In"Campeggio" Coi Soldati pt3
«Capisco che non ti piace il thè ma potresti anche evitare di versarlo per terra!»
La voce aspra e severa di una Yen svegliata da poco in modi non propriamente definiti come gentili, furono in grado di riscuotere Gabriele dal suo torpore nel qual stava per ricadere nuovamente.
Con uno scatto il ragazzino raddrizzò la schiena rovesciando ancora un po' di thè alla pesca fuori dalla sua tazza di latta «Eh? Ci sono, ci sono» dichiarò riaprendo con fatica gli occhi «Sono sveglio!»
Dalla parte opposta del loro piccolo cerchio, Paulo ghignò beffardo intanto che soffiava sul suo thè «Sveglio non si direbbe»
«Intendi come te dopo la prima notte?» lo ribeccò Gabri sollevando un sopracciglio ed un leggero sorriso sul volto. «Perché, se ben ricordo, per riuscire a svegliarti abbiamo dovuto usare un calzino usato di Fahed»
L'argentino rabbrividì a quel ricordo nausebondo mentre la bocca si deformava in una smorfia piena di disgusto «Dovevi proprio ricordarmelo ora?» si lagnò «Sto facendo colazione cavolo!»
«Sei tu che hai cominciato» gli fece notare l'orfano nel bel mezzo di uno sbadiglio.
«Piantatela voi due» li richiamò placida Dri bevendo tranquillamente la sua tazza di thè, lei e Fahed erano gli unici a non avere ancora l'aria assonnata al contrario dei loro compagni, Nick stava praticamente dormendo con gli occhi aperti, e questo doveva essere certamente grazie al fatto che entrambi si erano dovuti svegliare tre ore prima rispetto agli altri per coprire il loro turno di guardia. Ma una cosa che condividevano tutti era la stanchezza dovuta al viaggio.
Erano passati solo tre giorni da quando avevano lasciato quella base militare sui confini ucraini e russi per scortare Mr Antipatia, ma ai ragazzini sembrava passato molto di più e le interminabili ore da passare seduti nei furgoni non avevano contribuito molto a rendere meno estenuante il loro viaggio.
Avevano già superato l'Ungheria e adesso si trovavano in un bosco che percorreva buona parte della Slovenia, anche qui i paesaggi innevati sembravano non volerli abbandonare seppur la quantità di neve presente fosse visibilmente ridotta rispetto agli altri due stati già oltrepassati.
Secondo i calcoli, dalla posizione in cui si trovavano, avrebbero attraversato i confini italiani quel giorno stesso e ciò significava che il termine della missione dei ragazzini era ormai alle porte.
Non che questa cosa li rendesse tristi, tutt'altro. A molti di loro mancava la vita comoda che si faceva alla villa o anche semplicemente vivere in mezzo alla civiltà.
Gabriele al contrario sembrava perfettamente a suo agio in quella vita all'aria aperta in mezzo ai boschi. Come se quello stretto contatto con la natura lo facesse sentire in qualche modo più vivo rispetto che in qualsiasi altro posto, tanto da renderlo molto più attivo e vispo del solito.
In più gli pareva si essere più tutt'uno con la sua abilità e con i quattro elementi basilari, persino con la terra qualche volta.
Certo, alcune cose della villa gli mancavano, come la cioccolata per fare un esempio, ma non quanto i suoi compagni che bramavano il momento in cui avrebbero avuto nuovamente l'elettricità e l'acqua corrente disponibili.
Quasi gli dispiaceva che fra solo sedici ore avrebbe dovuto dire addio a quei paesaggi semiselvaggi che li aveva accompagnati fino a quel momento.
Presto sarebbero tornati in mezzo alla civiltà e almeno tre di loro vi avrebbero fatto il loro ingresso già quel giorno.
E a proposito di questo, Gab convenne che era arrivato il momento di discuterne con i compagni prima di rimettersi in marcia.
«Dobbiamo parlare» dichiarò finendo di bere il poco thè rimasto nella sua tazza con una smorfia, si poteva benissimo dire che il thè non fosse una delle sue bevande preferite.
«Se lo dici così mi preoccupi» commentò Paulo dando un morso ad una delle sue tre gallette.
L'orfano aggrottò appena le sopracciglia confuso. «No, non è niente di preoccupante. Anzì, credo che a molti di voi piacerà questa notizia»
Il viso di Nguyen si illuminò intuendo quello che Gabri stava per dire e dall'entusiasmo le andò di traverso il thè. «Intendi quella cosa?» fece con un filo di voce tra un colpo di tosse e l'altro.
Adri li guardò confusa «Quale cosa?»
«Stanotte, durante il nostro turno di guardia, è venuto Zaystey a parlarmi» iniziò a spiegare Gabriele mentre tentava di rubare una galletta ad un Nick ancora non del tutto sveglio. «In breve mi ha solo detto che la marcia di oggi durerà solo un paio di ore perché ci fermeremo per il pomeriggio a Trieste per fare rifornimento per il loro viaggio di ritorno.»
«E non possono farlo a Venezia?» chiese Fahed.
Il ragazzino sollevò un poco le spalle. «Dice che Trieste è molto meno costosa rispetto a Venezia» rispose con indifferenza «Oltre al fatto che si trova molto vicino alla Slovenia rendendo così più facile trovare delle presone che possiedono un minimo di dimestichezza con la lingua slava» poi agitò la mano facendo segno che non era quella la parte più importante «Comunque in sostanza Zaystey mi ha solo chiesto se per caso noi avessimo bisogno di fare un salto in città per prendere delle cose che ci possono servire. E io vi informo già che gli ho risposto di sì; ho finito sia le viti piccole e la corda per fare le trappole, in più ho bisogno di un cacciavite nuovo perchè quello che ho ora non è più utilizzabile»
All'ultima richiesta Paulo prese a trovare particolarmente interessante uno dei tanti rami di quercia sotto cui stavano. «Ti ho già detto che è stato un'incidente!»
«Piegare in due il mio cacciavite mentre si cerca di usarlo al posto di una forchetta, senza il permesso del sottoscritto tra l'altro, non mi sembra la definizione giusta di "un'incidente".» gli fece notare l'orfano lanciandogli un'occhiataccia. «In ogni caso ci serve andare in città perché abbiamo bisogno di un telefono con il quale sentire per il posto dove passeremo la notte domani a Venezia. Se vi ricordate Andrea ci ha raccomandato di telefonare i gestori della locanda in cui staremo per avvisarli del nostro arrivo.»
«Ho il loro numero scritto in un'agenda» li volle informare Fahed indicando con il pollice la tenda dove avevano lasciato i loro zaini.
«Hai già qualche idea su come dovremmo dividerci, Gab?» domandò Adriana rivolgendosi all'amico con un'espressione piena di fiducia.
Lui rimase a guardarla per qualche istante, incerto «Sì, un'idea ce l'avrei» ammise spostando lo sguardo verso il gruppo «Secondo me dovrebbero andare Ari, Nick e Fahed in città; l'abilità di Dri può permettervi di evitare possibili guai in tempo e inoltre avrete bisogno di qualcuno che sappia usare le [lire], quando vuole Fahed è molto bravo a passare completamente inosservato perciò è perfetto per non attirare attenzioni non volute mentre Nick...» nel momento esatto in cui l'australiano sentì pronunciare il proprio nome si riscosse all'improvviso svegliandosi definitivamente.
«Eh? Cosa come?» esclamò scuotendo il capo da un lato all'altro allarmato. «Ci sono!»
«...Servirà se le cose si mettessero male, sia da noi che da voi. Con la sua abilità ci potrebbe raggiungere in pochi minuti nel caso qualcuno ci attaccasse all'improvviso.» finì di parlare Gab lanciandogli un'occhiata divertita.
Nick si accigliò perplesso «Eh?»
«Buongiorno Nanetto!» lo saluto beffardo Paulo «Dormito bene?»
Il ragazzino lo guardò male prima di tornare a rivolgersi all'italiano «Cos'è che devo fare io?»
Fahed scosse la testa borbottando qualcosa sommessamente mentre Adri cominciò a fare un breve riassunto all'australiano di quanto avevano appena discusso.
«Quindi si va in città?» esclamò Nick raggiante non appena gli fu spiegato tutto. «Evvai! Che bello! Finalmente una novità! Non potevo più di passare buona parte della giornata chiuso in un furgone» cominciò a dire con enfasi sfogando la propria felicita scattando da ogni parte come una trottola impazzita.
«Se sei così pieno di energia puoi anche tranquillamente smontare già la tenda, grazie.» gli disse Paulo leggermente infastidito dai continui movimenti istantanei dell'amico tanto tanto da far venire alla lunga il malditesta.
Adriana lanciò un'occhiata nervosa verso il punto dove erano stati parcheggiati i tre furgoni «Sarebbe anche una buona idea, visto come ci sta guardando seccato Zaystey» mormorò avvisando ni propri compagni «I soldati stanno già smontando il campo.»
Gabri seguì lo sguardo dell'amica, imitato poi dagli altri, e vide effettivamente gli uomini della scorta avevano già finito la colazione e si stavano preparando a smontare le loro tende, compresa quella dei due Alfa alla quale ci stava pensando Roman. «Okey, colazione finita!» annunciò alzandosi rapido in piedi, attivando l'abilità solo sulle mani raccolse veloce un po' d'acqua dalla tanica che tenevano vicino e la usò per spegnere il fuoco.
«Ehi!» protestò Nguyen spostando all'ultimo una moka di piccole dimensioni «Il mio caffè! Lo sai che senza la terza tazza non sono ancora del tutto sveglia!»
«Scusami Yen, quando arriviamo puoi farti tutte le tazze che vuoi. Te lo prometto.» le assicurò Gabriele correndo verso la tenda per sistemare il suo sacco a pelo dentro lo zaino assieme a quello dei suoi compagni aiutato da Fahed. «Nick, smonta la tenda mentre te, Paulo, riporta la tanica al furgone degli alimenti» ordinò ai due amici dopo aver finito di svuotare la tenda.
Dopo una decina di minuti tutti gli zaini furono pronti e i sacchi delle tende chiusi infilati dentro i furgoni assieme alle provviste e alle taniche d'acqua, pronti a partire.
O quasi.
Come ad ogni mattina da quando erano in viaggio, per quelli che si trovavano nel furgone centrale, dovevano subirsi le lamentele e le proteste da parte di Kozlov che si rifiutava di salire, a detta sua, su quell'odioso camioncino sporco e puzzolente pieno di persone che non si facevano una doccia vera da quattro giorni.
Gabri trovava quelle lagne estremamente inutili e ridicole.
Ovviamente l'odore non era dei migliori, ma del resto erano dall'inizio del viaggio che si trovavano completamente in mezzo alla natura e perciò servizi come bagno e doccia non avevano modo di esistere lì, quindi ci si doveva arrangiare come meglio si poteva. Persino Yen, quella che nel loro gruppo meno sopportava di restare sporca a lungo, aveva deciso di stringere i denti e cercare di resistere fino al loro arrivo a Venezia.
L'unico che non era in grado di accettare questa temporanea limitazione era proprio Kozlov. Non sprecava un minuto per potersi lamentare per le condizioni in cui si trovava costretto a vivere in quella "sottospecie di campeggio venuto male", come lui lo chiamava.
Gab sapeva quanto poco i soldati cominciassero a sopportarlo, ci aveva parlato con qualcuno di loro a tal proposito, e che erano solo due le cose a salvare l'Alfa dai loro insulti: la sua Classe sociale che gli conferiva un certo potere tale da pensarci almeno due volte prima di parlargli male di fronte a lui e lo zio, che praticamente tutti trovavano simpatico e piacevole a parlarci.
Roman era persino riuscito a legare con gli Ultra del Blocco scherzando con loro alla sera quando il nipote, stremato dalle sue costanti lagne da far invidia ad un bambino di cinque anni (superando addirittura Anita), se n'era già andato a dormire in quel "buco di tenda".
L'orfano aveva deciso di soprannominarlo "Lagna Umana" prendendo spunto da uno dei giornalini colorati che Paulo amava leggere, trasmettendo poi tale passione anche a Nick.
Esattamente come ogni mattina negli ultimi tre giorni, ci fu bisogno dell'intervento di Zaystey per convincere Lagna Umana a salire sul furgone, l'unico a cui l'Alfa prestasse un minimo di attenzione al di fuori di suo zio.
Quando finalmente anche Kozlov si trovò sul suo camioncino, la piccola comitiva di furgoni si mise in moto a velocità moderata mentre Gabriele restava nell'accampamento, ormai spoglio, a costruire trappole per possibili inseguitori, come si erano organizzati lui e il colonnello alla mattina del loro secondo giorno di viaggio.
Oltre ad esse aveva anche il compito di cancellare ogni segno rimasto della loro permanenza in tal luogo dove avevano appena passato la notte, spesso si trattava dei resti di falò o qualche picchetto sperduto, per poi dare inizio al suo primo turno di vedetta della giornata.
Grazie ai consigli di Roman, dovuti soprattutto grazie alla sua esperienza da cacciatore, aveva imparato i vari trucchi per occultare le proprie tracce; ad esempio come coprire le impronte lasciate sulla neve o eliminare ciò che rimaneva dei falò accesi la notte precedente.
Più complicato restava come cancellare la traccia olfattiva che tutti loro si lasciavano dietro, ancor più marcata per via della mancanza di posti per lavarsi completamente, ma se si riempiva tutta la zona circostante di tanti odori diversi forse in questa maniera si poteva riuscire a confondere qualche tipo di Oscuro che possedesse un fiuto eccellente.
L'orfano rimase a girovagare sia in forma d'aria che umana lungo i dintorni di dove si trovavano in quel momento in viaggio i tre furgoni, controllando che non ci fossero problemi né davanti né dietro e godendosi anche il paesaggio circostante, per circa tre ore prima di essere richiamato da Dri per la fine del suo turno.
Man mano che si dirigevano verso sud-ovest, la neve faceva sempre più rada fino a sparire quasi del tutto lasciando il posto ad un leggero strato di ghiaccio, formatosi grazie alla brina che si creava durante la notte, che ancora non si era sciolto nonostante il avesse già cominciato a sorgere da un po', rendendo così l'effetto ancor più suggestivo per via dei deboli raggi di sole che colpiva i cristalli di ghiaccio sopra le piante facendoli quasi brillare.
In questo modo sembrava di trovarsi in un bosco incantato pieno minuscoli diamanti posti ovunque sugli alberi.
Era uno spettacolo a dir poco affascinante.
«Hai visto Psychè?» domandò concitato entrando dal finestrino del furgone sotto forma di leggera brezza di vento per poi tornare normale e sedendosi nel sedile accanto a Dri «Hai visto che spettacolo meraviglioso c'è fuori?»
Lei annuì sorridendo estasiata. «Ne stavo giusto parlando con Yen» gli disse «Secondo lei sembra di trovarsi in una foresta fatata piena di piccole fatine luminose.»
«Fatine?» fece Gab sollevando un sopracciglio con un sorriso divertito sul volto, diede poi nuovamente un'occhiata fuori. Forse un poco sembrava di essere circondati da un gruppo immenso di fatine. «Quindi siamo in una sorta di Isola che Non C'è?»
«L'Isola Che Non C'è, questa mi mancava.» sbottò Zaystey con lo sguardo fisso davanti a sé e le mani che stringevano il volante. «Perciò tu chi saresti? Una sorta di Peter Pan in versione tascabile?»
Gabri aggrottò leggermente le sopracciglia fissando il tettuccio del furgone pensieroso. «Beh, in effetti io posso essere in grado di volare ma so per certo che la mia ombra non ha mai cercato di scappare via da me» rispose per poi guardare il caporale con una luce vispa e scaltra negli occhi «Se io sono Peter Pan allora tu chi sei? Capitan Uncino? Uhm... no quello è Lagna-Umana, tu sei più il Grande Capo degli indiani» disse con un'espressione malandrina. «E Wendy chi sarebbe? E i bimbi sperduti? E Giglio Tigrato? E...»
«Credo che sia meglio finirla qui.» fece Zaystey con tono autoritario mettendo fine a quella ridicola discussione riuscendo a zittire l'orfano. «Piuttosto, qualcuno qui non avrebbe già dovuto iniziare il suo turno di vedetta?» disse lanciando una veloce occhiata a Dri, la quale era intenta a guardare divertita il proprio compagno di Blocco.
Questa, sentendosi chiamata in causa, distolse lo sguardo dal suo migliore amico e allungò la mano per poter aprire il cruscotto posto di fronte ai due ragazzini tirando fuori un paio di cuffie collegate ad un walkman. «Sì, giusto. Scusatemi» farfugliò imbarazzata mentre cercava, sempre da dento il cruscotto, qualche cassetta che avesse inciso sopra delle canzoni che potessero piacerle.
In quei giorni, quando doveva usare la sua abilità per diverse ore a perlustrarne i dintorni l'orfana aveva preso ad ascoltare della musica di sottofondo utilizzando il walkman gentilmente prestatogli da un soldato abbastanza simpatico e le cassette che si trovavano dentro il furgone (chi dice che i soldati non possono ascoltare la musica?) in questo modo evitava qualunque distrazione da possibili chiacchere o discussioni che potevano nascere all'interno dell'abitacolo.
Certo, c'era una limitata scelta tra le cassette disponibili e la maggior parte di esse vi erano incise canzoni di genere noise o house del momento, che non appartenevano proprio ai gusti musicali della ragazzina, ma era riuscita a trovarne almeno due o tre con dei brani di rock sinfonico e addirittura una con delle tracce jazz, molto più ascoltabili rispetto alle altre.
Adri si infilò le cuffie sulle orecchie e, prima di far partire la cassetta selezionata, lanciò un'occhiata di avvertimento a Gabriele. «Non infastidire il colonnello» gli disse con severità.
Gab si tirò un poco indietro, colto di sorpresa «E quando mai io lo avrei infastidito!?» ribatté con aria innocente.
«Praticamente ogni giorno in ogni tua pausa da quando siamo in viaggio.» rispose Zaystey continuando a guidare imperturbabile.
La ragazzina diede l'ultimo ammonimento all'amico per poi cliccare il tasto che faceva andare la musica e chiuse gli occhi, quando li riaprì le iridi erano diventate di qualche sfumatura più chiara e brillavano di luce propria, segno che aveva attivato la propria abilità.
Gabriele rimase in silenzio osservando i vari alberi che superavano cercando di individuarne qualcuno di familiare tramite le foglie o il loro tronco.
Era in grado di riconoscere solamente alcuni come la quercia, il pino, il frassino, la betulla (facilmente riconoscibile per il suo tronco così particolare) e ovviamente il ginko biloba. Nel giardino dell'orfanotrofio ne avevano parecchi esemplari e in autunno le loro foglie assumevano una sfumatura dorata donando agli orfani una visione spettacolare, se si ignoravano quei frutti puzzolenti che producevano le femmine sempre in quel periodo.
Inoltre, giusto due sere fa, Roman aveva insegnato a lui e a Nick come distinguere l'olmo e il faggio, rendendo in questo modo un po' più ricco il gioco dell'orfano nell'individuare i vari alberi.
Di solito era così che Gabri era solito a passare il tempo nel furgone, tra una pausa e l'altra dal suo turno. Questa volta però voleva cercare di ottenere alcune risposte a delle sue domande che da un po' che si faceva, perciò si voltò verso Zaystey e fece per aprire la bocca per parlare.
«No» lo anticipo questo, probabilmente notando i movimenti del ragazzino che anticipavano la futura richiesta.
Gabri richiuse la bocca con un'espressione alquanto interdetta. «Eh?»
«Non puoi guidare il furgone e non m'interessa se mi hai osservato farlo. Non puoi per una lunga serie di motivi» continuò l'uomo impassibile «Prima di tutto perché sei minorenne e perciò non puoi avere neppure la patente per guidare. In più, cosa da tenere in gran considerazione, non arrivi neppure ai pedali e per tal motivo scordati che io ti lascia tenere in mano il volante finché tu sarai sul mio stesso furgone.»
L'orfano lo guardò per qualche secondo un po' spaesato. «Ma io non volevo chiederti se potevo guidare...»
«Questa sì che sarebbe una gran novità» commentò il caporale senza distogliere neppure per un secondo lo sguardo dal sentiero.
«Perché tanto ho già capito come funziona e proverò a farlo una volta tornato alla villa.» proseguì, con un tono fin troppo sincero, il ragazzino. «Di nascosto ovviamente»
Zaystey rimase per qualche secondo in silenzio prima di riprendere di nuovo parola «Pregherò allora al buon Dio affinché protegga il tuo povero Tutore da future crisi di nervi.»
Il ragazzino aggrottò le sopracciglia inclinando di poco la testa da un lato, leggermente confuso dalla frase dell'uomo. Perché mai doveva pregare qualcuno perché Andrea stesse bene?
Poteva capire se gli augurava una vita priva di stress, ma pregare uno sconosciuto perché questo avvenisse gli pareva una cosa molto bizzarra e anche un po' buffa.
Scosse poi il capo decidendo di lasciar stare; aveva già chiesto una cosa simile a Fahed ma non era comunque riuscito a comprenderne il motivo.
«Perché hai scelto di diventare un Kappa?» gli chiese infine.
La Classe Kappa era associata all'esercito e quindi in essa vi facevano parte tutti i soldati e i vari gradi dei militari, che al momento l'italiano non riusciva a ricordarseli tutti.
Zaystey era di per certo l'unico appartenente a questa Classe a possedere un atteggiamento calmo e rilassato, che qualche volta lo faceva assomigliare ad un gatto, che Gabri avesse avuto modo di vedere fino ad ora.
Tutti gli altri si comportavano in maniera anche fin troppo rigida e meccanica, come se in realtà fossero dei robot vestiti da soldati.
Persino durante i momenti di pausa, o anche solo di tranquillità, continuavano a preservare un portamento austero e costantemente rigoroso. Invece il caporale sembrava in grado di conservare il suo modo di fare rilassato anche quando aveva a che fare con Kozolv, riuscendo lo stesso a mantenere il rispetto dei soldati nei suoi confronti.
Solo con il giovane orfano talvolta pareva assumere espressioni infastidite o per lo meno seccate.
L'uomo continuò a guidare senza proferire nessuna parola per diversi minuti. Poi, infine, riprese a parlare ma questa volta abbandonò la sua solita aria calma e distaccata assumendo un'espressione più dura e tormentata. «Vuoi una risposta giusta o la risposta giusta?» fece con tono piatto.
«La verità» disse Gabriele con risolutezza.
Sul volto del caporale si andò a formarsi un accenno di un sorriso ironico «Come immaginavo» commentò apparentemente divertito. «Non sono stato io a scegliere di diventare un Kappa.» cominciò a raccontare ridiventando nuovamente serio. «Il mio carattere ribelle e il mio modo di pensare non convenzionale non erano mai stati visti di buon occhio né dalla mia famiglia né dal mio paese» fece una breve pausa per eseguire una breve manovra col volante «Non ragionavo come tutti loro, certe cose che per ogni persona comune erano ovvie... beh, per me non lo erano affatto. Come ad esempio il perché dell'esistenza delle Classi; non l'ho mai capito e non mi sono mai piaciute le regole riguardanti ad esse. Le ho da sempre ritenute inutili e stupide, ma ovviamente questo per la mia famiglia era una un grave problema di risolvere.» la mascella dell'uomo si serrò nel ricordare i momenti spiacevoli della sua infanzia. «Per loro ero come uno sbaglio da correggere in fretta e quale modo migliore se non assegnarmi alla Classe Kappa, dove lì rimettevano in riga persino il più ribelle dei teppistelli? E tutto solo perché vedo il mondo in una maniera diversa rispetto agli altri. Una maniera che si distacca da ciò che tutti ritengono idonea.» lanciò infine un'occhiata all'orfano «Ma credo che tu questo possa capirlo bene, vero napivirok?»
Gabri si tirò su le gambe poggiandole contro il proprio petto e cingendole con le braccia, lo sguardo rivolto verso il basso. «Ogni volta che chiedo a qualcuno del perché Eroi e Oscuri si detestino così tanto o sui loro obbiettivi mi guardano sempre in modo strano, come se fosse assurdo il solo fatto che tale domanda possa esistere. Talvolta per loro sembro quasi un alieno proveniente da un pianeta sconosciuto.» ammise con il volume della voce molto basso, perdendo così la spensieratezza che aveva prima mentre volava tra i rami degli alberi sotto forma di folata di vento.
Dalla parte di Zaystey parve di udire un verso di scherno «Non rimanerci troppo male, napivirok. La gente ha paura da ciò che è diverso o ragiona diversamente da loro.» gli disse ritornando un po' al suo solito atteggiamento rilassato «Se ti può consolare alla fine sono riuscito ad averla vinta io.» il ragazzino si voltò di scatto verso l'uomo, curioso di sapere in che modo il caporale fosse riuscito a spuntarla pur restando fra i Kappa. «Certo, i primi mesi sono stati a dir poco terribili, soprattutto per via del fatto che io neanche ci volevo diventare un Kappa. Un periodo per niente facile è stato quello, ma alla fine ho capito che era perfettamente inutile continuare a ribellarsi e fare i capricci come uno stupido moccioso, anche perché tanto non me ne posso più andare da qui. Perciò, se tanto dovrò restare un Kappa fino alla fine dei miei giorni, indipendentemente dal fatto che io lo volessi o meno, allora però avrei fatto in maniera di esserlo a modo mio. E non quello di qualcun altro.» appoggiò la schiena sullo schienale del suo sedile sorridendo beffardo. «Loro non sono riusciti a farmi cambiare, hanno fallito nel loro intento. Sono riuscito a preservare me stesso. Lo stesso vale anche per te, napivirok» gli disse infine lanciandogli un'occhiata divertita ma allo stesso tempo significativa. «Non vergognarti mai di essere diverso dagli altri perché è proprio quello che tutti considerano come un'anomalia ad essere la tua vera forza. Non permettere mai a nessuno di privartene.»
Gabriele si voltò a guardarlo con le iridi che gli brillavano dall'incredibile e inaspettata ammirazione che provava in quel momento per Zaystey.
In nessuno degli altri giorni precedente si era mai sentito così vicino, e per certi versi anche simile, al caporale. Di norma era solo l'ennesimo adulto vagamente seccante, ma con modi alquanto bizzarri e inusuali, con cui aveva a che fare nella sua giovane vita.
Questa cosa lo sorprese non poco e, in tutta sincerità, non gli dispiaceva affatto di sapere che ci fosse qualcuno a comprendere la sua frustrazione dell'essere consapevole di ragionare in modo differente rispetto agli altri. Anzi, lo fece sentire un pochetto meglio.
«Non t'azzardare a pensare che dopo questa piccola condivisione il mio atteggiamento nei tuoi confronti possa cambiare!» esclamò poi improvvisamente il caporale con il suo solito tono calmo e disteso, prese a rallentare l'andatura della marcia del furgone intanto che il sentiero si faceva più impervio e pieno di rami caduti di medie dimensioni. «Per me se ancora un napivirok estremamente fastidioso e troppo sfacciato.»
Lo sguardo dell'orfano cambiò assumendo un'espressione più divertita e all'insieme scaltra. «Come vuole lei» disse usando apposta la terza persona per rivolgersi al caporale. Proprio come aveva immaginato, l'uomo lo udì chiaramente e gli lanciò un'occhiata guardinga, nel tentativo di cercare di capire che cosa passasse in quel momento per la testa del ragazzino mentre egli prese a guardare davanti a sé con aria soddisfatta. Poi sbuffò scuotendo la testa e tornò a tener d'occhio il sentiero che stavano percorrendo.
Alla propria destra, Gabri sorprese con la coda dell'occhio Adri, con ancora le cuffie sulle orecchie, fissarlo con una leggera punta di curiosità con le iridi che erano tornate alla loro normale tonalità argenta. Doveva aver percepito qualcosa di particolare nelle loro anime da attirare la sua attenzione durante il suo turno di vedetta, probabilmente doveva trattarsi di quel breve istante di stima che il ragazzino aveva provato per Zaystey.
D'altronde si poteva contare benissimo sulle dita di una mano sola gli adulti che Gabriele rispettava di sua spontanea volontà.
L'orfano si tirò leggermente giù la maschera indirizzando all'amica un ampio sorriso sereno beccandosi così un'occhiata severa da essa, anche se gli parve quasi di vederla un poco arrossire da sotto la sua maschera.
Una volta appuratasi che il compagno non ne stava combinando una delle sue, la ragazzina si voltò tornando silenziosamente al suo lavoro di vedetta. Intanto Gab, sogghignando, si tirò su la maschera ricoprendosi nuovamente la parte inferiore del volto.
Il resto del viaggio fu particolarmente tranquillo e giusto un poco noioso, specialmente quando lasciarono i sentierini del bosco entrando man mano in vere e proprie strade fatte di asfalto e dove vi erano presenti altre macchine.
Guardando fuori dal finestrino, Gabri riuscì a beccare diversi guidatori, con cui condividevano la strada, lanciare occhiate nervose alla loro piccola comitiva di furgoni militari.
Una volta giunti al confine italiano, sprecarono almeno un'ora alla dogana per poter eseguire tutti i controlli richiesti dal protocollo.
Il motivo per il quale impiegarono così tanto tempo aveva molto a che fare con il fatto che uno squadrone di soldati ucraini volesse entrare in uno stato neutrale con tanto di camion militari e armi ben funzionanti durante il periodo di guerra.
E per di più con due fuggiaschi russi di classe Alfa.
Quindi era piuttosto comprensibile la ragione per cui tutti quei militari italiani, posti in quel posto di blocco, fossero così sospettosi nei loro confronti. Anche quando Zaystey mostrò a loro tutti i documenti necessari più una lettera sulla quale vi dimostrava l'appoggio da parte degli Eroi, ci si misero parecchio a lasciarli passare.
«Accidenti che faticaccia!» fu il commento distratto e leggermente seccato del caporale quando rientrò nell'abitacolo del primo furgone nel posto del guidatore. «E pensare che di solito fanno entrare persone di ogni genere. E vabbè, adesso vediamo di ripartire.»
Da quel posto di blocco a Trieste impiegarono circa una ventina di minuti, ma sembrarono molto di più. Un po' a causa delle condizioni della strada
Dire che questa fosse brutta sarebbe stato un complimento.
Era quasi tutta una buca continua e il furgone dove stavano, ma sicuramente anche gli altri due dietro di loro, non la finiva di traballare ogni volta in cui finiva con una ruota in una di esse.
Quel dondolare imperterrito era talmente fastidioso da deconcentrare definitivamente Adriana, nonostante portasse fin dall'inizio le cuffie sule orecchie con la musica ad un volume sufficientemente alto da ignorare qualsiasi cosa, o discussione, accadesse nell'abitacolo.
Persino Zaystey pareva avvicinarsi al suo limite di sopportazione di quell'incessante cadenza quasi zoppicante e più di una volta mormorava a voce bassa frasi cariche d'insulti, tutti rivolti alla pessima manutenzione delle strade e a chi doveva occuparsi di tale compito. Gabriele riuscì a udirne qualcuno di essi, ma quando ne domandò il significato di alcuni a lui sconosciuti il colonnello si ammutolì di colpo assumendo un'espressione nervosa e non si azzardò più a proferire parola per quanto riguardava dello stato della strada, ottenendo così il risultato di aver acceso ancor maggiormente la curiosità del ragazzino il quale non fece altro che riempirlo di domande per buona parte del tragitto rimanente.
Quando finalmente arrivarono in a destinazione, uno spiazzo erboso nascosto dagli alberi situato in periferia di Trieste, Zaystey sembrò essere quello più sollevato tra tutti.
Rispetto ai primi giorni di marcia, i componenti del Blocco impiegarono molto meno tempo a montare la propria tenda, un po' perché avevano ormai imparato come si faceva e un po' grazie soprattutto all'abilità di Nick con la quale il ragazzino era in grado di svolgere buona parte del lavoro in un tempo minimo.
Dato che mancavano ancora un paio d'ore circa all'ora di pranzo, e che la loro piccola escursione in città era prevista solo dopo l'una, i ragazzini decisero di cogliere quella piccola pausa imprevista per potersi allenare un po' tra loro.
Solo che non era prevista la breve lite tra i maschi su chi si sarebbe potuto stare in coppia con Fahed.
Per via della sua abilità che lo rendeva invisibile alla vista, il marocchino era l'avversario perfetto per potersi esercitare sui propri riflessi, migliorandoli in tal modo.
«Mi alleno io con Fahed oggi!» ribadì Nick saltando ripetutamente per poter raggiungere, anche se di poco, l'altezza di Paulo.
«No, io!» esclamò Paulo agitando minacciosamente un pugno. «Gliel'ho chiesto io per primo!»
«Ma se ti sei allenato con lui giusto l'altro ieri!» protestò l'australiano «Lascia spazio anche agli altri!»
Gabri guardava entrambi i compagni tenendo le braccia incrociate sul petto e se la fronte leggermente corrugata, infastidito da tutto quel chiasso inutile che stavano facendo anziché trovare una soluzione adeguata.
E poi pure lui voleva allenarsi con Fahed.
Nel frattempo, il soggetto della lite se ne stava tranquillamente seduto per terra a fissare i due ragazzini con un'espressione seccata ma allo stesso tempo anche abbastanza sconcertata da tutta quella improvvisa attenzione.
«Okey, ora basta!» dichiarò Gab mettendosi in mezzo ai due litiganti separandoli «Paulo, Nick ha ragione.» esordì lanciando un'occhiata autorevole all'argentino «Sei già stato in coppia con Fahed l'altro giorno» poi si volse a guardare l'australiano «Anch'io voglio esercitarmi con Fahed, perciò la questione è tra me e te ora.»
Nick sogghignò eccitato poggiando entrambe le mani sui fianchi. «Che ne dici di una sfida a morra cinese?» lo sfidò il ragazzino.
Gabriele continuò a fissarlo imperturbabile infilandosi le mani in tasca. «La tua combinazione solita è forbici-forbici-carta-forbici-sasso-carta-sasso.» gli rispose con una tranquillità tale da lasciar completamente spiazzato l'amico.
«A-Allora quello con la variante!» fece Nick tentando di proporre nuovamente il gioco che considerava il suo cavallo di battaglia per assicurarsi certi piccoli privilegi, come quello di fare la doccia per primo o l'ultimo a farsi interrogare in scienze.
«Sasso-forbici-sasso-spock-spock-carta-lizard-carta-forbici-forbici-lizard.» elencò di nuovo l'italiano senza cambiare espressione. «Talvolta finisci anche con sasso-carta-spock»
L'australiano rimase a guardare il compagno facendo una smorfia seccata dopo che questo gli aveva infranto ogni altra possibilità di vincere a quel gioco contro di lui. Anche gli altri compagni sembravano abbastanza sopresi da quell'uscita dell'orfano, perfino Dri sembrava non aspettarselo.
Paulo ghignò a disagio sollevando appena un sopracciglio «Qualche volta fai quasi venire i brividi, Folletto» mormorò imbarazzato.
Gab gli lanciò una rapida occhiata interrogativa prima di rivolgersi poi a Fahed. «Te con chi vuoi stare in coppia, Fahed?». Il marocchino trasalì nel sentirsi chiamare all'improvviso.
«I-Io?» balbettò Fahed indicandosi ancora sorpreso nell'essere appena stato nominato, poi aggrottò la fronte storcendo la bocca in una smorfia pensierosa. «Uhm... con Gabri» dichiarò infine.
Da sotto la maschera l'orfano sorrise compiaciuto, al contrario di Nick che invece mise su il broncio. «E quindi io con chi mi dovrei allenare, scusa?»
Gabriele gli lanciò un'occhiata divertita «Con Paulo» gli rispose intanto che si preparava slacciandosi dal polso destro una bandana color verde mare, lasciando così in bella vista le cicatrici scure rimaste dallo scontro con Uzhas a Rabat quando questo, in forma canina, per poco non gli aveva staccato il braccio con un morso. Adunbi era riuscito a guarirgli le ferite lasciatogli dalle zanne dell'Oscuro ma non a rimuovergli le cicatrici, seppur ci avesse provato diverse volte.
Il guaritore però non ci aveva dato troppo peso da quella stranezza, sembrando addirittura quasi sollevato, affermando che: "La paura lascia sempre un segno, ringrazia che il tuo sia fisico".
E con quella, la discussione su quelle strambe cicatrici fu chiusa.
«Tu devi imparare su come poter affrontare una qualsiasi difesa ben solida mentre Paulo deve decisamente migliorare i suoi riflessi» spiegò abbassandosi il cappuccio e, lanciando un'occhiata beffarda all'argentino, aggiunse «Tra tutti noi sei quello che fa più schifo per quanto riguarda la prontezza di riflessi.»
Paulo lo fulminò con lo sguardo piegando le labbra in una smorfia irritata. «Attento alle parole che usi!» protestò questo sentendosi offeso.
«Ma è la verità!» disse serenamente l'italiano, assunse poi un'espressione malandrina «Se facessi anche te l'esercizio che sto facendo io...»
«Scordatelo che io mi faccia pestare così a gratis da te e da quel Nanerottolo!» ribatté allora l'argentino scocciato.
«Ehi!» esclamò Nick lamentandosi per nomignolo che il compagno aveva usato per riferirsi a lui.
L'orfano scrollò le spalle con indifferenza «Come vuoi. Tanto sei tu che ci perdi» mormorò con tranquillità, facendo per avviarsi verso uno spiazzo del loro accampamento, vicino a dove avevano parcheggiato i tre furgoni, abbastanza vuoto per potersi allenare in tutta tranquillità senza il rischio di disturbare qualcuno. A poco meno di metà strada si volse verso i suoi compagni, rimasti ancora fermi dov'erano. «Allora?» fece esaltato «Andiamo?»
Il primo a raggiungerlo fu naturalmente Nick utilizzando la propria abilità, poi fu il turno degli altri a imitarlo.
Alzandosi in piedi, Nguyen sospirò affranta «Se Fahed si eserciterà con Gabri e Nick con Paulo, per esclusione io dovrò stare in coppia con te, Psychè.»
Dri guardò perplessa l'amica «Beh, dato che siamo rimaste fuori solo noi due mi sa proprio di sì» disse usando un tono tranquillo nel tentativo di rincuorarla. «Tranquilla, ci andrò piano»
La vietnamita sembrò comunque restare giù di morale. «Sì, lo so. È proprio questo il problema...» borbottò seccata dirigendosi in un punto sufficientemente distante dagli altri compagni, i quali in quel momento si stavano preparando prima d'iniziare a lottare tra loro.
Gabri ad esempio, per l'allenamento che aveva intenzione di fare, si era già tolto le scarpe e legato la bandana attorno alla testa facendo sì che gli coprisse completamente gli occhi.
Con la vista in questo modo oscurata e i piedi scalzi sul terreno freddo e duro, l'obbiettivo dell'esercizio era quello di migliorare la percezione dei sensi aumentandone così i riflessi, facendo sì da poter percepire qualsiasi attacco in tempo tramite le vibrazioni del terreno e dell'aria dovute al movimento dei corpi.
Ne esistevano diversi di esercizi che miravano ad affinare un determinato senso e questo era rivolto principalmente al tatto.
Di norma erano Vivian e Choji a fargli da insegnanti per quell'allenamento, d'altronde sono stati loro a proporglielo, ma quando non potevano esserci per motivi come l'andare in guerra, allora si faceva aiutare da Fahed. Per via della sua abilità era perfetto da usare per esercitarsi a combattere anche in situazioni dove non poteva vedere il proprio avversario.
Una volta che finì di prepararsi, l'orfano prese un profondo respiro concentrandosi sull'aria fredda che gli accarezzava gli avambracci e alla terra solida che si trovava in contatto con le sue piante dei piedi, eliminando mentalmente qualsiasi altro rumore superfluo prodotto dai suoi compagni e dai soldati che stavano assistendo ai loro allenamenti.
«Vai» disse solamente riferendosi a Fahed.
Dovette attendere solo un paio di minuti prima di ricevere il primo colpo, uno dritto in pancia che lo fece piegare in due.
«Sono andato troppo forte?» gli chiese poco distante la voce del marocchino con una lieve sfumatura di preoccupazione.
Gab si rimise dritto senza troppi problemi, con tutte quelle botte che aveva subito ormai il suo corpo ci stava facendo l'abitudine. «No, tranquillo. Va bene così» lo assicurò sorridendo esaltato da sotto la maschera, questa volta era riuscito a percepire sottile spostamento d'aria all'altezza del suo ventre prima gli arrivasse il pugno esattamente in quel punto.
Lo considerava un notevole miglioramento in confronto a tutte le volte precedenti, dove incassava soltanto e non sentiva quasi nulla.
«Continuiamo!» esclamò energico l'orfano rimettendosi in posizione.
Gli parve di sentire una sorta di sbuffo da parte del marocchino prima di proseguire con il suo allenamento.
In confronto a quando doveva riuscire a sentire gli attacchi d'aria e di terra dei due ragazzi del Blocco C18, dover combattere contro qualcuno in un corpo a corpo senza vedere risultava molto più difficile. I tempi e le distanze erano molto diverse rispetto agli attacchi a lungo raggio, perciò accadeva molto spesso che Gabriele riusciva a percepire l'arrivo del prossimo pugno o calcio da parte di Fahed ma che non riusciva a muoversi abbastanza in fretta.
Non aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando avevano iniziato ma, dopo l'ennesimo pugno al fianco, cominciava ad essere un po' seccato di come ancora non riuscisse a contrastare, o per lo meno evitare, i colpi del marocchino. In più cominciava ad avere male in diverse parti del corpo.
Emise un verso di frustrazione mentre poco distante udiva le risatine dei soldati che scommettevano tra loro per quanto ancora sarebbe riuscito a resistere.
«Ci sei?» domandò Fahed. Dalla direzione e da quanto era riuscito a sentirlo distintamente, Gab dedusse che si trovava di fronte a lui.
«Se vuoi ci fermiamo» gli propose il marocchino «Ne hai prese parecchio oggi...»
«No.» lo interruppe Gabri ansimando con il palmo di una mano poggiato sul ginocchio leggermente piegato e l'altra sul fianco sinistro, quello colpito. «Ancora una. L'ultima»
Per via della benda sugli occhi non poté vedere l'espressione del compagno ma dal suo silenzio capì che gli concedeva di provarci un'ultima volta.
Gabri si tirò di nuovo su e respirò profondamente per concentrarsi, stavolta però cercando di entrare in contatto con gli elementi circostanti e non più in modo separato.
Si ricordò delle parole di Choji che gli aveva detto durante uno degli allenamenti dove imparava a dominare l'aria "Quando controlli un qualsiasi elemento non devi percepirlo come una cosa separate da te, ma come il prolungamento di te stesso. Una parte di te con la quale sei costantemente in contatto, che tu la stia usando o meno in quel momento. Ascolta quello che ha da dirti".
Continuando a respirare con calma, cominciò ad ascoltare e a sentire tutto ciò che era intorno a lui.
Le parole dei soldati, i rumori dei suoi compagni che si stavano ancora allenando, le lamentele di Kozlov-Lagna Umana, il suono del vento fra le fronde degli alberi, il cinguettio degli uccelli, il suolo duro e freddo sotto di sé. Infine lo sentì.
La prima cosa che riuscì a percepire furono le lievi vibrazioni nel terreno che lo avvisano della posizione di Fahed e che si stava muovendo, un piccolo raggruppamento di energia che gli si stava avvicinando con rapidità. Poi il veloce spostamento d'aria che precedeva il prossimo colpo, dalle informazioni tattili che Gab stava ricevendo doveva trattarsi di un calcio.
Prima che però questo arrivasse, l'orfano riuscì ad abbassarsi in tempo in una spaccata per poi, sostenendosi con le braccia, portare in alto le gambe e usarle per colpire dritto nel petto dell'avversario dandosi forza tramite gli arti superiori per aumentarne lo slancio.
Dal tonfo che giunse successivamente fu abbastanza chiaro che Fahed fosse finito col sedere per terra in un atterraggio non molto morbido.
Rimettendosi in piedi con un salto, Gabriele si raddrizzò sollevando la benda quel giusto che bastava per poter di nuovo vedere.
All'inizio, dopo essersi alla lunga abituato a stare al buio, la luce del sole gli ferì gli occhi, ma una volta che fu in grado di mettere nuovamente a fuoco poté vedere lo spettacolo di Fahed, mezzo visibile, ancora a terra che si massaggiava dolorante il didietro e un'espressione incredula sul volto.
La stessa che avevano i soldati che avevano assistito al loro allenamento fin dall'inizio e che ora se ne stavo perfettamente in silenzio a fissare sbalorditi il giovane italiano.
Lo stesso Gabri era il primo ad essere meravigliato su quanto era finalmente riuscito a fare.
«C-Ce l'ho fatta» mormorò con un filo di voce mentre un sorriso raggiante andava a formarsi sotto la maschera. «Sì!» esclamò saltando euforico. Finalmente, dopo tutte quelle botte subite sia quel giorno che nei mesi precedenti, era riuscito a sentire in tempo un attacco ed a reagire di conseguenza. Era la prima volta per lui.
Un vero successo.
«Ancora un'altra!» implorò Gab con impeto aiutando Fahed a rialzarsi. Questo, una volta in piedi, gli lanciò un'occhiata severa.
«Era questa l'ultima» rispose lo spilungone pulendosi la tuta dalla polvere. «Ricordi?»
L'orfano sbuffò, perdendo parte del suo entusiasmo. «Sì, ricordo» borbottò scontento «Ma ti chiedo solo un'ultima volta!»
«No» esordì Fahed inflessibile incamminandosi verso gli altri compagni, ancora intenti ad allenarsi. «Tutto quel movimento mi ha stancato.»
Gab incrociò le braccia contro il petto sollevando un sopracciglio e storcendo la bocca in una smorfia amareggiata, anche se nascosta dalla maschera. «Sei veramente seccante quando fai così. Non sei neppure tu quello che si è beccato un sacco di pugni e calci!» poi sospirò rassegnato avviandosi anche lui dove si trovava il resto del loro Blocco. «Bah... vediamo come se la cavano in nostri compagni»
Non molto bene, o almeno per quanto riguardava alcuni di loro.
Paulo faticava parecchio a star dietro ai movimenti fin troppo rapidi di Nick, talmente veloci da essere difficilmente visibili ad occhio umano, ma quando però riusciva a bloccare qualcuno dei suoi attacchi allora l'australiano si ritrovava a fare un volo di diversi metri indietro a dovuta all'incredibile forza dell'altro.
Ma quella che se la passava certamente peggio era Nguyen.
Nonostante Adriana cercava di andarci piano nella lotta, proprio come le aveva promesso, Yen non riusciva comunque a mandare a segno più di un colpo di seguito subendone invece molti di più.
La verità era che la vietnamita non era molto portata per il combattimento.
Certo, con l'uso delle armi se la cava già meglio, soprattutto con la sua alabarda, ma restava comunque di un livello inferiore rispetto ai suoi compagni di Blocco. Cosa che sia Vipère che Navaìninca non si faceva certo problemi a ricordarglielo a quasi ogni allenamento, che aveva poi come conseguenza quello di aumentare la sfiducia della ragazzina sulle proprie capacità.
Gabri invece era convinto che si stessero soltanto concentrando sul campo sbagliato.
«Okey. È meglio finirla qui per oggi.» dichiarò Adri guardando preoccupata Nguyen che respirava affannosamente usando il bastone della sua alabarda come appoggio per non accasciarsi a terra, evitando così di fare la completa figura di quella più debole del gruppo.
Teneva la maschera leggermente scostata dal volto per facilitarsi la respirazione e in questo modo si potevano intravedere piccole gocce di lacrime che cadevano dalle sue guance.
I due italiano si scambiarono un'occhiata, comunicandosi così tra loro tramite l'uso di sguardi.
Quello di Dri sembrava dirgli: "Io ho già fatto la mia parte. Ora tocca a te."
Normalmente tra i due era Adriana quella a saper esattamente come consolare qualche loro amico. Lei era in grado di comprenderlo fino in fondo percependone i suoi sentimenti ed i suoi dolori.
Sapeva perfettamente che cosa dirgli o quello di cui quella persona necessitava.
Per certe occasioni però, c'era bisogno di un drastico cambio di prospettiva per risollevare l'umore di qualcuno.
Vedere le cose da un punto di vista diverso dal solito.
Una cosa che a Gabriele gli riusciva particolarmente facile.
Il ragazzino si avvicinò di qualche centimetro a Nguyen posizionandosi proprio di fronte a lei, in modo da ostruirgli la strada. La sua espressione non mostrava una minima traccia di derisione, fastidio o mortificato, come invece la vietnamita sembrava aspettarsi, ma era solamente attenta e pensierosa.
«Durante una vera battaglia, specialmente in guerra, sarà difficile che tu riesca a cavartela se continui così» le disse con estrema naturalezza «Perché invece non ti concentri sulla parte prima della battaglia?»
Yen finalmente si tirò su e fissò l'orfano con un misto tra confusione e curiosità, in maniera abbastanza uguale fece anche Fahed mentre gli altri tre compagni guardavano il loro amico con grande attenzione e interesse.
«La parte prima...» mormorò la vietnamita con voce incerta «Della battaglia?»
«Okey fartukhy. Per oggi avete finito di picchiarvi a vicenda!» li interruppe Zaystey muovendosi per raggiungerli tenendo tra le labbra una sigaretta accesa, dalla distanza da cui ancora si trovava era difficile che avesse potuto sentire quello che Gab aveva detto a Yen e al ragazzino andava bene così. Quelle erano questioni private del loro Blocco, non gli piaceva che qualche adulto ci infilasse il naso nei loro problemi.
Anche se si trattava di Zaystey, con il quale l'orfano aveva cominciato a nutrire un certo rispetto.
Seppur solo appena.
«È già mezzogiorno e se volete andare in città sarà meglio che vi sbrighiate a prepararvi da mangiare.» continuò il colonnello soffiando in alto una nuvola di fumo per poi rivolgersi nuovamente verso il gruppo di ragazzini storcendo appena il naso. «In più vedete di darvi una bella lavata al corpo a meno che non vogliate recarvi in centro con lo stesso odore delle capre. Fareste scappare tutti nel raggio di venti chilometri» disse infine tirando dritto in direzione di un quartetto di soldati che distribuivano ai loro colleghi le razioni di quel giorno «Mi raccomando; solo il corpo, niente capelli o ci mettere una vita ad asciugarli con questo clima.»
I giovani Ultra si scambiarono una sola e rapida occhiata prima di mettersi subito a lavorare, senza pronunciare neppure una parola da quanto erano eccitati.
Era da quando erano partiti dalla villa che i loro pasti erano unicamente divisi in colazione e cena, il pranzo era praticamente inesistente dato che di solito in quell'orario viaggiavano ancora sui furgoni.
Il fatto che invece quel giorno si avrebbe pranzato, per i ragazzini era una sorta piacevole sorpresa che accolsero con gran entusiasmo. Non fecero neppure troppe storie per il cibo, una scatoletta di tonno e due pezzi di pane secco a testa, da quanto erano contenti e affamati.
Una volta che ebbero finito di mangiare, Adri, Nick e Fahed cominciarono a prepararsi per scendere in città dandosi una lavata veloce nei punti dove si raccoglieva di più il sudore utilizzando l'acqua gelata contenente nelle taniche, per poter passare inosservati tra la gente comune indossarono il loro unico cambio di vestiti, composto unicamente da un paio di pantaloni (o pantaloncini come nel caso di Nick) ed una semplice maglietta. Per chi ne era sprovvisto, sia Gab che Paulo si offrirono a prestare la loro felpa di ricambio, la stessa che poi entrambi usavano come cuscino per andare a dormire.
Di certo non sarebbero stati all'ultima moda ma di sicuro non avrebbero dato nell'occhio.
Ad accompagnarli, come una sorta di guardia del corpo, andò con loro un ragazzo sui venticinque anni di corporatura non troppo massiccia ma comunque ben muscolosa.
Il grosso maglione che indossava era in grado di nascondere buona parte dei muscoli delle braccia, facendolo così passare per un semplice Xi fuori servizio, Classe dell'Ordine a cui era associata la polizia.
Gabriele rimase a guardare in silenzio, vicino alla loro tenda, i tre compagni incamminarsi verso la fermata dell'autobus più vicina. Provava una piccola punta d'invidia per loro.
Avrebbe tanto voluto andare anche lui in centro.
Visitare una nuova città, osservare lo stile di vita degli abitanti di quel luogo.
Sarebbe stato veramente bello.
Solo che c'era da fare da guardia all'Alfa Lagna-Umana nel caso subissero un attacco improvviso e il caporale preferiva che l'orfano fosse uno dei tre che sarebbe rimasto lì insieme al resto dei suoi uomini.
Che buffo.
Dopo due anni passati dall'altra parte dell'oceano, finalmente tornava in Italia e non poteva visitare una città italiana.
Gab si lasciò sfuggire un breve sospirò, sperò che almeno a Venezia sarebbe andata meglio.
Una voce dietro di sé, dal timbro vibrante e familiare, lo riscosse di colpo dai suoi pensieri. «Mi è stato detto che te la cavi bene a scacchi»
Il ragazzino si voltò nella direzione da dove aveva sentito parlare e trovò Zaystey che gli sorrideva con malizia mentre in mano teneva una scatola di legno dalle dimensioni piuttosto familiari a Gabriele.
Il caporale marcò ancor di più il suo sorriso accorto mostrando meglio la scatola all'orfano. «Che ne dici di fare qualche partita? Giusto per passare un po' il tempo.»
~~•~~
Si poteva tranquillamente affermare che Zaystey fosse il degno avversario a scacchi di Gabriele. In confronto a tutte le altre persone con le quali l'orfano aveva giocato, il colonnello era di certo il più ostico e astuto, in grado di dargli parecchio filo da torcere e di vincere ben due partite consecutive contro di lui.
Ma neppure Gabri volle essergli da meno, riuscendo a prendersi brillantemente la vittoria dei due match successivi.
In quel momento stavano giocando la quinta partita che si prospettava andare ancora per le lunghe, esattamente com'era successo con le quattro precedenti.
Entrambi gli sfidanti fissavano nel più completo silenzio la scacchiera con il volto perfettamente concentrato, intenti a calcolare le mosse consecutive del loro rivale e ragionando sulle contromosse ideali.
Attorno a loro si era creato un anello di spettatori che assistevano curiosi alle strategie incredibili che i due rivali mettevano in atto. Nonostante tutte le partite fossero durate anche ben più di un'ora (la seconda quasi un'ora e mezza) l'attenzione del pubblico rimase quasi costantemente viva, stupiti di come un ragazzino fosse in grado di tenere testa a scacchi contro un adulto o, viceversa, di come Gabri fosse riuscito a trovare un avversario al suo stesso livello in quel gioco.
I commenti e le spiegazioni sulle varie mosse utilizzate di Roman, anche lui si era unito al resto del pubblico trascinandosi con sé il nipote lamentoso, aiutarono parecchio a tenere alto il livello d'interesse negli spettatori.
Persino Nguyen, che di solito detestava gli scacchi e si annoiava sempre a guardare i suoi amici giocarci, si dimostrava particolarmente attenta e riempiendo di domande Roman su quanto stava accadendo.
Paulo invece se ne restava seduto in mezzo ai due avversari senza proferire parola, sembrava quasi come se non volesse perdere di vista neppure una mossa.
L'ultima partita finì, incredibilmente, con un pareggio. In campo erano rimasti solo tre pezzi, il re e la torre di mentre a Gabri restava solo il re, e l'orfano era riuscito a far muovere il suo re altre trentuno volte senza subire lo scacco decisivo.
Quando venne dichiarato il termine della partita, entrambi i giocatori rovesciarono la testa all'indietro lasciandosi sfuggire un grosso sospiro e appoggiando le mani sul terreno rilassandosi.
Poi, come se si fossero messi di comune accordo, presero a ridacchiare tutti e due. I soldati li fissarono sconcertati e anche leggermente preoccupati.
Zaystey riabbassò il capo lanciando un'occhiata divertita al giovane Ultra «Devo dire che è stata una gran bella partita questa» commentò con una leggera sfumatura di stanchezza nella voce. «Anche se stavolta te la stavi vedendo brutta.»
«Non è che te fossi messo tanto meglio. Ti erano rimasti solo il re e la torre, ricordi?» ribatté Gab, si tirò poi su guardando il colonnello con le iridi che brillavano eccitate. «Facciamone un'altra!» propose ancora esaltato. Adesso che aveva finalmente trovato un suo degno rivale a scacchi, il gioco aveva preso tutto un altro gusto diventando ancora più interessante e piacevole. In più gli permetteva di trovare gli errori nelle sue strategie e aggiustarli di conseguenza.
Quando mai gli sarebbe ricapitata un'occasione del genere?
E poi si stava divertendo così tanto per smettere proprio adesso.
Anche Zaystey pareva molto su di giri per poter interrompere il gioco ma, ancor prima che potesse dare una qualsiasi risposta all'orfano, il ritorno del gruppetto partito per quella piccola escursione in città mise fine a tutto.
«Siamo tornati!» gridò Nick comparendo all'improvviso a mezz'aria nel bel mezzo di un salto atterrando poi al centro del cerchio, facendo prendere in questo modo un colpo a tutti i presenti. In mano teneva un grosso sacchetto di plastica bianco con sfumature rosate, qualsiasi cosa si trovasse al suo interno era grande e morbida. Probabilmente un peluche.
A quel punto la domanda successiva era: perché Nick teneva dentro in una sportina un peluche enorme, ma soprattutto, rosa?
«Allora?» continuò allegro l'australiano ignorando le diverse persone che ancora dovevano riprendersi dallo spavento subito. «Vi sono mancato, eh?»
«Quanto l'emicrania» fu il commento aspro di Paulo.
Il viso del caporale perse quell'espressione esaltata e giocosa che aveva prima assumendone una più seccata. «Fine del gioco» sbuffò lanciando un'occhiata infastidita all'australiano per poi rivolgere la propria attenzione sull'orologio che portava sul polso sinistro, le sopracciglia gli si arcuarono appena dallo stupore «Accipicchia, dieci minuti alle sei. Ne abbiamo passato di tempo a giocare» dichiarò cominciando a raccogliere i pezzi della scacchiera per poterli rimettere a posto.
Nick spostò lo sguardo tra i due avversari con una certa confusione «Aspettate, avete davvero giocato per tutto il tempo a scacchi fin da quando siamo partiti?»
Gabriele si voltò verso di lui perplesso «Perché? Che problema c'è?» domandò con curiosità. Ancora seduto al suo posto Paulo ridacchiò divertito.
«Ni- Nanetto! Ti avevo detto di non partire così improvvisamente a razzo!» giunse la voce di Adri non troppo lontana, chiaramente alterata. «Avrai fatto venire un colpo a tutti!»
Il volto di Nick assunse una sfumatura più pallida. «Opss...» mormorò tirandosi giù insistentemente le maniche della felpa che portava per via dell'agitazione di una possibile ramanzina in arrivo. Preoccupato da questa eventualità alquanto realistica, il ragazzino rivolse a Gabri uno sguardo bisognoso d'aiuto ma che però l'orfano ignorò volutamente.
Zaystey, con la sua tipica postura perfettamente rilassata, si alzò in piedi tenendo in mano la scatola di legno degli scacchi e si rivolse ai suoi uomini «Forza fanciulle! Levate le tende da qui e andate ad accendere il fuoco per la cena prima che faccia troppo buio.» ordinò con tono risoluto mentre questi si rialzavano disperdendosi nell'accampamento incamminandosi ognuno nei propri angoli. «E Vasyl, quello sulle tende è un modo di dire. Non devi smontarle realmente.» aggiunse poi il colonnello in direzione di un soldato dalla corporatura massiccia con l'andatura goffa e maldestra.
Questo annuì impacciato e si defilò verso ad una delle tende più vicine ai furgoni assieme a qualche altro suo compagno.
Presto rimasero solamente i quattro ragazzini nel luogo dove si erano svolte le partite a scacchi tra il caporale e Gabri, Fahed e Dri si trovavano ormai a pochi metri da loro mentre il soldato, incaricato ad accompagnarli nella loro spedizione, deviò il proprio tragitto avviandosi verso la tenda che si trovava più al limitare dell'accampamento.
«Che cosa c'è dentro quella sportina, Nick?» chiese Yen una volta che i loro compagni li ebbero raggiunti, Adri aveva uno strano segno rosso sul braccio destro. «Una grossa coperta? Un cuscino?»
«Un peluche» rispose Gabriele osservando incuriosito quella bizzarra sagoma rosa la cui forma era in parte celata da sacchetto che la conteneva «Perché avete preso un peluche?»
Nick diede una veloce occhiata alla sporta che teneva in mano sollevandola di poco, il suo viso aveva assunto un'espressione innocente che ne mal celava una più beffarda. «Oh questa?» fece incapace di nascondere una nota divertita nella voce «È per te!» esordì infine con un ampio sorriso, dietro di lui sia Fahed che Dri parevano impegnati nel cercare di trattenere le risa.
La cosa era alquanto sospetta.
Gab era ancora più confuso. In che senso era per lui quella... roba?
A cosa sarebbe potuto servirgli un pupazzo? Gigante addirittura.
Gli venne in mente solo una possibilità e non gli piaceva per niente. L'orfano sperò vivamente che tutto questo non centrasse con quella cosa, quel suo piccolo vizietto involontario, ma la faccia di Nick non prometteva nulla di buono. O per lo meno per lui.
Paulo dal suo posto sbuffò sarcastico «E io che speravo fosse il tuo sostituto al nostro Blocco.»
L'australiano scosse la testa senza perdere quel suo entusiasmo fin troppo preoccupante. «No no. Niente sostituto caro mio» poi si rivolse nuovamente all'italiano. «Gabri, ti presento Rosita!»
Non appena pronunciò allegro l'ultimo nome, tirò finalmente fuori il misterioso pupazzo dalla sporta.
Si trattava di un pupazzo di unicorno rosa, alto quasi mezzo braccio, dal ventre grosso e le zampe piccole e tozze.
La criniera e la coda portavano tutti i colori dell'arcobaleno mentre il corno era celeste e sbrilluccicante. Gli occhi viola avevano le pupille a forma di cuoricino e brillavano anch'essi per via delle strisce di plastica applicategli sopra.
Il motivo a cuoricini ripartiva sulla parte in fondo del pupazzo vicino al punto da dove partiva la coda.
Apparteneva decisamente a quella tipologia di peluche che Gabriele non avrebbe minimamente degnato di uno sguardo, se mai fosse entrato un giorno in un negozio di giocattoli.
Non era affatto il suo genere.
Dalla presentazione del pupazzo ci fu qualche secondo di silenzio, dove quelli che erano rimasti all'accampamento dovevano elaborare quanto stavano vedendo su ciò che avevano ascoltato.
Il primo a fare qualcosa fu Paulo, che non sforzò neppure a cercare di trattenere le risa.
Ignorando le risate dell'argentino, il ragazzino guardò storto l'amico. «Tu scherzi spero»
Adri scosse la testa facendo sempre più fatica a contenersi, ma almeno Gab ne apprezzava il tentativo «No» gli rispose facendosi sfuggire qualche risatina sommessa «Non sta scherzando»
«È tutta tua!» continuò Nick con la stessa allegria di un bambino quando arrivava natale mentre gli porgeva quel pupazzo grottesco. «Così non rischierai più di abbracciare persone a caso durante il sonno. Che ne dici?»
Ecco, come sospettava.
Fin da quando era piccolo, Gabri aveva l'abitudine di stringere tra le braccia la prima cosa che trovava vicino a sé mentre dormiva, in particolar modo quando faceva un incubo.
Come se bastasse abbracciare qualcosa di morbido per riuscire a confortarlo.
Solitamente questo accadeva con i cuscini poiché di norma erano gli oggetti più vicini a lui quando era a letto ma, siccome in quei giorni dormivano tutti nella stessa tenda con pochissimo spazio tra l'uno e l'altro, qualche mattina gli era capitato di svegliarsi abbracciato a Yen o Nick, andando così a creare una situazione di grande imbarazzo per i suoi due compagni.
«Che avresti potuto scegliere un pupazzo migliore di questo obbrobrio.» rispose Gabriele infastidito, qualsiasi altro peluche sarebbe potuto andare bene per dormire ma non quello. Li aveva sempre trovati ridicoli e stupidi, così grossi e pieni di brillantini. «E poi perché proprio Rosita?»
«È il nome che c'era scritto sul cartello dove vendevano quel peluche» spiegò l'australiano con orgoglio. «Rosita, il magico destriero della regina delle fate! Per gli amici solo Rosy»
Di bene in meglio.
Gab abbassò lo sguardo per qualche istante sull'unicorno per poi riportarlo di nuovo su Nick. «Non lo voglio»
«Ma ora è tuo» ribatté il ragazzino porgendogli ottusamente il pupazzo.
«Non lo voglio» ribadì l'italiano impassibile.
«È stato preso apposta per te»
«Non lo voglio»
«Suvvia, i regali non si rifiutano»
«Non lo voglio»
«Eddai, non dire così altrimenti Rosy ci rimane male!» insistette brioso l'australiano posando a forza l'unicorno tra le gambe di Gabriele.
L'orfano guardò Nick ancora per qualche secondo con aria scocciata per poi decidere d'ignorarlo rivolgendosi ad Adriana. «Le cose che ho scritto nell'elenco le avete prese tutte?» domandò abbassandosi la maschera dal volto.
L'italiana annuì porgendogli lo zainetto che portava fino a poco prima sulle spalle, sul viso le si poteva ancora leggere quasi perfettamente l'espressione divertita per la scenetta a cui aveva da poco assistito. «Sì, è tutto qui dentro. Abbiamo anche chiamato alla locanda dove alloggeremo domani. Ci aspettando domani alle undici» gli spiegò «Nell'agenda di Fahed ho scritto le coordinate del posto, così puoi inserirle nel tuo navigatore.»
«Ottimo!» esclamò Gabriele soddisfatto scostando un po' in malo modo l'unicorno di pezza facendolo finire a terra, in modo tale da poter prendere lo zainetto e cercare tra le sue tasche l'agenda.
«E abbiamo preso anche della cioccolata!» aggiunse Adri sorridendogli acuta prima di entrare in tenda a cambiarsi.
Alla parolina magica immediatamente Gabri drizzò le orecchie spostando tutta la sua attenzione altrove «Cioccolata?» le iridi color del miele parvero luccicare pieni di gioia a tale notizia. «Davvero?» cominciò poi a rovistare con maggior interesse dentro lo zaino di Adriana, non trovando però nulla.
«È dentro il mio zaino» ci tenne ad informarlo Fahed indicandogli con un cenno del capo quello lo zainetto che teneva ancora sulla schiena. «Una tavoletta a testa»
«Però te potrai prenderla solo se accetterai Rosy come tua nuova compagna di dormite!» dichiarò ridente Nick prendendo di nuovo in mano il pupazzo e mettendolo davanti alla faccia dell'italiano.
Con la visuale ridotta a causa di quell'impiccio rosa, Gab poté solo udire Paulo da qualche parte di fronte a lui fare un verso di scherno. «Accipicchia, che scelta difficile» ridacchiò canzonatorio «Sono proprio curioso di vedere se alla fine sarà l'orgoglio a prevalere o meno.»
Gabriele sollevò il viso per poter lanciare un'occhiata seccata all'australiano «Questo è giocare sporco» ma il ragazzino sembrò non udirlo, o forse lo ignorò semplicemente.
«Allora?» continuò a pungolarlo Nick spostando di qualche millimetro in avanti quello stupido pupazzo rosa. «Cosa scegli?»
Il ragazzino allontanò la faccia dal peluche fissandolo con estremo fastidio. Detestava quel genere di pupazzi, dai colori troppo accesi e artificiali con il loro tessuto sintetico. Gli davano una forte sensazione di qualcosa di finto e illusivo.
Trovava molto più carini e originali quegli orsacchiotti di pezza fatti di lana o di cotone, Poppy ad esempio era così.
Tuttavia Gab era ben conscio che quel pupazzo rosa, per quanto lo trovasse stupido e ridicolo, sarebbe lo stesso servito al suo scopo.
E poi non poteva mica rinunciare alla cioccolata per una cosa del genere, specialmente se era da quattro giorni che mangiava soltanto fagioli e piselli.
«D'accordo» dichiarò infine afferrando Rosy dalle mani di Nick, aveva le gote leggermente rosse dal nervoso. «Lo prendo»
L'australiano saltò esultando entusiasta. Gabri rimase per qualche istante ad osservare l'amico gioire per l'impresa appena riuscita con un'espressione non così tanto soddisfatta.
«Sarà meglio cominciare ad accendere il fuoco per la cena, si sta facendo troppo buio.» si limitò a dire con tono leggermente scocciato alzandosi in piedi «Paulo puoi iniziare tu? Io vado a mettere via 'sta roba e poi vengo ad aiutarti. Yen, te intanto vai dal gruppo soldati-cambusieri a farti dare il cibo per stasera» cominciò a suddividere i vari compiti mentre si dirigeva verso la tenda per poterci mettere dentro sia lo zainetto che il pupazzo in modo tale che non dessero fastidio «Speriamo che la cena di oggi sia un po' più sostanziosa delle altre» mormorò poi tra sé e sé a bassa voce, speranzoso.
Magari i soldati potevano avere un loro personale concetto della parola "sostanzioso", ma di certo non equivaleva con quella dei giovani Ultra.
La cena di quella sera comprendeva solamente un uovo sodo a testa più una fetta di pane raffermo e, cosa a dir poco eccezionale, delle bizzarre scaglie di grasso di maiale, chiamati [ciccioli], comprate da una bancarella giù in città sotto le continue ed insistenti richieste di Nick di poter assaggiare del cibo tipico italiano.
Alla fine poi si era rivelata comunque un'ottima scelta quella di prenderli. Quei ciccioli erano veramente buoni, anche se un po' salati, e inoltre riuscivano a dare un po' di consistenza a quel, altrimenti, magro pasto.
Sembrava quasi che i soldati volessero tenerli a stecchetto. Compreso Paulo era riuscito a perdere almeno tre chili.
Mentre mangiarono, i tre che erano scesi in città raccontarono ai loro compagni quanto che erano riusciti a vedere di Trieste.
Da come ne parlavano pareva una città veramente molto bella, con una piazza enorme a pochi metri da un molo affacciandosi direttamente sul mare.
Chissà quali meravigliosi tramonti si potevano ammirare da lì.
Sicuramente tanti.
Gabri si promise a sé stesso di tornarci un giorno per visitarla con calma.
Sperava soltanto che quel giorno non ci mettesse troppo ad arrivare.
«Gabriele» lo chiamò inaspettatamente Yen durante un breve momento di pausa da un racconto e l'altro.
Il resto del Blocco si zittì del tutto rivolvendo poi la propria attenzione sulla ragazzina guardandola con curiosità. La vietnamita fissava nervosamente per terra stringendo tra le mani la sua borraccia, come se ci fosse qualcosa che la turbasse. Alla fine parve riprendere coraggio sollevando il viso in modo da poter guardare in faccia l'orfano, seppur appariva ancora nervosa. «Prima che cosa intendevi sul fatto che dovrei concentrarmi sulla parte prima della battaglia?»
Il ragazzino sostenne lo sguardo inquieto della sua compagna senza manifestare alcuna emozione restando nel più completo silenzio per qualche secondo, poi socchiuse le palpebre scrollando appena le spalle con non curanza. «Esattamente quello che ho detto.» le rispose schietto. Quando però riaprì gli occhi, le iridi color del miele avevano assunto una singolare espressione analitica e penetrante che fece trasalire di poco Nguyen.
«La tua è un'abilità difficile da usare» dichiarò riprendendo a parlare con un tono improvvisamente serio «O almeno secondo i metodi classici.» si corresse movendo la mano con un gesto distratto. «In un qualsiasi scontro non puoi utilizzarla a meno che te stessa e la tua vittima stiate dormendo nello stesso momento. Come tattica ci può stare se stai facendo una lotta uno contro uno oppure gli avversari sono comunque un numero sotto la decina, tanto basta solo riuscire ad addormentarli tutti e il gioco è fatto. A quel punto sei tu a passare in vantaggio» disse staccandosi un altro quadratino della sua cioccolata, Fahed aveva distribuito una tavoletta a ciascuno diversi minuti fa, stando però attento a non finirla. «Ma in una vera battaglia non riusciresti a fare lo stesso. Ci sono troppe persone da far addormentare e poi risulteresti d'intralcio per i tuoi compagni che devono badare a te oltre che a sé stessi. Allo stesso tempo però ti sarà impossibile combattere in questo modo da sola perché hai bisogno di qualcuno che ti guardi le spalle mentre usi la tua abilità.» elencò Gab con disinvoltura mettendosi in bocca il pezzettino di cioccolata staccato precedentemente «Questo ovviamente se utilizzi le solite tattiche che seguono tutti.»
Nguyen aggrottò la fronte confusa. «E quindi che cosa dovrei io, se non posso combattere come tutti gli altri?»
«Cuello che fi ho deffo pvima!» esclamò Gab con la bocca piena «Concentrarti sulla parte pima della battaglia.» aggiunse dopo aver mandato giù il pezzo di cioccolata. «Hai un'abilità complessa ma molto potente. Puoi utilizzarla nelle notti che precedono una tua battaglia per entrare nei sogni dei tuoi nemici e manipolarli» si prese una piccola pausa per osservare attentamente la vietnamita «Lo sai, vero, che si possono suggestionare le persone tramite i sogni?» disse inclinando il capo da un lato esitante.
«Sì... più o meno. Posso farlo?» sussurrò incerta Yen distogliendo lo sguardo dall'italiano per riporlo verso le braci del fuoco, fissandole intensamente pensierosa.
«Scusa e te queste cose come fai a saperlo?» replicò scettico Fahed «Credevo che il tuo campo fosse la scienza con tutte quelle sue formule chimiche. Non...»
«Hai ragione!» gridò Nguyen risollevando di colpo il viso respirando affannosamente, gli occhi le brillavano di una particolare luce esaltata mentre questi cominciavano a riempirsi di lacrime «Può funzionare! Certo, dovrò allenarmi parecchio ma posso farcela! Ce la posso fare!» poi, con uno scatto, andò ad abbracciare forte l'orfano «Grazie grazie grazie...»
Gabriele la guardò parecchio spaesato dal quel gesto così brusco, non riusciva a comprendere il motivo di tale reazione e neppure sapeva come doveva comportarsi in quella situazione.
D'altronde le aveva solo proposto una buona strategia. Nient'altro.
I suoi compagni, però, capivano benissimo il perché di tanta gioia da parte della loro amica.
Sapevano perfettamente quanto la loro amica ci soffrisse nel vedersi così debole e inutile in confronto a loro e di come temesse il giorno in cui sarebbe dovuta scendere in un campo di battaglia, ben conscia del fatto che non sarebbe mai riuscita ad eguagliare nel combattimento il livello di nessun Oscuro che si sarebbe trovata di fronte.
Ed era proprio questa consapevolezza a farla soffrire così tanto.
Adesso però, per la prima volta in vita sua, le si prospettava di fronte una possibilità di sopravvivere.
Una soltanto, ma a Yen bastava lo stesso per poter ricominciare a sperare di poter ancor vivere.
Per la vietnamita questo doveva significarle molto se era in grado di farla piangere in quel modo e stritolare con forza il povero Gabriele, il quale era ancora piuttosto confuso da quanto stava accadendo.
Quando poi finalmente si staccò da lui tornandosene la suo posto accanto a Fahed con le guance in fiamme dall'imbarazzo per quel suo gesto improvviso, ma sul viso le si riusciva a leggere un'espressione di estrema gioia.
Gabri faticava a capacitarsi di cosa fosse appena successo, era accaduto tutto in maniera così repentina e inaspettata da mandarlo in completa confusione, ma gli faceva comunque piacere vedere Yen più risollevata e felice.
In mezzo all'allegra confusione che si stava andando a crearsi, con Nick e Paulo che si divertivano a punzecchiare la loro amica ancora rossa in viso mentre Fahed cercava di difenderla riprendendo aspramente i suoi compagni, Adri si accostò all'orfano fino a toccargli la spalla con la sua mormorandogli «Hai fatto un gran bel lavoro, sai?»
Il ragazzino scrollò le spalle incerto «Non ho fatto niente di particolare. Le ho detto solo la verità!» ribatté esitante.
Dri gli lanciò un'occhiata divertita sorridendogli con orgoglio. «Hai fatto molto di più in realtà» poi si chinò su di lui e gli scoccò un veloce bacio sulla guancia.
A quel gesto, Gab si girò verso la sua amica guardandola frastornato e leggermente confuso ma lei si era già voltata dall'altra parte fissando il fuoco con un'espressione indecifrabile.
Chissà perché le persone più crescevano più tendevano a comportarsi in maniera strana?
Questo sarebbe rimasto il più gran mistero per Gabriele.
«E te invece che mi dici?» le chiese l'orfano assumendo nuovamente un tono serio e pensieroso, intanto osservare Nguyen che minacciava Nick e Paulo con la sua padella nel caso questi non avessero smesso di stuzzicarla. «Sei riuscita ad avvistarli oggi?»
Adriana spostò lo sguardo per qualche secondo sul suo migliore amico prima di riportarlo sui suoi compagni. «Sì» gli rispose dopo qualche istante di silenzio ritornando anche lei di colpo seria. «Sono sul confine austriaco. Proprio come pensavi tu; aspettano di capire quale sarà la nostra destinazione.»
Gabri annuì pensieroso.
Due giorni prima aveva cominciato a venirgli il sospetto che i tre Oscuri incaricati d'inseguirli avessero deciso di non pedinarli fin da subito ma di attendere, in qualche punto vicino al confine italiano, per scoprire la meta della spedizione militare e spostare lì il luogo dello scontro per eliminare l'Alfa a loro fastidioso.
In tal modo avrebbero potuto risparmiare sia il tempo che l'energia e in più avrebbero diminuito il rischio di fallimento poiché la scorta militare se ne sarebbe tornata in Ucraina il giorno seguente, così che si troveranno ad affrontare solo sei Ultra ancora inesperti al posto di diciotto soldati addestrati e armati a dar a loro man forte.
Come strategia non era per niente bislacca o impossibile.
Gab raccolse da terra un bastoncino mediamente lungo e ne infilò la punta tra le fiamme. «Quindi da domani la nostra missione inizierà per davvero.»
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