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Let's Make A Deal

"Hai sistemato finalmente"
Commentò Mason appena entrato in camera.

Corey gli riservò una sguardo pieno di felicità. Era fiero di sé.

"Si, nonostante non sia partito sono riuscito a tenere tutto in ordine. Strano vero?"

"Si, troppo strano."
Affermò Mason.

Il ragazzo sedette sul letto del suo ex, cercando di trattenere quei ricordi che la camera gli riportava alla mente.

"Stai bene?"
Gli chiese Corey.

Lui si riprese subito annuendo più volte.

"Sono qui solo per chiederti una cosa, e vado dritto al punto."

Corey lo intimò ad andare avanti con un gesto della mano. Non era preoccupato da quello che il suo ospite aveva da dire.

"Visto che sei rimasto proprio per aiutarci, avremmo bisogno dei tuoi poteri. Ed io avrei bisogno che tu venissi con me. Non bastiamo noi, non per tutti quei cacciatori che vogliono il nostro branco morto nel modo più crudele possib-"

"Il tuo branco."
Lo corresse Corey, interrompendolo.

"Non importa se sia nostro o mio, conta che hai offerto il tuo aiuto e ora ne trarremo vantaggio."

Corey scorse finalmente una orima persona plurale, che non includeva se stesso.

"Cos'avevi in mente?"
Gli chiese Corey, cercando di evitare di iniziare un nuovo litigio.

"Dobbiamo coinvolgere il popolo di Beacon Hills."
Mason si alzò, per poter esporre meglio la sua idea. Non aveva ancora detto neanche dieci parole e Corey poteva già vederlo mentre si credeva di essere un genio, parlando come tale.

"Cos'intendi?"

"Intendo che loro sanno chi siamo, o per lo meno chi sono Scott e gli altri, e non li temono più, anzi, li ammirano. Dobbiamo sfruttare questo a nostro vantaggio. Li proteggerebbero se fossero immezzo a questo casino e al momento, necessitiamo davvero di molta protezione."
Sottolineò Mason.

"Non hai mai pensato alla possibilità che uno di loro potesse farsi male? Mason, sono civili. Mi dispiace ma no, non si può fare. Io non ucciderò degli innocenti."

Mason rimaze piuttosto sorpreso delle numerose affermazioni di Corey, più che altro perché implicavano delle cose del tutto errate, impossibili per fino da pensare.

"Quindi stai dicendo che noi siamo dei criminali, degli assassini, noi meritiamo di romperci un braccio, una mano o di morire non è così?"
Non aveva mai pensato che Corey potesse pensare una cosa del genere. Si conoscevano da ormai due anni, avrebbe dovuto conoscere Scott.

Non era diventato un lupo mannaro perché era un assassino, ma per la sua bontà d'animo. Non ha derubato la sua città, l'ha salvata.

"Sai che ti dico? No. Che i cittadini potessero morire o ferirsi non era nei miei piani. Perché io non vorrei mai che succedesse una cosa del genere, e soprattutto, Scott non lo vorrebbe."

Corey iniziò subito a pentirsi di quanto aveva detto, non lo pensava davvero, affatto. Solo che per l'appunto, Mason non era un genio, e aveva pensato che una folla di persone in uno scontro del genere, fosse proprio il punto debole del suo piano.

"Non appena arriveranno sul punto dello scontro, anzi, non appena si faranno vedere da lontano, i cacciatori fuggiranno, e sai perché?!"
Chiese Mason, iniziando ad alterarsi.

Come poteva dubitare che non avesse pensato ad una cosa del genere o che non avesse potuto prevederlo, per lo meno.

Corey scosse la testa, sospirò e iniziò a parlare: "Ora però ti dovresti dare una calmata, non era ciò che intendevo dire ok? La mia era una convinzione del tutto differente. Pensavo non avessi incluso questa possibilità, o pensato male, e mi scuso per ciò."

Mason annuì, tornando a sedersi sul letto.

"Hai ragione, sono solo molto nervoso."
Affermò.

"In ogni caso, se gli uomini della Monroe uccidesse sei mondani, lei sarebbe la prima a perdere. In fondo combatte per loro no? Per preservare il genere umano."

"Beh, però ucciderebbe te!"
Esclamò Corey.

"Io sono tutto un altro discorso, faccio parte del branco e sto dalla loro parte al 100%. L'unica cosa che cambia tra me e Scott o tra me e Lydia, è che io non ho poteri, ma per lei sono comunque un bersaglio."
Terminò di spiegare, a bassa voce, come se stesse già organizzando il proprio funerale.

"Andrà tutto bene."
Corey glielo disse dopo avergli alzato il mento, guardandolo neglio occhi. Gli diede una pacca sulla schiena e un breve abbraccio prima di tornare in piedi.

"Allora, andiamo?"
Corey indicò la porta sorridendo.

Era ora di sporcarsi le mani per l'ultima volta.

"Stiles?"
Scott uscì dalla cucina in cerca del suo migliore amico.

Appena lo scorse seduto sul divano, gli fece cenno di raggiungerlo.

"Cos'è successo?"
Chiese il castano, dopo essersi chiuso la porta della cucina alle spalle.

"Ti volevo parlare."

"Oggi fai la ramanzina a tutti eh"
Commentò Stiles ridacchiando.

"Cosa? No!"
Scott odiava quando lo pensavano talmente autoritario.

"Mi puoi chiamare dispensatore di consigli"
Disse ridendo anche lui.

La sua risata però fu più breve, e quando Stiles capì che stava per dire qualcosa di serio, allora gli fece cenno di continuare.

"Dovresti andare a visitare tuo padre."

"Lo so."
Affermò Stiles annuendo.

"Ma non so come fare, io... Non so davvero come fare. Andare da lui e poi? Cosa faccio?"

Era la prima volta da quando era tornato che Scott poteva affermare di vedere Stiles insicuro. Lo vedeva come era prima. In quel momento, era come se cercasse nuovamente il suo aiuto. In quel preciso istante, Scott era in grado di riconoscere il vero Stiles nelle smorfie che stava facendo. Era così che Scott si era accorto che Stiles, in realtà, non era cambiato affatto.

Perciò si ridusse a dirgli la più pura verità, come aveva sempre fatto: "Non credo abbia importanza quello che tu andrai a dire o a fare. Per lui sarà abbastanza reprimere quel dolore, perché suo figlio è vivo. È di nuovo con lui. E fidati di me Stiles, questo è quello che conta. Le parole e gli atti non saranno in grado di riempirlo di gioia quanto lo farà il fatto che tu esisti ancora, che ancora resipiri, che sei vivo."

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