Capitolo 7
"Smetti di uccidere le persone." mormora Nia, nel corridoio del Continental. John è fermo, lontano da lei, la mano sospesa a mezz'aria che stava per posare sulla maniglia della sua porta. La prima volta che gli ha detto quella frase, nemmeno Nia aveva sentito la sua stessa voce, ma stavolta, oltre ad averla sentita, riesce anche a darle un senso. Le è uscita senza preavviso, ma sa benissimo che a parlare sono stati i suoi anni di esperienza in ospedale. John la guarda senza rispondere, il viso macchiato da una striscia di sangue di qualcun altro, la manica della giacca strappata dalla lotta. L'hotel è silenzioso, la maggior parte delle persone sta dormendo e i due sono probabilmente gli unici rimasti svegli. "Sono stanca di vedere gente che muore per mano tua, quindi smetti di uccidere le persone." continua, a voce leggermente più alta. John sa che non è Nia a parlare, ma la sua paura. Appoggia la mano sulla maniglia della porta della sua stanza e passando velocemente la chiave sul lettore entra in camera, Nia si infila dietro di lui prima che lui chiuda la porta. Si ritrovano vicini mentre John accosta la porta e la chiude a chiave con un giro del pomello.
"Pensi che non ucciderli li fermerà? Pensi che non ti faranno niente, che ti lasceranno andare? Pensi che la soluzione migliore sia dirgli il codice?" le parole di John investono Nia come un fiume.
"No, non ho detto questo." risponde lei, senza distogliere lo sguardo da lui. Non mette a fuoco il resto della stanza e non vede le armi sparse ovunque ma che agli occhi di John hanno un ordine preciso. Nia ragiona per qualche istante. "Perché devi sempre fare quello che fai?"
"Perché ho promesso di proteggerti." John resta fermo in mezzo alla stanza, ma a Nia come risposta non basta.
"Non è una risposta valida." John scopre tutto quello che aveva sempre represso. La sua espressione diventa interrogativa, per la prima volta rimane sbalordito dalle parole di un'altra persona.
"Cosa significa?"
"Perché ogni volta che succede qualcosa devi sempre fare in modo che qualcuno ci rimetta la pelle?"
"Ma ti stai ascoltando mentre parli?!"
"Rispondi alla domanda!"
"Preferiresti che fossi tu quella a morire? È questa la risposta che vuoi? Morirai tu la prossima volta, o lascerai che ti portino via, dove non posso più proteggerti?" John si accorge di aver alzato la voce, quando non avrebbe voluto. Il telefono suona sul comodino accanto al letto e lui va a rispondere, è Charon che riferisce le lamentele di alcuni ospiti per il troppo rumore che loro due stanno facendo mentre litigano. Non appena ha porto le sue scuse John riaggancia, e torna a guardare la mora ancora in piedi accanto alla porta. "Hai bevuto troppo, non sei lucida. Torna in camera tua e vai a dormire, stiamo disturbando gli altri ospiti."
"Non ho cinque anni, non devi dirmi cosa fare." ribatte lei, a un volume di voce più basso. "Non sei stato tu a decidere di venire a Toronto a salvarmi, non è così?" chiede, a bruciapelo.
"Pensavo ci avresti messo meno a capirlo." risponde John, di nuovo freddo. Nia sente la ventata glaciale che proviene da lui e abbassa lo sguardo. Ora che gli effetti dell'alcol stanno scomparendo sempre di più, capisce che non ha senso quello che gli ha chiesto prima. "È stato Winston."
"Avresti potuto lasciarmi da sola al Continental una volta arrivati qui, eppure non l'hai fatto. Perché?"
"Non è così che funziona alla Tavola." non continua la frase e Nia non fa nulla affinché possa ottenere più risposte.
"D'accordo. Vado a dormire, magari un giorno mi parlerai anche di questo." si sposta verso la porta che dà direttamente sulla sua stanza, ma si ferma con la mano sulla maniglia. "Ho solo un'altra domanda." si volta verso John, fermo a poca distanza da lei, il sangue sulle sue mani ormai secco. "All'inizio eri obbligato da Winston, eri solo parte del suo piano, io non ti facevo né caldo né freddo. Cos'è successo dopo?" John resta in silenzio. Non sa rispondere alla domanda di Nia perché non sa dare una risposta nemmeno a sé stesso. Sul suo viso non traspare nessuna emozione. Nia attende invano ancora per qualche secondo, poi sospira e apre la porta, chiudendola alle sue spalle, separando le due stanze e i loro sguardi. Dall'altra parte del legno pregiato John si avvicina alla porta e posa lentamente una mano sul disegno sottile delle venature scure, respira piano, si sforza di allontanarsi. Nia tiene lo sguardo sulla porta, nella breve illusione che lui la riapra, ma non succede. Nel momento in cui ha chiuso la porta tra loro si è sentita separata da una parte della sua vita di cui purtroppo ormai non può più fare a meno.
Passa qualche settimana in cui non succede quasi nulla. Gli incidenti sulle strade che percorrono Nia e John sono pochi, l'attenzione che attirano è poca, gli uomini e le donne che affrontano sono molto al di sotto degli standard a cui è abituato John. Nia ha continuato a perfezionare la sua tecnica con le armi al poligono e nel combattimento corpo a corpo e in breve tempo è riuscita a dare più forza ai muscoli di quanta non ne abbia mai avuta. Complice anche il vastissimo menù del Continental anche la sua alimentazione è migliorata e nel complesso si sente molto più in forma di quando lavorava a Toronto, dato che prima era molto facile che arrivasse a casa e preparasse qualcosa di già pronto o surgelato, non la cosa più salutare del mondo. John è quello che più di tutti ha notato il cambiamento, sia perché è quello che la sta addestrando sia perché per lui è praticamente impossibile non notare i cambiamenti. Da un paio di giorni i due hanno iniziato a provare il combattimento con i coltelli, ma chiaramente per evitare incidenti se ne sono procurati di foderati. Si sono allenati entrambi con la boxe, la corsa prolungata e l'apnea per essere pronti a qualunque evenienza. Nia ha conosciuto un amico fidato di John, Marcus, che nonostante l'età più avanzata rispetto ai due, ha comunque deciso di unirsi a loro per qualche sessione di allenamento.
È agosto inoltrato quando dopo un allenamento con Marcus i tre decidono che ceneranno insieme, prima che lui parta per una missione dall'altra parte del globo. Nia e John terminano l'allenamento sotto lo sguardo dell'uomo dai capelli rossi, la mora è intrappolata sotto il peso del corpo di John, l'avambraccio destro che cerca di tenerlo lontano con il pugno ben serrato, la gamba sinistra piegata tra di loro e la caviglia che avvolge il fianco di John, il braccio sinistro di lui che cerca di spostare la gamba di lei mentre la mano destra le blocca il polso sopra la sua testa, con una presa non troppo forte. Dopo essersi bloccati a vicenda in quella posizione Nia mormora un clear, la loro parola d'ordine per smettere di combattere. John la lascia andare e si rialza subito, Nia lo raggiunge poco dopo. Mentre John sta per uscire dalla stanza per salire a farsi una doccia, Marcus gli rivolge uno sguardo che non ammette repliche e che può significare una cosa sola: vuole parlargli in privato. I due uomini si incontrano in camera di Marcus, due piani sotto le stanze di Nia e John. Mentre lei è sotto la doccia, Marcus si siede sul divano opposto al suo letto singolo e John resta in piedi a poca distanza da lui, le braccia incrociate sul petto, in attesa che lui parli.
"Da quanto tempo va avanti?" chiede l'uomo dai capelli rossi, ma l'altro non risponde, non riesce a capire a cosa si riferisce. "Da quanto tempo va avanti, questa vostra vicinanza, il modo in cui la guardi, la delicatezza con cui la tocchi? Non mi sembri più nemmeno lo stesso John che ho conosciuto quando abbiamo prestato servizio militare." l'affermazione di Marcus lascia John senza risposta. La veridicità delle sue parole lo investe come uno tsunami, forse il motivo per cui lui si sente tanto diverso da quando c'è Nia è esattamente quello che gli ha fatto notare il rosso, ma questo cosa significa? John non riesce a dare una spiegazione alle parole di Marcus e a quello che sente dentro di sé ora che lui ha dato un senso al suo comportamento. Un comportamento che John nota davvero solo adesso, dopo che qualcun altro gli ha fatto capire cosa ci sia di diverso in lui. Tiene lo sguardo basso mentre cerca di riflettere sulle parole che ha appena sentito e di dare un ordine ai suoi pensieri, poi avverte una strana sensazione al livello dello stomaco, come se qualcosa glielo stesse stringendo in una morsa invisibile e nauseante. Schiude le labbra per rispondere, ma Marcus lo anticipa. "Chi tace acconsente." esordisce, sapendo bene che con quell'uomo davanti a sé non bisogna usare giochetti stupidi, ma sente che per una volta può rischiare.
"Non sono diverso." mormora John, a un volume molto basso, anche Marcus fa fatica a sentirlo, un vano tentativo di contenere la potenza delle parole che ha appena sentito. Il rosso piega un angolo delle labbra verso l'alto e unisce le mani in grembo.
"È un tentativo molto patetico per uno come te." lo sguardo dei due si incatena e le parole che lui pronuncia dopo sono tanti schiaffi sul viso di John. "La verità è che quando ti guardavo in questi giorni, se lei non c'era, eri sempre tu. Il solito John, letale, che incute timore con un semplice sguardo o un semplice gesto come voltare la testa verso chi ti parla. Ma con lei è diverso. Con lei sei una persona diversa, quel tuo lato sparisce e tu cambi, ti prendi cura di lei, cosa che non hai mai fatto con nessuno."
"No, non credo." risponde lui, interrompendolo.
"La verità, John, è che tu non vuoi che lei ti veda per quello che sei veramente. Non vuoi che lei veda l'assassino, vuoi che veda l'essere umano e ti sta insegnando che c'è altro, molto di più al di fuori della Tavola. Senza rendersene conto ti sta facendo assaggiare il sapore della vita fuori da qui, come ci si sente ad avere a che fare con persone normali, che provano dei sentimenti e a te è piaciuto talmente tanto quel sapore, quell'odore, che ormai ci sei caduto dentro e non potrai più tornare indietro, sarà la tua droga e la tua rovina."
John non riesce a dormire, troppi pensieri lo stanno tenendo sveglio stanotte. Mentre fissa il soffitto nell'oscurità quasi totale della sua camera gli tornano in mente le immagini di qualche ora prima, lui, Nia e Marcus seduti allo stesso tavolo del ristorante, Nia e Marcus che scherzano parlando di cose semplici, cosa che lui non riesce a fare. Risente la voce della mora mentre chiacchierava con il rosso a proposito del caldo che fa quest'anno a New York, del lavoro che faceva prima, dei bambini che era solita guardare nei turni di notte e le visite che li aiutava a superare senza paura. Rivede il suo sorriso e sa bene che per una sera Marcus è riuscito a farle dimenticare dove si trova, cosa che lui non riuscirebbe a fare. Può fare tante cose per Nia, ma non qualcosa di così semplice come non farle pensare alla situazione in cui si trova. Posa lo sguardo dove sa che c'è la porta comunicante con la stanza di Nia, per un attimo l'impulso di andare da lei è forte, ma resiste e si volta dall'altra parte, spostandosi sul fianco. Sospira, scacciando quelle immagini. Non sa cosa gli sta succedendo, ma sa che deve smettere, prima che arrivi a essere compromesso. Se c'è una lezione fondamentale che gli hanno insegnato mentre lo addestravano al suo ingresso nella Gran Tavola, è che i sentimenti non sono che un ostacolo.
I nuovi vestiti di Nia, confezionati su misura per lei, sono fatti dello stesso tessuto che compone le giacche e le camicie di John. La sartoria del Continental di New York non ha mai avuto questa richiesta da qualcuno che non sia John, così ci è voluto circa un mese per portare a termine una selezione sufficiente di vestiti antiproiettile per la mora. Un mese fa è andata a scegliere i suoi capi preferiti e oggi le sono stati consegnati, insieme a dei vestiti senza rinforzo. Nia osserva la pila di coperture di plastica che tengono al riparo i suoi vestiti nuovi e si chiede da che parte debba cominciare a sistemarli nell'armadio. Inizia togliendo tutta la plastica e una vocina dentro di lei le fa notare l'eccessivo spreco di materiale, li suddivide per tipo e, segnalati da un'etichetta rossa, separa quelli rinforzati da quelli normali. Va avanti finché alla sua porta non bussa qualcuno, circa intorno a metà mattinata. Si ferma lasciando gli ultimi vestiti sul divano e va ad aprire, oltre la porta ci sono Charon, John e Winston, il più lontano da lei e guardando i tre uomini Nia sa che questo non significa nulla di buono.
Si riuniscono in una stanza che Nia non ha mai visitato, dentro la quale li aspettano un uomo e una donna seduti su uno dei due divani disponibili. La mora non si ferma ad osservare la stanza, perché non c'è molto da vedere e anche perché il suo sguardo viene catturato dai due occupanti del divano. Sono l'uomo e la donna che aveva visto il giorno del suo arrivo al Continental, al piano intermezzo mentre lei stava esplorando e seduti al tavolo del ristorante la sera stessa. Winston si siede sul divano di fronte a loro e fa cenno a Nia di accomodarsi accanto a lui. Mentre lo raggiunge vede Charon uscire dalla stanza con la coda dell'occhio e John posizionarsi dietro di loro, in piedi come una guardia del corpo.
"Vorrei presentarti Gianna D'Antonio e suo fratello Santino D'Antonio, sono figli di uno dei membri della Gran Tavola e si sono offerti di darti un posto sicuro a casa loro, in Italia." Nia si ferma ad osservare i capelli mossi biondo cenere della donna, vede la somiglianza del suo viso dai tratti europei con quello di suo fratello, nonostante il suo sguardo sia molto più duro di quello di lei. Osserva per un attimo la postura dei due, lei con le gambe incrociate e la schiena rilassata contro il cuscino del divano, lui con il busto proteso in avanti e le gambe leggermente divaricate, un chiaro segno di dominio. Distoglie lo sguardo, per voltarsi ad osservare Winston e subito dopo John. Abbassa la testa e riflette per un istante sulla loro offerta, alza lo sguardo su Gianna e il sorriso che lei le rivolge per metà la rassicura e per metà la tiene in allerta. Non sa se dovrebbe fidarsi in questo modo dei figli di uno dei membri della Tavola, ma sa anche che chi la vuole non sta alle regole di questo mondo, non tutte. Certo spostarsi potrebbe dare a lei e John e lei un po' più di libertà di movimento, almeno per il primo periodo... per non parlare dell'Italia, un paese che ha sempre desiderato visitare prima o poi nel corso della sua vita. "Godrai di tutti i privilegi del Continental di Roma per tutto il tempo necessario e se servirà avrai un secondo luogo a disposizione nel Sud del paese per spostarti, una delle tenute private dei D'Antonio. La scelta è tua signorina Davis." Nia guarda negli occhi Gianna, poi Santino. Nonostante lo sguardo duro dell'uomo sente che di loro può fidarsi in qualche modo. Non vede nel loro atteggiamento nessuna minaccia e decide che accetterà.
"D'accordo." esordisce, dopo qualche minuto di silenzio. Non le passa nemmeno per un istante per la mente il fatto che loro vogliano qualcosa in cambio, così quello che succede dopo la coglie alla sprovvista. Winston si alza e si avvicina a un piccolo mobile non lontano da loro, prende il grande libro che vi è posato sopra e lo posa aperto su una pagina quasi vuota sul tavolino che separa i due divani. Prende una penna dalla sua tasca e con tutta calma scrive qualcosa sulla pagina, John aggira il divano e si avvicina al tavolino. In quel momento i due fratelli si alzano e Nia fa lo stesso. "Cosa sta succedendo?" chiede allarmata, poi nota la mano di John che si infila in una delle tasche della sua giacca e ne esce stringendo un piccolo disco di metallo decorato.
"Ogni cosa al di sotto della Tavola ha un costo." la voce di Santino dall'accento italiano la coglie impreparata e la spaventa. Si volta a guardarlo ma vede il suo sguardo su John, sente il leggero scatto di un piccolo meccanismo. Quando il suo sguardo torna su John la sua mano sta stringendo il disco, ora aperto, e il suo pollice si posa su una piccola punta metallica che sporge nella parte superiore e che, Nia ci giurerebbe, prima non c'era.
"No, aspetta. Che cos'è?" chiede, tentando di fermare John stringendo il suo braccio. La sua voce leggermente più acuta non basta a fermare l'uomo.
"Un pegno." risponde Gianna. Il suo sguardo si incontra con quello della mora, sul cui viso si staglia un'espressione interrogativa e preoccupata. "Di sangue." continua. Quelle ultime due parole fanno scattare Nia.
"No, fermo!" si volta di nuovo verso John, ma ora all'interno del piccolo disco c'è l'impronta digitale del pollice di Jonathan, delineata di rosso brillante sull'argento dello sfondo. "Non mi avevate detto questo! Non sapevo ci fossero delle condizioni!" John la sposta dalla sua traiettoria senza farle male.
"Non è una tua scelta Nia." Winston viene fulminato con lo sguardo dalla mora.
"Sì che lo è!" risponde lei. John si abbassa a marchiare con il sangue che gli è rimasto sul dito anche la pagina del libro. "Jonathan!" l'uomo si alza e consegna il disco chiuso a Santino D'Antonio.
"No, non è una tua scelta." risponde John, voltandosi verso di lei. "Winston non avrebbe potuto dare nulla in cambio ai D'Antonio e tu tanto meno. Ho deciso io di pagare questa scelta, perché sono l'unico che è tenuto a farlo."
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