7. Hittin' (on) You
Avvertenza: scene di violenza
Atena si guardava allo specchio: quel vestito rosso che Spencer le aveva regalato le faceva schifo. Era troppo corto, troppo scollato e troppo... troppo tutto per poter essere indossato.
Atena sbuffò: chissà se a Gray sarebbe piaciuto, un vestito così...
...che ti importa di quello che pensa Gray, Atena? Si disse.
Scosse la testa. Si sistemò il rossetto matte sulle labbra e pulì l'eccesso che era accidentalmente finito sui denti bianchi con la punta della lingua.
Sentì Spencer urlare al telefono dal piano di sotto e lei si affrettò a scendere, per evitare che facesse qualche scenata. Un centrotavola d'argento era finito per terra. Grandioso: era arrabbiato.
L'uomo chiuse la telefonata e scaraventò il telefono a terra, frantumandosi in mille pezzi e seguito da una serie di imprecazioni.
Atena aveva paura a raggiungerlo. Sentiva il cuore tuonarle furiosamente nel petto. Strinse il vetro del tavolo alle sue spalle con le unghie fino a farsi male e rimase ferma lì, congelata sui suoi passi.
«Finalmente!» esclamò, agitando le braccia. «Quanto cazzo ti ci vuole a prepararti?»
«Io non...»
La raggiunse a grandi passi. «Non rispondere!»
«N-non è tardi», si azzardò a dire.
Lo schiaffo che si infranse sulla sua bocca fece uno schiocco che riecheggiò in tutto l'appartamento. Il sapore ferroso del sangue le arrivò quasi immediatamente alla lingua: i denti si chiusero attorno all'interno della guancia e l'urto della mano le spaccò il labbro inferiore, che iniziò a bruciare maledettamente.
«Ho perso mezzo milione di dollari, tesoro!» esclamò, come se avrebbe dovuto essere una giustificazione.
Atena si poggiò una mano sulla guancia accaldata e sentì fiotti di lacrime rigarle le guance fino ad arrivare alla bocca: adesso le sue lacrime salate si erano mischiate al sangue.
«Non piangere adesso! Come facciamo ad andare alla festa in questo modo!»
Atena non rispose. Si limitò invece a continuare a singhiozzare e a tremare come una foglia.
Come se stesse gettando una cartaccia nella spazzatura, Spencer la spinse all'indietro e le fece sbattere la schiena contro la superficie del tavolo. Atena perse l'equilibrio e cadde per terra con un tonfo, facendosi un gran male.
Negli occhi di Spencer non c'era preoccupazione sul suo stato di salute – se la cosa non fosse già abbastanza inutile da sottolineare – c'era solo quella relativa a cosa avrebbero pensato i suoi stramaledetti colleghi di lavoro.
«Sai che c'è? Dirò loro che non stai bene, hm?» scrollò le spalle. «Tu... riposati.»
Riposarsi? Come avrebbe anche solo potuto sedersi, senza avere il terrore di rischiare la vita?
Spencer lasciò Atena a casa, sempre seduta sul pavimento e sempre in un mare di lacrime.
*
Gray Halley stava svogliatamente rigirando i canali sulla televisione. Davanti a lui c'erano alcuni avanzi di cibo thailandese da asporto e una lattina di birra mezza piena – o mezza vuota, dipende dai punti di vista.
In un certo senso, avrebbe preferito stare a lavoro anziché a casa visto che quando era a casa non sapeva che cavolo fare.
Il suono rigido del campanello gli fece aggrottare la fronte, chiedendosi subito dopo chi cazzo fosse a quell'ora.
Atena Costa teneva lo sguardo basso, aveva i capelli zuppi di pioggia e indossava un vestito rosso tutto sgualcito dall'acqua.
«Atena...» respirò lui, sconvolto.
«Mi hai detto che se non eri a lavoro eri a casa e io... io...»
La donna si buttò tra le sue braccia e lui l'accolse. Respirò il profumo del suo shampoo e si solleticò il mento con i suoi capelli umidi dalla pioggia.
Gray le afferrò il viso e la rabbia montò in un secondo dal suo stomaco, infilzandolo come un coltello.
«Che cosa cazzo ti ha fatto...» sussurrò. Le appuntò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Vieni Atena», le disse dolcemente.
Cercò la sua mano e vi intrecciò le dita. Lei si lasciò trascinare nel piccolo bagno e Gray la fece sedere sul bordo della vasca: non aveva un cazzo di kit del pronto soccorso in casa. Avrebbe dovuto fare alla vecchia maniera per disinfettare quella ferita.
Prese una bottiglia di whiskey che non aveva ancora aperto – un regalo di Gianni – e l'aprì rapidamente. Bagnò poi un batuffolo di cotone.
Si inginocchiò in mezzo alle gambe della donna: il viso di Atena era privo di ogni emozione, con ogni probabilità era ancora sotto shock.
Gray cercò i suoi occhi. «Farà un po' male», le sussurrò.
Lei annuì senza rispondere.
Non fece male. O, se lo fece, Atena non l'aveva nemmeno sentito tanta era la sua voglia di allontanarsi da quella realtà, che in quel momento viveva come se fosse un sogno.
Gray non aveva mai provato niente del genere in vita sua: c'era tanta, tantissima rabbia e un senso di impotenza che gli fece venire ancora più rabbia. Se solo avesse avuto quel bastardo sottomano in quel momento lo avrebbe ammazzato di botte. Come aveva potuto deturpare quel viso così bello e quella persona così dolce, così piena di vita?
Gray terminò di pulirle la ferita con una delicatezza estrema, in netto contrasto con le sue mani grandi.
«Ha perso dei soldi...» disse, senza guardarlo, in un sussurro.
«Hm?»
Atena si voltò a guardarlo e lui ebbe un tuffo al cuore. «Lo ha fatto perché ha perso dei soldi... è una ragione, per te?» gli chiese, con la voce rotta dal pianto.
Gray sfiorò il suo viso con una carezza: la sua mano sfiorò il suo labbro inferiore attento a non farle male. «Non esistono ragioni. Non ce ne sono proprio.»
«Mi sento così sporca... così in colpa... deve essere colpa mia.»
«Atena», la richiamò dolcemente. «Guardami.»
Quelle parole gliele aveva sussurrate la prima volta che si erano conosciuti e in un contesto così lontano da quello in cui si trovavano adesso.
«Non è colpa tua. Ok?»
Lei annuì.
«Voglio che lo dici, che non è colpa tua.»
«Non... non è colpa mia...»
Atena si poggiò contro la sua spalla e lui le accarezzò piano la schiena, ottenendo da lei un piccolo sussulto. Lo strinse ancora di più: le sue dita delicate si serrarono attorno alle sue braccia.
«Hai... ce ne sono altre?»
«Ho... sbattuto la schiena.»
Gray si alzò e raggiunse il soggiorno a grandi passi per poi tornare indietro con in mano una felpa che lei prese con mani tremanti.
Lo guardò per un attimo: aveva davvero riposto la sua fiducia in una persona che aveva conosciuto facendo sesso nel bagno di un bar?
«Mettiti questa.»
Senza aggiungere altro, Gray chiuse la porta del bagno, lasciandola sola.
Atena uscì poco dopo con addosso nient'altro se non la felpa e Gray distolse lo sguardo di fronte alla vista delle sue gambe lunghe: l'ultima cosa che voleva era che lei pensasse che se ne potesse approfittare.
Si chiese come fosse possibile che il sesso nel bagno di un bar l'avesse portato a prendersi cura di una dea in carne ed ossa che adesso lo guardava con quegli occhioni blu come pietre preziose.
Gray le porse una busta di piselli surgelati. «Per la schiena.»
Atena annuì e poggiò la busta sulla sua schiena, cercando il punto esatto in cui le faceva male.
«Posso...» azzardò lui.
«Sì, grazie...» lo guardò. «Non è niente che tu non abbia già visto», scherzò lei, facendogli accennare un sorriso.
Gray sollevò il tessuto della felpa e i suoi occhi caddero su un livido ampio e violaceo appena sopra il sedere, coperto da un paio di mutande chiare. Gray tenne con una mano la busta dei piselli e quella libera la posò sul suo fianco, accarezzandolo lievemente disegnandoci motivi immaginari.
«Mi dispiace se sono venuta qui...» disse lei, che pian piano stava riprendendo un po' di autocontrollo. «Ma non sapevo dove altro andare...»
«Le tue amiche, loro non...»
Atena scosse la testa. «Pensi che se Karima sapesse una cosa del genere Spencer sarebbe ancora vivo?»
«Non sarebbe male, se lo sapesse.»
Atena non rispose e lui lasciò perdere: se Atena non avesse parlato lo avrebbe fatto lui – e non avrebbe solo parlato –, ma quello se lo tenne per sé.
«Penso che possa bastare», disse lei, riferendosi al ghiaccio.
Si rigirò tra le sue braccia e lui non lasciò la presa sul suo fianco. Gray lanciò i piselli sul piano della cucina e le appuntò una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio. Lasciò il pollice ad esitare sul suo viso. Avrebbe voluto baciarla, ma non lo fece.
Si allontanò. «Dovresti dormire.»
«Posso... prendo il divano.»
Lui accennò un sorriso, sfiorandole piano il viso. «Il divano è anche il divano-letto in cui dormo."»
«Oh. Allora io...» Atena fece per allontanarsi e lui cercò la sua mano.
«Resta con me.»
Atena, un po' sollevata, annuì.
Il materasso era un po' basso e un po' scomodo. Atena non disse nulla e si sistemò meglio sul cuscino, sdraiandosi su un fianco.
Gray era sdraiato a pancia in su, a contemplare il soffitto e i diversi modi in cui avrebbe potuto strappare la spina dorsale dalla schiena di quel soggetto che atteggiava a chiamarsi uomo.
Atena si mise poco dopo in una posizione speculare alla sua.
«Qual è il tuo colore preferito?» chiese Atena, nel buio della stanza.
«Il blu», si ritrovò a dire lui, dandosi subito dopo del coglione.
«In tanti scelgono il blu, sai?» rispose lei, come se fossero due amichette a parlare ad un pigiama party.
«Come mai?»
«Perché dicono che il blu rilassa la mente.»
Gray annuì nel buio.
«Il tuo, qual è?»
Lei ci pensò su. «Il grigio.»
Atena si sdraiò di nuovo su un fianco, quella volta dal lato di Gray, che si abbassò a guardarla.
«Mi dispiace se sono venuta qui.»
«A me non dispiace che tu sia venuta qui.»
«Perché?» sussurrò.
«Perché mi piaci.»
Atena sentì le farfalle scoppiare nel suo stomaco e si sentì in colpa subito dopo: si sarebbe sposata in un paio di giorni ed era nel letto con un altro.
«Sono un casino, Gray.»
Gray si mise su un fianco e le circondò la guancia con la mano. «Sei il casino che voglio.»
Lei rifletté su quelle parole e rimase in silenzio.
«E poi, pensi davvero che la mia vita sia meno incasinata?»
«Perché?»
Gray tornò a fissare il soffitto. «Sono stato in prigione, negli ultimi tre anni.»
Fantastico, pensò Atena, dal violento al serial killer.
«Che cosa hai fatto?» chiese lei, in un tono che non voleva giudicare. Del resto, chi era lei per giudicare?
Gray prese un respiro profondo: era la prima persona a cui raccontava la storia.
«Un mio amico era in libertà vigilata e... ha continuato a fare il coglione anche se avrebbe rischiato che lo mettessero dentro e buttassero via la chiave.»
Lei rimase in silenzio, aspettando che lui finisse di raccontare.
«Così, un giorno mi dice che ha bisogno per una cosa importante... di vita o di morte, mi ha detto... io ero appena diventato direttore in un bar, giù a Manhattan... mi è sempre piaciuto stare a contatto con le persone...»
Gray aveva un tono di voce conciliante, pacato, lento... era la classica voce che metteva tranquillità e pace quando l'ascoltavi. Più volte Atena chiuse gli occhi mentre raccontava, sforzandosi invece di rimanere sveglia per sentire la fine della storia.
«Non sapevo di cosa si trattasse, mi ha detto che si trattava di consegnare un pacchetto ad un amico appena fuori Manhattan...»
Si interruppe per un attimo e riprese quando sentì le dita di Atena sfiorargli il braccio nudo, sul tessuto dei suoi tatuaggi.
«Peccato che ad aspettarmi c'erano un mare di poliziotti... era un... non so come si chiama... insomma- avevano ricevuto una soffiata.»
Lei aggrottò le sopracciglia. «Hai spiegato loro come sono andate le cose?»
«L'ho detto, ma i fatti sono quelli che parlano. Avevo un po' di soldi da parte così ho chiesto ad un avvocato di New York... Washington si chiama. Un ragazzo a posto.»
«E poi?»
«È riuscito a farmi ridurre la pena di tre anni.»
Atena si fece più vicina, fino a poggiare la fronte contro la sua spalla e avvolgere le dita attorno al suo braccio.
Sbadigliò. «Deve essere bravo.»
«Sì. Devo incontrarlo la prossima settimana.»
Atena annuì e lui ascoltò il suo respiro farsi sempre più regolare, finché non si addormentò tra le sue braccia.
Atena si svegliò alle luci dell'alba a causa di un raggio di luce che la colpì dritta negli occhi. Gray dormiva con la fronte nell'incavo del suo collo e lei teneva la mano poggiata sulla sua spalla nuda: doveva essersi spogliato nel sonno.
Atena sbuffò sonoramente e si mosse piano, cercando di non svegliarlo.
In un'altra vita sarebbe rimasta lì tra le sue braccia a scoprire che cosa si provava a vivere un rapporto normale tra due persone. Lo avrebbe conosciuto meglio, non avrebbe evitato di dirgli di non lasciare i vestiti fuori dal portabiancheria per paura di essere aggredita. Magari qualche volta avrebbe potuto sceglierlo lei il ristorante, il film da vedere al cinema...
Atena Costa scivolò fuori dal letto, raccolse le sue cose dal pavimento ed uscì di casa, tornando alla sua realtà.
Spazio autrice
Eccoci anche da questo lato! Giuro che questo è l'ultimo aggiornamento della giornata e poi vi lascio in pace🤣🤣 Insomma, l'amore per Spencer aumenta di capitolo in capitolo, vero? Menomale che c'è il nostro Gray a prendersi cura di Atena 😍
Nel prossimo capitolo ne vedremo delle belleeee
un buon proseguimento di weekend 💙
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro