In "Campeggio" Coi Soldati pt2
Proprio come Gabri aveva immaginato, il tempo da passare seduti sui furgoni era molto di più rispetto a quello che avevano dovuto sopportare il giorno precedente in aereo per arrivare in quella base militare in Ucraina.
Lì si erano trattate "solamente" di nove ore, circa quasi mezza giornata, mentre stavolta prese una giornata intera per un totale di dieci ore e mezza.
Dall'alba al tramonto.
Senza alcuna pausa intermedia.
Né per mangiare né per i bisogni.
Appunto per questo era più che felice di passare alcune ore fuori dal suo camioncino sotto forma di folata di vento per controllare che non ci fosse nessun inseguitore nei paraggi e per cancellare le impronte dei pneumatici lasciati dai tre veicoli sulla neve ancora morbida.
Ciò gli permetteva poi di poter ammirare l'incredibile paesaggio del bosco innevato, più di una volta era tornato umano per poter stare seduto sopra un ramo di qualche pino o frassino situato piuttosto in alto oppure camminare tra gli alberi scuri con i piedi che sprofondavano di diversi centimetri nella neve e lasciarsi prendere parte del panorama stesso.
Diventare solamente una macchiolina nera in mezzo al bianco.
Aveva un qualcosa d'irresistibile tutto questo.
Solo che era ben conscio che non poteva permettersi di perdere troppo tempo a perdersi così, se voleva evitare una strigliata da parte del caporale, perciò fu sempre attento a non sforare mai di troppo l'orario che lui e Dri si erano prefissati per i loro turni di vedetta.
Cosa che però si dimenticò di fare verso la fine di quella prima giornata di viaggio.
Era troppo preso a contemplare quello strabiliante spettacolo delle luci del tramonto che scendevano un'ultima volta sulla terra coprendo tutta la vegetazione circostante di un tenue rosato con lievi sfumature rosse e facendo brillare la neve mentre dall'altra parte il cielo andava a prepararsi per la notte ormai vicina.
Da rimanere lì a guardare finché anche l'ultimo raggio di sole non sarebbe scomparso oltre l'orizzonte, già in buona parte nascosto dagli alberi e dalle montagne lontane.
Purtroppo per lui era già ora di tornare.
A farglielo notare fu Adriana, comunicando con lui attraverso l'auricolare che portava all'orecchio.
«Mi scoccia interrompere la tua contemplazione al paesaggio ma devo chiederti di raggiungerci immediatamente prima che Zaystey possa minacciarci di lasciarci senza cena e sai che per certi nostri compagni questa potrebbe rivelarsi una vera tragedia.» la voce della sua migliore amica arrivò così inaspettatamente che per poco il ragazzino non rischiò di cadere dal ramo di quercia su cui stava accucciato a causa dello spavento provato.
«Che-Che ore sono?» domandò una volta che riuscì a riacquistare l'equilibrio.
«Meno dieci minuti alle cinque» gli rispose Adri dall'altra parte dell'auricolare, Gabri dovette figurarsi mentalmente l'immagine di un orologio per poter capire realmente che ore fossero. «Le sedici e cinquanta» gli facilitò il compito la ragazzina «Sei in ritardo di circa venti minuti.»
«Mannaggia!» esclamò Gab portandosi una mano sulla fronte, doveva essersi veramente incantato a guardare quello spettacolo di tramonto per aver perso la cognizione del tempo per così tanti minuti «Arrivo!» le assicurò alzando leggermente la voce senza farlo apposta.
«Vedi di sbrigarti che Nick sta già dando di matto» lo avvisò Dri, sembrava molto seria «Siamo al posto dove passeremo la notte, quello con il lago. Ti aspettiamo lì» dopodiché la loro comunicazione terminò riportando il silenzio nella zona del bosco dove si trovava il ragazzino.
Ora il rosa si stava trasformando in un tenue viola e donava alla foresta una luce quasi magica.
Alzandosi in piedi con una tale semplicità che quasi non sembrava di stare in equilibrio su di un ramo a diversi metri di altezza, Gabriele, dopo essersi tirato su la maschera, lanciò un'ultima occhiata in direzione delle ultime luci sentendosi in dovere di ringraziare la natura per quello spettacolo unico che gli aveva concesso di ammirare.
Dopodiché, spalancando le braccia come fossero ali e socchiudendo gli occhi, si lasciò cadere all'indietro nel vuoto.
Il suo corpo precipitò verso il basso sempre più veloce per quasi sei metri ma appena prima di sfiorare il terreno ricoperto di soffice neve, che però non sarebbe bastata ad attutire l'impatto della caduta, svanì in una folata d'aria che per qualche secondo vorticò su sé stessa sollevandosi infine verso l'alto dirigendosi a nord-ovest, nel punto dove si trovavano si suoi amici ad attenderlo.
Non fece un percorso perfettamente lineare, un po' perché alcune volte doveva abbassarsi per cancellare le tracce del passaggio dei furgoni e un po' perché talvolta si divertiva ad alternare momenti in cui tornava umano saltando rapido tra un ramo all'altro ad altri in cui si ritrasformava nuovamente in vento proseguendo per il suo cammino, ripetendo anche più volte il giochetto di prima lasciandosi cadere da dei punti piuttosto in alto.
Di tanto in tanto cercò pure di usare una tecnica che stava sviluppando negli ultimi mesi per darsi un maggiore slancio durante un salto.
Per quanto a molti potesse sembrare una cosa un po' troppo spericolata, per lui aveva quasi un effetto liberatorio.
Si sfogava da qualsiasi emozione o pensiero negativo che l'opprimeva e lo faceva sentire completamente in pace con sé stesso.
Proprio come un falco non poteva rinunciare alle sue ali per poter continuare a volare, lo stesso valeva per Gabriele.
Sentirsi affine agli elementi con i quali riusciva ad entrare in contatto e giocare con essi, era di questo di cui aveva bisogno.
Le sue ali per volare.
Privargliele sarebbe stato veramente crudele.
Quando giunse a destinazione sulle montagne bianche vi era rimasto ancora un lieve alone di luce rosata che si rifletteva appena sulla superficie del lago mezzo ghiacciato le cui sponde toccavano la piccola radura nella quale avrebbero passato la notte.
Vide solo tre dei suoi amici, intenti chi a raccogliere la legna per il fuoco e chi a finire di montare una tenda arancione di medie dimensioni.
Il loro gruppo era quello che si trovava più vicino alle sponde del lago.
Tutt'attorno diversi soldati erano impegnati a fare le stesse e identiche cose.
Però di Nick e Fahed non riuscì a vedere nulla da nessuna parte.
«Oh! Ma guarda un po' chi finalmente ha deciso di farci l'onore di presentarsi!» lo accolse scontroso Paulo, intento a cercare di piantare nel terrendo duro un picchetto testardo del sovvratelo, dopo che Gabri atterrò a pochi metri da lui ritornano in forma umana «Te la sei presa comoda!»
«Sì, scusatemi davvero per il ritardo» mormorò Gab sinceramente dispiaciuto «È che...»
«Ti sei incantato a guardare il tramonto tra gli alberi innevati.» Adriana arrivò a fianco all'orfano trascinandosi dietro un grosso ammasso di legna secca tenuta insieme grazie ad una corda con la quale la ragazzina si serviva anche per portarsi dietro il suo carico. «Ti capisco, sul serio. Fino a poco fa le luci rosa e rosse aveva ricoperto quasi per intero le montagne e il lago creando un effetto magnifico» descrisse facendo cenno allo specchio d'acqua che si trovava neppure troppo distante da loro.
Ormai si stava facendo sempre più buio e del sole ne rimaneva soltanto un alone violaceo sullo sfondo che sfumava al rosa verso il basso.
«Non avevo mai visto nulla di così bello!» dichiarò Dri con un sospiro lasciando cadere la catasta sopra ad altra legna precedentemente raccolta.
Gabriele non poteva che trovarsi perfettamente d'accordo con lei.
Sorridendo tra sé e sé, sollevò il viso verso l'alto.
Diverse stelle cominciavano già a brillare ad est, dove il cielo diventava sempre più scuro nonostante fossero solamente le cinque del pomeriggio.
Così nitide era riuscito a vederle solamente in quella gita tra i boschi che aveva fatto assieme ad altri orfani quando aveva ancora otto anni.
Una gita che sarebbe rimasta per sempre impressa nella sua mente come la più bella, e unica, che avesse mai fatto se non fosse stato per il finale decisamente amaro.
«Se avete finito di parlare, potreste venire ad aiutarci a finire di piantare la tenda?» sbottò Paulo visibilmente di pessimo umore «Il sovvratelo dev'essere ben tirato se vogliamo evitare, in caso di pioggia, di svegliarci tutti bagnati.»
«Sì, adesso arriviamo» lo assicurò Adri incamminandosi verso l'argentino, ma non prima di accostarsi a Gabri per bisbigliargli all'orecchio «Sono tutti un po' nervosi a causa della durata del viaggio, non punzecchiarli troppo»
«E perché dovrei punzecchiarli?» le chiese Gab seguendola, poi si guardò intorno alla ricerca degli altri due compagni. «Nick e Fahed dove sono finiti?»
La testa di Yen fece capolino dall'altro lato della tenda con la maschera tenuta sopra il capo «Sono andati in bagno» gli rispose cercando di afferrare uno dei suoi stivali che aveva lasciato fuori. «Anche se chiamare quello un "bagno" è un'esagerazione bella e buona. Comunque dovrebbero tornare tra non molto, è da diversi minuti che si sono allonta-» non fece in tempo a finire di parlare che si cominciarono ad udire delle grida provenienti alla loro sinistra, oltre il bosco.
Da dietro gli alberi sbucò Nick sfrecciando tutto ridente da un punto all'altro, dell'angolo in cui si trovava la tenda del Blocco, tenendo in mano qualcosa di bianco e abbastanza lungo da poter essere un abito.
Giusto pochi secondi dopo fecero la loro apparizione, dallo stesso punto da cui era spuntato l'altro, un paio di mutande blu volanti con sopra una simpatica fantasia di barchette che presero immediatamente a cercare d'inseguire, cosa piuttosto inutile, l'australiano sbraitando diversi insulti di stampo piuttosto antiquato.
«Brutto lestofante! Manigoldo! Pusillanime! Sordido smargiasso! Fermati razza di citrullo che non sei altro! Ridammi la mia tuta» strepitava furante con una voce gutturale fin troppo familiare.
Presto i due, il ragazzino ed il paio di mutande, presero a girare in tondo circondando la tenda e la catasta di legna, il secondo che inseguiva il primo.
Davanti a quella scena, Gabri si portò in maniera disinvolta una mano davanti alla bocca, ancora coperta dalla maschera, nel disperato tentativo di non scoppiare dal ridere.
Dri invece gli scoccò un'occhiata eloquente, quando l'orfano se ne accorse la guardò confuso.
«Che c'è?» fece quasi innocentemente. «Non avevi detto tu che erano tutti piuttosto nervosi a causa del viaggio? Guarda come si sta divertendo Paulo!» affermò indicando l'argentino poco distante da lui.
In effetti questo sembrava spassarsela un sacco nell'assistere alla scena di Fahed, visibile solo grazie alle sue mutande, che cercava di recuperare i vestiti da un Nick che non ci pensava proprio a cercare di rendergli le cose facili saettando per tutto il loro angolo senza farsi mai prendere.
Pure Nguyen sembrava divertirsi davanti a quello spettacolo esilerante.
Adriana però non sembrava della stessa opinione di lasciar continuare quello stupido gioco «Gab...»
Gabriele sospirò «E va bene...» mormorò arrendevole. Allargando un poco le gambe facendo strisciare i piedi riuscendo ad entrare in contatto con la terra nuda, si concentrò a trovare il proprio centro.
Una volta trovato, grazie all'allenamento degli ultimi mesi era diventata un'operazione che richiedeva solo pochi secondi, prese un profondo respiro attivando la propria abilità e, con un movimento rapido, piantò le mani contro il suolo tenendole distanziate l'una dall'altra e le dita ben distaccate.
Diversamente da quanto accadeva fino a circa otto mesi fa, solamente gli avambracci e le mani del ragazzino si erano trasformate nello stesso materiale di cui era composto il terreno della pianura dove si trovavano e non il corpo per intero.
Era quella la tecnica su cui stava lavorando da diversi mesi; limitare l'abilità solo su alcune parti del corpo e riuscire a controllare comunque e perfettamente l'elemento scelto.
L'idea gli era venuta dopo il combattimento contro Magnes quando c'era stato un istante in cui, a causa della velocità con la quale era stato costretto ad usare per poter cambiare elemento, il suo corpo era fatto sia di aria che di terra.
Anche se Andrea inizialmente c'era rimasto un po' male alla pretesa del ragazzino di voler passare buona parte degli allenamenti previsti con il proprio Tutore con i ragazzi del Blocco C18, alla fine poi l'uomo aveva consentito riconoscendo che, in effetti, quello di cui aveva bisogno il suo allievo lui non era in grado di darglielo.
Poteva anche mutare l'aspetto di quei quattro ragazzi e utilizzarne le abilità, seppur per un tempo limitato, ma non sarebbe mai stato come gli originali.
Perciò quattro mattine su cinque, senza contare il sabato e la domenica, Gabri era impegnato ad allenarsi con uno dei ragazzi del Blocco C18 a turno per imparare a dominare almeno gli elementi basilari mentre il mercoledì lo passava ancora con il suo Tutore per aumentare il controllo della sua abilità.
Non appena i palmi di Gab toccarono il terreno, sia Nick che Fahed si trovarono bloccati fino al busto a circa un metro d'altezza dal suolo da due grossi blocchi di terra compatta.
I due ragazzini si guardarono attorno un po' confusi prima di capire cosa fosse appena successo e perché non riuscivano più a muoversi, fatta eccezione delle braccia e dei piedi.
Gabriele invece alzò il capo sul proprio operato con un'espressione ancor più sorpresa dei suoi compagni. «Ce l'ho fatta» esclamò entusiasta rialzandosi in piedi «Ce l'ho fatta!» ripeté con le iridi che gli brillavano dalla felicità, tutto esaltato si voltò verso Adriana mostrandole le mani fatte ancora di terra. «Hai visto Dri? Sono riuscito a controllarla senza problemi!»
La terra era l'elemento con cui aveva più difficoltà a dominare e mosse come quella di prima non sempre riuscivano a venirgli subito, al contrario di quanto invece accadeva con altri elementi come l'aria e l'acqua. Con quelli il dominio gli risultava più naturale.
Con il fuoco poi era un altro discorso; facile da attivare, difficile da tenere sotto controllo.
«Bravo!» si complimentò Adri sinceramente contenta per il suo amico. «Adesso liberali» aggiunse riportandolo sul pezzo.
«Sì grazie» disse Fahed dopo essere tornato visibile «Così posso farla pagare a questo furfante!» strepitò dimenandosi, dall'altro pilastro di terra Nick sembrò irrigidirsi leggermente preoccupato. Con le labbra sembrò mimare "No ti prego. Libera prima me".
L'entusiasmo del ragazzino scemò di un poco. «Ah sì. Giusto» mormorò arrossendo appena per l'imbarazzo. Si accostò al blocco più vicino, quello di Fahed, mettendosi in una posizione stabile con le gambe ben aperte e protese il braccio sinistro colpendo con forza, utilizzando sempre il palmo e tenendo stavolta le dita unite, la superficie.
Ma non vi accadde nulla.
Gab provò a rifare la stessa cosa ma niente.
Lo ripeté ancora e ancora.
Ma su quella stramaledetta colonna di terra non si era creata neppure una minuscola crepa.
«Oh e che cavolo!» borbottò con frustrazione. Perché diamine non riusciva ancora a padroneggiarla correttamente?
«Allora?» fece il marocchino spazientendosi «Quanto ci vorrà?»
Da dietro Gabri udì Paulo sghignazzare. «Si vede proprio che migliorato ad usare la terra» affermò con ironia l'argentino affiancandolo.
L'orfano abbassò le mani stringendole a pugno borbottando qualcosa con un tono talmente basso da risultare incomprensibile.
«Che hai detto? Non si è sentito bene» fece Paulo abbassandosi un poco tendendo l'orecchio per poter sentire bene con le labbra che formavano un ghigno beffardo. «Puoi ripetere?»
«P-Puoi fare te? Per favore» borbottò Gabri a fatica tenendo il capo chino, il volto rosso a causa per via dell'imbarazzo e della frustrazione che provava «Io non riesco. Non ancora» ammetterlo non fu affatto facile ma era la verità.
Ne aveva ancora molto da imparare.
Forse osservando attentamente il compagno avrebbe potuto prendere spunto per la volta successiva.
Paulo gli lanciò un'occhiata guardandolo con sufficienza «D'accordo» dichiarò sorridendogli con derisione. «Ma solo perché è troppo divertente vederti diventare completamente rosso dall'imbarazzo.»
«E poi fai troppa tenerezza così arrossito!» si volle aggiungere Nguyen ridacchiando allegramente.
Ciò non fece che peggiorare la frustrazione del ragazzino.
Gabriele si sedette di getto per terra, incurante della neve, afferrando il proprio cappuccio cercando di tirarselo anco più giù di quel che era già, come se volesse con quello coprirsi per intero il viso. «In quale lingua devo dirvi che io non sono tenero?» marcò con particolare cura le ultime quattro parole. «Piantatela di chiamarmi così»
«Hai mai provato ad usare il cinese mandarino? Magari funziona» lo prese in giro Paulo intanto che si preparava a distruggere la prima mezza colonna di terra. «Sta a guardare»
Nonostante Paulo l'avesse detto solamente scherzo, non poteva immaginare che era proprio quello che l'orfano aveva intenzione di fare.
Poco prima che lasciasse partire il pugno in direzione del blocco, Gab sollevò il viso per poter osservare con attenzione i movimenti dell'argentino.
Lo guardò caricare il colpo, i muscoli del braccio tendersi, colpire con vigore la superficie del blocco di terra e le crepe che andarono a crearsi partendo dal punto d'impatto fino a sgretolarsi in milioni di pezzi, liberando in questo modo Fahed.
Questo non perse tempo a dirigersi a grandi passi verso Nick, il quale si trovava ancora intrappolato nel suo blocco di terra, strappandogli dalle mani i vestiti «Questa è mia!» dichiarò allontanandosi un poco per rimettersi la propria tuta ritornando invisibile per non farsi in mutande (troppo tardi).
Paulo si voltò a guardare Gabriele incrociando le braccia al petto sorridendo orgoglio. «Hai visto come si fa, Folletto?»
Gab spostò lo sguardo su di lui rimettendosi in piedi, ogni traccia d'imbarazzo era completamente svanita «Sì. Ho visto» dichiarò con molta più decisione di quanto l'argentino si aspettava. «Quando hai colpito la roccia, tu eri deciso a romperla.»
Il ragazzino aggrottò la fronte confuso «Certo che ero deciso a romperla! Era il mio obbiettivo!» rispose perplesso «Bah, tu sei tutto strano» decretò infine scuotendo la testa.
Nel frattempo Nick continuava a dimenare le gambe per cercare, in maniera abbastanza inutile, di liberarsi.
«Ehi ragazzi? Che ne dite di liberare anche me?» li supplicò l'australiano muovendo disperatamente le gambe «Mi sto annoiando qui!»
Adri sollevò il capo per poter vederlo «Tranquillo, adesso ti tiriamo giù» lo assicurò, poi si girò in direzione di Paulo «Potresti...»
«Devo proprio?» brontolò l'argentino guardando però il compagno con espressione divertita «In fondo non è mica una cosa di tutti i giorni questo. Io me lo gusterei con calma»
«Ehi! Non è divertente!» protestò Nick muovendo con maggior freneticità le gambe.
«Oh sì che lo è!» ribatté ridacchiando Paulo.
«D'altronde sei stato tu a cominciare tutto facendo quello scherzo a Fahed» gli fece notare Gabriele avvicinandosi un poco a lui. «Perciò è colpa tua se sei finito in questo pasticcio»
Dietro di lui Fahed, tornato visibile e con la sua tuta addosso, annuì vistosamente. «Esatto!» concordò fissando con severità l'australiano.
«Beh, in effetti questo è vero» si mostrò d'accordo pure Dri e qui Nick prese seriamente a preoccuparsi.
«Liberalo Paulo» decise infine Gabri infilandosi le mani in tasca. «Altrimenti diventerebbe ancor più esagitato di quanto non lo sia già» lui stesso non amava per nulla essere costretto a restare fermo per troppo tempo e quando poteva nuovamente muoversi diventava una sottospecie di uragano in miniatura, la stessa cosa valeva per Nick se non peggio.
«Nel frattempo io e Dri sistemeremo la legna per il fuoco» aggiunse per incentivare ancor di più il compagno.
«Scordatelo!» dichiarò Yen poggiando le mani suoi fianchi «Adri ed io sistemeremo i sacchi a peli di tutti dentro la tenda. E abbiamo già deciso i posti, quindi potete pure evitare di dire dove e con chi volete stare vicino» l'ultima frase l'aggiunse lanciando uno sguardo a Nick, il quale sospirò contrariato.
«Oh uffa!» mormorò lasciando per qualche secondo le gambe a penzoloni «Io volevo stare vicino a Gabri stanotte»
«Allora io e Fahed ci occuperemo del fuoco» si corresse Gab senza prestare attenzione a quanto diceva l'australiano.
Paulo sbuffò, dispiaciuto che il suo divertimento fosse finito così presto. «Come vuoi. Vedi però di farla bene quella capannina» fece puntandogli minaccioso il dito contro.
Gabri però rimase perfettamente tranquillo. «Ci puoi giurare» si voltò poi verso il marocchino chiamandolo «Forza Fahed! Andiamo a montare capannine di legna!» lo prese per la manica tirandolo verso il punto dove era stata riposta la legna per il fuoco intanto che Paulo invece andava a liberare Nick.
Nonostante il fatto che del sole ormai non vi era più traccia e che il cielo avesse assunto una tonalità di blu scuro, punteggiato qua e là da stelle luminose, i due ragazzini riuscirono comunque a vederci abbastanza per poter costruire la loro capannina di legna in tutta tranquillità senza troppi problemi. A loro si unì successivamente anche Nick, dopo essere stato liberato con un po' troppa tranquillità da parte di Paulo, il quale ricevette l'incarico raccogliere altro legname, restando però sul limitare del bosco dato che si faceva sempre più buio.
Gabri stava per accendere il fuoco quando Yen lo interruppe all'improvviso, lei e Adri avevano già finito da tempo di sistemare i sacchi a peli e adesso rimanevano lì a fare compagnia ai compagni.
«Oh-oh» fece la vietnamita guardando dritto davanti a sé con una leggera preoccupazione sul viso «Colonello scorbutico con una scatola all'orizzonte!» li avvisò facendo un cenno con il capo.
Tutti i ragazzini sollevarono il viso nella direzione indicata dalla loro amica e videro effettivamente Zaystey camminare incontro a loro reggendo in mano una scatola di cartone dalle medie dimensioni.
Aveva sul volto la sua solita espressione stoica che usava sfoggiare molto spesso, a cui i giovani Ultra si stavano già abituando, ma quando notò la presenza di Gabriele sembrò cambiare in una leggermente infastidita.
«Sono venuto a portare la vostra cena» comunicò con tono piatto porgendo a loro la scatola «Anche se è ancora molto presto vi conviene comunque cucinare adesso prima che faccia troppo buio. Intesi?»
Gab si scambiò un'occhiata con i suoi compagni e poi scrollò con indifferenza le spalle. «Sì, nessun problema» rispose come se quello che aveva detto il colonnello non fosse stato un ordine.
Zaystey alzò gli occhi al cielo scuotendo appena la testa con una faccia che sembrava dire: "Che ho fatto di male per meritarmi questo?"
«E poi voglio parlare con te, mezza tacchetta fin troppo sfacciata vestito di nero.» aggiunse l'uomo guardando truce il diretto interessato.
Quel tipo non se la cavava molto bene ad inventarsi i soprannomi, ma perlomeno era riuscito ad ottenere la completa attenzione dell'orfano, il quale sollevò il viso un po' sorpreso.
«D'accordo» disse con una lieve punta di curiosità nella voce. «Dimmi pure»
«Non qui» precisò Zaystey con un tono inasprito.
Gab aggrottò la fronte cercando di capire per quale motivo il colonnello volesse parlare con lui. Rientro in ritardo dalla sua ultima spedizione a parte.
«Va beene...» acconsentì seppur non molto convinto alzandosi in piedi.
Prima di seguirlo volle comunque accendere il fuoco attivando la propria abilità solamente sul palmo sinistro della mano e usando esso per lanciare una piccola fiammata precisa al centro della capannina.
Quando le fiamme presero a lambire la legna facendola strepitare, il razzino si voltò incamminandosi verso il caporale. Una volta che lo ebbe raggiunto, ad una debita distanza da dove si trovavano i compagni, assunse una posizione completamente rilassata con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni dandogli un'aria quasi spensierata ma intanto con lo sguardo analizzava ogni movimento che l'uomo faceva, compresi quelli piccoli ed insignificanti, per cercare d'intuirne le intenzioni.
«Allora?» fece dondolandosi sui talloni «Di cosa vuoi parlarmi?»
Zaystey gli lanciò un'occhiata torva, da una tasca della sua uniforme tirò fuori una sigaretta ed un accendino di metallo ancora chiuso. Con uno scatto della mano lo aprì facendo così fuoriuscire una piccola fiammella, che usò per accendere la sigaretta che si era infilato tra le labbra.
Una volta accesa rimise dentro la tasca l'accendino e soffiò fuori una nuvola di fumo. «Per prima cosa vedi subito di eliminare quei tuoi modi sfacciati quando ti rivolgi ad un qualsiasi soldato un tuo superiore. Se riuscirai a sopravvivere a nei prossimi giorni, questa tua brutta abitudine ti porterà dei guai in futuro. Capito mezza tacchetta?»
«Più o meno. Prosegui pure» rispose sbrigativo Gabri, senza avere realmente intenzione di cambiare il modo con il quale si rivolgeva al caporale. Non ci trovava nulla di male nei suoi modi di rivolgersi alle persone.
Okey, magari in effetti potevano risultare un po' troppo sfacciati, ma di certo non trattava nessuno in maniera arrogante o prepotente.
Zaystey era un essere umano esattamente come altri e Gab preferiva rivolgersi come tale, non ne vedeva il motivo per cui trattarlo come se fosse superiore a lui.
Il colonnello però non ne sembrò molto contento della sua risposta ma riprese comunque a parlare. «Secondo; spero che tu abbia ben compreso il tuo errore di oggi» sbuffò minaccioso socchiudendo gli occhi. «Niente più ritardi.» disse scandendo ogni singola parola di quella frase.
Qui Gabriele perse un po' della sua sfacciataggine e prese a guardare altrove a disagio. «Sì, scusami. Ho perso la cognizione del tempo» mormorò sinceramente dispiaciuto. «Non succederà mai più, promesso» assicurò tornando a fissare l'uomo dritto negli occhi.
«Sarà meglio» lo avvisò Zaystey buttando fuori un'altra sbuffata di fumo, stavolta mandandola tutta in faccia al ragazzino facendolo tossire. «Per ultima cosa, e qui stammi bene a sentire mezza tacca, il signor Kozlov e il signor Kuvnetov alloggeranno nella tenda più vicina alla vostra, perciò sarà compito vostro fare la guardia ai nostri due ospiti durante la notte.» gli spiegò in breve guardando con severità il ragazzino «Dell'accampamento ce ne occuperemo io ed i miei uomini.»
Gab inclinò il capo da un lato perplesso «Ma se era solo questo quello di cui volevi parlarmi, allora perché non hai voluto dirlo anche ai miei compagni?» chiese incuriosito «Perché solo a me?»
Come cosa non aveva senso, anche perché si trattava di un'informazione che il ragazzino avrebbe comunque dovuto condividere con gli altri perciò non riusciva a comprendere il motivo per il quale l'uomo abbia voluto comunicargli privatamente.
Zaystey continuò a fissarlo con indifferenza togliendosi la sigaretta dalla bocca. «A quanto pare questo tu non lo hai notato, e probabilmente neppure i tuoi amici, ma io vi ho osservato attentamente ieri ed oggi.» soffiò fuori un'altra nuvola di fumo che si confuso con il cielo scuro. «Già, non sei l'unico che si diverte ad analizzare le persone che ha di fronte» disse ridacchiando appena, l'angolo del labbro si sollevò appena in un sorriso astuto. «Ho visto come vi muovete, te in special modo. Sei tu il leader del tuo Blocco, è abbastanza evidente, e come tale ne devi essere consapevole, se vuoi guidare i tuoi compagni nella direzione giusta.»
Se il colonnello avesse pronunciato tali parole soltanto sei mesi fa, forse Gabri ne sarebbe rimasto soltanto un po' scombussolato.
Poi magari avrebbe percepito un ulteriore responsabilità sulle sue spalle, da aggiungersi a quello della Profezia, ma alla fine poi l'avrebbe accettato ben conscio del fatto che Zaystey avesse ragione, seppur sapeva molto bene che aveva parecchio da migliorare.
Adesso però l'unica cosa che provava era paura con un misto di repulsione verso la parola "leader".
Non faceva che rendere le cose più complicate di quanto già non lo fossero per conto proprio.
Indietreggiò un poco mantenendo lo sguardo basso. «No» mormorò scuotendo la testa «Io non posso fare il leader.»
Il colonnello continuò a fumare indisturbato la sua sigaretta. «Non è una questione si se puoi o non puoi. O non lo si è o lo si è. Fine» lo corresse distogliendo lo sguardo dall'orfano «E tu hai tutte le carte in regole per esserlo, Mezza Tacca. Anche se ne hai parecchio di lavoro da fare ancora.» espellendo un ultimo sbuffo di fumo, Raskolnikov si girò dall'altra parte dando le spalle a Gabriele. Prima di andarsene aggiunse infine «Sappi che mi rivolgerò unicamente a te per altri confronti sulla spedizione, perciò vedi di prepararti ad altre chiacchieratine come questa. Non farti trovare impreparato, mi raccomando.» fece incamminarsi verso un gruppetto di soldato intenti a distribuire cibo quando riprese ancora a parlare «Ah, un'ultima cosa. Domani sveglia per tutti alle quattro di mattina. Non si accettano dormiglioni.»
Gab lo guardò con la coda dell'occhio allontanarsi con passo sicuro e tranquillo. In confronto a tutti gli altri soldati presenti lì con loro, Zaystey era l'unico a mantenere quasi costantemente un atteggiamento rilassato e indifferente.
Al contrario di come il ragazzino aveva visto fare dai suoi colleghi di grado più alto, non era neppure solito ad urlare troppo ma riusciva comunque a tenere in riga i suoi uomini senza scomporsi ed era molto severo quando uno di essi sbagliava qualcosa.
Un militare fuori dall'ordinario.
Ripensò alle sue parole sulla faccenda del "leader".
In cuor suo Gabri sapeva che Zaystey aveva ragione.
Aveva notato di come spesso i suoi amici, probabilmente lo facevano senza accorgersene, aspettavano il suo giudizio finale o si rivolgevano a lui quando c'era da decidere qualcosa d'importante.
Ma questo non significava che gli poteva piacere tale attenzione o che avrebbe accettato quel ruolo che il caporale gli aveva addossato.
Non voleva quel compito.
Soprattutto non adesso che il suo mondo era diviso a metà e lui doveva decidere prima o poi da che parte andare.
Pessimo, ma veramente pessimo tempismo per discorsi del genere.
Sollevò in alto il viso guardando le costellazioni che brillavano decise in quel cielo scuro.
La Via Lattea non era altro che una grossa nube di stelle e la luna un piccolo spicchio di un bianco lattiginoso.
Dalla sua gobba doveva essere levante.
Davanti a quel magico spettacolo, Gabriel socchiuse gli occhi tentando di scacciare via almeno buona parte dei suoi pensieri più cupi.
È così assurdo pensare come qualcosa di così magnifico potesse coesistere con una guerra che porterà alla distruzione milioni di vite.
Bello e brutto.
Bene e male.
Giusto e sbagliato.
I loro confini non sono poi così marcati come invece tutti credono.
Con un sospiro il ragazzino fece dietro front e se ne tornò dai suoi amici che lo aspettavano nel loro angolo.
Li trovò seduti accanto al fuoco, intenti a discutere sulla cena di quella sera. Quando lo videro arrivare gli chiesero cosa voleva Zaystey da lui.
«Niente di particolare» rispose tirandosi finalmente giù la maschera e il cappuccio, anche gli altri se li erano già tolti. «Voleva che v'informassi dei turni di guardia che dobbiamo fare stanotte»
«Quindi niente di nuovo. Tanto ci eravamo già organizzati ieri sera sui turni» borbottò Fahed seduto a gambe incrociate, accanto a lui si trovava Nguyen. «Perché però dirlo solo a te? Per una cosa così tanto vale comunicarla a tutti noi» notò con una certa irritazione.
«È quello che ho detto anch'io.» si difese Gab sollevando le mani in un gesto d'innocenza.
«E non ti ha detto nient'altro?» domandò Adriana guardando il suo migliore amico con uno sguardo penetrante.
Doveva aver già capito qualcosa.
Gabri abbassò lo sguardo prendendo a giocherellare con un cacciavite che teneva legato alla cintura. «Solo che d'ora in poi parlerà solo con me per confrontarsi su alcune decisioni o cambiamenti che riguardano la spedizione anziché con tutti noi.»
Paulo aggrottò la fronte perplesso. «E perché solo con te, scusa?»
«Già!» esclamò Nick, sopra le gambe teneva la scatola con il cibo che il colonnello aveva consegnato a loro. «Non ti sopporta neanche, quello!»
L'italiano si limitò a scrollare le spalle ancora preso a girarsi tra le dita il cacciavite.
«Forse magari pensa che tu sia il Bambino» provò a tirare ad indovinare Yen.
«No, quello non centra. Suppongo...» mormorò Gab cupo, l'improvviso brontolio proveniente dalla sua pancia riuscì a distoglierlo dai suoi pensieri.
Il rumore fu abbastanza forte da attirare l'attenzione degli altri.
«Che c'è per cena?» domandò il ragazzino guardando curioso la scatola.
Non mangiava da quella mattina prima di partire e stava morendo dalla fame.
Da come brontolarono gli stomaci dei suoi amici non appena pronunciò la parola cena, capì che valeva lo stesso per loro.
Presero tutti a fissare trepidanti la scatola di cartone che l'australiano teneva in mano sperando in un pasto buono e sostanzioso.
Nick vi diede uno sguardo all'interno, rovistandone il contenuto. «Allora, potete scegliere tra: uova e cetriolini oppure cetriolini e uova»
«Uova e cetriolini?» sospirò Dri visibilmente delusa dalla scarsità di alimenti. «Nient'altro? Neanche un po' di pane?» chiese ancora speranzosa.
«Adesso guardo per bene ma non mi sembra» le rispose l'australiano infilando la testa dentro la scatola.
«Una scelta difficile» commentò leggermente in ritardo Paulo facendo un sorriso sghembo piuttosto tirato, pure lui doveva esserci rimasto parecchio male nel venire a sapere in che cosa consisteva la loro cena.
«E per le uova? Come facciamo a cucinarle?» domandò Fahed sconcertato «Non ditemi che dovremo mangiarle crude. Fanno schifo crude!»
«Possiamo usare la padella di Yen» propose Gab giocando a tenere in equilibrio il cacciavite con un dito.
«Possiamo usare la mia padella!» esclamò con orgoglio Nguyen nello stesso istante in parlò anche l'italiano.
La vietnamita si irrigidì appena e guardò incredula l'orfano, ancora alle prese con il cacciavite. «E tu come fai a sapere che mi sono portata dietro la mia padella?»
«Il tuo zaino» rispose Nick al posto dell'amico «Aveva una forma decisamente strana, anche se io non sarei mai andato a pensare che tu ci avessi infilato dentro una padella.»
«Uhm, interessante» mormorò Paulo sarcastico «Quindi pure tu sai usare il cervello» esordì beccandosi poi un'occhiataccia da parte dell'australiano.
«Ma perché ti sei portata dietro una padella?» esclamò Fahed sbigottito spalancando quasi completamente le braccia.
«Beh, almeno così possiamo cucinarci una frittata» suggerì Gabri con un sorriso astuto sulle labbra, finalmente si decise a rimettere via il cacciavite.
Nguyen annuì sorridendo entusiasta. «E poi mai sottovalutare il potere di una padella!» informò il marocchino dandogli dei colpi affettuosi sulla testa con l'utensile. «Con questa si possono sempre prendere a padellate i nemici»
Adri abbozzò ad un sorriso incerto. «Forse è meglio se per il momento ci limitiamo ad usarla per farci una frittata» disse cercando di riportare un po' di calma nel gruppo.
La voce di Nick attirò l'attenzione dei suoi amici gridando «Aspettate! C'è qualcos'altro qui!» con gesto teatrale, vi prese qualcosa dall'interno del pacco e lo tirò fuori reggendolo con entrambe le mani mostrandolo allegro ai compagni. «Una scatola di fagioli!»
Quasi si poteva sentire il rumore delle ultime speranze dei ragazzini, che si aspettavano di trovarsi qualcosa di più gustoso, infrangersi in milioni di pezzi.
«U-Una...» balbettò Paulo con uno strano ghigno sul volto. «Scatola di fagioli?»
«Oh! Quindi lo sai usare pure tu il cervello!» ribatté l'australiano sorridendogli beffardo.
L'argentino gli scoccò un'occhiataccia. «Taci tu!»
Mentre i due ragazzini si punzecchiavano a vicenda, Gabri e Dri fissavano in silenzio la lattina di fagioli che Nick aveva poi poggiato a terra davanti a sé.
Lo stesso facevano anche Yen e Fahed.
A qualcuno di loro riprese a brontolare lo stomaco ad un'intensità maggiore rispetto a quella precedente.
«Di norma io non sono una grande amanti di fagioli...» iniziò il marocchino senza staccare gli occhi dal barattolo di latta. Stampe dai colori vivaci mostravano il disegno del legume e sopra di esso la scritta "Fagioli".
Dalle dimensioni sembrava una porzione per una persona soltanto.
Ma loro erano in sei.
Ed erano tutti affamati.
«Con questa fame sembrano quasi una prelibatezza» concluse Paulo smettendola di discutere inutilmente con Nick.
«La cosa più logica e saggia sarebbe dividerceli equamente» mormorò Adri neppure lei del tutto convinta su quel che diceva.
«Ma sono così pochi...» sospirò Yen affranta.
Gabri guardò prima i suoi amici affamati e poi la scatoletta di fagioli troppo piccola da dividere in sei parti uguali, poi sorrise scaltro alzandosi da terra e dirigendosi verso l'entrata della loro tenda, nel punto dove avevano lasciato i loro zaini.
«Che hai in mente?» fece Dri accigliandosi preoccupata per quello che aveva intenzione di fare il ragazzino.
«Lo scoprirai» le rispose evasivo Gabri spulciando nel suo zainetto «Ah! Eccoti!» esclamò vittorioso tirando fuori da una tasca un pennarello nero dalla punta grossa.
Adri sembrava allarmata «Gab, che vuoi fare con quello?»
«Nulla di male, fidati» l'assicurò l'orfano afferrando la scatola di fagioli, una volta tornato dai suoi amici (la distanza tra la tenda e il focolare era solamente di un metro e mezzo circa) «Voglio solo rendere le cose più interessanti» dichiarò con tono innocente «E... ta-dah!» fece infine mostrando orgoglioso ai compagni il suo operato.
Ora sulla la lattina vi era scritto, con una grafia orribile, "Al Migliore".
Gabriele sorrise soddisfatto. «Vi piace come idea?»
«Al...» Nick inclinò appena la testa da un lato socchiudendo gli occhi nel tentativo di riuscire a leggerne la scritta. «...Migliore? Ma che è?»
Adriana guardò l'amico per qualche secondo in silenzio. «Non dovevo leggerti quei poemi epici»
«Scherzi? Sono fantastiche!» le rispose Gabri rimettendosi seduto per terra sorridendole allegro, ma poi corrugò la fronte pensiero «A parte la morte di Patroclo e quella di Argo. E ovviamente come Achille si è comportato con Ettore dopo che l'ha ucciso. Quelle non mi sono piaciute per niente»
Dri scrollò il capo rassegnata portandosi una mano alla fronte, gli altri invece continuarono a guardare l'orfano con curiosità.
«E quindi cosa hai intenzione di fare?» lo incitò Paulo inarcando le sopracciglia ghignando divertito «Vuoi farci lottare tra noi per vedere chi riuscirà ad aggiudicarsi i fagioli? Perché in quel caso spero che il tuo bel corpicino mutante sia in grado di proteggerti dai miei pugni.»
Gab guardò l'argentino con un'espressione scaltra, da sotto la tuta tirò fuori la catenella della sua collana facendosela poi girare attorno ad un dito «Più o meno era questa la mia idea» dichiarò continuando ad ostentare il suo sorrisetto astuto «Ma senza l'utilizzo di pugni, armi o attività fisica. Nick» si rivolse poi all'australiano, questo si voltò nella direzione dell'italiano con aria confusa «Vallo a prendere»
Nick sembrò capire che cosa Gabri intendesse poiché il suo viso parve illuminarsi come se si trovasse davanti un intero rifornimento di bibite gassate per un anno. «Vado!» gridò sparendo dalla l'istante successivo provocando un leggero spostamento d'aria dietro di sé.
«Oh no...» mormorò Adriana lanciando un'occhiata a Gabri «Ti prego dimmi che-»
Non fece in tempo a finire di parlare che Nick si trovò di nuovo assieme a loro, stavolta però teneva in mano una scatola di cartone completamente rivestita dallo scotch per proteggerla nel caso dovesse finire in acqua.
Aveva una base quadrata, larga circa quindici centimetri e alta solo cinque.
Sotto lo strato protettivo di scotch, era stata pitturata con schizzi di tempera di diversi colori e segni d'impronte di mani sparse su tutta la superficie, anche queste realizzate con le tempere.
Sul coperchio della scatola vi era stato scritto in sei lingue diverse (una per ogni paese di provenienza dei ragazzini più il dialetto veronese) il nome del gioco che conteneva: "Non T'Arabbiare".
Negli ultimi mesi i ragazzini avevano preso ad appassionarsi ai giochi da tavolo esistenti secoli fa, alcuni erano persino precedenti alla Terza Guerra, e uno dei loro preferiti era proprio quello.
La versione che Nick teneva in mano con orgoglio l'avevano costruita loro, basandosi su delle immagini trovati in un libro, utilizzando una vecchia scatola di cartone originariamente destinata ai rifiuti (lo stesso avevano fatto per monopoli).
L'australiano sollevò il coperchio mostrandone il contenuto; la piattaforma sulla quale avrebbero giocato era stata disegnata (e colorata a tempera) sul fondo della scatola con i birillini che vi giravano sopra ad ogni minimo movimento.
Anch'essi erano stati realizzati a mano dai ragazzini usando dei pezzetti di legno di forma cilindrica alti due centimetri e completamente rivestiti di tempera colorata. In totale vi erano ventiquattro birillini divisi in sei gruppi.
Per il dado invece era bastato rubarlo da uno di quelli che usava spesso uno degli amici di Elliot, quello che amava scommettere con l'abilità di trasformarsi in ogni voltatile esistente al mondo.
«Se Yen si è portata dietro la sua padella perché noi non possiamo fare lo stesso con un gioco?» si difese Gabriele scambiandosi di nascosto un cinque con Nick. «Allora? Chi ci sta ad una bella partita a Non T'Arabbiare per aggiudicarsi la scatola di fagioli?»
Dri sospirò piano scotendo un poco la testa ma poi sorrise a Gab «E va bene» fece facendosi più vicina ai componenti più turbolenti del Blocco. «Ci sto a giocare»
Il ragazzino le rivolse un ampio sorriso «Ottimo! Io mi prendo...»
«I blu sono miei!» annunciò Fahed alzandosi in piedi per poter afferrare rapido tutti i pedini blu.
«Ehi! Anch'io volevo prendere i blu!» protestò Paulo fulminando il marocchino che l'aveva preceduto.
«Mi spiace ma sono arrivato prima io» fece questo sorridendo soddisfatto. Fahed amava particolarmente quel gioco e il fatto che riusciva a vincere con esso quasi sempre contrinuiva parecchio a farglielo piacere.
L'argentino sbuffò scocciato «Allora io prendo il verde!» borbottò raccogliendo uno per uno tutti e quattro i birillini verdi.
Gabri lanciò una breve occhiata a Fahed che sistemava i propri pedini «Il blu è il colore di Ravenclaw...» bofonchiò amareggiato, diede poi uno sguardo ai colori ancora disponibili. «Prendo i neri» dichiarò raccogliendo i pedini di tal colore.
«Il rosso è mio!» volle avvisare Nick gli ultimi partecipanti che ancora non avevano scelto il colore, poiché era lui a tenere in mano la scatola non poteva ancora prenderseli. «Sappiatelo»
«Io scelgo il giallo» disse Yen allungandosi verso la scatola dove si trovava la loro cena. «Adri potresti prendermi i pedini? Così intanto io comincio a preparare la frittata»
Adriana assentì «Certo» le disse raccogliendo sia i birillini gialli che gli ultimi rimasti, i viola.
«Nguyen, per me niente cetriolini per favore» le chiese Fahed.
«Anche per me» fece Nick posizionando i pedini nel gioco.
«Tanto non avevo intenzioni di metterli» li assicurò lei cominciando a rompere le prime uova, in totale erano circa otto.
Una volta che i pedini di tutti i giocatori furono sistemati, Gab afferrò il dado e si preparò a lanciarlo «Che i giochi abbiamo inizio!» dichiarò con finta solennità.
E tirò il dado.
~~•~~
Passarono solo una quarantina di minuti di quasi tranquillità, prima che la partita entrasse ufficialmente nel vivo.
Forse addirittura un pochino troppo nel vivo.
L'obbiettivo del gioco era quello di riuscire a portare tutti i propri pedini nella loro casa facendogli compiere l'intero percorso designato, segnato da delle caselle, tramite l'utilizzo del dado senza mai farsi mangiare da quelli degli avversari. Ciò accadeva quando un brillino di un giocatore finiva sulla stessa casella dove in quel momento si trovava un altro pedino di un colore differente e per rimetterlo in gioco bisognava tirare il dado finché non sarebbe uscito il sei.
Occasioni dove qualcuno riusciva a mangiare il birillino di un avversario mentre questo era riuscito a portarlo davanti a casa non erano poi così rare, specialmente quando ci si avvicinava sempre più alla fine del gioco.
Un po' come successe adesso a Paulo con Gabri quando gli mangiò, per la decima volta, il suo pedino verde proprio quando ormai si trovava in posizione di tiro per poter entrare.
«Ma...» sbottò l'argentino col volto che assumeva una tonalità di rosso preoccupante a causa del nervoso. «Ancora? Ma lo fai apposta per caso!?»
Gabri prese il pedino verde e lo consegnò al suo proprietario con un sorrisetto sagace, con una lieve sfumatura di soddisfazione. «No!» gli rispose con innocenza «Eri lì e non potevo non mangiarti, anche perché avevo solo quello da muovere. E poi ne hai già due in casa, di che ti lamenti?»
Paulo mosse le mani come se avesse una gran voglia di tirare un bel pugno all'orfano per togliergli quel sorrisino irritante dalla faccia, Gab però lo ignorò consegnando il dado a quello del turno successivo al suo «Tieni Fahed, tocca a te.»
Il marocchino glielo prese e lo tirò dentro il coperchio della scatola posta accanto alla piattaforma del gioco «Sei!» esclamò tutto contento mentre l'espressione dell'italiano passava da giocosa ad una un po' infastidita.
Fahed era quello più avanti tra tutti, con ben tre pedini dentro casa ed uno che aveva già superato la metà del percorso, e ancora non la smetteva di fare sei a quasi ogni turno, rendendo così parecchio difficile trovare un modo per fermarlo. «Ah! Ritiro!» fece con un sorriso soddisfatto riprendendo di nuovo il dado.
Una delle regole di Non T'Arrabbiare era quello che si poteva ritirare ogni volta che veniva il numero sei, oltre al fatto che si poteva mettere in gioco un altro pedino, in modo tale da regalare un buon vantaggio a chi riusciva a farlo.
«Fortuna sfacciata» sbuffò Nick indispettito intanto che guardava il successivo lancio di Fahed. «Ah! Hai fatto due!» gridò particolarmente compiaciuto del basso numero che il compagno aveva realizzato. «Tocca a me ora. State a vedere che magnifico sei faccio adesso!» e tirò il dado nel coperchio ma il numero venuto non era esattamente quello che l'australiano desiderava.
«Gran bel sei» fu il commento ironico di Paulo. «Veramente magnifico. Sublime» continuò ghignando beffardo «Forse solo un pochino troppo simile all'uno.»
«Ma tu non puoi rinunciare almeno una volta al sarcasmo?» lo riprese Fahed spazientito dall'eccessivo uso di sarcasmo che l'argentino era solito a usare praticamente sempre.
«Guarda che ci sono delle volte in cui non sono sarcastico» gli rispose questo, fingendosi serio per qualche istante «Ad esempio quando dormo non lo uso.»
Fahed non parve molto soddisfatto da questa risposta.
Quando arrivò il suo turno di tirare, Paulo non fece neppure lui un numero molto alto, avanzò di sole tre caselle, ma non ci rimase troppo male poiché riuscì a mangiare uno dei due pedini di Nick. «Oh! Che peccato» mormorò simulando un'espressione di grande dispiacere. «Non sai quanto mi dispiace»
Sia Gab che Nick lo fissarono impassibili.
«Non sei credibile» lo informò l'orfano.
«Infatti!» fece l'argentino sogghignando divertito. «Io non volevo essere credibile»
«E sei pure un bastardo» disse invece Nick «Quel pedino mi serviva per Fahed!»
«Adesso non più» replicò Paulo indifferente.
Yen guardò i compagni con aria sconsolata. «È soltanto un gioco, dicevano» bofonchiò «Non succederà niente. Non ci metteremo a bisticciare per cose idiote, dicevano» continuò a brontolare «Già, si vede proprio...»
«Non stanno veramente litigando» le disse Adri osservando divertita i loro amici battibeccare inutilmente «Altrimenti avrebbero già cominciato da un pezzo a scannarsi a vicenda. Si stanno solo punzecchiando tra di loro, niente di nuovo. Lo fanno già tutti i giorni.»
La vietnamita osservò ancora per un po' i ragazzini che continuavano a stuzzicarsi tra loro con Fahed che li guardava sbuffando rassegnato. «Beh, in effetti...»
«Tieni» fece Dri all'improvviso porgendole un birillino giallo, interrompendola in questo modo. «Ho fatto cinque»
Nguyen rimase per qualche secondo interdetta prima di capire cos'era successo, poi guardò triste il proprio pedino «Il mio birillino...» mormorò affranta. «Aveva posto grandi speranza in te»
«Succede» scrollò le spalle Adriana senza riuscire a nascondere un sorriso divertito «Tocca a te»
Yen lanciò il dado ma, per sua sfortuna, le venne soltanto due disgregandosi così le sue speranze di rimettere in gioco il pedino che aveva appena perso.
Dopodiché toccò di nuovo a Gabriele a tirare, facendo così ricominciare un'altra volta il giro.
Riuscirono a fare altri due giri, con grida un poco irritate e di speranze infrante, prima che Fahed potesse far entrare anche il suo ultimo pedino nella casa dei blu, decretandone così la vittoria a suo favore.
«Sì evvai!» esclamò agitando felice il pugno in aria «E il blu regna ancora! Vai così!» come quel gioco fosse in grado di fargli perdere ogni volta la sua solita compostezza era a dir poco impressionante.
Tutti gli altri ragazzini lo guardavano non proprio così gioiosi come invece era il loro compagno, dopo che questo aveva vinto per la quarta volta consecutiva a Non T'Arrabbiare (arrivando così ad otto vittorie su diciannove partite in totale).
«Facile vincere quando si è così fortunati.» borbottò Nick incrociando le braccia al petto scontento.
«Per una volta sono d'accordo con te» brontolò Paulo imbronciandosi «Avrà fatto più sei lui che tutti noi cinque messi insieme»
Anche a Gabri la cosa lo infastidiva abbastanza.
Motivo per cui preferiva di gran lunga i giochi di abilità era perché lì l'utilizzo della fortuna era praticamente nullo, cosa di cui invece era sprovvisto. Solo che raramente i suoi compagni accettavano di sfidarlo ad un gioco come scacchi, forza quattro o battaglia navale, a parte Adriana o qualche altro povero sventurato che ancora non sapeva in che cosa stava andando a cacciarsi.
Una volta ci giocava spesso anche con Ada o con Andrea, ma ovviamente questo era prima dell'assalto alla villa.
Adesso non era più così semplice.
Poi con la guerra in corso...
«Interessante...» commentò una voce maschile dal timbro basso e vibrante.
Gli Ultra si girarono sorpresi nella direzione da dove avevano sentito parlare e videro Kozlov a qualche metro da loro che li guardava con un'espressione beffarda e anche un po' infastidita sul volto.
Per difendersi dalla morsa del freddo della notte indossava un grosso cappotto di pelliccia bianca che lo faceva sembrare ancor più grosso di quel che era in realtà.
«Quindi è così che lavorate per proteggermi?» questa volta parlò con un tono vistosamente irritato «Giocando a...» lanciò un'occhiata disgustata al gioco che si trovava in mezzo al gruppetto. «Cos'è quella roba?»
«[Misha], cerca di essere un po' educato» cercò di calmarlo Roman «Si stavano solamente svagando un po'. Anche quel gruppetto di soldati che abbiamo superato poco fa stava facendo lo stesso»
Gab sollevò lo sguardo, completamente disinteressato dal fatto che avesse la maschera abbassata (cosa che invece la maggior parte dei suoi compagni si premurò di fare), rivolgendolo verso l'Alfa fissandolo imperscrutabile. Poi un angolo del labbro si piegò in sorriso scaltro mentre si tirava il cappuccio della tuta sulla testa.
«Si chiama Non T'Arrabbiare, è un gioco veramente bello. Certo, magari un po' meno per chi ha difficoltà nel gestire la rabbia ma è divertente. Te lo assicuro» rispose il ragazzino con tranquillità assumendo un atteggiamento rilassato, pur mantenendo l'espressione astuta. «Vuoi giocarci? Magari così riesci a rilassarti un po' anche tu e non stai a stressare troppo noi»
Il ghigno arrogante di Kozlov sfumò via velocemente lasciando al suo posto una smorfia d'indignazione «Sei un po' troppo sfrontato per i miei gusti, stupido marmocchio» gli disse intimidatorio «Dovresti portarmi il rispetto che devi quando ti rivolgi a me.»
L'orfano inclinò il capo da un lato «Perché io dovrei rispettarti se però tu non fai lo stesso con noi o con qualsiasi altro che si trova in una Classe più bassa della tua?» gli domandò con voce piatta. Aveva osservato come l'uomo si rivolgeva ai soldati o a qualcuno dei suoi amici, trattandoli come se fossero degli esseri inferiori a lui.
Indegni addirittura di poter condividere un pasto con lui o lo stesso spazio del furgone.
Gabri detestava particolarmente le persone che si comportavano in quel modo.
Le narici dell'uomo si allargarono adirate dalle parole del giovane Ultra, di come questo, un semplice ragazzino di dodici anni alto un metro e una cannuccia, sfidasse la sua autorità di Alfa.
Sollevò con lentezza una mano e puntò, minaccioso, il dito contro Gabriele. «Sei soltanto un'insolente moccioso maleducato che ancora non ha capito qual è il suo posto» dichiarò con voce imperiosa, poi sollevò appena il viso guardando con sufficienza l'orfano «Dubito fortemente che tu possa diventare un Eroe.»
«Misha!» lo richiamò nuovamente il vecchio, sembrava quasi disperato «Stai esagerando ora!»
Il nipote però non parve starlo a sentire e, una volta che ebbe finito di parlare, voltò i tacchi tornandosene alla sua tenda tenendo ben alta la tasta con aria indispettita sotto lo sguardo silenzioso del Blocco.
Roman voltava la testa da una parte all'altra, da Kozlov al gruppetto di Ultra, senza saper bene che cosa dire dopo la breve discussione appena avvenuta. «I-Io... non...» continuava a tartagliare «Scusatelo lui... io... ecco...» sospirò infine scrollando il capo dispiaciuto «Ha passato troppo tempo tra le grinfie di suo padre e adesso si è fatto un'idea tutta sua sugli Eroi.» mormorò più a sé stesso che ai ragazzini massaggiandosi la fronte con un a mano, poi si voltò verso il gruppetto guardandoli mortificato. «Mi dispiace per quello che mio nipote vi ha detto. Vi prego di scusarci» disse accennando ad un breve inchino «Buona notte» li salutò prima di andarsene via a raggiungere il nipote nella loro tenda.
Per qualche secondo si udì solamente il fuoco scoppiettare e il verso dei volatili notturni nella foresta che si preparano ad andare a caccia.
«Wow» fece Nick rompendo la cappa di silenzio che si era creata. «Certo che, tra partite con i giochi di società e battibecchi di Gabriele con persone che si credono sovrani dell'universo, mi sembra quasi di essere ancora alla Villa»
Paulo sorrise ironico «Già, proprio tale e quale alla nostra vita alla Villa» commentò togliendosi di nuovo la mascherina che gli circondava gli occhi dal viso. «Fatta eccezione però del fatto che stiamo facendo un allegro campeggio durante l'inverno in Ucraina accanto ad un lago ghiacciato in mezzo al bosco tra la neve e il freddo a fare da scorta da un tizio che ci crede i suoi zerbini privati assieme a dei soldati i quali ancora non si è capito se ci rivolgono a stento la parola perché ci temono oppure perché ci disprezzano. Uguale alla Villa proprio» raccolse dalla catasta un bastoncino e lo usò per riavvivare un po' il fuoco, il quale nel frattempo avevo preso a spegnersi gradualmente. «Comunque, a parer mio, Gabri ha fatto bene a rispondere così a quel Kozlov. Quei suoi modi di fare da bambino viziato cominciavo a non sopportarli più!»
Dri scelse di non rispondere mettendosi invece a fare una treccia con una ciocca che le era sfuggita da quella più grande che teneva i capelli legati.
Anche se Gab in quel momento era impegnato ad osservare i movimenti delle ultime lingue di fuoco che attorniavano le poche braci rimaste, sembravano danzare, ma che riuscivano a donare ancora abbastanza luce da vedere i propri compagni, sapeva bene che tipi di pensieri passassero per la testa della sua migliora amica.
Magari non approvava pienamente il modo con cui il ragazzino aveva usato, rischiando così di risultare un tantino troppo insolente, ma era ben consapevole del fatto che avesse ragione.
Dall'altra parte però, non era così semplice pronunciare una frase del genere senza apparire impertinente.
«Tu dici di non sopportare i modi di fare da bambino viziato di Kozlov» parlò Fahed con una voce sorprendente dura e fredda. «Ma non sono poi tanto diversi da quelli di Elliot, eppure gli sei ancora amico»
I muscoli di Paulo si irrigidirono davanti a quell'affermazione alquanto veritiera.
Nonostante nell'ultimo anno fosse riuscito a stringere amicizia e ad avvicinarsi di più ai propri compagni di Blocco, passando addirittura diversi momenti con tutti loro al di fuori degli allenamenti e delle lezioni in biblioteca, l'argentino continuava tutt'ora a uscire con Elliot e quelli del suo gruppetto.
Certo, in confronto all'inizio entrambi i gruppi si erano dati un po' una calmata, ma continuavano tutt'ora a non sopportarsi.
Scherzi e prese in giro, negli ultimi tempi era più il primo che l'altro, non erano poi così rari ed ogni volta Paulo preferiva mettersi da parte quando i due gruppi si scontravano.
Come ad esempio quando due della combriccola di Elliot avevano cominciato a deridere con battute un po' troppo pesanti Nguyen per via dei suoi lenti progressi nel combattimento, accaduto solamente pochi giorni prima della partenza per questa missione.
La cosa alla fine si era risolta grazie all'intervento di Shui, riuscendo così ad allontanare i due Ultra, senza contare quella sera stessa trovarono in ogni angolo della loro camera, compresi sotto le coperte e nel lavandino, una miriade di grosse, viscide e bavose lumache, un piccolo scherzetto ideato da Gabriele con l'aiuto di un cuoco portoghese con il quale aveva stretto amicizia.
Fahed però non era affatto propenso a dimenticare di come Paulo non avesse neppure alzato un dito per aiutare la vietnamita.
Dall'altra parte però non aveva neppure contribuito agli sbeffeggiamenti dei due Encefalo-Sprovvisti (soprannome gentilmente donato da Gabriele e Nick ai due componenti del gruppetto di Elliot meno abituati ad adoperare in maniera corretta l'organo denominato comunemente come cervello).
Tutto questo era dovuto al fatto che Paulo si trovava in una situazione di completa incapacità di mollare uno dei due gruppi seppur perfettamente consapevole di non poter frequentare entrambi a causa della loro antipatia reciproca.
Gabri comprendeva fin troppo bene la situazione dell'amico e appunto per questo motivo cercava sempre di non introdurre tale argomento per evitare di farlo sentire troppo pressato.
Insistere affinché Paulo si decidesse a scegliere era decisamente controproducente e faceva sentire il compagno solamente più stressato.
Però Fahed non sembrava della opinione.
«Lascialo stare Fahed» gli disse Gabriele continuando a fissare il fuoco «Già questa per Paulo è una scelta difficile, se poi tu continui a pressarlo così gli fai venire solo più ansia e confusione.» mormorò con voce molto più bassa del normale poiché mentre parlava si rivedeva in parte riflesso nelle parole che stava usando. «È solo sua la scelta, non nostra. E come tale lui dev'essere libero di decidere cosa pensa che sia meglio per sé stesso. Noi non dobbiamo influenzarlo in nessun modo, se davvero è nostro amico, ma accettare quello che alla fine lui sceglierà, se questo lo farà stare bene» anche se questo avrebbe potuto significare rinunciare all'amicizia dell'argentino.
Per qualche minuto nessun'altro del gruppo osò più fiatare e quando l'orfano sollevò il viso dalle braci, per capire il motivo di tale mutismo, sorprese i compagni fissarlo con l'incredulità dipinta nei loro volti.
«Che c'è?» domandò non concependo la causa delle loro espressioni stupite «Non mica ho detto nulla di sbagliato, spero.»
La prima a riscuotersi fu Dri, la quale scosse appena la testa ridacchiando sommessamente «No, non hai detto proprio nulla di sbagliato» lo assicurò voltandosi a guardare l'amico con un sorriso pieno di affetto «Anzi, era molto bello. Davvero»
«Non ti facevo così filosofo, amico!» esclamò Nick buttandosi addosso alla schiena di Gabri e scompigliandogli i capelli corvini con entrambe le mani, rendendoglieli così ancor più arruffati del solito.
Ridendo con rinnovata allegria, l'italiano riuscì a tirarsi su buttando a terra l'australiano, anche con un po' di fatica, e stavolta fu il suo turno di saltargli sopra dando così inizio ad una infantile lotta sulla neve.
Yen prese a fissarli con un'aria sconsolata «Ed io che per un attimo credevo che fosse improvvisamente maturato» mormorò «E invece...»
I due continuarono a lottare per un po' fino a quando Gabri non riuscì bloccare l'amico puntandogli un ginocchio sul dorso all'altezza delle scapole e tenendogli fermo il braccio destro dietro la schiena usando entrambe le mani.
Nick prese a battere ripetutamente il braccio sinistro, quello libero, sulla neve «Okey okey, basta. Mi arrendo!» esclamò affannato «Hai vinto tu!»
Ridendo, Gab si scostò dal ragazzino e lo aiutò a rimettersi seduto. «E con questo siamo a due pari»
«Sei fortunato che c'era la neve che mi ha fatto scivolare più volte.» brontolò Nick passandosi una mano tra i capelli per togliersi i fiocchi che vi erano rimasti incastrati fra di essi «Altrimenti...» non riuscì a terminare la frase poiché, non appena finì di pulirsi, lo spinse scherzosamente facendolo cadere all'indietro sulla neve
Quando anche Nick lo raggiunse aveva la neve addirittura in faccia e le punte dei capelli, ormai del tutto spettinati, bagnate.
«Maledetto» bisbigliò in direzione di Gabriele, il quale prese a ridacchiare divertito.
«Suvvia, è solo un po' di neve» gli sussurrò di rimando l'orfano con un sorrisetto sagace sul volto, ignorando la linguaccia che l'amico gli fece, si rivolse poi al resto del gruppo «Che si fa adesso?»
Nguyen sollevò un sopracciglio «Intendi dire dopo aver visto Nick inseguito da un Fahed in mutande, giocato a Non T'Arabbiare, litigato con un'Alfa russo, entrare in modalità filosofica per una cosa come circa dieci secondi e lottato in maniera infantile sulla neve?» elencò tenendo il conto con le dita «La lista delle "cose da fare" non è stata già completata a questo punto?»
«A te è rimasta proprio impressa l'immagine di Fahed in mutande» le fece notare Gabri, nella voce però non vi era alcuna traccia di provocazione o di accortezza e neppure sul viso si era formato uno di quei sorrisetti scaltri o beffardi. Quello che aveva detto era semplicemente una osservazione innocente, o almeno quella il tono che il ragazzino aveva usato in quel momento. «L'hai già citato almeno tre volte prima mentre giocavamo. Che cos'ha di tanto speciale da ricordarla continuamente? Era semplicemente in mutande, non c'è mica nulla di male»
Sia Fahed che Yen presero a guardare altrove fingendosi indifferenti intanto che i loro visi assumevano una tonalità sempre più vistosa di rosso.
Gab non ne comprendeva il motivo di una reazione simile da parte di entrambi.
Cioè, sapeva perfettamente, come qualsiasi altro del loro gruppo fatta eccezione dei soggetti principali, che quei due si piacevano. Solo che non capiva il perché la scena di Fahed in mutande scatenasse un comportamento simile a Nguyen.
Insomma, era solamente in mutande!
Mica era vestito da chissà che cosa (tipo da elefante rosa, giusto per fare un esempio).
Eppure sembrava lui l'unico a non averci capito niente, perché Dri e Nick facevano strane smorfie con l'evidente intento di non mettersi a ridere mentre Paulo scuoteva con rassegnazione misto a disperazione la testa coprendosi metà faccia con una mano.
Cos'è che loro sapevano e lui no?
«Perché fate tutti quelle facce strane?» domandò Gab con un'espressione molto molto confusa.
Adriana lo guardò sorridendogli «Niente, lascia stare» gli disse allungando una mano per scompigliargli i capelli in un gesto affettuoso.
A quel contatto, Gabriele sentì di nuovo crescergli nel petto quella voglia di accucciarsi accanto a lei e di posare la testa sulla sua spalla.
«Sì lascia stare. È meglio» affermò Nick divertito agitando la mano vicino alla faccia, come se volesse scacciare via un insetto fastidioso.
Sinceramente a Gab seccava parecchio il fatto che nessuno, compresa Dri, volesse mai spiegarli il perché di certe reazioni o di certe regole.
Doveva sempre cercarsi le risposte per conto proprio.
Era parecchio snervante come cosa. Anche perché spesso si trattavano di argomenti di cui i libri non ne facevano parole e se invece lo nominavano era solo per poche righe.
«E comunque, tornando all'argomento di prima, potremmo provare ad andare a dormire» propose Adri in maniera un po' troppo eloquente.
Nick e Gabri non furono esattamente molto entusiasti di quella proposta.
«Di già? Ma è prestissimo ancora!» protestò l'australiano spalancando le braccia verso il basso «O almeno credo». Con il sole che spariva dall'orizzonte alle cinque e un quarto del pomeriggio e le stelle che comparivano subito dopo, non era per niente facile capire che ore fossero effettivamente in quell'istante.
«Che ore sono?» chiese invece Gab girandosi verso Fahed, l'unico provvisto di orologio.
«Le diciannove e trenta» rispose diligente il marocchino, riuscendo così a riprendersi dall'imbarazzo precedente.
«Ecco, visto?» esordì Nick indicando con le braccia Fahed come a riprova che anche lui gli stesse dando ragione, questo però in realtà si limitò a fissare l'australiano impassibile. «È troppo presto!»
«Sì ma domani abbiamo la sveglia alle quattro di mattina e in più ci sono i turni di guardia da fare durante la notte» osservò l'italiano «Domani ci aspetterà un viaggio estenuante come questo perciò è meglio se andiamo a letto presto oggi e se i miei calcoli sono corretti in questo modo faremo tre ore di veglia e sei di sonno a testa.»
Fahed prese a contare sottovoce usando le dita «È vero» mormorò sorpreso. «Il risultato è giusto»
«Perché? Ne dubitavi?» rispose Gabri lanciandogli un'occhiata compiaciuta mentre sorrideva acuto.
Il marocchino sbuffò alzando gli occhi al cielo, poi riabbassò lo sguardo fissando compiaciuto la lattina di fagioli posta vicino alla scatola del gioco. «Per lo meno in questa stramba serata sono riuscito vincermi la scatola di fagioli»
L'australiano storse la bocca in una smorfia di scontentezza. «Ecco, questo preferivo non ricordarlo» borbottò incrociando le braccia al petto mentre l'altro afferrò il proprio premio con espressione soddisfatta.
Anche se a coloro che non dovevano fare il primo turno di guardia conveniva che andassero a letto presto, in realtà nessuno di loro aveva ancora molta voglia di andare a dormire perciò rimasero a chiacchierare ancora per un po' ripetendo continuamente che dopo quell'ultima battuta sarebbero andati in tenda, cosa che fecero effettivamente solo una mezzoretta dopo.
L'unico che non parlò affatto per tutto il resto della serata, cosa tra l'altro molto strana per lui, fu Paulo. Da quella piccola uscita filosofica da parte di Gabri, l'argentino era rimasto in silenzio per tutto il tempo con un'espressione tormentata, come se stesse riflettendo su qualcosa d'importante, smuovendo di tanto in tanto le braci con un bastoncino.
Quando gli altri compagni erano finalmente entrati dentro la tenda per prepararsi a dormire, Paulo preferì aspettare ancora un po' prima di seguirli, restando seduto per terra sotto lo sguardo curioso dei due italiano, avrebbero fatto loro il primo turno di ronda.
Alla fine si alzò in piedi anche lui ma, poco prima di raggiungere la tenda dove già si trovavano gli altri, si decise finalmente a parlare. «Non crediate che a me non importi nulla di voi o che vi disprezzi» iniziò passandosi ripetutamente i palmi delle mani sui pantaloni per asciugarsele, essendo voltato di spalle Gab non poteva vederlo in faccia ma era chiaro che quanto l'argentino stesse cercando di dire gli risultasse particolarmente difficoltoso, come se avesse qualcosa nella gola che stesse cercando d'impedirgli di tirare fuori le parole. «I-Io... sto bene con voi. Davvero» ammise con gran fatica, man mano che andava avanti però pareva diventare più semplice parlare, anche se non di molto. «Ma ancora mi trovo bene anche con l'altro gruppo, quello di Elliot. Non sono tutti come Gabriel e Carlos, gli Encefalo-Sprovvisti intendo. Loro sono...» simpatici, quando non si divertono ad umiliare altre persone.
Gabri era piuttosto sicuro che era quello ciò che l'argentino voleva dire.
Anche perché diverse volte aveva notato la combriccola di Elliot ridere e scherzare come qualsiasi altro gruppo di ragazzi adolescenti. Persino l'inglese sembrava un sedicenne come altri in quei momenti, e non un Ultra dai modi arroganti e sprezzanti (anche se mai quanto quelli di Kozlov) che si divertiva ad umiliare chiunque egli ritenesse più debole o incapace di lui.
Era quella la vera differenza tra i due gruppi, la superbia di ritenere chi fosse forte e chi no e trattarli di conseguenza i modi completamente differenti.
Se questi non avessero tra i loro passatempi preferiti quello di sminuire o deridere chiunque essi ritenessero deboli, e perciò inferiori, a loro, Gabriele avrebbe pure potuto ignorare il loro modo di pensare.
Almeno così Paulo non si sarebbe trovato costretto a dover scegliere quale dei due gruppi mollare.
«Ecco io...» mormorò incerto l'argentino. «Beh, buona notte»
«Buona notte Paulo» gli disse di rimando Gab, seguito poi da Dri.
«Notte Paulo» fece lei sorridendogli rassicurante.
Paulo si voltò a guardarli, inizialmente sorpreso poi un po' più rilassato decidendosi infine di varcare l'entrata della tenda, raggiungendo così il resto del gruppo che si trovava già al suo interno.
Gabri lanciò un'occhiata nel punto dove l'argentino era scomparso e sospirò malinconico socchiudendo gli occhi godendosi quel poco calore sul viso che il loro piccolo falò era ancora in grado di dare.
«Quello che hai detto prima è stato molto bello» mormorò Adri dopo qualche minuto di silenzio. «Sul fatto di lasciare Paulo libero di scegliere. Sei stato veramente bravo» continuò la ragazzina, poi si girò verso Gabriele fissandolo con uno sguardo penetrante «Però non era solo di Paulo di cui stavi parlando, ma anche di te stesso. Non è così, Gab?»
L'orfano sollevò di poco le palpebre guardando l'amica con la coda dell'occhio, poi chinò il capo spostando lo sguardo verso la tenda dei due Alfa con una smorfia irritata sul volto. Non poteva certo dirle tutta la verità, ma una parte di essa forse sì «"Sei soltanto un moccioso insolente che non ha ancora capito qual è il suo posto"» ripeté quanto Kozlov gli aveva detto prima di andarsene imitandone grossolanamente la voce per poi finire con una linguaccia in direzione della tenda dei due Alfa. «Come se non me l'avesse mai detto nessuno nella mia vita. O almeno indirettamente» proseguì con un tono più indispettito e frustrato «Tutti che mi dicono ogni volta quello che devo o non devo fare per diventare quello che loro vogliono. Diventare qualcosa che non ho neppure potuto scegliere se la volessi o meno.» continuò incupendosi. Le mani presero a trasformarsi di tanto in tanto nell'elemento aria a causa del nervoso «Da quando sono arrivato alla villa non ho fatto altro che trovare limiti da ogni parte. Non puoi fare quello, questa non è una cosa da Ultra. Provare ad unire un ballo con un'arte marziale è male, cercare di portare avanti il proprio sogno di diventare uno scienziato è anche peggio» continuò a parlare con foga cercando di non alzare troppo la voce per non farsi sentire da orecchie indiscrete «Perché gli Eroi non ballano, non fanno esperimenti strani o si interessano a qualsiasi altra cosa non ordinaria. No, affatto! Un bravo Eroe deve soltanto essere bravo a combattere e ad eseguire qualsiasi ordine imposto dal suo grande capo, il mitico Suprem Dragon, senza alcuna esitazione. Come se dovessimo essere fatti tutti con lo stesso stampino. Ma io non voglio diventare uguale a tutti gli altri! Non sono così! Io sono Gabriele e basta, non voglio cercare di essere nessun'altro men che meno qualcuno che gli altri mi voglio imporre con la forza. Questa è la mia vita, sono io a decidere chi voglio diventare e come. Nessun'altro può farlo, soltanto io.» con un sospiro rilassò il corpo e fissò intensamente le braci morenti con uno sguardo disperato «Eppure loro vogliono togliermi anche questa mia libertà, decidendo al posto mio chi devo essere. E senza questa, di me cosa rimarrà allora?»
Quando finì di parlare si sentì terribilmente stanco, spossato, ma allo stesso tempo avvertì un senso di sollievo liberargli parte del peso che portava sullo stomaco e lo aiutò calmare un poco quella tempesta di angoscia e frustrazione che gli vorticava quasi costantemente dentro di sé.
È proprio vero: condividere parte delle proprie sofferenze o pesi con qualcuno, anche semplicemente parlandogliene, ti faceva sentire un po' più leggero.
Doveva darsi retta più spesso.
«Ti stanno tappando le ali» mormorò Adriana con lo sguardo puntato sul viso del suo migliore amico, l'espressione affranta.
Anche se il fuoco si era ormai spento da un po', la neve candida e quel cielo così pieno di stelle forniva una illuminazione più che sufficiente per poter riuscire a vedere la sofferenza riflessa nelle iridi argentate della ragazzina.
Gabri rimase a guardarla in silenzio per diversi secondi prima di distogliere lo sguardo e annuire lentamente «Già...»
«E che cosa vuoi fare quindi?» gli domandò allora Adri.
L'orfano prese a martoriare una manica della sua tuta con nervosismo. «Io... ancora non lo so» ammise con irrequietezza.
Non voleva perdere i suoi amici, ovvio, ma sapeva bene che presto gli sarebbe risultato impossibile vivere così.
Quindi che cosa avrebbe dovuto fare?
Qual era la scelta più giusta da prendere?
O meglio, che cosa a questo punto fosse giusto o meno?
Neppure lui ne aveva la più pallida idea.
Tutto era diventato così confuso, più nulla era ovvio ormai.
E poi c'era Dri.
Le aveva promesso che non l'avrebbe mai abbandonata e tutt'ora non aveva ancora alcuna intenzione di farlo.
Ma entrambe le cose erano infattibili.
«Io...» fece con tono incerto voltandosi di nuovo a guardarla negli con espressione addolorata.
Le voleva così tanto bene che gli risultava impossibile allontanarsi da lei.
Il solo pensiero di farlo lo faceva sentire male.
Alla fine non riuscì più a trattenersi. Con un movimento improvviso ed inaspettato, appoggiò il capo nell'incavo tra la spalla ed il collo di Dri e posò le braccia sulle sue, stringendogliele appena.
Inizialmente Adri parve irrigidirsi dalla sorpresa per quel gesto imprevisto, ma poi sembrò rilassarsi.
Gabri sospirò, sentendosi in qualche modo come se fosse a casa. Chiudendo gli occhi, piccole lacrime gli scivolarono lungo il viso e caddero sulle gambe della ragazzina.
Non voleva perderla.
«Ti voglio così tanto bene...» le sussurrò fiebile con la voce rotta.
«Anch'io Gab» sentì il respiro di lei sul suo collo mentre si stringeva di più a lui. «Anch'io»
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