Capitolo 8
Nell'ora seguente riordinammo le nostre cose e le riponemmo in alcune valigie, le stesse che Darrell aveva usato per arrivare fin lì.
«Ci verrà a prendere Elijah» aveva spiegato, ma non avevo idea di come avrebbe fatto ad arrivare così in fretta. Da come mi aveva detto Darrell, eravamo parecchio lontani dall'Istituto e ci voleva più di una sola ora per arrivarci.
«Aspetta e vedrai» si era limitato a rispondere quando gli avevo esposto i miei dubbi.
E così attesi, o meglio, contribuii a rimettere casa in ordine e risistemare tutto ciò che dovevamo portare indietro. Con la mia valigia pronta poi, rimasi ad aspettare sul divano in salone i cinque minuti che ci separavano dalle undici.
Non appena le due lancette si fermarono in sincronia sul numero tanto atteso, il muro davanti a noi iniziò a tremare. Non era come se ci fosse un terremoto, piuttosto sembrava proprio che le tavole di legno a pochi metri dal divano fossero improvvisamente composte da acqua: sembravano liquide e malleabili, e venivano increspate dalla leggera brezza che si stava andando a creare in casa.
Allarmata, mi alzai e feci un passo indietro, ma Darrell mi prese per un braccio e annuì come per dirmi che non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Mi feci coraggio tornando a guardare la parete che stava prendendo un'illuminazione innaturale di colore rosa chiaro tendente al dorato. Feriva quasi gli occhi, ma mi obbligai a rimanere per osservare incantata quella luminescenza per quelli che sembrarono alcuni minuti.
A un certo punto dalla luce iniziò a formarsi una figura a malapena visibile che andava coprendola via via sempre di più, creando la sagoma familiare di una persona. Attesi ancora con il battito che rasentava l'impossibile e alla fine l'abbaglio sembrò placarsi, dissolvendosi pian piano.
Nel giro di dieci secondi tutto tornò normale, ma davanti a noi ora era presente la figura indiscutibile di Elijah che ci salutava con un sorriso di circostanza. Mi osservò a metà tra il curioso e il timoroso e allora capii che lui doveva essere uno di quelli che avevo gettato via dalla mia stanza bianca con la forza del pensiero. Una fitta di rammarico mi attraversò il cuore, ma cercai di non pensarci perché non era il momento di pentirsi.
«Cosa ci fa lui qui? Come sei arrivato?» chiesi stupita, rivolgendomi prima a Darrell e poi a Elijah. Mi sarei aspettata un aereo, anche se a pensarci bene era più probabile un elicottero, o al massimo una nave. Non avrei mai immaginato una cosa del genere, un fatto che non ero nemmeno in grado di spiegarmi.
«Trucchetti del mestiere, Luki. Lascia che il maestro Elijah ti stupisca riportandoci all'Istituto in un batter d'occhio» rispose Darrell, sorridendo davanti al mio stupore.
«Darrell non te l'ha detto? Questo è un Portale. Come credi di essere arrivata qui, altrimenti?»
Mi voltai verso il Mentalista, incredula. Perché non mi aveva detto tutto ciò? Come poteva esistere un Portale? Era una specie di teletrasporto?
Il ragazzo fece spallucce e si diresse a grandi passi verso Elijah. «Andiamo» incitò ignorandomi completamente. Strinsi i pugni e lo fulminai con lo sguardo. Il solito Darrell già iniziava a darmi sui nervi.
La parete tornò a vibrare come fosse liquida e il Mentalista mi fece cenno di andare.
«Dovrei entrare dentro quella cosa? Di che si tratta, di preciso?» mi informai.
«È proprio ciò che credi: entrando qui dentro possiamo ritrovarci nello studio di Ace in pochi istanti. L'importante è che teniate sempre le mie mani e non vi perdiate al suo interno.» Per qualche motivo le sue parole non mi sorpresero. O meglio, in parte sì, ma la mia mente venne attratta dalla parola "Ace". Era in collera con me per ciò che gli avevo detto? Ero una codarda e non avevo il coraggio di affrontarlo dopo averlo offeso in quel modo, insultandolo e comportandomi da idiota, come se non provasse sentimenti.
«È un potere che hanno solo i Difensori più forti, aiutati però da almeno un Evocatore» continuò Elijah, riportando la mia attenzione sul Portale.
«Ma sul libro che ho letto non era menzionato un potere del genere!» protestai.
«Ti riferisci a Tipi di Magie? Quel libro è obsoleto, molte cose non sono riportate accuratamente e, inoltre, ricorda che hai letto solo poche pagine. Ti sfuggono ancora parecchie cose sulle abilità secondarie che possediamo, ma non preoccuparti, non è una cosa che ti serve in questo momento.»
Annuii soddisfatta dalla spiegazione e feci un passo verso la parete, raggiungendoli. Elijah mi porse la mano e fece la stessa cosa con Darrell, mentre la luce del Portale tornava a brillare intensamente. Il Mentalista spostò entrambi i nostri bagagli sulla sinistra e fu pronto, stretto al biondo.
«Mi raccomando, ricordatevi di non lasciare mai la mia mano e tutto finirà in pochi secondi» ci avvertì il Difensore.
Darrell sbuffò e alzò gli occhi al cielo, mentre Elijah scuoteva la testa per la sua impazienza.
Allacciai le mie dita a quelle del Difensore deglutendo rumorosamente, poi feci un ultimo passo verso la parete in sincronia con gli altri due changers. Il pavimento di legno della casa sul mare fu l'ultima cosa che vidi prima di essere risucchiata dalla luce rosata che circondò ogni cosa.
Un turbinio di emozioni travolse il mio cuore, rischiando di mandarlo all'orlo della sopportazione. Una strana energia mi investì più volte, colpendomi da diverse angolazioni, ma continuai a tenere stretta quella mano che sembrava la mia ancora di salvezza. La luce, troppo intensa, mi permetteva di vedere davvero poco, ma ero certa di trovarmi in una strana dimensione in cui Elijah si spostava con un po' di fatica mentre una forza superiore voleva schiacciarlo e mantenerlo per sempre dentro. Non vi era pavimento, né pareti o qualsiasi cosa delimitasse il campo attorno a noi. Stavamo semplicemente fluttuando nel nulla composto solo da luce ed energia pura, diretti in un punto che solo la nostra guida sapeva identificare.
Poi, come per magia, mi sentii attrarre verso il basso da una forza che non riuscii a contrastare in nessun modo. Essa mi impedì di rimanere ancorata a Elijah e così caddi attratta dalla gravità, per ritrovarmi a sbattere violentemente il fondoschiena a terra.
«Elijah!» urlai, anche se ancora non riuscivo a vedere niente.
Attesi qualche istante, convinta che l'energia venisse a prendermi e portarmi ovunque lei volesse senza l'ancora di salvezza, ma non successe nulla. Pochi secondi dopo sparì anche la luce accecante e potei guardarmi intorno.
«Tutto bene?» mi chiese preoccupato il biondo, abbassandosi verso di me.
In quel momento capii che ero nell'ufficio di Ace ed ero caduta a terra appena vi avevamo messo piede. Ma allora perché i miei compagni di viaggio erano ancora in piedi?
Annuii rivolta alla domanda del Difensore iniziando a riprendermi mentre Darrell rideva di me per essere cascata come un'idiota.
«La prima volta è normale, non sai mai cosa ti aspetta» spiegò Elijah.
«Vi muovete spesso in questo modo?» chiesi frastornata.
«Assolutamente no» fece serio lui «Spostarci così può rivelarsi estremamente pericoloso, in caso si vada molto lontano. Non tutti i Difensori riescono ad aprire un portale, e quei pochi che ce la fanno con l'aiuto di un Evocatore non possono respingere l'energia per molto.»
Capii immediatamente cosa intendesse, ricordandomi della forza che voleva a tutti i costi allontanarmi dalla mano di Elijah che mi teneva in salvo. La seguente domanda sorse così spontanea nella mia mente che non mi feci problemi a esporla.
«Cosa succede se non si riesce a respingere l'energia?»
«Non è necessario che tu lo sappia.»
Una nuova voce, quella di Ace, irruppe nella conversazione, facendomi gelare il sangue nelle vene. Ci voltammo simultaneamente verso di lui e lo salutammo a modo nostro. Io mi limitai ad abbassare il capo, in imbarazzo. Non sembrava ostile nei miei confronti, ma aveva qualcosa di diverso da come ero abituata a vedere. Sembrava molto più stanco e vecchio di come lo ricordavo e celava a malapena una tristezza che veniva fuori dal suo sguardo.
«Buongiorno, ragazzi. Spero stiate bene. Se non vi dispiace, preferirei ascoltare in fretta ciò che avete da dire.» Sì, era decisamente spossato.
Darrell annuì e volse lo sguardo verso di me. Feci oscillare gli occhi da lui al capo per capire cosa dovevo fare. Gli avevo già raccontato tutto, parlando più di quanto avessi voluto. Certo, c'era stato il nuovo sogno di quella notte, ma se non aveva creduto a ciò che gli avevo detto il giorno precedente perché ora doveva essere diverso?
«Puoi cominciare, Darrell. La mia mente è a tua disposizione» gli disse Ace, facendomi finalmente capire perché eravamo lì. Anziché parlare, voleva che Darrell gli mostrasse i fatti così come li aveva visti dalla mia mente.
«Credo che lei sia la persona più valida per mostrarti questa cosa. D'altronde, il sogno è il suo.»
Stava parlando di me. Ma io non ero come lui, come potevo fare una cosa del genere?
«Avanti, Darrell. Non allungare le cose. Lucrezia non è una Mentalista, non può fare una cosa del genere» palesò lui, ovviamente. Eppure, a pensarci, non era la stessa identica cosa che facevo ogni giorno con Darrell?
«Oh, sì che può» affermò lui facendomi l'occhiolino.
Ace fece per parlare, ma io iniziai prima di lui. «E va bene, lo farò.»
Il capo mi guardò sorpreso. Era la prima volta che parlavo e la mia voce era colorata da una decisione ferrea che particolarizzava il tono in una maniera che non aveva mai sentito da me. E che non avevo mai sentito nemmeno io.
«D'accordo. Inizia» ordinò dopo un attimo di esitazione. Forse non si fidava di me a tal punto di darmi la libera entrata nella sua mente, ma di Darrell sì, quindi aveva esitato solo per qualche istante.
Chiusi gli occhi e mi concentrai. Trovare la mente di Ace mi fu più difficile di quella di Darrell, ma alla fine individuai la sua coscienza e allacciai un legame, entrando così delicatamente che alla fine lui mi incitò a proseguire con più tranquillità. Presi un gran sospiro e prima di iniziare feci una cosa inaspettata sia per lui che per me: gli mostrai tutto il mio dispiacere nell'avergli rivolto quelle parole il giorno prima. Gli dimostrai che non era affatto così, che non lo pensavo e che chiedevo umilmente il suo perdono. Avevo perso la testa e avevo agito di conseguenza, mentre Darrell si era mosso come una persona normale. Non avrei mai dovuto rivolgere quelle parole al nostro capo.
Non importa, cara. Spero solo che qualsiasi cosa succeda dopo questa mattina, tu riuscirai a capirla. Le sue parole mi fecero venire i brividi, esponendo un po' del suo scetticismo riguardo tutta la situazione. Strinsi i pugni e continuai determinata, sicura che, dopo aver visto i miei sogni, mi avrebbe creduto.
Svuotai la mente da tutto il resto e richiamai a me le visioni. Gliele mostrai tutte, dalla prima all'ultima, incurante del dolore che scatenavano in me o degli occhi che pungevano a ogni minimo ricordo. Ricacciai indietro le lacrime impedendomi di essere debole: per una volta, il destino di Dante era nelle mie mani.
Ci volle circa mezz'ora affinché apprendesse tutto ciò che avevo visto e sentito in quei giorni. Una mezz'ora in cui i ricordi rivennero a galla sotto forma di visioni. I ricordi di un Mentalista non erano sfocati come quelli di un normale umano, bensì nitidi e ordinati, mai danneggiati dal tempo o da altro. Io probabilmente non ero un Mentalista, ma ormai non lo sapevo più. Non potevo dire più niente di certo. Sapevo solo che i ricordi erano normali di solito, ma quando entravo in quello stato di controllo totale della mente si facevano improvvisamente più nitidi e certi.
Così mi ritrovai a viverli come fosse la prima volta, trascorrendoli con la consapevolezza che ciò che avevo vissuto io in un sogno, era quello che Dante aveva provato nella realtà.
Quando la tortura finì e tornai concia, avevo il fiato corto e mi girava la testa. Mi trascinai piano verso il muro e, tremando, mi ci appoggiai contro tenendo la testa bassa, in attesa che il mondo smettesse di vorticare.
«Lucrezia, stai bene?» mi chiese allarmato Elijah, mentre Darrell si insinuava piano nella mia mente per assicurare i suoi sospetti. Riuscii a sentire la sua teoria, cioè che ogni volta che usavo poteri da changer mi stancavo più di ognuno qualsiasi di loro. A pensarci bene era vero: quando usavo lo scudo mi sentivo sempre male dopo, e anche quella volta contro i gemelli in bagno ero svenuta per l'esaurimento di energie. Era incredibile che Darrell ci fosse arrivato mentre io no. Ma, d'altronde, era anche incredibile che mi succedeva quello mentre a nessun altro changer capitava.
Trascorrendo del tempo a riflettere sui perché e sui come, il mio respiro tornò regolare, sebbene continuassi a sentirmi stanca.
«Sto bene» mi obbligai a dire, sentendo lo sguardo di Ace addosso che mi controllava. «Adesso dimmi: cosa ne pensi?» gli chiesi alzando il capo verso di lui per guardarlo con sguardo determinato. Ero pronta a insistere ancora e ancora in caso non mi avesse dato fiducia.
«È difficile attribuire una spiegazione a ciò che hai visto. Non so che tipo di legame avet... avevate, perciò non so come interpretare i tuoi sogni.» Non mi sfuggì l'uso del passato che si era obbligato a usare, ma non mi diedi per vinta.
«Non si tratta solo di brutti sogni! Io l'ho sentito, una volta sveglia. Ho sentito la sua presenza e non posso essermela immaginata!»
«Apprezzo molto i tuoi sforzi, Lucrezia. Ho bisogno di riflettere su questa situazione ed elaborare un piano nel caso in cui i miei Mentalisti la pensino positivamente. Mi devi dare tempo.» Quasi vacillò sull'ultima parola, ma lo vidi sforzarsi a mantenere un tono fermo e autoritario.
«Benissimo. Vorrei solo informarti che non ne hai molto. Lui non durerà a lungo lì dentro.» La mia parte l'avevo data, ora non mi restava che premere per fargli dare una mossa. Dante era davvero in pericolo, più propenso verso la morte che alla vita, e in ogni istante rischiava di rimanerci secco dentro quella prigione.
«D'accordo. Lasciate le valigie qui, ve le farò avere in camera al più presto. Per ora potete andare. Darrell, se riesci, vorrei parlare con i Mentalisti dopo pranzo.»
«Certo, signore!»
Salutammo il capo ed Elijah e uscimmo. Mettere piede nei corridoi dell'Istituto mi fece uno strano effetto, un misto di nostalgia e sofferenza che non riuscii a reprimere. Trattenni il fiato ricordandomi l'ultima volta in cui, in preda al dolore, avevo vagato per quelle mura.
«Beh, non ci è andata male, no? Sei stata grande, Luki!» disse lui mentre ci incamminavamo, trascinandomi dal mondo in cui ero chiusa fino alla realtà.
«Ne sei proprio sicuro?» feci sarcastica. «Non ha voluto credermi neanche stavolta, il colloquio con i Mentalisti sarà una perdita di tempo e alla fine si rifiuterà di collaborare» dissi esasperata. Vedevo tutto nero, stavo perdendo ogni speranza. Giurai a me stessa che se non mi avesse creduto nessuno sarei partita da sola alla ricerca di Dante. Dovevo farlo per lui e per me.
«Non andrà così. Ad Ace serve solo tempo per accettare l'eventualità. Non vuole ritrovarsi a sperare e rischiare poi di sprofondare un'altra volta nel vuoto, nel caso la tua ipotesi non si riveli esatta. Ha solo paura di perdere per una seconda volta quello che per lui è suo figlio.»
«Ma non capisce che se l'ipotesi invece fosse esatta, lui condannerebbe proprio questo figlio che invece potrebbe essere salvato?» Iniziavo a comprendere il suo punto di vista, tuttavia non riuscivo bene a entrare nella testa degli altri come invece sapeva fare Darrell. Lui era sempre stato un ottimo osservatore e sapeva tutto di tutti senza per forza dover spiare la loro mente, mentre io mi sentivo molto più chiusa e affine al mio pensiero.
«Lo capirà, vedrai. Non potrà fare altrimenti.»
Lasciai cadere il discorso e iniziai a osservare la strada. Quelle vie familiari che mi appartenevano avevano sempre cercato di respingermi in qualche modo. Prima non mi sentivo parte di tutto quello, poi avevo cercato di fuggire per la libertà e ora volevo andarmene per permettere a Dante di tornare.
«Dove stiamo andando?» chiesi, rendendomi conto in quel momento di non avere una meta ben precisa.
«Ho bisogno di passare in camera mia. Prima convoco tutti i Mentalisti e prima prenderanno una decisione.»
Lo seguii in silenzio senza aggiungere altro e cercai di ignorare il senso di soffocamento che mi provocava improvvisamente l'ascensore. Passare nella zona del dormitorio però fu molto peggio, nonostante Darrell evitò deliberatamente il corridoio della mia camera. E della sua.
Quando arrivammo, la sorpresa mi assalì. Mi resi conto che non entravo nella stanza di Darrell dal giorno in cui ero appena arrivata lì, laddove mi aveva fatto il test per dimostrare che ero una di loro.
«Non è cambiata per niente dall'ultima volta, eh?» disse lui, osservando il disordine che regnava ovunque.
«Quanto tempo è passato...» pensai ad alta voce. Sembravano trascorsi anni, mentre invece si trattava solo di pochi mesi.
«Già. Sono cambiate molte cose. Tu sei cambiata» mi fece notare.
Non c'era affermazione più vera di quella: mi sentivo diversa, completamente distaccata dalla ragazzina illusa e sognante che ero.
Senza attendere una risposta, Darrell si sedette sul letto e prese un portatile da sotto il bordo di una coperta. Lo accese e iniziò a contattare le persone delle quali aveva bisogno Ace.
«Tu lavori qui dentro?» domandai, pensando che chiunque svolgesse un ruolo importante nell'Istituto avesse almeno uno studio.
«Certo» rispose lui con un sorriso. «Gli uffici sono noiosi e odorano di vecchio» continuò con aria saccente, apparendo come un bambino troppo cresciuto.
Sorrisi pensando che quell'affermazione era proprio da lui. Bastava così poco per poter tornare alla normalità, dovevamo solo...
«Credi che potrà mai tornare tutto come prima?»
Darrell alzò gli occhi dal suo portatile e li piantò nel profondo della mia anima. «Niente tornerà mai come prima» proclamò facendo morire l'ombra del sorriso che avevo sulle labbra. «Ma lo riporteremo indietro, ne sono sicuro.»
Annuii decisa senza nemmeno prendere in considerazione l'ipotesi contraria. Ce l'avremmo fatta e basta.
«Perché non ti siedi accanto a me?» propose, accingendosi a inviare l'ultimo della lunga fila di messaggi.
«Non lo so... L'ultima volta è stata una trappola» scherzai. Mi avvicinai a lui ma rimasi in piedi.
Il Mentalista sorrise. «Potrebbe esserlo anche stavolta.»
Inviò l'ultimo messaggio e chiuse il portatile, tirandomi piano per un polso affinché lo affiancassi sul bordo del letto.
«Ormai conosco i tuoi giochetti. Non cascherò in un altro dei tuoi inganni.» Voleva essere uno scherzo ma c'era anche del vero nelle mie parole.
«Illusa. Non mi conosci affatto» sussurrò avvicinandomi a sé con delicatezza ma decisione.
L'ultima volta ero stata io a fare il passo che aveva unito le nostre labbra ed ero sicura di averlo voluto fortemente. Ma questa volta? Questa volta lo desideravo davvero? Era giusto farlo? Era giusto, invece, non farlo?
«Non pensare.» Sorrise sulle mie labbra e non riuscii più a preoccuparmi. Mi lasciai andare nella sua stretta e mi abbandonai completamente a lui, facendomi cullare dalle sue braccia. Darrell mi trascinò sul letto e mi fece poggiare la schiena sul materasso, circondandomi con il suo corpo.
Rimasi così anche quando le nostre labbra smisero di sfiorarsi, facendomi riscaldare dal calore del suo corpo e da quello del sole che entrava dalla finestra e mi baciava il viso. Chiusi gli occhi e caddi in un leggero stato di torpore in cui tutto sembrava improvvisamente meno pesante e spaventoso.
Alla fine mi addormentai, cadendo in un sonno leggero in cui non sognai niente.
Koaluch
Buonasera a tutti! Volevo annunciarvi che finalmente, The Changers sarà disponibile in prevendita dal primo di giugno, ovvero giovedì prossimo! Sono così emozionata ç_ç
È per questo che ultimamente Neve Scarlatta è passata un po' in secondo piano, ma non preoccupatevi: riprenderò la stesura non appena sarò libera dell'uscita di Evanescente, quindi circa a metà giugno!
I capitoli di Evanescente invece verranno pubblicati ancora per un po', fino ad arrivare al decimo (probabilmente), che sarà l'ultimo dell'anteprima!
Alla prossima settimana allora *^* quando ripubblicherò la prevendita sarà già online! Non sto più nella pelle!
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