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Il demone passó l'intera nottata a leggere i libri datogli da Aur. All'inizio era abbastanza restio e li aveva buttati in un angolo della propria camera. Pochi minuti dopo tornó a raccoglierli, ne prese uno a caso e, colpito dalle immagini, cominció a leggerlo. Non si era mai interessato veramente ad un libro, forse perché quel libro angelico era molto diverso dai libri che si trovavano all'Inferno: ricchi di scene cruente, esecuzioni e sangue. Cose che su lungo andare cominciarono ad annoiare Rakir.
Non voleva più staccare gli occhi da quel racconto scritto con una calligrafia semplicemente perfetta e lineare. Le scene si susseguivano nella sua mente come un film. Rakir si ritrovó immerso direttamente nel Paradiso e cominció a adorare quella sensazione. Improvvisamente la quiete della stanza fu sostituita da un continuo bussare. Il demone si alzó spazientito e aprì la porta, guardando con un'espressione assassina il fratello fuori dalla stanza.
«Rak, finalmente ci vediamo!»
Rakir chiuse la porta in faccia al fratello e si affrettó a nascondere i libri sotto il mobile delle armi. Il fratello entró senza permesso e lo guardó scocciato, per poi dargli una pacca sulla spalla.
«Piccoletto ho saputo che Lucifero ti ha invitato nel suo palazzo!»
Il demone guardó il fratello con uno sguardo perplesso; era ovvio che non sapeva di cosa stesse parlando. Cadon lo guardava con occhi ricchi di orgoglio e, solo allora, Rakir capì che poteva giustificare la sua lunga assenza.
«E da chi lo hai saputo?»
«Le solite voci... Allora? Perché ti ha convocato?» Saltellava continuamente per cercare di scaricare la propria eccitazione.
«Non sono tenuto a risponderti»
«Cosa?! Scherzi? Io sono tuo fratello, Rak. Mi devi dire tutto eh» A quelle parole il demone minore non potè fare a meno di ridacchiare. Cadon non sapeva tantissime cose su di lui, su quel che faceva o su quel che pensava. Da una parte non gli fregava nulla, mentre da un'altra gli faceva male, troppo male. Il fratello era fissato con il potere e con il mandare avanti il buon nome della propria famiglia. Gli importava solo quello. Per lui Rakir era un burattino da dover usare a proprio piacimento.
«No Cadon, se lo facessi mi ucciderebbe seduta stante»
«Come sei noioso»
Cadon si buttó a peso morto sul letto del fratello e sospiró con un sorrisetto.
«Sai Rak, sono fiero di te. Essere chiamati da Lucifero stesso è una cosa molto importante. Si sta avverando il tuo destino. Un giorno prenderai il mio posto e, secondo me, raggiungerai un rango maggiore. Farai grandi cose, me lo sento!» In quel momento il demone sembrava davvero un fratello orgoglioso del suo fratellino più piccolo. Il realtà era orgoglioso della creatura che aveva cercato di plasmare come voleva, ma non sapeva che questa si stava lentamente ribellando al suo creatore. Rakir fremeva dalla voglia di urlargli in faccia che non sarebbe mai diventato come lui, che non era mai stato da Lucifero e che voleva diventare un angelo. Tutte quelle cose il demone non poteva dirle al fratello maggiore. Si avvió velocemente verso la porta e fece un cenno al fratello per dirgli di andarsense. Cadon si alzó di scatto, furibondo.
«Adesso perchè mi cacci?»
«Voglio fare una passeggiata da solo!»
«Io ho sprecato tempo prezioso per stare con te poi mi dici che vuoi stare solo? No caro Rak, questa passeggiata la faremo insieme!» Il fratello non aveva mai fatto scenate come quella. Rakir lo guardó perplesso ma non si voleva fidare completamente delle sue parole. Cadon aveva sempre un doppio fine in tutto. Il demone minore si arrese e, facendosi spazio dal fratello, uscì dalla stanza a passi svelti. Ogni tanto si guardava dietro per vedere se il fratello c'era ancora e, ovviamente, era sempre lì, con un'espressione divertita e altezzosa. Si stava prendendo gioco di lui, se lo sentiva.
Rakir non poteva tornare al confine con il fratello dietro, così decise di indagare sulla voce della chiamata di Lucifero. Voleva assolutamente ringraziare e uccidere la persona che aveva sparso quella voce: il primo perchè lo aveva coperto, il secondo perchè Cadon gli era ancora più vicino, troppo per i gusti del fratello. Rakir giró per un pó attorno al palazzo reale ignorando i continui lamenti del fratello maggiore. D'un tratto delle corpulente guardie si pararono davanti ai due, bloccandoli sul posto con lunghe lance acuminate. La seconda guardia, quella che sembrava più aggressiva, spinse indietro Cadon.
«Non potete mancarmi cosí di rispetto! Capite contro chi vi state mettendo?»
Rakir guardò perplesso i tre, non capendo cosa stava succedendo.
«Il ragazzo deve entrare. Ordini del re»
Il generale cambiò totalmente espressione, passando dalla rabbia allo stupore. Il demone minore stava cercando di capire di chi fosse quello scherzo.
«Scusate guardie, portatelo pure dal re»
Cadon si allontanò spontaneamente e i due soldati scortarono Rakir all'interno di un piccolo portone nero. Il demone non sapeva cosa aspettarsi, così si lasciò semplicemente condurre in una sala circolare. Questa non era molto grande ma era molto sfarzosa, decorata fin nei minimi dettagli. Le guardie lasciarono il demone in malo modo e sì allontanarono, chiudendo la porta. Rakir rimase al suo posto, guardandosi attorno, finchè una voce maschile non gli ordinò di sedersi sul divano in pelle scura. Appena si sedette, il demone notó chi gli aveva parlato. Era un uomo seduto su una poltrona: aveva lineamenti particolarmente delicati, simili a quelli di Aur, ma i capelli corvini davano a tutto il volto un'aria seria e spaventosa. Quello che colpirono di più Rakir, furono gli occhi dell'uomo: questi erano azzurri, con pagliuzze rosse, e trasudavano cattiveria pura.
«Allora sei tu Rakir» Cominció a ridacchiare, accavallando le gambe.
«Si e... Posso sapere con chi sto parlando?»
«Certo certo, mi sembra ovvio. Io sono Lucifero» Il cuore del demone cominció a battere più velocemente a causa della paura che provava nei confronti della persona che si trovava davanti.
«Cosa volete da un demone di basso rango come me?»
«Quanto ti sottovaluti ragazzo, mi sorprendi parecchio. Hai un fratello generale e la tua faccia è in molti libri sulla storia dell'antica guerra. Cominciamo bene direi»
«Su molti libri... In che senso scusi?»
Lucifero allargó le braccia e alzó il viso in alto.
«Tu sei colui che farà avverare la leggenda. Sì, ne sono sicuro. È per questo che ti ho coperto quando eri al confine con l'angelo. Ho sparso io le voci» Rakir ingoió un groppo alla gola. Aveva preso tutte le precauzioni, ne era sicuro.
«Demonietto non mi ringrazi?»
«Grazie signore! Ma vorrei capire di cosa parla»
«Se te lo dico si rovinerebbe la storia e sarebbe un grande spreco di divertimento. Gli angeli che credono che ci sarà una guerra... Qui invece tutti sono ignari di tutto... È una cosa molto affascinante non credi?»
Il demone cercava di seguire il discorso del proprio re. I dubbi ritornarono e non potè fare di fare domande.
«Che cosa sa lei?»
«Cose Rakir, cose. Non molte, non poche... Insomma io ti ho portato qui per vederti non per dare spiegazioni! È una cosa troppo complicata e contorta»
«Mi scusi per questa domanda ma lei cosa centra? É il mio destino questo che sto per segnare... Se ho capito bene»
«Oh certo certo il tuo destino. Io centro perché sono il tuo sovrano» Lucifero guardó il grande orologio posto su un camino e suonó un campanello. Un rumore di passi metallici si avvicinò con ritmo veloce. Rakir si allarmó e, prima di balzare in piedi, la mano del re lo tenne fermo.
«Calmo, ti faró portare fuori»
«Non ha risposto a nessuna delle mie domande!»
«Che noioso...»
Le guardie arrivarono e presero Rakir per le braccia, sollevandolo e portandolo verso la porta.
«Non può fare così!»
«Invece si, sono un re dopotutto...»
Quando le porte si chiusero Lucifero si accomodò meglio sulla propria poltrona, massaggiandosi le tempie. Tutta quella storia lo aveva stancato. Le guerre, le leggende che dovevano avverarsi... Troppo lavoro che lui considerava noioso. Precisamente di quella leggenda non ne sapeva molto neanche lui, voleva sapere anche che ruolo avrebbe ricoperto. Sfortunatamente per lui, il Signore voleva che i fatti accadessero per la maggior parte naturalmente.

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