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Primo Giorno a Villa Justice pt2

Quando furono le sei del pomeriggio, Vipère decise che li aveva torturati abbastanza e li fece uscire dalla palestra. «Ricordatevi, domani vi voglio puntuali.» li avvisò.

Fuori nel corridoio, seduto sopra una sedia traballante, li aspettava Andrea.

«Ehi piccoli! Com'è andata?»

«Uno schifo» gli rispose Gabriele trascinandosi a fatica.

L'uomo sorrise a loro rassicurante. «Dai, non può essere andata così male» obiettò «È sempre così i primi giorni. Sono tante le cose da imparare, ingranare non è mai facile all'inizio.»

«La fai facile te, sei l'Eroe più forte qui alla Villa dopo Supreme Dragon!» fece Fahed abbattuto. «Non dev'essere stato così difficile per te!»

«Ed è qui che ti sbaglio caro mio.» lo corresse Andrea «I primi giorni qui alla Villa sono stati terribili, ero arrivato a fine mese che sembravo uno zombie. Poi quando cominciai ad adattarmi alla routine e a notare i miei progressi le cose divennero più facili.» raccontò «Dovevate vedere Navaìnica e Vipère quando erano soltanto dei Neo-Ultra. Neppure per loro è stato così semplice. Hanno fatto tanti di quegli errori. Pensate che Navaìnica per i primi tre mesi non poteva stare accanto a niente che avesse a che fare con l'elettricità per via della sua abilità, ha avuto serie difficoltà a controllarla tanto che doveva girare costantemente con dei guanti di gomma.»

I bambini ridacchiarono appena rincuorati. Allora non facevano così schifo.

Questo li aiutò parecchio a rasserenarsi un po'.

Risero tra loro all'idea di quel burbero di Navaìnica che girava con dei guanti giallo canarino. Gab optò per il colore rosa fluo, più imbarazzante.

Finito di scherzare, Andrea li invitò a seguirli. «Voglio farvi vedere una cosa»

«Dove?» non poté fare a meno di chiedergli Gabriele con i rimasugli dell'ultima risata ancora sulle labbra.

L'Eroe gli sorrise misterioso «In un posto che ti piacerà particolarmente» si incamminò per il corridoio seguito dai bambini curiosi di sapere che cosa voleva far vedere a loro.

L'unico che restò indietro fu Paulo.

«Tu non vieni?» gli domandò Adriana.

Lui scosse la testa «Non sono cose che m'interessano. Piuttosto preferisco farmi una bella doccia, non voglio mica puzzare come un Omèga.»

Dri si voltò senza dire niente, quando Gabri le chiese perché si ostinava ad essere gentile con quell'antipatico lei gli rispose che voleva aiutarlo a fargli capire che quello che cercava sempre di mostrare non era il vero Paulo.

«Si, ma non puoi continuare a farti trattare così solo perché lui possa capire che in realtà si sta solo nascondendo dietro ad una maschera.» le disse il bambino scocciato.

Adri scrollò le spalle «Forse hai ragione»

«Dri, sul serio. Non puoi soffrire gratis per chi non se lo merita o non vuole essere aiutato. Ci rimetti solo tu.» l'avvisò sinceramente preoccupato, le afferrò la mano perché lo ascoltasse sul serio «Davvero Dri, fidati»

Lei lo guardò fisso negli occhi «Ma io mi fido di te. Mi fiderò sempre di te.» lo assicurò sincera, aveva ascoltato veramente il suo amico «D'accordo, ti prometto che se a fine settimana Paulo si comporterà ancora nello stesso modo di adesso smetto di cercare di aiutarlo. Lo lascerò stare»

Nelle sue iridi argentate Gab vide che stava dicendo la verità e che era determinata a mantenere la parola data. Sorridendo tranquillo, si fece più vicino a lei intanto che continuavano ancora a camminare «Grazie» le bisbigliò all'orecchio «Lo so che vorresti dargli una mano, ma se lui rifiuta il tuo aiuto non puoi farci molto. Rischia di buttarti giù a fondo con lui.»

Dri ricambiò debolmente il sorriso e, allungando la propria mano, strinse quella del suo migliore amico. Sapeva che il compagno aveva ragione, ma non rendeva comunque la verità era più facile d'accettare.

Intanto Andrea li aveva guidati fino al piano sottoterra, quello con la sezione relax, dirigendosi verso un muro apparentemente vuoto. Posò una mano sulla parete accanto e una luce azzurra gli circondò il palmo.

Il muro davanti a loro si aprì rivelandosi un ascensore.

Mentre entravano Gabri, continuando a tenere la mano ad Adriana, allungò il viso verso Fahed e gli bisbigliò con fare canzonatorio «Te l'avevo detto.»

«Taci!» intimò lui nascondendo il viso nella penombra.

Gab tornò al suo posto con un sorriso beffardo di chi sapeva di aver avuto ragione.

L'ascensore scese per diversi metri per poi fermarsi con un lieve sobbalzo. Le portiere si aprirono verso un lungo corridoio illuminato da soffuse luci arancioni, qua e là vi erano appesi diversi cartelli di pericolo.

Andrea proseguì senza alcun indugio. Gabriele lo seguì subito dopo, curioso di sapere dove li stava portando e che posto fosse mai questo, seguito poi da Dri e Nick, la prima per assicurarsi che non facesse niente di avventato. Yen e Fahed rimasero in fondo tenendosi vicini mentre guardavano i cartelli con aria piuttosto intimorita.

Continuarono a camminare fino a che non so trovarono davanti una porta in titanio dall'aspetto molto resistente con un quadrante sul quale c'erano dei tasti numerati, una debole luce rossa ne illuminava i contorni.

Il Tutore dei due italiani vi digitò il codice giusto e le porte si aprirono con uno stridore, non dovevano essere molto usate.

«Benvenuti al laboratorio di Villa Justice!» esclamò Andre una volta oltrepassato l'entrata.

L'interno era molto grande, enorme, ma c'era talmente tanta roba da dover stare attenti a dove si metteva i piedi. Dentro vi si trovava ogni sorta di apparecchio che nessuno dei presenti aveva mai visto.

Era impressionante.

Gabriele guardava tutto questo a bocca spalancata.

Quel posto era la raffigurazione fisica del suo paradiso ideale, se mai questo esisteva realmente.

Prese ad andare da un apparecchio all'altro ponendo domande nel tentativo di capirne il suo utilizzo. Avrebbe tanto voluto avere le conoscenze necessarie per saperlo da solo.

Si avvicinò ad un enorme parallelepipedo pieno di antenne, chissà a cosa mai serviva? Quando da lì dietro spuntò la testa di una persona, all'orfano scappò un sottile gridolino spaventato allontanandosi d'istinto di qualche centimetro.

«Buongiorno giovincello!» lo salutò allegramente la testa, apparteneva ad un ometto piuttosto in là con gli anni con una barba candida arruffata e i capelli, anch'essi bianchi, stavano dritti come se avessero ricevuto una scarica elettrica. Il viso era poco visibile, nascosto da quei enormi occhiali da talpa. Nonostante l'età era piuttosto arzillo.

Il bimbo notò che gli mancavano molti denti.

«Ciao Max! Come va?» lo salutò con una gran pacca Andrea raggiungendoli.

L'ometto ci mese un po' a mettere a fuoco. «Mille Volti! Come stai?» rispose con grande entusiasmo Max «Da quanto tempo che non ci vediamo?»

Andrea, o come appunto era il suo nome di battaglia Mille Volti, si mise una mano nei capelli imbarazzato «Due anni... scusami Max»

«Oh tranquillo! Tanto sei l'unico che viene a farmi visita. Adesso che ci penso... è da molto che non vedo Liza e Hisashi. Come stanno?»

Andrea non rispose cercando di cambiare subito discorso «Che cos'è quel coso?» chiese indicando il parallelepipedo dal quale era apparso Max.

«Ah quello serve... serve...» mormorò quello strano tipo. «Sinceramente non ne ho idea.»

L'uomo rise alla risposta del vecchio amico. «Ragazzi lui è Max. Un grande inventore.» disse poi presentandolo ai bambini «Sembra un po' svitato ma è ancora un genio!»

Nel frattempo il genio in questione era impegnato ad intrattenere un'interessante conversazione con quella che sembrava una specie di macchina di caffè.

«Max. Siamo qui» lo richiamò Andre con tono divertito. «Comunque loro sono Fahed, Nick, Nguyen, Gabriele e Adriana. I nuovi Ultra di quest'anno.»

I bambini lo salutarono a modo loro; Fahed e Yen impacciati, Adri con cordialità, Nick con fin troppo entusiasmo e Gabri era ancora troppo preso ad osservare quello straordinario posto. Dri lo fece tornare alla realtà con una leggera gomitata. «Ehm... sì. Ciao!»

«Piacere di conoscervi» fece Max guardando fisso davanti a sé senza guardarli veramente.

I bambini erano divertiti da quello strano signore. Quei suoi enormi occhiali erano la cosa più buffa di lui, Gabri sospettava che però non fossero molto utili contro la cecità dello scienziato.

«Volevo chiederti un favore Max.» iniziò Andre.

«Certo! Qualsiasi cosa figliolo.» rispose vivacemente l'anziano prendendo uno scatolone pieno di aggeggi tecnologici, passò accanto ai ragazzini e lo mise in un angolo accanto ad altra confusione. Gabriele ne prese uno di nascosto, deciso a studiarlo una volta in camera, lontano però da occhi indiscreti.

«Potresti commissionare delle uniformi adatte a loro?» chiese Andre.

«Ovvio! Fammeli osservare per bene.» disse Max, cosa sarebbe riuscito a vedere era un mistero.

«Ci date delle uniformi?» domandò Nick eccitato.

L'Eroe annuì «Certo, tutti gli Ultra ce li hanno. Specialmente per chi ha dei poteri fisici.» rispose «Te Nick finirai per usurare tutte le scarpette da quante ne bruci per qualche chilometro. Gab invece non può continuare a bruciare vestiti mentre a te Fahed ti danno fastidio, poiché risulterebbero inutili con il tuo potere e non puoi girare nudo.»

«Uao che forza!» esclamò Nick felicissimo «Saremmo come dei veri Eroi alla fine! Ti immagini Gabri?»

Il bambino annuì distratto, in realtà l'unica cosa che voleva era lavorare lì dentro. Costruire oggetti che potevano migliorare la vita delle persone.

Essere uno scienziato.

Era così vicino al suo sogno di sempre, ma allo stesso tempo così lontano.

Gli Ultra non potevano essere degli scienziati, ora comprendeva la risposta del giorno prima di Vipère. Ma ancora non ne comprendeva il motivo.

Perché gli Ultra dovevano essere per forza Eroi o Oscuri?

Non si sprecò a domandarlo ad alta voce, nessuno gli avrebbe mai risposto. Forse neppure conoscevano realmente la risposta, abituati a vedere il mondo da un'unica prospettiva perché era quella che gli insegnavano da sempre.

Decise internamente che un giorno cambierà tutte quelle assurde regole e aiutare la vita di tutti.

Non si poteva continuare così.

Per abitudine.

Max chiese a Nick e a Fahed di mostrare le loro abilità, per capire meglio cosa potesse fare, a Gab invece prese soltanto una ciocca di capelli ed un campione di sangue. Disse che il suo problema era molto comune e sapeva già cosa fare; non aveva bisogno di una dimostrazione da parte del bambino della sua abilità, anche perché avrebbe rischiato di distruggere qualcosa.

Inoltre gli consigliò di lasciargli la sua collana per migliorarne il materiale perché col tempo avrebbe cominciato a danneggiarsi, specialmente quando avrebbe usato il fuoco. Meglio prevenire che curare.

Gabriele se la tolse a malincuore, era l'unica cosa che lo legava a sua madre. Non se l'era mai tolta prima d'ora.

Per qualche secondo tornò ad avere soltanto quattro anni, con le lacrime agli occhi ed un orsacchiotto di pezza tra le braccia.

«La prego, non la perda» lo implorò tentando di trattenersi dal piangere di fronte a tutti.

«Se vuoi ci lavorerò immediatamente, così entro domani sarà già pronta» gli promise il vecchietto afferrando la targhetta, ma ancora Gab non riusciva lasciarla andare.

Era una cosa troppo grande e preziosa per lui.

«Posso assisterla mentre la modifica? Posso aiutarla.» tentò di convincerlo.

Andrea gli posò una mano sulla spalla «Mi dispiace Gabriele, fra non molto sarà ora di cena e voi dovete essere già su in mensa. Non puoi restare, sei troppo piccolo.»

Gab si voltò verso il Tutore «Ti prego Andrea, sarò bravissimo! Non romperò niente, non darò fastidio! A me piace questo posto, non mi azzarderei mai a rovinarlo. Ti prego, fammi restare!»

L'uomo fu irremovibile «No, Gabri. Ora tornate su tutti quanti, io arriverò fra un po'.»

Il dorso di una mano accarezzò impacciato quello del bimbo, non aveva bisogno di vedere chi fosse. L'aveva riconosciuta subito.

Dri era ora accanto a lui, a stringergli il palmo, col un'espressione grave sul viso e una mano sul suo medaglione. Neppure lei avrebbe sopportato l'idea di separarsene.

Lasciò andare la collana e, spinto leggermente dai suoi compagni, si avviò lentamente verso l'uscita senza però staccare gli occhi dalla targhetta.

Quando la porta si chiuse dietro di loro, togliendogli la visuale della stanza, mollò la presa dalla mano dell'amica e si allontanò di poco, verso l'ascensore.

Si sentiva così vuoto ora. Come se gli mancasse un pezzo del suo corpo, un braccio o una gamba, non faceva differenza.

Sentiva lo sguardo degli altri sulla sua schiena, o più precisamente sulla lettera impressa alla base del collo, intanto che cercava di aprire l'ascensore. Le porte scattarono con un sibilo permettendo ai bambini di entrare.

«Ci tieni molto a quella collana» disse Nick titubante una volta dentro «Apparteneva a qualche tuo parente?»

«È l'ultima cosa che mi è rimasta della mamma» rispose Gab, che senso aveva mentire o nascondere la verità? «L'unica cosa che mi lega a lei.»

Yen aggrottò la fronte dispiaciuta «Che le è successo?»

L'italiano spostò lo sguardo altrove puntandolo verso il basso «Se n'è andata...» sussurrò con un filo di voce.

Nessuno osò chiedere più nulla, lasciando che siano i rumori prodotti dagli ingranaggi dell'ascensore, intanto che questo saliva lentamente, a riempire il silenzio.

Dopo diversi metri Fahed cominciò a parlare «Sapete, a parlare madri e padri mi ha fatto venire nostalgia di casa. A voi non manca la famiglia?» domandò, poi si accorse dell'errore madornale che aveva appena fatto «Cioè ecco... scusatemi. Voi, Gabriele e Adriana, siete orfani per cui...»

Gab lo ignorò, al momento non aveva molta voglia di parlare.

Stranamente fu Dri a sbottare seccata «Sentite, io e Gab non avremmo avuto dei genitori, o ameno non a lungo tempo, ma non rimasti da soli. Mai» disse con una certa irritazione nella voce «All'orfanotrofio c'erano persone che si occupavano di noi e che ci volevano bene. Avrebbero fatto di tutto per proteggerci. Sono stati per noi come dei padri e delle madri. E anche i bambini dell'orfanotrofio erano simpatici» disse tutto d'un fiato

Gabri sollevò di poco il viso sorridendo appena beffardamente «Compreso France -Pallonegonfiato assieme ai suoi amichetti del cuore, Mattia-Pococervello e Ludomaiale?»

«Quasi tutti» si corresse allora la ragazzina.

Non appena finì di parlare, le portiere si aprirono con un sonoro ding che annunciava la fine del loro breve viaggio in ascensore.

Uscirono tutti prima che le porte si richiudessero con ancora qualcuno dentro.

«Beh, una gran bella discussione coi fiocchi» commentò Nick una volta fuori. «Speriamo che non ce ne siano così tante, mi mettono un po' a disagio»

«Scusami Adriana» mormorò Fahed guardandosi le scarpe «Avrei dovuto stare attento a quello che dicevo.»

Lei mosse la mano come a dire: "Lascia stare, fa lo stesso." «È che con le tensioni di oggi a pranzo e gli allenamenti di oggi, il dolore di Gab è stata un po' come una ciliegina sulla torta. Sono scoppiata» provò a spiegare assumendo un'espressione vagamente imbarazzata.

«È stata una giornata dura oggi.» fece Gabriele con voce bassa.

«A chi lo dici!» esclamò Fahed spalancando le braccia «E il mio Tutore, Khadeer, ha detto che sarà sempre peggio!»

Nick e Gab si scambiarono un'occhiata preoccupata «Ma che bella notizia» commentò ironico quest'ultimo.

Ad un certo punto Yen saltò su cambiando discorso «Oh! Sapete chi ho visto nelle sale qui vicino mentre venivamo qui prima?» iniziò tutta eccitata, non aspettò la risposta dai suoi compagni e proseguì a raccontare «C'era uno della band di Elliot. Credo che fosse il siriano» disse cercando di ricordare il ragazzo che aveva visto qualche ora fa. «È abbastanza alto e muscoloso. Si stava vantando con alcune ragazze del suo potere. Ho visto qual è e non è tutta sta gran roba. Può trasformarsi in qualunque uccello lui voglia»

«Un uccello? Tu stai scherzando» ridacchiò Gab divertito.

Nick gli diede una leggera gomitata «Magari Elliot se l'è fatto amico donandogli qualche briciola di pane.»

«E in cambio lui fa in modo che nessun piccione gli caghi in testa. Se ci pensi è un ottimo scambio» continuò l'italiano.

Tutti quanti risero di gusto, poi Adri fece il segno di zittirsi «Shhh! È ancora qui!» li avvisò. Si allontanarono dalla sala più vicina, quella del cinema, ridacchiando tra loro mentre continuavano a fare battute sull'abilità dello scagnozzo di Elliot.

Improvvisamente un debole brontolio riempì il corridoio. «Quanto manca alla mensa? Ho una fame...» fece Nick tenendo una mano sulla pancia, causa del rumore.

Gabriele consultò la mappa «Secondo la cartina devi pazientare per un'altra decina di minuti come minimo. Dobbiamo ancora superare la sala giochi, ce ne vorrà ancora un pochino.»

«A quanto pare dovrai aspettare ancora un po' per la cena» gli disse Fahed «Se tu avessi finito la tua bistecca prima ora non moriresti dalla fame.»

«Ma quella discussione mi aveva tolto l'appetito!» protestò Nick «Oh uffa!»

~~•~~

Mentre cenavano vennero a loro tavolo Audrey e il suo gruppo di amici con la divisa da combattimento.

Vivian portava una maglia senza maniche larga color verde muschio e dei pantaloni che le arrivavano a mezza gamba verde foresta, anch'essi abbastanza larghi. Aveva delle protezioni in legno scuro sugli avambracci, stinchi e petto. Piedi erano lasciati scalzi.

Choji invece indossava un vestito semplice e leggero, giallo con le maniche arancioni, mentre ai piedi portava un paio di stivali grigi. Ricordava un monaco.

Ghaith aveva soltanto un'armatura nera che gli copriva tutto il busto con dei bracciali e pantaloni color rosso sangue mentre Audrey invece indossava un vestito color del mare che le arrivava poco sotto le ginocchia. Maniche e gonna era molto ampie e aveva una consistenza fluida, sembrava che il vestito fosse fatto completamente d'acqua. Una cintura grossa e scura le cingeva la vita appena sotto il seno, risaltandolo. Come quello di Vipère non sembrava un vestito comodo per un combattimento. Anche lei, come l'amica, teneva i piedi scalzi.

Tutti portavano una cintura a cui erano legate delle armi a parte Audrey e Choji che teneva in mano, la prima, un tridente mentre l'ultimo un lungo bastone.

Le ragazze portavano entrambe una maschera sul viso che copriva solo la parte superiore del viso. Quella di Vivian era in legno e in stile più tribale mentre quella di Audrey era molto più raffinata fatta di conchiglie e corallo.

«Ehi ragazzi!» li chiamò allegra Audrey «Abbiamo sfidato Andrea in un combattimento. Volete venire a vedere?»

«Ma non dovevate organizzarvi per l'esame?» domandò Yen mentre finiva di mangiare una coscia di pollo arrosto.

«È fra più di tre settimane» le rispose Vivian sorridendole dolce «E non c'è niente di meglio di scaricare un po' di tensione con un sano combattimento, specialmente se è contro Mille Volti!»

«L'ultima battaglia prima sapere di che morte moriremo» aggiunse Choji fingendo un tono grave.

«Su dai è quasi ora» li incitò Ghaith impaziente «Andiamo.»

I bambini si guardarono tra di loro indecisi sul da farsi. Alla fine decise Gabri per tutti «Dai andiamo. Tanto che abbiamo da perdere? E poi così potremo vedere come combattono gli Eroi.»

Tutti furono d'accordo e quando ebbero finito di mangiare si alzarono dal tavolo seguendo la massa di Ultra, anche loro interessati allo scontro.

Con loro venne persino Paulo, ma una volta arrivato nel luogo dell'incontro si diresse verso il gruppetto di Elliot, i suoi nuovi amici.

Il combattimento si teneva nell'Arena, un'enorme stanza circolare, situata nella parte inferiore della torre della villa, adibita apposta a scontri occasionali dove vi era presente un pubblico notevole. Inoltra era l'unica ad avere il pavimento fatto di terra e circondato da un rigagnolo d'acqua.

Quasi tutti i posti delle tribune attorno all'arena erano già occupati, la maggior parte sembravano ragazzi di neanche diciasette anni.

Intanto sul campo si trovavano già i quattro ragazzi e Khadeer, che fungeva da arbitro.

Mancava solo Andrea. Ad un certo punto lo videro entrare, indossava la tuta con la quale aveva fatto la sua rivelazione giusto due giorni prima all'orfanotrofio Campostrini. Sembrava già passato così tanto tempo da allora.

«Ora è Mille Volti» sussurrò Dri. Seduto accanto a lei Gab annuì, aveva notato che i movimenti dell'uomo assumevano una certa gravità quando indossava la sua divisa da Eroe. Come se portasse un enorme peso.

«Ancora però non ha quello sguardo che s'intravede nelle battaglie» aggiunse poco dopo sempre Adri. Per quanto fossero rimasti fuori dal mondo, almeno qualche battaglia vera erano riusciti a vederla, per lo meno dalle foto dei giornali.

«Questo è un combattimento dove non si rischia la pelle. È ovvio che ha un'espressione più tranquilla» le fece notare Gabri.

In quel momento l'arbitro fischiò. Mille Volti aspettò che fossero gli avversari a fare la prima mossa, cosa che non dovette attendere molto. Il primo ad attaccare fu Ghaith lanciandogli una potente fiammata che Andrea schivò senza fatica. Ma nel frattempo non era più lui, adesso era una ragazzina dalla pelle scura con le treccine, pure gli abiti erano cambiati, più semplici e leggeri. Ideali per attacchi rapidi.

«Quella sono io!» gridò una voce femminile tra gli spalti «Sta utilizzando la mia abilità!»

Che abilità avesse la ragazza Gab non lo scoprì lì sul momento, ma con quel aspetto Mille Volti riuscì ad evitare tutti gli attacchi dei ragazzi.

Quindi doveva avere a che fare con la previsione delle mosse avversarie o riflessi sovrumani.

Vivian ad un certo punto pesto con un piede per terra mentre il suolo cominciava ad avere delle forti scosse, a quel punto Andrea modificò aspetto diventando un ragazzetto dalla carnagione scura e saltò abbastanza in alto da quasi toccare il soffitto. Stavolta però nessuno si riconobbe in quel volto.

Dietro di lui stava arrivando Audrey mentre cavalcava un'onda d'acqua piuttosto grande.

Capirono tutti che quello era un piano ideato apposta dalle ragazze per sconfiggerlo, ma purtroppo anche l'avversario se ne accorse e cambiò subito aspetto, divenendo Choji. Con quel corpo si costruì una piattaforma d'aria, per non cadere, e imprigionò Audrey dentro una sfera di quell'elemento.

In quel momento attaccò il vero Choji lanciando, con l'aiuto del suo bastone, una sferzata d'aria potentissima che Andrea riuscì a bloccare a fatica mantenendo il corpo di prima. Cambiò ancora, ora un ragazzo gagio sui vent'anni.

Tutti i presenti sussultarono.

Aveva preso le sembianze di un Oscuro.

Con quell'aspetto attirò a sé una buona quantità di metallo che lo protesse dalla fiammata di Ghaith seguito subito da un masso da parte di Vivian.

Utilizzando il metallo raccolto, lo spedì in direzione della ragazza ma senza colpirla. Gli costruì invece attorno una gabbia e l'agganciò al soffitto.

«Aiutatemi!» gridò Vivian, non avendo più contatto con il terreno non poteva più usare la sua abilità. Choji sentì la sua richiesta, le lanciò contro la catena che tenevano la gabbia legata al soffitto una potente sferzata d'aria col suo bastone.

Prima ancora di riuscirci però, qualcosa di appuntito gli colpì la mano.

Abbassò il viso e vide, conficcato nel suo dorso, un kunai. Con una smorfia di dolore lo estrasse veloce e si girò deciso a battere una volta per tutte l'avversario quando però si ritrovò di fronte una ragazzina sui quattordici anni, con i capelli rossi tagliati corti e gli occhi bianchi.

Da come guardava fissa davanti a sé, Gabri capì che essa era cieca. Si chiese perciò che utilità poteva dare quell'aspetto a Mille Volti.

Dal suo posto in alto nella tribuna vide che i due ragazzi rimasti si scambiavano uno sguardo, neppure loro sapevano cosa poteva essere in grado di fare. Aiutandosi coi gesti organizzarono un piano; Ghaith avrebbe attaccato Mille Volti per distrarlo mentre Choji avrebbe liberato Audrey.

Così fecero ma quando Ghaith lanciò contro la ragazzina una potente fiammata, lei la evitò abilmente.

Come se fosse una cosa semplicissima.

Tutti gli spettatori rimasero a bocca aperta. Non avevano visto gli occhi della ragazzina ma avevano intuito tutti che era una non vedente e, sapendo che ella non era altro che uno degli aspetti che Mille Volti poteva assumere, si chiesero come fosse stato così abile a scansare quel colpo.

La domanda fu presto dimenticata, poiché furono tutti presi da Choji che si era avvicinato alla sfera d'aria in cui era imprigionata Audrey. La stava per liberare quando improvvisamente il ragazzo si inginocchiò tenendosi gli occhi urlando «Aiuto! Non ci vedo! Non vedo più niente! Qualcuno mi aiuti!»

Rimaneva soltanto Ghaith ma non se la stava cavando molto bene, a quanto pare l'Eroe aveva assunto l'aspetto di Nick colpendolo diverse volte correndo velocissimo. Ormai anche l'ultimo dei quattro non ce la faceva più e cadde a terra sfinito pieno di lividi e coperto di tagli, anche se poco profondi. Mille Volti si fermò accanto al ragazzo che ansimava senza più forze riprendendo il suo vero aspetto e aiutò Ghaith a rialzarsi, mentre a Choji gli ritornò la vista e le ragazze si ritrovarono libere dalle loro prigioni.

«Abbiamo un vincitore: Mille Volti!» annunciò Khadeer alzando il braccio del vincitore.

Tutti quanti applaudirono entusiasti dello spettacolo assistito.

Gabriele invece, da quando Ghaith aveva lanciato quella colonna di fuoco alla ragazzina non vedente, aveva spostato la sua attenzione si Dri.

Quest'ultima era improvvisamente impallidita e aveva cominciato a tremare leggermente.

«Dri, che succede?» le domandò preoccupato. Questa però non gli rispose e strinse invece con forza il lembo inferiore della sua maglietta, allora il ragazzino si voltò verso Nick «Andiamo in camera, Dri sta poco bene.»

«Che ha?» domandò il piccoletto allarmato.

Gab scrollò le spalle senza distogliere lo sguardo dalla sua amica, preoccupato. «Non lo so, ha cominciato a fare così all'improvviso»

«Posso venire con voi?»

«Se vuoi»

Portarono Adriana fuori dalla palestra, pestando qualche piede per sbaglio, per poi avviarsi verso i dormitori.

Man mano che si allontanavo la bambina sembrava riprendersi. «Scusatemi» disse quando arrivarono davanti alla porta delle loro stanze, era dispiaciuta per aver fatto perdere a loro l'incontro «So che vi stavate divertendo a guardare il combattimen-»

«Solo fino a certo punto» la interruppe Gabriele rassicurandola. «Che è successo?»

Adri guardò altrove pensierosa. «Ho percepito un'enorme sofferenza in Mille Volti quando ha assunto quell'aspetto. Gli ha portato a galla ricordi talmente dolorosi che non sono riuscita ad ignorarli.»

«Magari era una sua compagna di Blocco» ipotizzò Nick «Ci avete raccontato che tutti i suoi compagni sono morti, il dolore probabilmente è legato a quei ricordi»

«Molto possibile» concordò Gabriele. «È bello che tu sia una persona così sensibile da poter capire cosa provano gli altri senza che loro te lo dicano» disse stavolta rivolto ad Adri «Ma così non rischia di essere troppo? Non puoi stare così male per tutti, Dri.»

«Lo so» fece lei portandosi una mano sul volto, adesso sembrava più tranquilla e non tremava più. Inoltre le era già tornato un po' di colorito. «Hai ragione, neppure io voglio stare sempre così male. Ho già chiesto ad Andrea come posso ignorare almeno la maggior parte delle sofferenze altrui. Non voglio essere sempre quella da soccorrere, non voglio soffrire così sempre.»

«Immagino, darebbe fastidio anche a me» disse Gab lasciandosi sfuggire uno sbadiglio «Comunque sono felice di questo. Non posso sopportare di vederti sempre soffrire per altri.»

Nick sollevò le braccia al cielo stiracchiandosi mentre sbadigliava. «Che bei discorsi d'amici! Ora, se a voi non dispiace, approfitterei del fatto che siamo già qui per andarci a fare una bella dormita.» propose «Se dobbiamo essere massacrati domani, è meglio farlo riposati.»

Gabri ridacchiò «Sono d'accordo con te» premette la propria targhetta sulla loro porta e questa si aprì «Ho il corpo a pezzi.»

«A chi lo dici!» concordò l'australiano entrando in camera

Prima di seguirlo, Gabriele si voltò verso Adriana «Beh, buonanotte allora...»

«Gab...» la bambina guardava il cielo notturno dalla finestra del corridoio, una strana luce le illuminava il viso. «La mia reazione di prima non era solo per via del dolore che sentivo in Andrea, ma anche da un'altra cosa più inquietante» iniziò, la voce le tremava appena «L'ipotesi di Nick è corretta, l'ho saputa da alcuni sprazzi tra i ricordi di Mille Volti. Ma io quella ragazzina...» ora si girò in direzione dell'amico. Le si leggeva il terrore sul suo viso «Ti sembrerà assurdo mai sono sicura di averla già vista qui alla Villa.»

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