One-shot
Warning:
Comportamento toxic
Linguaggio volgare
No quirk AU
Sono adulti
…..
Izuku aveva aspettato ed aspettato ed aspettato ancora. Era passata un’ora dall’orario prefissato con Katsuki e lui si trovava ancora su quel muretto a fissare la gente passare, lanciando distrattamente un’occhiata annoiata ai fiori che teneva stretti tra le mani.
Cosa aveva impedito all’altro di presentarsi?
Magari aveva avuto un imprevisto.
Oppure era rimasto imbottigliato nel traffico.
Il suo cuore batteva all’impazzata accompagnato dal sentore di ansia che lo pervadeva ogni minuto di più.
Sentiva lo stomaco contorcersi e bruciare per il nervosismo. La gamba destra si muoveva incontrollabilmente in un tremolio costante.
Si strinse di più nel cappotto verde salvia e affondò il viso nella sciarpa rossa che gli avvolgeva il collo, tenendolo al caldo dal freddo di dicembre.
L’unica cosa che continuava a torturarlo erano le mille domande logoranti che si stava ponendo mentalmente mentre aspettava impaziente.
Perché non lo aveva chiamato?
Non gli era arrivato neanche un misero messaggio.
E proprio mentre formulava quel pensiero sentì il telefono nella tasca della giacca vibrare.
Sgranò i grandi occhi verdi e mentre il vento gli spostava i capelli dal viso, con un movimento fulmineo estrasse il telefono per controllare.
Sullo sfondo decorato dal suo sorriso mentre abbracciava sua madre, comparve l’ultima cosa che voleva vedere in quel momento ed al tempo stesso quella che più aspettava.
La notifica di un messaggio.
Con mani fredde e tremanti sbloccò il cellulare per aprire la chat.
E fu lì che il suo mondo cadde in frantumi.
‘Apparteniamo a due mondi diversi… dimenticati di me.”
Era stato scaricato. Così. Via messaggio. Neanche una telefonata, non si era neanche degnato di scrivere delle parole di scuse. Niente di niente.
Sulla chat ancora aperta cadde una goccia d’acqua, poi un’alta ed un’altra ancora. Rendendo quasi impossibile leggere ciò che c’era scritto.
Il dolore straziante che gli attanagliava il petto gli dava la sensazione di star per rigettare. Il cuore si muoveva veloce e la bocca asciutta spalancata in un tentativo di respirare correttamente.
Non aveva mai provato così tanto dolore in tutta la sua vita.
Aveva fatto di tutto per far funzionare quella storia. Sapeva benissimo anche da sé che non erano la coppia migliore al mondo e che probabilmente non erano fatti l’uno per l’altro, ma faceva male.
Lui ci aveva creduto, ci aveva sperato. Era passato sopra ad ogni discussione frivola e litigio improvvisato ed era andato avanti con un sorriso e l’affetto negli occhi verdi.
Sentiva la sua anima tremare.
Sbatté più volte le palpebre e grosse lacrime finirono di inondare lo schermo ormai spento.
Nel nero vitreo vedeva la sua immagine sconvolta, distorta dalle varie gocce poste quasi come una protezione.
Riprese fiato, non essendosi minimamente accorto di averlo trattenuto.
Perché?
Perché lui?
Perché non era mai abbastanza per nessuno?
Non era abbastanza per sua madre, per il suo patrigno, per il suo vero padre che lo aveva abbandonato così presto da essersi portato con sé anche il ricordo del suo viso.
Lasciò cadere il mazzo di fiori che aveva comprato.
Era solo in una strada piena di persone, si alzò lentamente come se il mondo attorno a lui avesse cessato di muoversi.
Guardò verso l’alto e osservando la neve cadere si rese conto che era davvero solo. E trovò stranamente consolatorio guardare i singoli fiocchi di neve danzare statici e leggeri nel cielo grigio di quel giorno.
Il freddo pungente era l’unica cosa che in quel omento lo confortava, ricordandogli che in fin dei conti era ancora vivo.
Era stanco di amare, era stanco di soffrire ed era stanco di lui.
Per non parlare poi di Lui.
Izuku contava così poco che l’unica cosa che si era degnato di fare era scrivere due parole in croce dopo che lo aveva aspettato al freddo e al gelo per un’ora.
Le parole dolci, i messaggi fino a notte fonda, le ore al telefono, i film guardati insieme, i baci, il sesso… solo ora si rendeva conto che aveva visto tutto con occhi offuscati dall’amore.
Si accorse con orrore stampato sui lineamenti arrossati dal pianto che lo aveva usato. Non era stato niente di più di un passatempo. E si sentì stupido e patetico.
Lui ne era davvero innamorato, ma aveva fatto tutto da solo. A confermarglielo il ricordo fresco e indelebile di quelle parole lette solo qualche minuto prima.
Prese il telefono, e decise di farla finita in un modo che non gli apparteneva.
Mandò nella chat un selfie fatto al momento. Il sorriso distorto e neanche lontanamente autentico, gli angoli della bocca curvati in una piega solitaria e triste, il viso arrossato e gli occhi gonfi e socchiusi.
La fissò per un istante. Era una mossa infantile, ma in quel momento non gli importava neanche più.
Inviò l’immagine e scrisse un breve messaggio.
‘Dato che sei un vigliacco che non ha il coraggio di guardarmi in faccia, compenso io. Ricordatela perché è l’ultima volta che la vedrai.’
Non aspettò una risposta. Bloccò il contatto e cancellò la chat, insieme a tutte le foto che gli potevano ricordare di lui.
Si strinse nelle spalle e spense il telefono sospirando e tirando su con il naso gocciolante.
E così camminando sopra il fiori che dovevano simboleggiare il suo amore se ne andò da solo col cuore distrutto.
Katsuki era un caso chiuso.
Lo amava e probabilmente sarebbe stato per sempre la persona che nei suoi venticinque anni lo aveva affascinato e rapito più di tutte.
Ma per l’altro non era lo stesso.
Izuku era l’unico ad amare e a soffrire. Ed era giunto il momento di lasciar andare.
Si infilò le cuffie nelle orecchie e fece partire la prima playlist trovata, lasciando dietro di se i residui dei fiori, il suo cuore infranto e la relazione che aveva tanto desiderato.
[…]
Katsuki era sempre stato dell’idea che la gente sparasse un sacco di stronzate.
Tutti quei detti, le storie e le metafore usate come luoghi comuni nelle conversazioni. Quelle che sua madre gli ripeteva da tutta la vita e che aveva imparato a memoria.
Però dovette ingoiare un grosso boccone del suo orgoglio ed ammettere, almeno a se stesso, che alcuni non erano del tutto sbagliati.
Come quella stronzata del: ti accorgi di avere qualcosa solo quando lo perdi.
Erano passati quattro mesi e non un singolo cazzo di giorno non aveva pensato a quegli occhi verdi lucidi di lacrime e si era sentito una merda.
Per lui era un gioco, non che i sentimenti di qualcuno lo fossero, ma non credeva che quel ragazzo con cui aveva passato una manciata di settimane provasse qualcosa di serio per lui.
Aveva sempre fatto schifo a capire gli altri, ma quella foto e la scritta che la accompagnava erano innegabili.
Non aveva neanche fatto in tempo a rispondere che Izuku aveva bloccato la chat. Non che in quel momento il verdino fosse il suo pensiero principale.
In realtà aveva visto i messaggi diverse ore dopo l’invio ed aveva perso quella minima possibilità di poter rispondere.
A dirla tutto aveva trovato impressionante la risposta al messaggio, infatti era abbastanza sicuro che si sarebbe trovato un papiro pieno di domande e forse qualche insulto.
Invece a fargli affondare il cuore nel petto erano state quelle poche e semplici parole. Non aveva neanche avuto la forza di arrabbiarsi come suo solito. Aveva mandato giù quel boccone amaro, fissando in silenzio gli occhi tristi ed il sorriso amareggiato di quell’immagine.
Non aveva cancellato la foto, neanche tutte le altre che aveva, le aveva inserite tutte in una cartella che ogni tanto riapriva e guardava. Era una cosa patetica e a dirla tutta anche abbastanza inquietante.
Solo nel momento in cui non poteva più raggiungere in nessun modo l’altro si era reso conto di quanto ci tenesse e di come fosse bello anche con il viso distorto dalla tristezza e dalla rabbia.
Aveva provato ad andare a casa dell’altro per parlare o qualcosa del genere… ma non prima di aver aspettato due mesi. Una volta lì aveva suonato al campanello solo per trovarsi davanti una donna sorridente a chiedergli chi fosse e cosa desiderasse.
In quel momento aveva scoperto che Izuku si era trasferito.
A dire il vero Katsuki non aveva provato subito quella sensazione attanagliargli le viscere, inizialmente l’aveva presa tranquillamente, era rimasto scosso dal modo in cui si era espresso il ragazzo timido con cui era uscito, ma niente di più.
Però lentamente quella sensazione aveva cominciato a logorargli lo stomaco, qualsiasi cosa facesse o vedesse, persino le canzoni che ascoltava, in qualche modo lo riportavano a quel ragazzo.
Lo voleva vedere, gli voleva parlare e soprattutto desiderava mettere a posto le cose.
Ma quando aveva cominciato a pensare di cercarlo si era accorto di non sapere niente di lui.
Non sapeva dove abitasse, che lavoro facesse e soprattutto non aveva alcun modo per contattarlo anche tramite amici in comune.
Si chiese perché nonostante fossero stati insieme tutto quel tempo non sapesse nulla.
Ma la risposta gli arrivò presto come uno schiaffo in faccia.
Non gli era interessato, magari l’altro gliel’aveva anche detto che lavoro facesse e dove, si ricordava che qualche volta lo aveva persino invitato a passare una serata con i suoi amici, ma lui lo aveva sempre ignorato.
Lo aveva liquidato con scuse campate in aria, magari solo per poi passare la serata a guardare schifezze in TV o magari a giocare a qualche videogame con Ejiro.
I suoi amici in realtà lo avevano più volte avvertito che il verdino era un bravo ragazzo e che comportandosi in quel modo lo avrebbe perso, ma lui aveva sempre risposto con un’alzata di spalle e la più totale indifferenza.
‘Ben ti sta.’ si disse mentalmente affondando una mano trai capelli biondi.
Perché lo aveva fatto?
Alla fine gli piaceva davvero Izuku, trovava adorabile la sua personalità ed anche il fatto che lo assecondasse senza creare mai troppi problemi. Era di una bellezza surreale ed aveva anche un corpo da urlo.
Di sicuro anche a letto non si era annoiato, allora perché ha cominciato ad importargli solo dopo aver tagliato i ponti?
Quando ne aveva parlato in un momento di debolezza tra una birra e l’altra a Mina, lei aveva semplicemente riso in faccia al biondo dicendogli qualcosa che gli frullava ancora nella testa dopo mesi.
‘Lo hai dato per scontato, hai considerato che il suo attaccamento a te fosse naturale e qualcosa di dovuto. Lo hai perso perché sin dall’inizio non lo hai mai cercato. Lo tenevi sempre da parte come un giocattolo che ti piace ma che hai paura di usare troppo. Le persone non sono modellini o soprammobili, se lasci che la polvere si accumuli allora se ne andranno.”
Poi il collegamento tra le persone che se ne vanno e i giocattoli l’ha portata a Toy Story e ha cominciato a parlarne con Ejiro che la fissava con gli occhi a forma di cuore e la bocca aperta a formare un’espressione da ebete.
A dirla tutta era stato un bel cazzotto nello stomaco per Katsuki. La sincera verità.
Aveva dato per scontato che quegli occhi verdi lo avrebbero continuato a seguire e guardare innamorati nonostante tutto quello che avrebbe fatto.
Ma si sbagliava.
Era dura ammettere di avere torto. Soprattutto per lui.
Katsuki stesso se si fosse trovato nei panni di Izuku avrebbe reagito così, se non peggio.
La domanda che più lo tormentava era: perché l’ho scaricato? E soprattutto perché così?
Non aveva una risposta. I sensi di colpa lo divoravano ogni volta che soffermava troppo su quelle domande e non aveva neanche il coraggio di guardare il suo riflesso nello specchio.
Anche se in realtà la risposta la sapeva già ma non voleva ammetterla a sé stesso.
Si era annoiato di stare con la stessa persona ed aveva preso in odio tutti quegli aspetti affettuosi ed amorevoli che adesso gli mancavano come l’aria.
Se n’era pentito ma non aveva più modo né di contattare il ragazzo per scusarsi né tantomeno ne aveva il diritto.
Quell’espressione ferita e le sue parole lo perseguitavano.
Lo aveva mollato lui, che diritto aveva di andare a scusarsi o solo rivolgergli la parola?
Si strattonò i capelli e si mise in piedi abbandonando il posto sul divanetto di pelle nel soggiorno.
Quella sera sarebbe uscito con il solito gruppo, avrebbe bevuto qualsiasi cosa che gli passava sotto gli occhi ed avrebbe affogato quelle sensazioni nella confusione dell’alcol e nel dopo sbornia del giorno dopo.
Mandò un messaggio di avvertimento ad Ejiro che sarebbe passato sotto casa sua e di Mina in una mezz’oretta e cominciò a vestirsi.
Esattamente trenta minuti dopo stava citofonando accanto al nome “Kirishima”.
Dopo un’attesa sin troppo lunga per i suoi gusti finalmente i due scesero dal fottuto appartamento e dopo un po’ di urla finalmente si incamminarono per arrivare al nuovo bar aperto nel quartiere dei locali.
Davanti alla porta piena di neon del locale incontrarono anche Kaminari, Sero e Jiro, che li aspettavano chiacchierando tra di loro allegramente.
Dopo i soliti brevi convenevoli e le chiacchiere sul lavoro e la vita in generale decisero di entrare.
Si sistemò la camicia bordeaux sui polsini ed entrò nel locale dove la musica e le luci stavano già portando molte persone sulla pista da ballo.
Si sedette al bancone ed ordinò della vodka alla menta giusto per iniziare il riscaldamento.
Dopo un paio di shot con Sero e Kaminari si girò per cercare con lo sguardo qualcosa con cui intrattenersi.
E fu lì che lo vide. Una scena straziante.
Izuku, il suo Izuku. Anche se ormai non lo era più.
Insieme ad un ragazzo dai capelli viola e un sorriso predatorio.
Stava ridendo, mostrando un’espressione adorante e risplendendo più di qualsiasi altra comparsa in quella fottutissima stanza.
Osservò la camicia bianca dell’altro e gli skinny jeans che risaltavano la fermezza dei muscoli delle gambe, poi passò nuovamente al viso e sussultò nel vedere la sua espressione.
Gli occhi liquidi concentrati unicamente sul ragazzo accanto a lui, le guance arrossate e le labbra schiuse in un mezzo sorriso, ombrato dalla timidezza.
E fu lì che lo colpì.
Poteva essere suo.
Poteva essere lui, lì in quel momento.
A divorargli le labbra rosse e bagnate dalla saliva, a fissare quegli occhi che ti ghermiscono l’anima, a contare quelle lentiggini sul viso.
Ma lui era lì, su un divanetto con un alto.
E Katsuki seduto ad un bancone di un bar a bere per dimenticarlo.
Era colpa sua.
Aveva fatto una stronzata e non sapeva neanche dove cominciare per dire che se ne pentiva.
Rimase a fissarlo a bocca socchiusa, gli occhi spalancati ed un dolore lancinante nel petto.
Una lacrima gli solcò la guancia lasciandosi dietro una scia umida e fredda ed un sospiro gli attraversò le labbra tremolanti.
“Izuku...”
Fine.
N.A.
Non ci sarà in continuo in quanto pensati come storia one-shot. Il significato di questo breve racconto è che le persone non vanno date per scontate e una volta che hai perso qualcuno non si può ritornare sui propri passi.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro