Darrell
Uscì dalla doccia e si avvolse un candido asciugamano intorno ai fianchi, evitando deliberatamente lo specchio con lo sguardo. Era attratto da quel vetro riflettente come se da esso provenisse una forza magnetica, ma non voleva cedere, non quella sera. Non voleva cedere per lei, che aveva pianificato tutto nei minimi dettagli sin dal primo momento.
L'aria di ottobre che entrava dal piccolo spiraglio della finestra era fredda, e non ci volle molto perché il changer iniziasse a tremare, tuttavia quasi non se ne accorse, così immerso nel combattimento interiore che stava avendo contro quella forza magnetica. Sarebbe bastato poco per cederle, sarebbe stato così facile entrare in quel vortice fatto di nulla che gli faceva tremare il cuore ogni volta. Era una sensazione nella quale si perdeva il suo intero essere, dolorosa, eppure altrettanto necessaria. Per ricordarsi chi era. Per ricordarsi cos'era.
Ma non poteva.
Strinse i pugni e voltò le spalle alla parete, i denti che scricchiolavano, tanto erano serrati. Abbassò la maniglia della porta per uscire in fretta dal bagno, nella speranza che al di fuori potesse trovare quel poco di tranquillità che l'avrebbe aiutato ad affrontare quella serata.
Il debole tepore che si era accumulato nella stanza per via della doccia fuoriuscì e si disperse nell'ambiente più freddo, e lui si ritrovò finalmente conscio dei suoi tremori, ora più estesi di prima.
Percorse con passi lenti la distanza che lo separava dalla camera di Valeria senza preoccuparsi di essere visto. Ormai da diverse settimane si era sistemato lì senza che i genitori di lei sapessero nulla. Era stato così facile manovrare la loro mente dopo aver ottenuto il consenso della ragazza. Affermare che viveva lì era un eufemismo, Darrell credeva di non poter avere mai una dimora fissa, troppo soffocato anche solo dal pensiero, tuttavia era quanto più vicino a una casa avesse.
«Spero tu ti sia preparato come ti ho detto, altrimenti...» iniziò Valeria quando lo sentì arrivare, ma subito si ammutolì nel momento in cui lo vide tremante sulla soglia, coperto da nient'altro che un asciugamano che gli arrivava a malapena alle ginocchia. Si scostò una ciocca viola del suo costume da strega dal viso e guardò circospetta alle sue spalle, come se qualcun altro avesse potuto vederlo. Sembrava non poter perdere quell'atteggiamento furtivo, nemmeno se lui le assicurava che poteva stare tranquilla.
Si tolse il cappello a punta per gettarlo a terra, poi lo tirò per un braccio e richiuse la porta alle sue spalle. I suoi occhi nocciola vagarono sorpresi sui segni che intarsiavano il suo petto quasi a voler creare un disegno astratto. Darrell non aveva mai permesso che li vedesse, si era limitato a mostrarle le sue braccia. Nonostante la ragazza avesse insistito più volte per farlo aprire con lei, alla fine si era sempre tirato indietro, non aveva voluto mostrare la parte più recondita e nascosta di sé. Così come non aveva mai voluto guardare se stesso allo specchio in sua presenza, sebbene lei fosse a conoscenza dell'effetto che si scatenava in quel caso.
«Sarò pronto in poco tempo» le assicurò. Non voleva rovinare la sua serata, che tanto si era impegnata a organizzare insieme alle altre ragazze. Sarebbero usciti e avrebbero raggiunto quella festa, non voleva chiederle di pensare a lui per quel giorno, proprio quel giorno in cui sentiva di aver bisogno di lei.
«Darrell» lo chiamò lei. Quando allungò una mano per toccarlo, lui si ritrasse d'istinto, ma poi si diede dell'idiota per averlo fatto. Non era che la vicinanza con lei tutto ciò di cui aveva bisogno.
Lo sguardo della ragazza assunse quella sfumatura combattiva che lui tanto amava, quella che fin dal primo momento era stata ciò che lo aveva conquistato. Fece un altro passo verso di lui e questa volta le lasciò passare le braccia dietro la sua schiena, non con poca fatica. Si sentì avvolto dal calore del suo corpo e si lasciò andare contro di lei. Sentì il respiro accelerare e rischiò di soffocare quando tentò di farlo apparire normale.
La storia della sua vita: apparire normale quando in realtà non lo era.
«Sai, la notte di Halloween è anche la notte dei film dell'orrore, e quella in cui le persone si raccontano storie di paura» disse Valeria contro il suo petto. Era così bassa che poteva tranquillamente poggiarle il mento sopra la testa. La comodità nell'abbracciarla era una delle cose che lo tranquillizzava, per qualche motivo. Sentire la sua voce era un'altra di quelle cose. Ogni volta non poteva fare a meno di ricordare i giorni difficili in cui avevano iniziato ad avvicinarsi così. A quei tempi aveva trovato fin troppo interessante il suo atteggiamento combattivo, e ogni volta non smetteva mai di sorprenderlo, quindi si chiese dove volesse andare a parare con quella frase.
«Ognuno affronta le proprie paure durante questa notte, in un modo o nell'altro. C'è chi è solamente spaventato da un film o un racconto, c'è chi sente dentro di sé qualcosa di più serio, ma tutti sono uguali nel momento in cui vincono i propri timori.»
Si distaccò appena da lui e gli prese la mano. Credette che fosse un gesto di conforto, ma si sorprese quando lei lo tirò verso una direzione specifica della stanza. Le sue gambe magre fasciate da calzette a righe viola e nere si muovevano rapide, come se avesse fretta di raggiungere la destinazione.
Si fermò davanti al suo armadio, del quale aprì velocemente un'anta. La luce della lampada lo accecò per un istante quando si rifletté sullo specchio all'interno dello sportello, inducendolo a strizzare gli occhi finché non fu pronto per riaprirli.
Darrell non si guardava mai allo specchio, aveva troppo timore di sentirsi debole. Mostrarsi in quello stato non era una cosa che amava, nemmeno se ciò succedeva solo con se stesso. Voleva essere forte, voleva togliersi di torno lo stesso viso che, anni prima, aveva proclamato di essere un assassino. Non poteva sopportare l'idea che quel viso fosse il suo, che quelle mani fossero sue, che quelle gesta passate fossero le sue.
Adesso, due occhi quasi lucidi lo scrutavano piatti dalla superficie riflettente, dorati alla luce della stanza. Li trovava così inquietanti, i suoi occhi, ma mai quanto lo erano stati una volta.
Gemette al pensiero, e i tagli sulla braccia, vecchi e nuovi, iniziarono a prudere quasi nella silenziosa richiesta di essere riaperti. Strinse i pugni per darsi la forza di non tornare con le unghie sulle vecchie ferite per tentare di riaprirle. Aveva sperato, con il cambiamento radicale della propria vita, di poter guardare definitivamente avanti, eppure era dannatamente difficile.
«È arrivato anche per te il momento di vincere le tue paure.»
La voce di Valeria lo ridestò, lo riportò alla realtà, in quella stanza dove per la prima volta, molto tempo prima, avevano dormito insieme per la prima volta, cercando di farsi forza a vicenda. Ora lei lo stava sostenendo una volta ancora.
Distolse lo sguardo dalla figura magnetica nello specchio e lo piantò negli occhi di lei. In quel momento credette davvero di poter ignorare qualsiasi altra cosa. Lei gli conferiva una forza che da solo non possedeva.
Si sforzò di sollevare un angolo della bocca e calcolò che tutto sommato il risultato non doveva essere male. La ragazza umana non lo stava più toccando, quindi le riprese le mani per poggiarle sul proprio petto, all'altezza del cuore. Valeria ebbe un fremito a malapena percettibile che fu in grado di trasformare la sua smorfia in un vero sorriso, e questo ebbe il potere di dargli forza.
Non richiuse l'armadio, voleva vedere allo specchio quel nuovo Darrell, che era forte davvero e non faceva solo finta di esserlo. Fece un passo e annullò la distanza tra loro, tirando a sé la ragazza e abbassandosi appena per poter poggiare le labbra sulle sue. In quel momento, il riflesso che poteva scorgere con la coda dell'occhio gli parve più appropriato: era esattamente quello che avrebbe potuto, prima o poi, scacciare definitivamente quello del bambino dagli occhi vuoti che aveva appena ucciso un suo simile. Lui non era più quel bambino, lui poteva essere altro ora.
Si allontanò dalla ragazza e prese un profondo respiro. Lei aveva fatto così tanto per lui, e lui non era mai stato in grado di ricambiare. Ora tutto quello che lei voleva era festeggiare Halloween, e lui si ripromise di non rovinarle la festa.
«Dolcetto o scherzetto?» disse di punto in bianco, tagliando il silenzio che era calato nella stanza dopo che il suo respiro era tornato normale. Desiderò di essere toccato ancora dalle sue dita calde, ma per il momento non aveva più freddo con lei così vicina.
«Come fai a sapere di "dolcetto o scherzetto"?» chiese la ragazza con un tono più leggero, mentre i suoi occhi truccati per l'occasione si stringevano, indagatori. Effettivamente non gliel'aveva detto lei, né nessun altro dei loro amici umani, lo aveva scoperto anni prima durante una delle sue escursioni lontane dall'Istituto.
«Io so qualsiasi cosa» si vantò, ammiccando. «So anche che non hai dolci con te» aggiunse furbo. Tutti i dolci che avevano raccolto per la serata erano a casa di Lucrezia, dove, in realtà, avrebbero dovuto essere anche loro di lì a poco. Forse erano anche leggermente in ritardo, ma poteva attribuire la colpa a Dakota, dal quale Valeria era stata prima di prepararsi, perché lui aveva avuto bisogno di una mano.
«No, non ho nessun dolce» confermò lei, perplessa, senza capire dove volesse arrivare.
Darrell le portò le mani ai fianchi per stringerli, dopodiché l'alzò con un gesto fulmineo e la trasportò di peso fino al letto.
Quando la gettò con poca grazia sul materasso, lo scricchiolio delle doghe venne coperto dall'urlo di sorpresa che la ragazza emise. Senza curarsene, Darrell si posizionò sopra di lei e le bloccò ogni via di fuga, lo sguardo fisso nel suo.
«Allora sei costretta a subire il mio "scherzetto"» disse minaccioso, e a lei brillarono gli occhi di desiderio mentre si mordeva un labbro
Sorrise e accostò di nuovo le labbra a quelle della ragazza, che lo trascinarono definitivamente via da ogni altro pensiero. Esisteva solo il calore che si stava sprigionando tra i loro corpi fino a infiammare il suo animo.
Si sentì improvvisamente pronto a compiere un passo che mai aveva avuto l'occasione né la fermezza di intraprendere. Fino a quel momento non aveva mai pensato che la sua vita avrebbe potuto avere un valore tale da permettergli un'esperienza simile, sebbene fosse bravo a bluffare. Adesso, invece, percepiva che era il momento giusto, si sentiva deciso, completo. E ciò che leggeva negli occhi languidi della ragazza davanti a sé era un incoraggiamento in più a percorrere quella strada.
Per la prima volta, un'altra persona stava per avere tutto di lui. Per la prima volta, non voleva altro.
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