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Capitolo 17

Il giorno dopo, poco prima dello scadere delle ventiquattr'ore che segnano la fine del tempo stabilito da Killmonger, John, Nia, Marcus, Winston e Charon si ritrovano di nuovo nell'ufficio del direttore. Si guardando in silenzio mentre Winston prende il telefono e chiede cosa debba rispondere.

"Prima di tutto il posto. E la data." dice Marcus, cercando con lo sguardo l'approvazione di Nia. Lei annuisce.

"Tra tre giorni, il primo ottobre, alle dieci di mattina. Digli che porterò delle persone con me e che se non gli va bene non se ne farà niente, che se proverà a far fuori i miei prima che io gli abbia parlato farò in modo di non dargli il codice e non scomodarti a precisare che andremo armati fino ai denti, lo capirà da solo." Winston la guarda e un dejà-vu di lei ieri appare nella sua mente. Nia resta in silenzio mentre l'uomo di fronte scrive quello che lei ha detto e posa il cellulare sulla scrivania, lo schermo rivolto verso il basso, intreccia le dita delle mani e rilassa la schiena contro la sedia.

"Dunque se questo è tutto, vi consiglierei una visita al nostro sommelier se non avete nient'altro da fare." alle parole di Winston Nia sorride e si alza in silenzio, ringrazia con un cenno e si avvia verso la porta seguita a ruota da Marcus e John. Salgono al piano di sopra, dove entrano in quella che è la più sofisticata delle armerie e un uomo dall'aria tranquilla li accoglie invitandoli ad avvicinarsi al tavolo di legno di fronte a sé. Mostra loro una nutritissima selezione di pistole, fucili, coltelli, pugnali e altre armi più complesse da usare e quando mezz'ora dopo escono per andare a prendere qualcosa da bere al bar fanno un resoconto di quello che hanno preso e che arriverà nelle loro stanze entro sera.

"Credo che con quattro o cinque armi a testa più i coltelli e i pugnali che ci nasconderemo addosso dovremmo essere abbastanza tranquilli." mormora Marcus, mentre avvicina il suo bicchiere di Negroni alle labbra. Nia posa la sua birra di fronte a sé e gli risponde con lo stesso tono di voce.

"Se avrà centinaia di uomini potrebbero non bastarci. Era anche per questo motivo che avrei preferito se fosse venuto al Continental." si guarda intorno, accorgendosi che le persone che la guardano ora sono in netta minoranza rispetto a qualche anno fa.

"Che intendi fare in questi tre giorni, mentre aspettiamo il primo ottobre?" chiede il rosso, e il suo sguardo incontra quello della mora. Nia resta in silenzio, cerca una risposta a quella domanda mentre finisce la sua birra e quando apre bocca dà voce al costante pensiero che la accompagna da quando ha preso la situazione in mano e senza saperlo anche ai pensieri di John a riguardo.

"Se mai dovessero essere i miei ultimi giorni su questa Terra, voglio passarli a divertirmi senza preoccuparmi di niente."

Ma Nia non si era resa conto di aver mentito a sé stessa con quella frase, perché i giorni successivi passano carichi di tensione che rischiano di farla esplodere da un momento all'altro. Dorme male la sera successiva all'accordo e la sera dopo la passa metà in bianco, con l'aggravante che nemmeno John riposa a sufficienza, restano entrambi svegli a parlare o semplicemente a godersi i momenti insieme. Si addormenta in una posizione scomoda, rapita dalla stanchezza, quando ormai sono le due e mezza del mattino e il suo corpo si è completamente adattato al fuso orario di New York, con John che veglia su di lei ancora qualche minuto prima di addormentarsi a sua volta. Si svegliano quando sono le nove e mezza e con Marcus ripassano il piano d'azione principale con cui si muoveranno. Nia prova qualche vestito antiproiettile, per cercare di capire quale sia la scelta migliore in fatto di comodità e libertà di movimento. Marcus le ha spiegato che potrebbe fare la differenza tra un buon combattimento e una lotta scadente, così opta per dei pantaloni neri appena aderenti, una maglietta e una felpa senza cappuccio dello stesso colore. Pensa a dove sistemare tutte le sue armi e guardandosi allo specchio, completa di cintura a cui ha appeso le pistole e i caricatori, si sente al tempo stesso fuori luogo e sicura di sé. Vorrebbe poter incontrare la Nia del 2006, e farle vedere com'è diventata la Nia del 2009, quella che sa difendersi, sparare, usare un pugnale e che ha fatto evolvere la sua personalità affinché il più grande difetto che aveva non fosse un problema che si sarebbe portata in questa nuova vita. La Nia del 2006 la guarderebbe con il mento basso, spaventata e insicura, vittima di quelli che cercavano di metterla al muro e che sicuramente non si aspetterebbe di vedere un tale cambiamento nel giro di così poco tempo. Resta in silenzio di fronte al suo riflesso per quelli che sembrano momenti interminabili finché la voce di John non interrompe i suoi pensieri.

"Vorrei parlarti di una cosa." Nia si gira verso di lui e per un attimo John trattiene il fiato. Cerca di riordinare quello che gli passa per la mente mentre la osserva e si rende conto che anche lei fa parte della Tavola adesso. Un dolore acuto all'altezza del petto accompagna il pensiero che ora si insinua nella sua mente e sa che non potrà più scacciarlo: lei domani potrebbe morire e lui si sentirebbe in colpa nonostante tutto, ma sa anche che farà qualunque cosa in suo potere per evitare che vada a finire così.

"Certo, ti ascolto." risponde lei, e un riflesso involontario fa chiudere le mani di John in due pugni che si riaprono subito dopo, deve scaricare la tensione in qualche modo. Ha pensato molto se raccontare questa parte di sé a Nia, ma sa anche che è l'unica persona di cui può fidarsi davvero. Fa dei respiri profondi mentre il suo sguardo vaga per le venature del parquet e infine prende coraggio e lascia che le parole escano da sole.

"Jonathan Wick non è il mio vero nome." ora che ha sganciato la bomba, attende che faccia effetto su Nia prima di proseguire. Vede un leggero scatto della sua testa all'indietro, accompagnato da un'aria stupita e seguito da un'espressione interrogativa. "Questo nome mi è stato dato dalla famiglia che mi ha salvato dalla strada, la Ruska Roma. Quello vero è Jardani Jovanovich. Sono un figlio della Bielorussia." si accorge di aver portato il busto in avanti, con le spalle leggermente chiuse, in posizione difensiva, cerca di rilassarsi ma sente i suoi nervi tesi come corde di violino.

"Jardani..." il nome scivola dalle labbra di Nia in un sussurro e John lo sente arrivare appena alle sue orecchie, ma quelle tre sillabe pronunciate da lei sfiorano una parte di lui che non ha mai mostrato a nessuno, quella più fragile. Nia si avvicina piano a lui e si ferma per prendere le sue mani: un movimento lento, per non spaventarlo, perché sa che questo è il vero John.

"Avevi il diritto di saperlo. Solo che non sono più Jardani ormai... resterò sempre John." abbassa lo sguardo, perché non riesce più a sostenere quello di Nia. La sua voce si rompe sulle parole successive. "Non chiamarmi più così, per favore." mormora, alzando di nuovo lo sguardo su di lei e per la prima volta Nia vede gli occhi di John lucidi di lacrime, che lui respinge finché non riesce più a contrastare la loro forza e una scende e gli riga la guancia. La mora lascia la sua mano e delicatamente gliela asciuga passando il pollice sulla sua pelle.

"Chiunque tu sia stato, chiunque tu sia e chiunque tu sarai, io amo la persona che sei. Mi sento molto onorata dal fatto che tu ti sia fidato di me al punto da dirmi una cosa così importante, te ne sarò sempre grata e voglio che tu sappia che non tradirò mai la fiducia che mi hai dato oggi." Nia si ammutolisce e nella sua gola si forma un nodo che non riesce a scacciare. "Non avrei dovuto aspettare. Avrei dovuto sposarti prima, quando ne avevo l'occasione." una lacrima scende anche sulla guancia di Nia. "Promettimi una cosa John, promettimi che se dovessi morire cercherai e troverai una persona che sappia amarti esattamente come me, per la tua anima. Non lasciare che la mia morte ti distrugga, non è quello che voglio."

"Tu non morirai. Ti terrò in vita, a qualunque costo."

Nia cerca di intravedere le stelle sopra i grattacieli di New York, ma il cielo è semplicemente nero. I vari rumori della città, venti piani più sotto, suonano lontani alle sue orecchie e l'aria è ferma in quest'ultima sera di settembre. È sola sul terrazzo del Continental, finché non sente la porta scorrevole aprirsi e il rumore di tacchi di scarpe da uomo avanzare verso di lei.

"Ho chiesto io a John di farti venire qui, volevo parlarti." la voce di Winston la fa voltare e nella penombra delle luci da esterno vede il suo volto rilassato mentre si avvicina con le mani in tasca. "Gli ho anche detto di andare a svagarsi un po' di sotto. Ho sentito la vostra inquietudine attraverso i muri per tutto il giorno, ovunque mi trovassi nell'hotel."

"Avrei dovuto immaginare che John stesse insistendo così tanto affinché io salissi perché era una tua idea. Lui ha smesso di impormi qualunque suo pensiero molto tempo fa." risponde lei, Winston si ferma accanto a lei, vicino al cornicione, il suo sguardo si perde tra le luci della città.

"Lo so molto bene. Mi ha confessato che non ti avrebbe mai più imposto niente, né nella verità né con l'inganno."

"Eppure ha comunque cercato di..." Winston la interrompe.

"Perché era spaventato, e un uomo spaventato si fida solo dei posti che conosce. Non ti avrebbe mai strappato da Berna se non fosse stato preoccupato per te." cala il silenzio tra di loro per qualche momento, poi il direttore riprende a parlare. "Ti ama più di quanto immagini."

"Lui mi ha detto..." Nia si ammutolisce mentre cerca di pensare alle parole da usare. "Lui mi ha detto che ha conosciuto una donna, tempo fa. Credi che se io dovessi..." fa un respiro profondo. "Credi che se io dovessi morire, lui potrebbe amare di nuovo?" Nia sa che ha messo Winston in una posizione scomoda, e ne ha la conferma dal sospiro che sente e che vede su di lui. "Non pensare che io reputi nessuno un mio sostituto. Voglio solo che lui sia al sicuro in un posto che possa considerare casa. Con qualcuno che lo ami davvero, ma non vedo me stessa in questo futuro."

"Non so nulla di lei, a parte il suo nome. So molte più cose su di lui, e so che come ama te sarà in grado di farlo di nuovo. Lo sa da solo che non si sostituiscono le persone, ma per il suo bene qualcuno dovrà dirgli che non potrà piangerti in eterno. Quell'uomo è una spina nel fianco di molti e al contempo ha un incredibile talento per l'autodistruzione. Meglio per tutti che tu non muoia." Winston sposta lo sguardo su Nia e lei lo guarda a sua volta. "Quello che sono venuto a dirti stasera, signorina Davis, è che non sarai mai sola. Nel Continental di New York troverai sempre una famiglia pronta ad aiutarti. E anche che ti ho portato un regalo." sfila una mano dalla tasca e porge a Nia una scatola di carta bianca. Nia la prende e la osserva sporgendosi verso la luce di una lampada. Sonnifero in pastiglie. "Non è molto forte, ti sto solo assicurando una notte di riposo. Domattina non avrai nessun effetto collaterale. Ce ne sono un paio, una per te e una per John. Obbligalo a prenderla, perché se fosse per lui resterebbe sveglio tutta la notte e l'ultima cosa che voglio è che non sia abbastanza lucido all'incontro." Nia guarda ancora un istante la scatola e torna con lo sguardo su Winston, si lascia andare a un sorriso sincero.

"Grazie Winston, per tutto quello che hai fatto per me in questi anni. Te ne sarò sempre riconoscente." anche il direttore sorride a sua volta e le posa delicatamente una mano sul braccio.

"Puoi sempre contare su di me, filia mea."

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