimismo e sa essere un grande leader.
9- Anubi (8-27 maggio, 29 giugno-13 luglio)
Il segno zodiacale Anubi dell'oroscopo egiziano definisce i tratti di persone con un'alta intensità emotiva. Soggetti che vivono in una dimensione interiore molto forte, ma spesso restii a manifestarla agli altri. Introversi ma anche molto profondi.
10- Seth ( 28 maggio-18 giugno, 28 settembre-02 ottobre)
Pragmatici, efficienti, ma anche aperti alle novità ed al cambiamento. Ecco di chi ci parla Seth, divinità dalle mille sfumature, non tutte positive. Detestano la monotonia, ed amano, come il loro antenato, i grandi spazi.
11- Bastet ( 14-28 luglio, 23-27 settembre, 3-17 ottobre)
Al contrario del segno di Seth i nati sotto questo segno amano e ricercano calma, tranquillità, pace. Sono capaci di fare più di un passo indietro pur di non trovarsi in mezzo a situazione complesse e tese.
12- Sekhmet ( 29 luglio – 11 agosto, 30 ottobre – 07 novembre)
Segno che plasma persone molto rigorose, precise, con un forte senso della legge e dell'ordine. Capaci di slanci ed altruismo, molte volte però vissuti sempre con atteggiamento rigido e apparentemente freddo.
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