13. 'Uscimmo a riveder le stelle'
Atena Costa poggiò la punta un tempo bianca delle sue ormai logore Adidas sul parquet apparentemente costoso di quel bar. Dietro di lei, Mila e Karima si guardavano attorno come se fossero appena entrate nella tana del lupo.
Forse, in parte, avevano ragione.
«Questa è stata davvero una pessima idea...» stava dicendo Mila, da dietro le spalle di Atena, che camminava davanti a loro.
«Zitta, Mila.»
Il bar era sicuramente messo meglio di quello di Gianni: le poltrone erano imbottite in velluto rosso e rossi erano anche alcuni arredi. Il bancone era ricoperto da un marmo nero lucidissimo e dietro di questo la varietà degli alcolici era praticamente infinita.
Un gruppetto di circa sei persone era riunito attorno al bancone a parlare con un unico tizio che stava oltre di questo, a parlottare a bassa voce. Quello, secondo Atena, era Andreas.
Era un tipo slanciato, magro, senza capelli e con una barba scura piuttosto lunga ad accarezzargli la mascella.
Fu lui ad accorgersi di loro, essendo l'unico a dare il viso all'entrata ed esordì con una risatina.
«Qui non facciamo addii al nubilato, principesse.»
Adesso, sei paia di occhi si erano voltati a guardarle e, a giudicare dai loro lineamenti e dalle loro facce in generale, non erano sicuramente delle persone che qualcuno avrebbe voluto inimicarsi.
Ma Atena Costa non aveva paura, quel giorno. C'era in ballo qualcosa di troppo importante.
«Sei Andreas?» domandò Atena, facendo un paio di passi in avanti.
Mila la tirò per la bretellina della salopette che indossava e Atena le rivolse un'occhiata truce.
L'uomo superò il bancone, assunse un'espressione seria e decisamente poco disposta a fare conversazione. A lui seguirono quei sei uomini, che si sistemarono tutti attorno alle tre ragazze, come un branco di iene.
«Pessima idea...» disse ancora Mila.
«Dacci un taglio, Mils!» la richiamò Karima.
Andreas inclinò la testa di lato per osservarla meglio: la giovane davanti a lui sembrava uscita da un film anni Novanta, con la salopette e i capelli neri come la pece a circondare un viso dai lineamenti dolci.
«Chi vuole saperlo?»
«Si tratta di Gray.»
L'espressione di Andreas, dapprima quasi divertita e famelica, si trasformò in preoccupata e disponibile. Andreas cercò comunque di mantenere un contegno davanti ai suoi uomini.
«Gray non bazzica più da queste parti, principessa», parlò uno. «Se ti ha messo incinta devi girare a largo: non lo troverai qui.»
Atena ignorò quell'energumeno con la faccia da idiota e tornò a puntare gli occhi in quelli scuri di Andreas. «È finito di nuovo in prigione e ho bisogno che tu lo tiri fuori.»
Gli occhi di Andreas si rabbuiarono.
«Dai, jefe, ci sta prendendo in giro», disse un altro.
«Perché cazzo dovrebbe prendervi in giro?» domandò alterata Karima, facendo un passo in avanti. «Avremmo di meglio da fare che essere qui.»
«Miao», mormorò un altro ancora.
«Come ti chiami?» le domandò Andreas.
«Atena.»
«Vieni, Atena, andiamo a parlare di là», le disse, facendole strada verso il suo ufficio. «Il primo che dà loro fastidio se la vede con me e sapete che cosa significa» disse.
Nessuno disse una parola.
L'ufficio di Andreas era piccolo e angusto. Atena si stupì nel trovare una foto di lui e Gray poggiata sulla sua scrivania: erano molto più giovani e sicuramente meno carichi di pensieri.
«Raccontami tutto dall'inizio», le disse, chiudendosi la porta dell'ufficio alle spalle.
Il giorno prima
Faceva freddo per essere maggio. Atena continuava a ripeterselo mentre si stringeva in quel cardigan striminzito che le copriva le spalle.
Nemmeno correre a destra e a sinistra per i tavoli sembrava essere di aiuto.
«Voi non avete freddo?» domandò la giovane donna a Karima e Mila che, al contrario, sembravano non avere lo stesso problema.
Karima le porse un vassoio da portare ad un tavolo. «No. Sicura di non avere la febbre?»
Atena scosse la testa. «Non credo, no... eppure, ho un sacco di brividi...»
«Stasera potrai chiedere a Gray di scaldarti» la incoraggiò Mila, con una gomitata.
Atena alzò gli occhi al cielo e si avvicinò ad un tavolo, portando le bevande.
Buttò un'occhiata alla finestra: in primo piano le nuvole erano bianche, come se nulla fosse; dietro, invece, grossi nuvoloni grigi erano pieni di pioggia.
Le venne un altro brivido.
«Atena.»
La voce di Gray le arrivò alle orecchie come una carezza e si voltò a guardarlo: detestava non potergli dare troppa retta mentre era a lavoro.
Atena guardò l'orologio. «Hai già finito per oggi?» chiese.
«Ho lavorato un paio di ore in più ieri e recupero oggi», rispose lui, con una scrollata di spalle. «Ti do fastidio?»
Atena si avvicinò e si alzò sulle punte per circondargli il collo. «Non essere sciocco.»
Gray si avvicinò un poco per rubarle un bacio su quelle labbra tinte di rossetto bordeaux che lo invitavano ad essere baciate.
Atena poggiò le mani sul suo petto e si bloccò quando vide Spencer entrare nel locale, seguito da un paio di poliziotti.
«È quello lì.»
Non indicare lui, non indicare lui... pregò Atena.
Un paio di poliziotti giunsero alle spalle di Gray e gli infilarono le manette. «Gray Halley: la dichiaro in arresto...» e tutte quelle altre cose lì...
Atena boccheggiò alla ricerca di aria e cercò di attirarlo di più a sé. «Cosa? Perché?»
Un sorriso sadico illuminava le labbra di Spencer. «Mi ha rubato un mucchio di soldi, tesoro.»
"Non chiamarmi così», disse, con la voce stretta in una morsa dolorosa. «Voi non capite...» continuò Atena, rivolgendosi alla polizia. «Non ha fatto niente...»
Gray non disse nulla: si limitò a serrare la mascella e a rivolgere un'occhiata colma di odio a Spencer. Ah, se avesse fatto del male ad Atena l'avrebbe ammazzato e allora sì, che sarebbe finito in prigione per una giusta causa.
«Ho tre persone più il sottoscritto che affermano di averlo visto uscire dal mio ufficio l'altra sera. E i miei soldi sono spariti.»
Atena si avvicinò ancora alla polizia, che intanto era uscita dal locale, portandosi Gray.
«E le telecamere dicono la stessa cosa» continuò Spencer, seguendola.
«Cosa? Come...?»
«Posso avere un secondo?» disse Gray ai due poliziotti, strattonandoli appena.
I due si scambiarono un'occhiata e lo lasciarono andare.
Gray fece cenno ad Atena di seguirlo e si spostarono di qualche passo. Lui parlò a bassa voce. «Sono andato da lui l'altra sera... per dirgli di lasciarti stare.»
«Gray...»
«Atena... non piangere.»
Le sue mani erano strette dalle manette in una morsa dolorosa e detestava non poterla toccare: le avrebbe asciugato via tutte quelle lacrime.
«Ti tirerò fuori di lì...» pianse lei, con la voce interrotta dal magone.
Gray poggiò la fronte contro la sua. «Ti amo, Atena», le sussurrò sulle labbra, facendola piangere ancora di più. «Non volevo dirtelo in questa circostanza ma non so come andranno le cose...»
Atena gli afferrò il viso con entrambe le mani e si fece guardare. «Te lo dirò quando ti tirerò fuori di lì...» sussurrò e gli sfiorò le labbra con un bacio. «Te lo prometto.»
Lui annuì, incerto.
Atena osservò la polizia portarlo via da lei e si strinse nell'abbraccio di suo padre, piangendo.
A pochi passi da lei, Spencer osservava la scena con un sorriso sadico ad incorniciargli le labbra sottili.
Atena si avvicinò a lui a grandi passi: lo schiocco dello schiaffo sulla sua guancia fece voltare un paio di persone. I segni delle unghie di Atena graffiarono la sua pelle.
«Forza, fai arrestare anche me.»
Lui si fece più vicino. «Non tentarmi.»
«Ascolta le mie parole», continuò lei, guardandolo dritto negli occhi. «Ti pentirai di quello che hai fatto.»
Carmine tirò sua figlia per il braccio. «Atena.»
«Mi hai sentito?» continuò, con la voce rotta dal pianto. «Me la pagherai per quello che hai fatto.»
«E questo è quanto», concluse Atena.
«Questo Spencer è...»
«Il mio ex fidanzato.»
Andreas gonfiò le guance e fece schioccare piano la lingua. «Perché dovrei aiutarti? Sembra proprio che sia un problema tuo.»
Atena si avvicinò, così vicina che lui sentì il profumo dei suoi capelli.
«E invece a me sembra proprio che devi a Gray un grosso favore, hm?»
Andreas si grattò il retro del collo: non poteva credere che Gray le avesse raccontato tutta la storia.
«Molto bene», incrociò le braccia al petto. «Che cosa vuoi che faccia?»
«Hai mai visto The Wolf of Wall Street, Andreas?»
Andreas scoppiò a ridere. «Il film con Di Caprio? Che cosa c'entra?»
«Spencer gioca in borsa. Fa una cosa che si chiama Pump and Dump. Vengono gonfiate le azioni degli investitori e vengono rivendute rifilando a chi le acquista una serie di stronzate che fanno perdere loro un sacco di soldi e lievitare i soldi di chi vende. Rendo l'idea?»
Andreas non aveva capito niente. «E allora?»
«Spencer tiene un registro di quello che fa. Sul suo computer e in un archivio cartaceo nel suo ufficio a casa sua. Io non posso andare a prenderlo perché potrebbe vedermi dalle telecamere.»
Atena parlava frettolosamente, con urgenza: voleva che Gray uscisse da quel posto il prima possibile e che potessero tornare a quello che avevano prima. In più, odiava sé stessa per averlo costretto ad andare da Spencer per difenderla.
«E vuoi che ci vada io.»
«Esatto. Vai tu, poi vai da Spencer e lo ricatti. Gli dici che se non ritira le accuse su Gray spifferi tutto alla polizia.»
«E se non lo fa?»
Atena si mise le mani sui fianchi. «Fidati, lo farà.»
Andreas la guardò per un lungo istante. «Tu e Gray state insieme, vero?»
«Sì? Perché?»
«Perché sono davvero attratto da te in questo momento e volevo sapere se potevo provarci o no.»
Atena alzò gli occhi al cielo. «Fammi sapere quando hai fatto. Mi trovi alla Taverna di Atena, a Little Italy» disse, e si richiuse la porta del suo ufficio alle spalle.
«Wow...» soffiò Andreas, respirando una ventata del suo profumo.
11."Uscimmo a riveder le stelle."
Quattro giorni. Erano passati quattro giorni e gli sembrava una vita. Una parte di lui si chiese se Atena fosse stata solo frutto della sua immaginazione e in realtà non era mai uscito di lì. Atena Costa se l'era inventata solo come via di fuga per evadere dalla follia della prigione.
Del resto, era troppo bella e troppo tutto, per essere reale.
Gray si passò una mano sul viso, pizzicandosi con la ricrescita della barba: non osservava il suo riflesso da giorni perché nei bagni delle prigioni usavano i cocci di vetro degli specchi per pugnalarsi e si chiese che aspetto avesse. Probabilmente, Atena lo avrebbe trovato orribile.
Sempre che Atena esistesse davvero.
Gray Halley aveva spento l'interruttore dei suoi sentimenti, era più facile, così. Rientrò nella sua celletta e osservò la tuta arancione che indossava: voleva dire che era in attesa di processo. Chissà quanto gli avrebbero dato quella volta.
Passò le mani a stropicciarsi il viso e buttò la testa all'indietro sdraiandosi nel letto.
Il giovane uomo chiuse gli occhi e lo portarono a Little Italy: la sua voce delicata come una carezza, i capelli fitti e lisci che gli sfioravano il torace nudo, i suoi gemiti dolci come lo zucchero, le cosce soffici in cui affondava le mani quando immergeva la testa tra le sue gambe, il modo in cui buttava la testa all'indietro quando rideva...
Cullato da quelle immagini, Gray si addormentò, passando una nottata che era stata tutto fuorché tranquilla.
Aveva dormito sì e no due ore. Si accorse che era sorto il sole solamente perché iniziò a sentire le guardie parlottare su cosa avrebbero mangiato per colazione.
Gli incubi lo avevano tormentato: adesso che lui non c'era, Spencer ne avrebbe approfittato per farle del male?
Con ogni probabilità lei lo avrebbe dimenticato. A lui avrebbe preferito qualcuno che non passava la sua vita ad entrare ed uscire dalle prigioni. Atena meritava di meglio di lui.
Gray riemerse dai suoi pensieri quando una guardia aprì la porticina della sua cella
«Halley? Vieni» gli disse, rude.
Gray si alzò controvoglia e seguì la guardia lungo il corridoio puzzolente: c'era odore di sudore e di abbandono, in prigione.
«È il tuo giorno fortunato, Halley», gli disse il direttore della prigione. «Hanno fatto cadere le accuse nei tuoi confronti. Il signor Montgomery si è... sbagliato. I suoi soldi erano nel suo ufficio.»
Gray non sapeva che cosa dire.
«Sei libero, Halley. Non hai nessuno da cui tornare a casa?»
Quello, Gray non lo sapeva.
Gray Halley uscì di prigione al tramonto: il cielo tinto di rosa e azzurro era abbastanza chiaro da rivelare un paio di stelle che si preparavano a sbrilluccicare per la notte. C'era un profumo nell'aria di fieno e umidità: Gray si disse che quando si sta in prigione, gli odori e le sensazioni all'uscita cambiano forma, fanno un altro effetto e li apprezzi di più.
Si bloccò sui suoi passi quando ad attenderlo fuori c'era niente di meno che Andreas.
«La tua ragazza è una bella tosta, Ray», fu la prima cosa che gli disse, andandogli incontro.
«Ha chiesto aiuto a te?»
Andreas si limitò ad annuire e mise le mani nelle tasche del suo giubbetto leggero.
«E tu glielo hai dato?»
«Non mi ha dato molta scelta.»
Gray accennò un sorriso: non vedeva l'ora di abbracciarla.
*
Atena cercava di tenere la testa occupata. Aveva deciso di occuparsi di scartoffie e conti tutta la giornata così da non pensare. Andreas le aveva detto che se ne sarebbe occupato ma erano passati quattro giorni e non aveva più avuto sue notizie.
Gray le mancava come l'aria. Si addormentava la notte respirando il profumo dell'unica sua felpa che possedeva, ormai macchiata dalle sue lacrime.
Scosse la testa, tornando a lavorare al computer.
Imprecò quando si rese conto che aveva sbagliato le buste paga: stava pagando luglio ed erano a maggio.
Un lieve tocco alla porta la fece sobbalzare.
«Tini? Vieni un secondo di là? È un'... emergenza.»
Atena sbuffò. «Cosa, Rims?»
«Vieni!» esclamò con urgenza, e la tirò per il braccio.
Atena si trascinò lungo il corridoio e fino alla sala, seguendo Karima.
Ad aspettarla in sala c'era Andreas che stava parlottando con Carmine: le polpette erano l'argomento principale.
«Finalmente ti sei degnato di farti vedere», cominciò lei. Gli puntò il dito contro. «Non ho avuto tue notizie, avevamo un...»
Andreas si spostò un poco, rivelando la figura di Gray, fermo davanti alla porta d'ingresso del ristorante.
Atena guardò Gray, poi Andreas e poi le sue amiche e suo padre, chiedendosi se fosse tutto nella sua testa oppure no.
«Ho mantenuto la mia parola... più o meno.»
Atena si lanciò tra le braccia di Gray, legandosi con le gambe ai lati dei suoi fianchi e lui la strinse tra le sue braccia, chiudendo gli occhi quando respirò il suo profumo.
«Faccio ancora odore di prigione», mormorò lui contro la sua spalla.
Atena cominciò a piangere e lui le accarezzò piano i capelli. Le appuntò poi una ciocca dietro l'orecchio e le sfiorò la tempia con la punta delle dita, facendosi guardare negli occhi. Asciugò un paio di lacrime con il pollice e poi tornò a stringerla forte, dondolandola leggermente tra le sue braccia.
«Pensavo che non ti avrei mai più rivista...» le sussurrò all'orecchio.
«Dovevo dirti che ti amo anche io, no?» domandò lei, la cui voce proveniva ovattata a causa della sua posizione, che la vedeva schiacciata contro la sua spalla.
Gray la strinse ancora di più a sé. «Giusto.»
«Gray!» Lo salutò Carmine.
Gray fece atterrare con cura Atena sul pavimento ma senza pensare minimamente ad allontanarsi da lei. L'attirò infatti per la mano, avvicinandola a lui: non l'avrebbe più lasciata andare.
«Signor Costa, io...»
«Atena mi ha detto cosa hai fatto per lei», lo interruppe. «Non devi dirmi niente.»
Carmine si avvicinò per poggiargli una mano paterna sulla spalla e lui annuì di rimando.
«Mi viene da piangere», borbottò Karima, stringendosi a Mila.
«Dove avete firmato per essere tutte così sexy?» domandò Andreas, arrivando alle spalle delle due ragazze.
«Ew», rispose Karima.
Mila invece rimase fissa a guardarlo, allungando la mano nella sua direzione. «Mila.»
«Andreas.»
«Che intendevi con più o meno?» disse a un certo punto Atena.
«Oh – ehm...» Andreas si schiarì la gola. «Mi avevi detto di fare in modo che cadessero le accuse, eccetera eccetera... o sennò lo avrei denunciato alla polizia.»
«Hm.»
Andreas si grattò il retro del collo. «Beh, le accuse sono cadute ma ho comunque detto tutto alla polizia. Gli stavano dietro da anni, perciò gli ho fatto un grosso favore.»
«Hanno arrestato Spencer?!» domandò incredula Karima.
«Non ancora. Nei prossimi giorni...»
«E perché lo hai fatto», intervenne Gray.
"Oh, sai... sempre meglio avere un amico in polizia. Poi, questo tizio con cui ho parlato, Darling... sembrava un tipo apposto. Chissà che magari chiude un occhio quando... sai..."
"Di che parla, Atena?" Tuonò la voce scura di Carmine.
«Niente papà...» tagliò corto Atena. «Hanno problemi legali con l'insegna del loro bar...»
«Ah! Non farmi cominciare a parlare dell'insegna...» borbottò Carmine, risucchiando Andreas nella conversazione.
Gray tirò la mano di Atena, si fece guardare. «Se non fosse stato per te...»
Atena si avvicinò, posò delicatamente la mano sul suo viso e gli chiuse le labbra con la punta del pollice. «Tu mi hai salvata molto prima di... questo.»
Gray le circondò il viso con entrambe le mani. «Chi lo avrebbe mai detto che il sesso in un bar portasse a questo, hm?»
Lei rise e lui catturò il suo sorriso nella sua bocca.
«Dovresti farlo più spesso, allora...» scherzò lei, cingendogli la vita con entrambe le braccia.
«Naa...» respirò una boccata del suo profumo. «Non penso che sarei così fortunato dall'incontrare te un'altra volta.»
«Atena! Vieni a spiegare ad Andreas come si fanno le polpette!»
Atena buttò la testa all'indietro. «Mai che ci lascia in pace una volta...»
Atena afferrò la mano di Gray e lui, esattamente come la prima volta, sifece trascinare.
Spazio autrice
Buongiornoooo 🩷 scusate come sempre per il ritardo! Alla fine, però, pubblico sempre! L'importante è quello, giusto? Spero di si 🙈🙈 Questa è la seconda volta che premo il tasto 'completa' in una storia che ho pubblicato qui, su Wattpad ed è sempre una grande emozione 🥹
Voglio ringraziare sempre chi è arrivato fino alla fine a leggere questa storia che, come tutte le storie che scrivo, è una piccola parte di me. GRAZIE 🧡
Vi annuncio che non vi libererete di me - purtroppo - perché in arrivo c'è un'altra mini-storia in arrivo 💥 dal Titolo: "Io, lui e il tuo fantasma" anche se non vi nascondo che Atena e Gray mi mancheranno e non poco quindi chissà che, magari non li rivedremo in futuro 🤷🏻♀️
Un abbraccio,
Velouu
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