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3. La Cometa di Halley


Le prime due settimane di lavoro di Gray erano state distruttive: non era più abituato a lavorare e soprattutto non era più abituato alla musica assordante e più in generale, ai finesettimana pieni di studenti ubriachi. Aveva versato più birre di un vecchio vichingo e riempito un migliaio di scodelle di patatine ma si era sentito vivo per la prima volta dopo tre anni.

Ed era stato pagato, cosa che lo aveva reso più vivo delle patatine e della birra perché così avrebbe potuto permettersi di pagarsi l'affitto e mangiare qualcosa di commestibile.

La sua famiglia era troppo lontana da lui per offrirgli aiuto e un lavoro, perciò avrebbe dovuto arrangiarsi da solo, come aveva sempre fatto. In più, non aveva detto ai suoi vecchi amici di essere uscito di prigione per evitare di incorrere di nuovo nella serie di sfortunati eventi che ce l'avevano portato, in prigione.

Quel giorno avrebbe cominciato alle tre senza sapere quando avrebbe finito, come sempre.

Mise le mani nelle tasche della sua giacca di pelle e percorse il marciapiede a grandi passi, cercando di evitare le flotte di turisti che fotografavano insegne e quei cazzo di idranti rossi come se non li avessero mai visti in vita loro.

Guardò il vecchio orologio col cinturino nero che teneva al polso e imprecò sottovoce: erano quasi le tre e si era dimenticato di mangiare un boccone prima di cominciare. O meglio, era andato a letto talmente tardi che non aveva avuto la forza di prepararsi qualcosa.

Esitò quando si trovò a qualche metro dal ristorante della dea Atena, indeciso sul da farsi.

«Ehi!» esclamò una voce frizzante alle sue spalle.

Si voltò verso la ragazza col caschetto color carota che era fuori a fumare una sigaretta: teneva ancora il grembiule nero legato alla vita sottile e indossava una maglietta a maniche corte con il logo e il nome del ristorante scritto a caratteri cubitali.

«Sei l'amico di Gianni, no?» chiese, facendo la finta tonta.

Sapeva perfettamente chi fosse e soprattutto che cosa avesse fatto. Mentre lo guardava, Karima si disse che avrebbe tradito chiunque per una notte di sesso con quel tizio. C'era un che di oscuro ma romantico in quelle ampie spalle e in quella camicia aperta sul davanti che rivelava una maglietta bianca.

«Lavoro per lui, sì», rispose lui, senza avvicinarsi.

«Devi essere una brava persona, se lavori per lui.»

Gray si limitò a stringersi nelle spalle.

Karima lo guardò ancora, rivolgendogli un'occhiata che lui non riuscì a decifrare. Spense poi la sigaretta e la buttò in un posacenere alto.

«Beh, buona giornata», concluse, girando i tacchi per tornare dentro.

«Siete ancora aperti?»

Karima sorrise sotto i baffi e si voltò a guardarlo con un sorriso sadico. «Siamo aperti per gli amici di Gianni...»

...e per gli aitanti quanto misteriosi sconosciuti che Tini si scopa nei bagni pubblici e con i quali spero di sistemare la mia amica così che possa lasciare quel misogino pieno di sé del suo compagno barra futuro marito.

Quei pensieri, Karima li tenne per sé.

Gray entrò nel locale trovando refrigerio nell'aria fresca del locale: per quanto fosse ancora maggio, a New York faceva caldo e l'aria era pesante e opprimente.

Karima poggiò entrambe le mani sul bancone del bar. «Tiniiiiii... abbiamo un tavolo libero?»

Atena era seduta dietro il bancone e stava scrivendo qualcosa al computer: i capelli erano legati in uno chignon disordinato e teneva un paio di occhiali da vista poggiati appena sopra la fronte.

«Sono passate le tre, la cucina è chiusa», rispose meccanicamente, senza alzare lo sguardo.

«Sono sicura che possiamo trovare un tavolo libero», disse, tra i denti, girandosi per rivolgere un'occhiata di scuse al giovane uomo fermo a qualche metro da loro.

Mila entrò in sala con uno straccio in mano e ridusse le labbra ad una linea sottile, capendo perfettamente che cosa stava succedendo: dannata Karima quando si metteva in testa una cosa non la fermava nessuno!

Karima rivolse un'occhiata d'aiuto a Mila che strinse ancora di più le labbra, scuotendo appena la testa.

Dai, le disse con lo sguardo e indicò Atena.

Era impossibile non notare che più si avvicinava la data del matrimonio, più Atena perdeva la voglia di vivere. Atena era come una cometa: un lampo di luce che attirava l'attenzione di tutti quando entrava in una stanza, piena di energia. Adesso si stava spegnendo e Karima non poteva permetterlo.

Dal canto suo, Gray non capiva che cosa stava succedendo.

«Puoi sederti al bancone», esordì rassegnata Mila. «La cucina è chiusa ma possiamo rimediarti un po' di avanzi visto che sei... l'amico di Gianni.»

A quello, Atena sollevò gli occhi dal computer e quasi le uscirono fuori dalle orbite quando incontrò quelle due stelle cadenti.

Cercò delle spiegazioni negli occhi di Karima che la liquidò con un 'vado a vedere cosa c'è in cucina' rapidissimo per poi sparire appunto in cucina.

Mila invece si mise a piegare tovaglie e tovaglioli a qualche metro da lei, senza guardarla.

Atena decise di riprendere a lavorare al computer, senza degnarlo di uno sguardo: era la decisione più saggia. Quell'errore doveva stare il più lontano possibile da lei.

E poi, doveva fare le fatture, curare i social... un sacco di lavoro da fare.

Karima uscì dalla cucina con un vassoio pieno di ogni genere di cibo: c'erano spaghetti con le polpette, bistecca ai ferri e una montagna di patate al forno.

Arricciò il naso infastidita quando si rese conto che i due non si stavano calcolando minimamente: Atena aveva le orecchie rosse come il fuoco e continuava a fissare lo schermo del computer mentre lui fingeva di scrollare lo schermo del cellulare.

«Non va bene...» disse, schioccando un paio di volte la lingua, pensierosa. «Mila, dobbiamo fare qualcosa.»

«No, Rims, non dobbiamo fare niente!» esclamò sussurrando. «Tini sta per sposarsi.»

Karima alzò entrambe le sopracciglia. «E allora?»

«E allora! Non puoi farla andare con uno sconosciuto.»

«Ci è già andata», specificò. «Io dico che dovrebbe continuare ad andarci, così lascia il bruco...»

Mila sbuffò sonoramente: guardò prima Atena e poi Karima. «Sai che non lo lascerà mai... deve sempre fare la cosa giusta...»

«Staremo a vedere! Intanto, dammi una mano, per favore!» le disse, e mise in piedi la sua migliore faccia da cucciolo. «Nella peggiore delle ipotesi lui si innamora e soffre come un cane, poi torna alla sua vita.»

Mila la guardò sconvolta, tenendo a mezz'aria un tovagliolo di stoffa. «Hai un minimo di sensibilità, Rims?»

«Gli uomini ci trattano sempre come spazzatura... ogni tanto possiamo farlo anche noi.»

Mila scosse la testa: come poteva essere che riuscisse a coinvolgerla in tutte le sue follie? Come quella volta che erano andate a Vegas e si erano imbucate al concerto di Céline Dion, ed avevano finito col passare la notte in prigione. Avevano svegliato Atena che dormiva in hotel e l'avevano costretta ad andare a pagare la cauzione. Ora Karima le stava proponendo una cosa altrettanto idiota e lei ci stava ricascando.

«Cosa dovremmo fare, sentiamo?»

«Cerchiamo di farli interagire...»

«Sai che non stai parlando di due gorilla, vero?» domandò scuotendo lievemente la testa. Prese a risistemare la pila ormai perfettamente piegata di tovaglioli, per poi cominciare a dedicarsi alle tovaglie a quadri.

«Ora segui quello che faccio io...» disse e la superò per arrivare finalmente al bancone del bar.

«È quello che hai detto a Vegas!»

Karima la ignorò.

«Ecco», esordì Karima. Poggiò il vassoio davanti al naso del giovane uomo. «Ci sono gli spaghetti con le polpette... ti piacciono tanto, vero Tini

Mila si portò una mano alla fronte.

Atena sollevò gli occhi in quelli color nocciola di Karima.

«Credo che andrò a finire di lavorare nel mio ufficio», rispose.

Chiuse il computer con uno scatto e si alzò a velocità.

Gray la guardò andare via: percorse la curva del suo sedere stretto in un paio di jeans strappati appena sotto la natica sinistra e poi risalì fino alla curva sottile del collo.

Karima ridusse gli occhi a due fessure: sarebbe stata più difficile del previsto!

«Non ci siamo presentati», disse, attirando l'attenzione di Gray che aveva ancora gli occhi fissi sul punto in cui era sparita Atena. «Sono Karima. Karima Serafini. Mio padre è italiano», continuò a dire, orgogliosa. «Mia mamma invece è di qui, di New York.»

Gray annuì. «Fantastico.»

Karima schioccò la lingua. «Tu come ti chiami?»

Dalla sua posizione Mila si chiese dove cavolo la sua amica trovasse quella sfrontatezza e quel coraggio per affrontare le situazioni più imbarazzanti come se nulla fosse.

«Gray. Halley.»

«Gray. Come il colore?»

Gray inclinò la testa di lato: pel di carota faceva sul serio?

«Sì.»

«E Halley, come la cometa.»

Gray rimase con la forchetta con cui aveva infilzato una polpetta a mezz'aria: si chiese se quello fosse un bizzarro tentativo di provarci o dio solo sapeva che cos'altro.

«Immagino di sì.»

Karima lo guardò dritto negli occhi, come se stesse cercando di leggergli nella mente e ad un certo punto Gray si disse che forse lo stava facendo per davvero.

«Bene. Goditi pure il pranzo.»

Senza aggiungere altro, Karima si allontanò. La rossa tornò da Mila che nel frattempo aveva finito di piegare anche le tovaglie e stava cominciando ad apparecchiare i tavoli per la sera.

«Mi hai fatto fare anche il tuo lavoro, Karima Serafini con il papà italiano!» ringhiò. «Ma che ti è saltato in mente? L'hai fatta scappare via dopo mezzo secondo.»

Karima prese un paio di forchette e le sistemò sul tavolo seguite da un coltello e una forchettina da dolce che poggiò sopra il tovagliolo chiuso a forma di cono rovesciato.

«Conosci la Cometa di Halley, Mila?»

«No, Rims, ti prego dimmi di più», masticò, sarcastica.

«Passa una volta ogni cento anni. Quindi quella volta che passa... non bisogna lasciarsela sfuggire...»

Mila le puntò l'indice contro. «Tu... sei pazza.»

Karima prese un bicchiere, lo lucidò un poco con uno strofinaccio e poi lo poggiò sul tavolo. «A lui, lei piace.»

«Ma per favore... come fai a dirlo? Starà solo pensando ad andarci di nuovo a letto...»

Karima scosse la testa. «Nope, c'è qualcosa...»

«Ripeto: tu sei pazza, Karima. Pensa alla tua vita sentimentale e non a quella della tua amica che sta per sposarsi, per favore...» le disse, usando un tono a mo' di preghiera, cercando di farla ragionare.

«Io ho un appuntamento stasera. Con quello che ci porta il pesce» rispose con tranquillità.

«E speri che ti faccia vedere il suo, di pesce.»

«Sì, Mila, spero di vedere il suo pesce. Non ho paura ad ammetterlo...» il suo tono si fece più serio, dispiaciuto. «Come non ho paura a dire che Atena è a pezzi e che ha bisogno di un motivo per scappare via da questo matrimonio.»

«E pensi che... buttarla in un'altra relazione sia la cosa più saggia da fare?»

«No, ma sapere che esiste qualcuno che la considera un essere umano e non un cazzo di trofeo da mostrare alle feste sicuramente aiuterebbe!»

Mila sbuffò. «E va bene... tanto so che lo farai anche se ti dirò che è sbagliato... tanto vale stare al tuo fianco quando farai scoppiare questa bomba.»

Karima soffocò un gridolino e saltellò sul posto. «Lo sapevo! Ora, dobbiamo escogitare qualcosa...»

«Mi pentirò di questa cosa... lo so...»

«Di quale cosa?» domandò Atena, rientrata improvvisamente in sala.

«Di aver messo i tovaglioli a forma di cigno e non a cono rovesciato...» rispose prontamente Karima.

Atena si ravvivò i capelli che aveva sciolto sulle spalle. «Sapete che papà preferisce il cono... dice che il cigno gli sa di troppo.»

«Già, già... dimenticavo...»

Gray la guardava con la coda dell'occhio: indossava una magliettina a maniche corte bianca che le metteva in risalto la curva prosperosa del seno. Si chiese se avesse ancora addosso il marchio rossastro del succhiotto che le aveva fatto... lei gli aveva stretto i capelli tra le dita mentre lo faceva: l'era piaciuto.

...quel ti prego non smettere riecheggiava ancora nella sua testa: detto in un sussurro, con quella voce che era una musica. Gray si ritrovò a desiderare che lei gli rivolgesse la parola.

Si alzò dallo sgabello e raggiunse le tre donne, che stavano parlottando a bassa voce, come se stessero confabulando su qualcosa di classificato, come la CIA.

«Dove posso pagare?» chiese, schierandosi accanto ad Atena.

Lei si voltò. Incontrare di nuovo quegli occhi così da vicino fece sì che la sua memoria proiettasse per la milionesima volta il loro... incontro. Lei pensava che con ogni probabilità lui se ne fosse già dimenticato, per questo si comportava come se nulla fosse. Atena invece non lo aveva dimenticato affatto e la consapevolezza che avesse usato il ricordo del loro... incontro, per far passare lo spiacevole rapporto sessuale col suo futuro marito la imbarazzava da morire.

Si rese conto che non aveva detto nulla e che le sue amiche e il tizio sconosciuto la stavano ancora guardando.

«A-alla c-cassa», riuscì a dire.

«Ok? Dov'è?»

Atena si schiarì la gola e fece un paio di passi indietro, andò ad urtare una fila di bicchieri che avrebbero dovuto sistemare sui tavoli e che invece avrebbero buttato nella spazzatura visto che li fece cadere. Tutti.

«Atena!» gridò la voce scura di suo padre da dentro la cucina. Non l'aveva vista perché era in cucina ma era sicuro che si trattasse di sua figlia. Le cose facevano un suono particolare, quando era lei a romperle.

Mila e Karima si lanciarono un'occhiata rassegnata. «Sarà una luuuunga scalata», disse Karima, guardando la sua amica. 



Spazio autrice

eccomi anche da questo lato 🥰 4 parole: menomale che c'è Karima. 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi auguro una buona serata ❤❤

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