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Gli angeli erano spaventati e allo stesso tempo sorpresi dal ritrovarsi nel giardino delle rose eterne. Se tutti loro venivano riuniti in quel luogo un motivo c'era: quel giorno sarebbe stata compiuta un'esecuzione dopo circa due secoli. Era una cerimonia che non si compiva spesso nel Paradiso: violenta, contro tutti i valori degli angeli, ma allo stesso tempo necessaria, secondo il Rappresentante. Gli angeli presenti non avevano idea di chi dovesse essere processato, non se lo sarebbero mai aspettato.
D'un tratto le grandi porte della prigione candida di aprirono dopo anni di chiusura. Ne uscirono due angeli corpulenti che tenevano l'ex generale con loro presa ferrea. Quando gli angeli si resero conto dell'identità del processato non poterono fare a meno di spaventarsi. Sapevano che nessuno poteva sopravvivere a quel processo e, senza quel preciso angelo, erano senza speranze contro i demoni.
Aur camminava a testa alta cercando comunque di non incrociare lo sguardo di nessuno ma gli unici che guardó furono i suoi allievi. Li guardò con rabbia e con un odio che gli angeli non dovevano provare. Aur ignoró tutte le voci che sentiva poiché dentro di sè sapeva di non aver peccato, di non aver fatto nulla di male se non aiutare ed amare. Lo dovette ammettere a se stesso alla fine. Morire per aver amato un demone era l'ultima cosa che si aspettava.
Dopo un percorso interminabile arrivarono sull'alto podio di legno che aveva lo scopo di far vedere lo "spettacolo" a tutti i presenti. Il Rappresentate era già lì, con la sua spada e un sorriso soddisfatto, ad aspettare il processato. Appena questo fu posizionato in ginocchio al centro del podio, l'angelo più anziano parló, mettendosi dinanzi ad Aur e guardandolo molte volte con uno sguardo disgustato.
«Mio caro popolo angelico, siamo qui oggi per processare Aur, il nostro generale. Lui è stato condannato alla pena massima per aver violato tutte le regole del nostro mondo. Sarà stesso lui a dirci cosa ha fatto»
Il Rappresentante fece un passo di lato, alzando in malo modo il generale che, intanto, aveva le mani legate dietro la schiena. Aur alzó la testa, guardando tutti i presenti, uno per uno, soffermandosi alla fila di angeli più vicina al confine. Sperava con tutto se stesso che Rakir stesse bene, che nessun angelo gli avesse fatto nulla.
«Non hai nulla da dire, traditore?» Guardandolo, il generale ricordó del fratello e di quello che l'anziano gli aveva fatto.
L'angelo strinse le mani dietro la schiena e, dopo aver fatto un lungo respiro, decise di parlare.
«Ho amato, è questo il mio peccato. Non ho fatto altro che dare amore, anche se in uno strano modo, ad una persona diversa da me, che confindava in me» Aur prese una pausa, cercando di trovare le parole giuste per cercare di salvarsi, in qualche modo. Voleva smuovere qualcosa negli angeli davanti a se ma non avrebbe mai nominato il nome di Rakir. Se le sue parole fossero fallite, allora anche gli altri angeli avrebbero saputo di lui. Nonostante ciò doveva far sapere cos'aveva fatto il Rappresentante.
«Nel Paradiso l'amore non è proibito, eppure voi mi condannate per questo» Il Rappresentante lo bloccó con la voce, il suo tono era duro, severo, disgustato.
«Noi ti condanniamo perchè hai amato un diavolo! È contro le regole avere qualsiasi rapporto con quei esseri e tu provi amore per uno di loro!»
Si cominciarono a sentire mormorii generali. Lo stato d'animo di tutti era turbato. Gli angeli guardarono il generale con occhi diversi, sorpresi e spaventati. Nessuno se lo sarebbe mai aspettato. I mormorii continuarono e, senza che nessuno se ne accorgesse, un'ombra si insinuó tra di loro. Nascosta riuscì a vedere quel che succedeva ed era pronta a scattare in qualsiasi momento con la sua spada e il suo arco di luce.
«L'unico che dovreste condannare è il Rappresentante, sempre se si può chiamare così. Lui è un mostro e-»
Con un gesto della mano, il Rappresentante ordinó alle due guardie di legare meglio il generale per farlo rimanere fermo in ginocchio e tenergli la bocca chiusa. L'angelo anziano, con uno scatto veloce, ruppe la collana dei ricordi di Aur, facendo cadere le sue uniche due perle che poi si dispersero tra le incanalature di quelle assi di legno. A quel punto il respiro del giovane angelo si fece più veloce e irregolare, in quel momento provó davvero terrore. Quelle perle erano le più importanti per lui e non poteva permettersi di vederle andare in frantumi, specialmente quella oscura.
Camminando, il Rappresentante ne schiacció, quella bianca legata ad Aster per poi avvicinarsi ad Aur estraendo la spada. Il generale provó una fitta allo stomaco, come se lo avessero trafitto con una spada. Non ebbe il tempo di pensarci, poichè dopo poco ne arrivarono altre. Aur non riuscì a trattenere un piccolo urlo che fece solo accrescere la paura degli altri angeli. Il Rappresentante allora, guardando un attimo il popolo angelico, decise di sbrigarsi. Allora alzó la spada fin troppo lentamente, per poi scagliare un colpo di pari potenza all'attaccatura di entrambe le ali. Il generale spalancó gli occhi e si buttó di lato, con il sangue alla bocca e tremori che lo scuotevano; le urla gli erano morte in gola. Il volto dell'angelo anziano non lasciava trasparire emozioni, neanche quando vide il corpo di Aur contorcersi sotto il suo secondo colpo, che fu anche più violento. Al contrario, lo spettacolo sembrava piacergli particolarmente. Quello fu decisivo e l'ombra, che fin'ora era rimasta nascosta, scaglió una freccia d'oro contro il Rappresentante. La precisione e la potenza di quell'arma furono tali da staccargli di netto il braccio che brandiva la spada. L'ombra andò sul podio e prese finalmente forma, rivelandosi il cherubino biondo che tutti improvvisamente ricordarono. Questo puntó la spada alla gola del Rappresentante, premendogli un piede sul petto e voltandosi verso gli altri.
«Questo qui, questo essere che voi credevate il Rappresentante non è colui che pensavate. È una creatura demoniaca arrivata nel Paradiso per distruggere tutto e per farvi cedere alle tentazioni. Voi tutti, durante questo processo non avete fatto nulla. Io Mikael, come leggittimo Rappresentante, dovrei cacciarvi tutti quanti in massa»
Mikael mantenne un tono e uno sguardo duro mentre dalla folla provenivano esclamazioni stupite. Ricordarono tutti di quel cherubino, il più forte tra tutti, scomparso all'improvviso e rimpiazzato subito. L'angelo fece un provondo respiro e, senza provare rimorso, affondò la spada nel petto del vecchio Rappresentante e lo lasció lì, in un angolo, ferito e morente.
Mikael si precipitò dal fratello e gli controlló la ferita stringendo i pugni per non essere arrivato in tempo. L'angelo cominciò ad osservare il volto del fratello, passandoci una mano sopra e accarezzandogli i tratti morbidi, togliendo i capelli scuri che ricadevano sui suoi occhi. Mikael era sempre stato legato ad Aur ma quella creatura demoniaca lo aveva ucciso, impedendogli di vederlo crescere. Il biondo fortunatamente era un cherubino e per loro non esisteva una vera morte, ma accedevano al firmamento, lì dov'erano tutti quelli più importanti che avevano perso la vita, consentendogli anche di diventare stelle. Quello gli aveva permesso di ritornare ma l'ex Rappresentante lo aveva sfruttato per scagliare potenti incantesimi con le sue ceneri. Mikael si sentì molto fortunato ad essere stato trovato da un demone, Cadon, che seppe riconoscere la natura del l'incantesimo scagliato ad Aur. Fu lui a riportarlo in vita grazie anche a Lucifero, il re degli Inferi.
Mikael sentì gli occhi gli occhi riempirsi di lacrime.
«M-Mikael...»
«Aur! Allora mi senti? È bellissimo rivederti»
Aur accennó un piccolo sorriso che sembrava più una smorfia di dolore. Mikael lo strinse di più però la sua attenzione fu catturata da una specie di spaccatura nell'aria, sembrava che un pezzo di cielo stesse per staccarsi e cadere al suolo. L'enorme crepa si diffuse, creando come una rete contorta che fece capire ai due angeli che la cupola era stata inalzata. Alcuni pezzi si staccarono, precipitando per un breve tratto e diventando poi polvere cristallina. La cupola si frantumò e tutto fu immerso nel bianco ma qualcosa di nero riuscì a farsi strada fino a toccare il suolo, proprio davanti al podio. Ormai gli altri angeli non c'erano più, la paura aveva prevalso su di loro.
Mikael squadró bene la figura del demone davanti a lui e la stessa cosa fece il fratello. Aur, alla vista di Rakir, alzó piano la mano verso di lui ma fu l'altro angelo ad abbassargliela, rivolgendo un'occhiattaccia al demone.
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