9. Il 7 maggio
Atena Costa non era mai stato un tipo superstizioso, né tantomeno attaccato ai numeri o all'astrologia. Quando aveva scelto la data del suo matrimonio aveva scelto il sette maggio che, se ci si pensa, è un giorno un po' stupido. Non è completo come il cinque, né pari come il dieci. È sette. Nessuno prenderà mai sette mele, giusto? Ne prenderà cinque, dieci... ma non sette. Nessuno andrà dal fioraio a chiedere sette rose rosse, o a compare sette magliette.
Lei aveva scelto il sette di maggio per sposarsi. Il sette cinque. Era lì a guardarla, il sette maggio. Se ne stava appollaiato sul calendario del suo cellulare, la aspettava al varco. A quell'ora si sarebbe preparata con il trucco, poi avrebbe indossato quel vestito da sposa che ora quell'antipatica commessa avrebbe dovuto riservare a qualcun altro.
Il sette maggio.
Che data stupida.
Forse per qualcuno era il giorno più bello della propria vita: sicuramente era il compleanno di qualcuno, o qualcuno aveva vinto un milione di dollari, il sette maggio.
Per lei era una data orrenda.
Se lo ripeteva Atena Costa, sdraiata sul suo letto a contemplare quel lampadario viola che sua madre non aveva mai voluto buttare perché apparteneva a sua madre e a sua madre prima di lei.
Chissà quanti sette maggio aveva vissuto quel lampadario.
Non li avrebbe contati ma avrebbe azzardato a dire tanti.
I capelli di Atena la circondavano come una corona e le sue gambe erano appena piegate all'altezza delle ginocchia. Erano passati quattro giorni e non si era ancora decisa a tornare alla vita. Avrebbe potuto rimanere lì, no? Che male c'era...
I suoi genitori avevano avuto una discussione animata coi quasi consuoceri un paio di sere prima. Suo padre aveva chiesto al cuoco – lui non era portato alla tecnologia – di inviare alla mamma di Spencer una bella raccolta fotografica della sua guancia tumefatta nemmeno fosse un reperto archeologico. La mamma di Spencer, dapprima fintamente sorpresa, si arrese poco dopo: lei lo aveva sempre sospettato. Aveva poi chiesto gentilmente alla famiglia Costa se potevano vedere Atena e suo padre aveva non tanto gentilmente risposto che se li avesse visti a due isolati da casa sua avrebbe tirato fuori il fucile da caccia.
Non si erano fatti vedere.
Atena aveva paura che Spencer potesse farsi vivo, lo vedeva nei suoi incubi ogni tanto.
La sua mente, poi, seguiva sempre la stessa rotta: un paio di mani grandi, spalle possenti, occhi da ritratto romantico dell'Ottocento... con ogni probabilità lui non la stava nemmeno pensando.
Quando in un paio di anni Atena si sarebbe decisa ad uscire di lì, Gray non l'avrebbe più nemmeno riconosciuta.
A consolarla c'erano solo i ricordi sfocati del loro incontro. Dicono che non bisogna ricordare troppo spesso le stesse cose perché si tende a modificare la memoria fino a deformare il ricordo in tutt'altra cosa. Ma quando Atena pensava a quella notte e a quella in cui avevano dormito assieme, prendeva sonno.
Lui non l'aveva stretta a sé, quella notte. Non le aveva detto che sarebbe andato tutto bene, che c'era lui lì. Gray aveva tenuto un braccio allungato nella sua direzione, a sfiorarle dolcemente la schiena con il dorso delle dita.
Il cigolio della porta della sua stanza si portò dietro Karima e Mila, che si sdraiarono ai suoi lati: i suoi angioletti custodi.
«Come stai Tini?» domandò Mila con un filo di voce.
«Ti sei fatta una doccia?» s'intromise Karima.
Mila le diede un colpetto sulla testa. «Ahia!»
«Sono stata meglio ma... non sono a casa con Spencer, quindi va bene così», la voce di Atena era roca e assonnata: da quanto tempo non parlava con nessuno?
Mila evitò di dire che aveva visto Gray e Carmine parlottare fuori dal locale per un paio di giorni di fila: con ogni probabilità Gray aveva chiesto di vederla e il padre di Atena glielo aveva negato. In quel momento Mila non era una grande ammiratrice di Gray – complice il fatto che era un ex galeotto e che Atena avesse preferito parlare con lui e non con lei – quindi decise di tenerselo per sé.
«Hai intenzione di uscire da questa stanza?» continuò a chiedere Mila, guardandola con estrema apprensione.
Karima dal canto suo detestava questo continuo metterla sotto pressione: che male c'era se avesse continuato a stare in camera sua per un po'?
«Hai più avuto notizie di Gray?» domandò la rossa, ignorando l'affermazione di Mila.
Atena scosse la testa. «Dubito che voglia più avere a che fare con me...»disse, con un velo di tristezza a incrinarle la voce.
«Perché lo pensi?»
«Perché... sono un disastro, la mia vita è un disastro... perché qualcuno dovrebbe volermi nella propria vita?»
Atena parlava atona, priva di qualsiasi emozione e senza nemmeno guardare le sue amiche. Era come se non fossero in camera con lei ma stesse parlando più che altro a sé stessa, dando voce ai suoi pensieri più oscuri.
«Non sei un disastro, Tini, e sei una donna meravigliosa», disse Mila, improvvisamente travolta da un'ondata di sensi di colpa. «Noi siamo fortunate ad averti nelle nostre vite...»
«Anche perché, chi altro riesce a imbucarsi al concerto dei Coldplay?» s'intromise Karima. Riuscì miracolosamente a rubarle un sorriso che però non fu sufficiente ad illuminarle anche gli occhi.
«Sei solo capitata con le persone sbagliate», concluse Mila.
Le tre giovani rimasero sdraiate sul piccolo materasso di Mila, nessuna disse niente per non seppero dire quanto tempo, ognuna fin troppo immersa nei propri pensieri, alcuni troppo in profondità per essere portati a galla in quel momento.
«Mettiamo un film?» propose Karima dopo un po'.
«Perché no?»
Atena si era addormentata a metà film: era una cosa che le capitava già normalmente ma si sentiva talmente stanca negli ultimi giorni da alternare il sonno alla veglia come se nulla fosse.
Quando finalmente vennero proiettati i titoli di coda, Mila e Karima si alzarono dal letto in punta di piedi e in estremo silenzio chiusero la porta e scesero al piano di sotto.
«Faccio un salto a casa per farmi una doccia», disse Karima.
Mila rimase sulla porta, dondolandosi sui talloni. «Ci vediamo dopo allora.»
«Non vai a casa?»
«Hm? No, ho da... fare l'inventario.»
Karima aggrottò la fronte e decise di credere a quella scusa: ultimamente non condivideva il comportamento della sua amica quindi qualsiasi cosa avesse in mente non le interessava.
Non appena Mila si assicurò che Karima fosse lontana dal suo campo visivo si ravvivò i capelli color nocciolina sulle spalle e si diresse verso l'ufficio di Carmine.
L'uomo aveva un ufficio che non era un ufficio. Era un vecchio stanzino con la carcassa di un tavolino di legno, qualche fotografia e una vecchia poltrona imbottita. Lui se ne stava seduto su quest'ultima, a contemplare dio solo sapeva che cosa e perso a pensare dio solo sapeva cosa. Anche se un paio di cose a cui pensare ce le aveva, Carmine Costa.
Mila toccò la porta socchiusa con le nocche.
«Mila. È successo qualcosa?»
Si pizzicò il labbro inferiore con la punta dell'unghia. «Hm? No... posso entrare?»
Carmine annuì e Mila arrivò fino a sopra il tappeto persiano che copriva il centro della stanza.
«Gray è un bravo ragazzo», tutta d'un fiato e senza riuscire a credere di averlo detto.
«Siete vicini di casa? O vecchi compagni di scuola?» domandò lui, in tono lievemente alterato. Mila sapeva benissimo che Carmine detestava parlare dei propri affari di famiglia ma quegli affari riguardavano anche Atena e quindi avrebbe dovuto ascoltarla.
«Atena la pensa così. È stata la prima persona da cui è andata quando... beh...»
Carmine si schiarì la gola, strinse lievemente l'imbottitura della poltrona tra le sue mani ruvide e poi guardò Mila: erano così cresciute, tutte e tre. Erano delle donne adesso.
«Molto bene Mila. Prenderò in considerazione quello che hai detto.»
Mila annuì.
«Ora, se vuoi scusarmi... stavo pensando a... al menu di domenica.»
Mila fece un paio di passi indietro. «Certo, certo... allora, a stasera, signor Costa.»
«A stasera Mila.»
Mila prese un respiro profondo e si preparò ad affrontare la seconda conversazione della giornata. E quella non sarebbe stata affatto una passeggiata.
Il bar di Gianni era vuoto ma come sempre la porta a vetri opachi cigolante era aperta e Mila la spinse, gonfiando le guance per scaricare la tensione.
Gray Halley stava lucidando i bicchieri improvvisando un lip sync di Eye of the Tiger degno di essere proiettato in televisione. Con gli indici improvvisò un giro di batteria e quasi immediatamente la batteria si trasformò in una chitarra.
I muscoli delle braccia decisamente ben delineate si flettevano sotto il tessuto leggero della camicia blu che indossava, mettendo in risalto le forme del suo corpo slanciato e l'ampiezza delle spalle.
Atena meritava di andare a letto con uno del genere. Se lo meritava proprio...
Mila si schiarì la gola, nel tentativo di attirare la sua attenzione e così fece, tanto che Gray saltò in aria, abbassando lo stereo quasi di riflesso.
Gray rivolse un'occhiata superficiale a Mila: se non fosse stato per il fatto che aveva un bel fisico, Mila era un tipo piuttosto anonimo. Un po' come il tizio dei Backstreet Boys che si portava dietro come un chihuahua al guinzaglio.
«A cosa devo l'onore?» le chiese, nella speranza che quell'incontro durasse il meno possibile.
Mila parlò senza guardarlo in viso. «Mi dispiace per quello che ho detto.»
«Non ti dispiace», le disse in tono annoiato. «Sei qui solo per pulirti la coscienza.»
Alterata, Mila si avvicinò di un paio di passi al bancone. «Sono qui perché voglio bene alla mia migliore amica.»
Lui si passò la lingua sugli incisivi. «Buon per te.»
«Sei sempre così stronzo?»
Gray sollevò gli occhi seri nei suoi. «Accetto le tue scuse.»
Dopodiché, Gray tornò a concentrarsi sui bicchieri che aveva davanti, indeciso sul versarsene o meno uno di scotch. Decise di sì.
«Vuoi?» propose, sventolando un bicchiere davanti al naso di Mila.
Lei rispose con un gesto della mano. «Oh, che cavolo» disse, e si sedette al bancone.
Mila bevve un sorso che le bruciò la gola.
«So che sei appena uscito di prigione.»
«Così pare.»
Mila poggiò il bicchiere sul bancone. «Perché sei finito dentro?»
Gray bevve l'ultimo goccio che stava nel suo bicchiere: perché le persone non capivano che non dovevano fargli domande?
«Le solite cose.»
Mila prese un respiro profondo: si chiese se fosse così loquace e simpatico anche con Atena o se quell'atteggiamento da dito al culo lo stesse riservando solo a lei.
«Perché è venuta da te?»
Negli occhi di Mila c'era tanto risentimento e tantissime domande. Domande che non poteva porre ad Atena, anche perché con ogni probabilità non sarebbe riuscita a darle una risposta.
Gray voleva alzare gli occhi al cielo: ancora domande.
«Non lo so.»
«Forse perché sapeva che non l'avresti riempita di domande, visto che rispondi a ritmo di tre parole alla volta.»
Per grande sorpresa di Mila, Gray accennò un sorriso di traverso che gli mise in risalto una fossetta all'angolo della bocca.
Mila si alzò dallo sgabello e si stiracchiò.
«È venuta da te perché sapeva che ti saresti preso cura di lei» disse alla fine.
«Non ho fatto niente.»
Mila arricciò le labbra. «Ti sbagli. Per questo sono venuta a scusarmi e a dirti che se passi stasera ci sono buone probabilità che Carmine ti lasci salire.»
Gli occhi di Gray si illuminarono come le stelle in estate, ma non disse nulla. Rispose invece con una scrollata di spalle.
«Grazie.»
Mila gli rispose con un cenno della mano ed uscì dal locale: si sentiva come se fosse finita dentro A Christmas Carol. Era il vecchio Scrooge che tornava sui suoi passi a conciliare i fantasmi del suo passato – in cui il passato erano stati circa una settimana di puro inferno.
Carmine era già davanti al locale ad aspettarlo, quando Gray arrivò lì davanti.
«Non puoi avvicinarti», disse, come se lo stesse istruendo per visitare una prigione di massima sicurezza. «Rimarrai sulla porta e non sfiorerai mia figlia nemmeno con un dito.»
Gray annuì facendo scivolare la testa fino a quasi inchinarsi in un saluto giapponese. «Ricevuto.»
«Bene.»
Atena era raggomitolata sotto le coperte: si era finalmente decisa a farsi una doccia e aveva lasciato i capelli al naturale, mossi. Quando Gray la vide gli ricordò una Venere.
«Ciao.»
Spazio autrice
Buona domenicaaa! Eccoci con un nuovo capitolo ❤ I capitoli in totale saranno 11 quindi siamo 'quasi' alla fine della mini-storia. Per chi è interessato\a sappiate che è in uscita la mia nuova storia, El Rey, uno spin off, se vogliamo, di Invisible String anche se in realtà non è necessario averla letta. Insomma, se vi va di passare ne sarò felice ❤❤
un abbraccio,
Velouu 💕
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