The Black Bird
In serate dense di nebbia come questa avrei preferito un buon bicchiere di vino rosso, magari tra le braccia di un bell'uomo moro e seducente e abbandonarmi al camino acceso davanti al quale perdermi in pensieri stupidi, invece domattina devo consegnare questo render per la casa dei Rota.
Sono amici di lunga data dei miei che hanno insistito perché seguissi i lavori. Sono già due notti che tiro dritto e non stacco gli occhi dallo schermo. Non che ci siano altre distrazioni in queste settimane di smartworking, ma almeno avrei potuto mettermi in pari con la nuova serie horror su Netflix.
Bel modo di festeggiare Halloween quest'anno! Niente decorazioni e niente dolcetto o scherzetto. Spero almeno che i pochi ragazzi che andranno in giro per il vicinato rispettino le norme base di questo maledetto lockdown. Stavolta basta la mascherina chirurgica per mascherarsi davvero.
In questa notte di solito succedeva di tutto per le strade. Mia nonna sosteneva che si avverassero anche alcuni tipi di desideri.
Devo ricordarmi di accendere le luci esterne, nel caso che qualche bambino delle ville vicine voglia bussare anche alla mia porta.
Ancora un paio d'ore e avrò finito. Il tempo di controllare l'input del render e vedere se i materiali scelti con la signora Rota si armonizzano con il resto dell'ambiente già arredato, poi potrò riposare.
Sono stanchissima. Ho un tale sonno arretrato che appena consegnerò il lavoro dormirò per tre giorni di fila. Ma sì, mi dico, un bicchiere di alcol posso prenderlo lo stesso, tanto finché va avanti il programma.
Bevo un po' di rosso per riscaldarmi e intanto che aspetto che il Mac faccia il suo lavoro, do un'occhiata allo specchio del lago. È grigio come il mio umore e parecchio inquietante quando la nebbia lo accarezza fino alla sponda, ma il suo fascino ai primi freddi è sempre una calamita.
Il sole è calato. Sono rapita da questa bellezza color piombo, i pensieri si annebbiano un po' grazie al calice di vino e lo sguardo si sposta sulla recinzione.
C'è qualcosa di grosso che si è appena posato sul cancello, sembra nero da questa distanza, o comunque è qualcosa di scuro e abbastanza grande da attirare la mia attenzione. Sembra un cormorano, anzi più di uno ora che mi concentro e guardo meglio, sono due, tre, adesso di più. Strano vederli sulla recinzione e non sulle paline o sulle bricole del lago, dove stanno normalmente. Li trovi lungo le rive di solito, con le loro ali aperte, messe ad asciugare al minimo alito di Breva, ma mai così vicini all'edificato.
Di solito si tengono lontani dagli esseri umani. A debita distanza hanno anche un loro fascino!
Davanti al vetro vedo cadere un paio di piume scure e alzando gli occhi mi accorgo che altri uccelli si sono posati addirittura sul cornicione e sugli aggetti delle camere da letto al primo piano. Un brivido mi percorre la schiena improvvisamente.
Io odio tutti i volatili sia piccoli che grandi e questi, così vicini, mi mettono l'ansia che stasera devo tenere a bada per poter finire di lavorare.
Chiudo in fretta le tende per cercare di tenere fuori dalla vista quegli uccelli così inquietanti e mi concentro sul computer, che sta lavorando emettendo un lieve brusio di sottofondo.
Tutto intorno è silenzio.
... 40% del lavoro in caricamento, dice. Ancora un po' e potrò andare a letto. Attizzo un po' il fuoco nel camino che sembra volersi arrendere al buio della stanza e improvvisamente sento picchiare sui vetri che danno verso il giardino.
Tic, tic, tic, tic, tic...
Sobbalzo al ticchettio ritmico che comincia a spaventarmi. Sembra quasi che qualcuno picchi sul vetro della porta finestra in diversi punti e con un oggetto duro.
Prendo l'attizzatoio per farmi coraggio e mi avvicino alla tenda che poco prima avevo tirato. Fuori è già buio e in controluce non si scorge più niente. Faccio qualche passo e con un gesto brusco apro di scatto la tenda, ma al di là del vetro non c'è niente e nessuno.
Comincio a credere che la stanchezza sia al limite delle mie possibilità e implorando con lo sguardo il mio Mac spero che il render venga generato in breve tempo. Lo schermo mi rimanda la scritta del 48% in caricamento.
Cazzo com'è lento stasera. Se non si sbriga al più presto, domani giuro, lo formatto!
Tic, tic, tic, tic, tic...
Il ticchettio riprende non appena mi siedo alla scrivania e con un sobbalzo mi giro in direzione della porta finestra. Credo sia uno scherzo di cattivo gusto di qualche ragazzo dei dintorni che non ha di meglio da fare che molestare me.
"Vedi di smetterla subito o accendo l'irrigatore." Grido verso il nulla.
Il ticchettio smette e nello stesso istante suonano alla porta facendomi fare un salto sulla sedia. Che paura porca miseria, stasera non ho pace.
Mi avvicino allo spioncino e chiedo chi è.
"Cara, sono Amalia. Disturbo?"
La voce della signora Rota mi risveglia dalla paura di un ospite sgradito, ma mi mette in allarme per l'ora della visita e l'inaspettata presenza senza il minimo preavviso.
"Buonasera signora Amalia, a cosa devo questa visita? Si accomodi, stavo finendo di preparare le carte da mostrarle domani, come d'accordo." Lei entra lentamente guardandosi attorno con un sorriso e mi incuriosisce per la lentezza dei movimenti.
"Cara la mia designer, come è possibile che tu stia ancora lavorando a quest'ora? La colpa è mia e delle mie richieste, lo so. Adesso smetti di affaticarti e offrimi un bicchiere di quello che stavi bevendo tu. È la sera di Halloween, non vorrai mica passarla in casa davanti ad un computer?"
Come faceva a sapere che stavo bevendo qualcosa? Mi chiedo, ma mentre lo penso le sto già versando un calice di rosso.
Lo beve d'un sorso come assetata da tempo e lo appoggia sulla scrivania.
"Devi sapere che sono stata invitata ad una festa speciale in un posto "molto" vicino e ricordandomi che abitavi nei paraggi ho deciso di venirti a salutare." Si giustifica velocemente, quasi leggendo le mie domande nella mente.
"Anzi sai che ti dico? Vieni con me e godiamoci la serata."
Sono basita dalla sua amichevole proposta. Non che sia mai stata antipatica o distante, ma il suo invito mi stupisce e mi crea disagio.
Non posso certo rifiutare però, non ho nessuna scusa plausibile che mi trattenga davvero in casa ed è così palese che sarebbe scortese e anche sospetto. In fondo è pur sempre un mio committente che deve ancora pagarmi e dalla quale potrò avere buoni contatti futuri di lavoro.
"Non saprei cosa indossare, non so che genere di festa sia." Le dico per temporeggiare e capire qualcosa in più.
"Tranquilla cara, ho portato tutto io. Sapevo che non avresti potuto dirmi di no!" E così dicendo dalla grande borsa, che fino a quel momento non avevo notato, sfila due avvolgenti camicioni neri dotati di cappuccio con appositi fori per gli occhi. Tipo quelli indossati nelle riunioni di alcune sette e confraternite.
La guardo spaesata, ma lei senza esitazione e col sorriso che pare tatuato sulle labbra, mi aiuta ad infilarmici dentro senza fatica. Dopo avermi legato una corda in vita e calcato il cappuccio sulla testa, fa lo stesso col suo abbigliamento e lentamente mi sospinge verso il giardino.
Mi porta sicura verso la porta finestra e, come se conoscesse la strada, mi precede uscendo. Io mi blocco sull'uscio, ricordando la presenza poco prima di quei grandi uccelli neri, ma lei mi prende per mano e mi trascina all'aperto.
Non sembra neanche il mio giardino adesso che lo guardo bene: alcune luci arancioni pendono accese dagli alberi, la recinzione è così carica di uccelli neri di tutte le taglie che quasi mi si serra la gola dalla paura, e un fuoco sotto un grande calderone è acceso al centro del prato ben rasato.
D'un tratto dalla nebbia compaiono lentamente altre persone vestite come noi, che sembrano fluttuare sull'erba, tanto lentamente stanno camminando verso il centro del giardino. Arrivano piano, tutte insieme e si dispongono attorno ai vapori che già fuoriescono dal pentolone.
Mi chiedo chi abbia organizzato una cosa così strana nella mia proprietà e senza il mio permesso. Ma più che altro mi ritrovo a chiedermi come abbia fatto io a non accorgermi di nulla, se solo pochi minuti prima ero affacciata a guardare fuori!
Sospingendomi delicatamente verso il fuoco, la signora Amalia mi presenta agli altri con un semplice gesto del braccio e io, quasi bloccata dalla stranezza della situazione, faccio come un inchino involontario verso quelle figure incappucciate.
Mi ripeto che è uno scherzo o una messinscena per festeggiare Halloween, ma quello che ho davanti agli occhi, tutto sembra fuorché una cosa divertente. Eppure, sono attratta dalla cosa e sto al gioco aspettandone la fine.
Dei bisbigli cominciano a sollevarsi piano dalle voci sotto i cappucci e oscillando lentamente all'unisono, ognuno di loro tira fuori da una tasca nascosta della veste, un piccolo oggetto che non riconosco.
Sarà la parte centrale della festa, penso, quella in cui tutti ci dobbiamo calare nell'atmosfera paurosa di Halloween. Sto al gioco e con qualche dubbio in più spero almeno di divertirmi.
"Vai avanti e getta nel paiolo tutto quello che ti offrono."
La signora Amalia mi incita spingendomi verso il centro della scena mentre gli altri astanti continuano a bisbigliare e oscillare.
Quattro di loro si fanno avanti e mi porgono un piccolo contenitore con estrema solennità. Li raccolgo dalle loro mani e nel momento in cui sto per gettarli nel pentolone fumante davanti a me, la signora Amalia proclama ad alta voce la sostanza di questi ingredienti: "cacca di cammello pregiato..." e guardo dissolversi l'ingrediente nel liquido che vortica in senso antiorario, "infuso di pipistrello ... essenza di peto fumogeno... piuma di corvo adulto" e dopo ogni elemento gettato, un piccolo sbuffo di fumo colorato ne decreta la fine.
Gli effetti speciali di questa rappresentazione sono davvero realistici, penso, ma c'è qualcosa che ancora non mi permette davvero di credere che sia solo l'inizio di una festa in maschera. Ed è la presenza inquietante di alcuni di quelli che sembrano cormorani, che si avvicinano saltellando verso di noi.
Uno degli incappucciati si gira verso i volatili e con un gesto della mano li ferma. Poi si sfila il cappuccio mostrando una testa canuta su un viso familiare. È quel vecchio barbogio del signor Rota che, girandosi verso me e la moglie, comincia a declamare versi in latino: "Cotidie damnatur qui semper timet." (L'uomo che vive nella paura è condannato ogni giorno).
Non capisco bene a cosa si riferisca, ma credo c'entri la mia paura dei volatili e questo strano rituale.
"Ripetilo con me adesso... tante volte finché non ci crederai" mi dice il Rota. "È un regalo per te mia cara, è il tuo dolcetto o scherzetto".
Io che non voglio essere scortese e che spero ancora di essere a una festa di cattivo gusto, comincio a pronunciare quella litania senza neanche rendermene conto.
"Cotidie damnatur qui semper timet. Cotidie damnatur qui semper timet. Cotidie damnatur qui semper timet..."
Mentre pronuncio quella formula chiudo gli occhi e un fruscìo sospetto mi circonda all'improvviso. Sento una presenza accanto a me, sempre più vicina.
Tutti gli incappucciati smettono di sussurrare e il silenzio mi circonda senza che io possa riaprire gli occhi per la paura.
Sono paralizzata perché quello che ora mi sfiora la pelle del viso è soffice e liscio come fossero delle piume. Mi si accosta tanto da sentirne il fetore e sulla guancia destra percepirne la scivolosità.
È sicuramente uno di quegli uccelli neri che mi si è avvicinato e ha accostato il becco al mio viso. Mi sta scrutando da vicino, muovendo a scatti il suo collo come a mettermi a fuoco meglio. Sto tremando e non riesco a muovere un muscolo. Non riesco a scappare né ad aprire gli occhi.
"Cotidie damnatur qui semper timet. Accogli le tue paure ragazza, non temerle, fatti avvicinare e non dargli forza. Lascia che ti prenda."
Mi dico che è tutto assurdo e che questa cosa è solo uno scherzo. Provo ad ascoltare il consiglio e ad aprire almeno un occhio per capire cosa sta succedendo, o cosa aspettarmi che succeda, ma quello che vedo mi blocca il respiro.
L'uccello adesso è di fronte a me, con le ali spiegate nella sua maestosa posa di attesa del vento. È altissimo, imponente. Ha un'apertura alare spaventosa e si avvicina col suo sguardo vitreo e il becco spalancato. Ma la cosa che mi terrorizza di più è quello che prima non avevo notato mentre si avvicinava con gli altri: la parte di sotto è umana.
Al posto delle zampe ha due gambe da uomo fasciate in pantaloni neri che si confondono perfettamente sotto al piumaggio. Ho gli occhi sbarrati adesso, il respiro mozzato e il battito accelerato.
Lo vedo avvicinarsi mentre dal becco fuoriesce della bava che lo fa sembrare affamato ed eccitato allo stesso tempo. Richiudo gli occhi stringendoli più che posso, sento le persone intorno cominciare a ridere ed incitarlo a toccarmi: "Prendila, prendila, prendila, prendila... sei il figlio dellammooore."
Sono immobile di fronte a questo essere mezzo uomo e mezzo uccello, ho la mente in blackout e non riesco a far nulla. L'essere piumato ghigna ed emette uno straziante suono, mi arriva a sfiorare le guance con la punta delle ali e a quel punto comincio ad urlare per far tacere gli incappucciati e far allontanare quel mostro.
"Noooooooooo!" mi sento gridare.
Un rumore di vetri rotti mi fa girare di scatto e a questo punto spalanco gli occhi arrossati e pieni di lacrime di terrore.
Il bicchiere di vino si è rovesciato sul parquet ed è andato in frantumi.
Un piccolo bip mi avvisa che il 100% del caricamento è stato effettuato. Il render gira sullo schermo con tutti i materiali ben distribuiti negli interni di casa Rota.
Tutto intorno è silenzio.
Colpa del vino. Mi sono addormentata.
Capisco solo che è stato tutto un sogno, sono le otto del mattino, c'è il sole e la nebbia si è diradata sul lago.
Mi alzo frastornata dalla scrivania e vado in bagno per ritornare tra i vivi e dimenticare quel sogno terribile che sembrava davvero reale.
Mi spoglio lentamente ed entro sotto il getto caldo dell'acqua.
Faccio con calma, ho tutto il tempo per arrivare puntuale all'appuntamento online di lavoro.
Il vapore inonda la stanza.
Dentro il lavandino plana lentamente una grande piuma nera, poi un'altra e un'altra ancora...
...
Tic, tic, tic, tic, tic...
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