Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Primo giorno🦋

Capitolo 7

"Ma come avevo fatto a dimenticare di chiudere la finestra? E perché il sole in quel cavolo di posto sorgeva alle 5 del mattino?

Odiavo alzarmi prima della sveglia senza una ragione valida, e odiavo profondamente il sole negli occhi! Di mattina non ero mai in grande forma, ma a quell'ora ero una zombie, quelle due ore di sonno mancanti si sarebbero fatte sentire durante tutta la giornata. Non ero certamente una persona pigra, praticavo ginnastica, facevo jogging ogni tanto, ma odiavo il mondo prima delle 7.00 del mattino e prima della colazione, solo dopo aver messo qualcosa nello stomaco il mio cervello e il mio corpo si mettevano in moto.

Mi trascinai fuori dalla mia camera fino al bagno, e incrociai la mia compagna di stanza, che sembrava non essere mai andata al letto tanto era sveglia, come cavolo si poteva essere così freschi e pimpanti alle 6:30 del mattino? Sì avevo trascorso più di un'ora nel letto cercando la forza di alzarmi.

<<Buongiorno Lilibeth.>> traspariva così poco entusiasmo dal mio tono che delle condoglianze sarebbero sembrate più animate.

La sorpassai per entrare in bagno e lei si fermò improvvisamente guardandomi con aria stralunata, per poi squadrarmi da capo a piedi.

<<Stai provando un nuovo metodo per farmi impazzire?>> domandò con il piede di guerra già di prima mattina, che forza di spirito che aveva.

<<Ora che avrei fatto?>> domandai confusa, ero certa di essere stata almeno educata.

<<Non so cosa ti sia capitato in Europa, in realtà non me ne frega niente, che ti abbiano rapita gli alieni o che tu abbia subito un trapianto di cervello per me è lo stesso, voglio solo che ti comporti come sempre e non provi ad infinocchiarmi con le tue finte buone maniere.>> detto ciò se ne andò incazzata per un motivo a me sconosciuto. Sentii la porta della sua camera che sbatteva e temetti per l'incolumità dei cardini.

"Cosa avevo fatto?" Mi domandai per un attimo, ma poi mi convinsi che non era il momento per fermarmi a capire che diamine era appena successo.

Mi chiusi la porta del bagno alle spalle e mi buttai sotto la doccia, avevo bisogno di distendere i muscoli, sarebbe stata una giornata impegnativa, per non dire di merda.

Venti minuti dopo ero ancora di fronte all'armadio, disperata, dovevo sembrare Evie, ma non volevo lasciare la mia dignità sull'asfalto della via principale del campus, dovevo parlare seriamente con lei del suo abbigliamento. Mi aveva detto che era femminile, ma non mi aveva detto che i suoi abiti erano così esageratamente succinti, dov'era la stoffa che mancava ad ognuno dei capi del suo armadio? L'aveva data in beneficenza? Ci aveva fatto una mongolfiera?

Rovistai tra tutto quel colore creando un enorme casino, che poi avrei dovuto mettere in ordine. Stavo quasi per arrendermi, rinunciando al primo giorno di lezioni, quando individuai un paio di pantaloncini di jeans neri, alti in vita e un po' strappati, erano abbastanza corti da essere giovanili, una sorta di vedo non vedo, ma coprivano tutto quello che doveva rimanere un mistero agli altri. Indossai una t-shirt grigia scollatissima sulla schiena, ma non potevo lamentarmi, mi ritenni fortunata ad aver trovato qualcosa di più vicino ai miei gusti, la indossai sopra un top nero, ai piedi indossai degli stivaletti a mezza gamba estivi, se avessi avuto un'altra scelta non li avrei mai indossati, ma dovevo ammettere che mi stavano proprio bene.

Io ed Evie eravamo diverse, e indubbiamente il senso estetico apparteneva a lei, io ero più una tipa da t-shirt, jeans e sneakers. Dovevo fare un po' di shopping per smorzare l'eccessiva esuberanza di quel guardaroba.

Presi la borsa con i libri che avevo preparato la sera prima e mi avviai verso l'uscita, prima di mettere piede fuori dal miniappartamento, feci dei grossi respiri e chiusi gli occhi... "Puoi farcela, puoi farcela" ripetei quelle parole nella mia testa, come un mantra, e mi costrinsi ad affrontare il mondo che mi aspettava fuori da quella porta. Un'unica domanda mi ronzava nella testa: come mi avrebbero accolta? Mi avrebbero accolta a braccia aperte? o mi avrebbero calpestato come la nullità che sentivo di essere in quel momento?

                             ***

Quella mattina il campus era tutto un caos, tanti studenti in giro, tutti in fermento per l'inizio del nuovo anno, alcuni gruppetti erano intenti a chiacchierare seduti sull'erba o sulle panchine. C'era anche qualche giocatore di football in giro, si riconoscevano dal loro fisico imponente e dalla loro camminata spavalda, sembravano dire ad ogni passo "il mondo è mio", adoravo quello sport tanto quanto odiavo quei palloni gonfiati.

Il football mi aveva accompagnata durante tutta la mia adolescenza, mio padre era un tifoso dei Los Angeles Chargers, ed io avevo iniziato a guardarlo per attirare la sua attenzione, e anche per ottenere la sua approvazione, sentivo che era il modo giusto per guadagnarmi il suo amore, e poi con il tempo non ero riuscita farne a meno. Andare allo stadio era diventata una tappa fissa del fine settimana, seguivamo anche le trasferte, e grazie alle influenze di mio padre ero riuscita a conoscere i miei giocatori preferiti, e ad ottenere le maglie, le foto autografate, e perfino il pallone ovale che avevo messo in bella mostra nella mia stanza. Mentre pensavo alla mia passione per il football mi venne in mente quel ragazzo che avevo incrociato il giorno prima, chissà come giocava e in quale ruolo, e chissà com'erano le sue prestazioni, e chissà come si chiamava...

Stop!

Dovevo accantonare subito quel pensiero, in quel momento la mia vita era già un disastro, non potevo permettermi altre complicazioni, avevo un compito, e dovevo impegnarmi al massimo per fare la mia parte al meglio, solo così un giorno tutto quello avrebbe potuto diventare parte della mia vita reale.

<<Evie!>> sentii chiamare da una stridula vocetta fastidiosa.

In un primo momento mi venne da girarmi in cerca di mia sorella ma poi la consapevolezza si fece spazio a gomitate nella mia mente, era me che chiamava.

<<Evie>> insistette.

La voce proveniva dalla mia destra e avrei voluto veramente ignorarla e continuare a camminare, crogiolandomi nella speranza che avrebbe smesso di urlare, ma con rammarico dovetti fermarmi, il suo tono saliva di parecchie ottave ogni volta che apriva bocca. Mi girai a rallentatore, dilatando al massimo ogni millesimo di secondo, e individuai un gruppetto di ragazze che si sbracciavano per attirare la mia attenzione, come se potessero passare inosservate vestite com'erano.

Conoscevo i loro nomi, la mia adorata gemella si era premurata di istruirmi per bene, aveva addirittura fatto delle schede con le loro foto e le loro caratteristiche principali, aveva persino inserito le loro taglie e il loro stato sociale, cosa da non crederci, ancora si parlava di gerarchia e status sociale.

In realtà, la mia cara sorellina si era premurata di istruirmi per bene su mezza università, la metà che contava ovviamente, tutti quelli che non avevano una scheda dovevano essere assolutamente ignorate o ne avrebbe risentito la sua reputazione. Era molto seria quando si parlava di reputazione, era cresciuta con Virgin, alias "La madre che non ho mai avuto e che certamente non avrei voluto", e quella donna era fissata con lo status, era una patita della moda e frequentava assiduamente il chirurgo estetico, non potevo biasimare mia sorella per il suo comportamento e il suo atteggiamento verso il mondo, era cresciuta in un ambiente tossico.

Io, invece, ero cresciuta in maniera diversa, avevo sempre rifiutato tutto quello che ritenevo un eccesso, volevo essere vista per quella che ero, e non per la figlia di Leonard Graham, l'uomo potente che poteva comprare tutto e tutti, inoltre volevo che mio padre mi apprezzasse, e che capisse che ero diversa da Virgin, altrimenti temevo che mi avrebbe abbandonato anche lui. Avevano entrambi i loro difetti, ed era proprio per colpa dei difetti dei nostri genitori che stavamo per mettere in scena quella follia, solo così avremmo raggiunto i nostri obiettivi.

<<Hey! Ti sei incantata?>> la proprietaria della voce con i decibel più alti al mondo, mi era di fronte.

<<Ero sovrappensiero scusami.>> le risposi.

Lei mi guardò stranita, poi mi prese per il braccio e mi tirò in direzione del gruppetto.

<<Hey ragazze!>> salutai.

Seguirono una serie di baci rivolti all'aria e diversi urletti di finta gioia, dopodiché partirono le domande a raffica, Evie era sempre al centro di tutto. Avrei voluto sotterrarmi, non avevo mai ricevuto tutta quell'attenzione in vita mia. L'unica persona così cara a me, tanto da potermi fare un interrogatorio era Ryan, il mio migliore e unico amico, mi mancava come l'aria, era la mia spalla da sempre, e ora stavo ingannando anche lui che pensava di avere accanto la sua "sorellina acquisita", e invece era con un'estranea, ovvero la mia gemella.

<<Com'era l'Europa?>> chiese quella che riconobbi come Piper, capelli neri a caschetto e occhi a mandorla.

<<E i ragazzi? Racconta un po' ti prego, la mia noiosa vacanza negli Hampton deve scomparire dalla mia mente, ancora pensano che io non sappia che stanno divorziando, e vederli fingere mi dà il voltastomaco.>> a parlare era stata Katy, sapevo della situazione dei loro genitori e mi ritrovai ad essere dispiaciuta per lei. A perdere erano sempre i figli durante i divorzi, la maggior parte dei genitori li usavano come armi pronte a sparare, proprio come mia madre aveva usato Evie per ferire mio padre, ma al contrario di Evie e me, Katy sembrava prenderla bene.

<<Mi dispiace Katy è una situazione difficile e ti posso capire, i miei genitori non riescono ad scambiare due parole, ma sono felice che non debbano fingere con me.>> le dissi, e sentivo veramente quello che dicevo, ma mi sembrò di fare l'ennesima cosa sbagliata, tutte mi guardarono stranite, mi venne voglia di tastarmi la testa per controllare che non me ne fossero spuntate altre due, la conferma della mia impressione la ebbi guardando Katy, non solo era stranita come le altre, ma anche grata, era piacevolmente stupita che mi fossi preoccupata per lei.

Ma che tipo di rapporto avevano se anche solo una costatazione banale come la mia aveva causato un tale stupore? Era risaputo che i miei genitori erano divorziati, era uscito su tutti i giornali all'epoca.

<<Non pensare neanche per un istante che queste finte moine ti salveranno. Rispondi chi ti sei fatta? Era bravo almeno?>> esordì Kendall.

La prima volta che la sentivo e già non ne potevo più di lei.

Ma non erano i maschi a parlare così tra l'altro? Dovevo evitare di arrossire come la verginella che ero, di sicuro Evie non provava alcun tipo di imbarazzo quando si parlava di sesso.

<<Dubito che tu sia rimasta casta e pura per Mason.>> non la finiva più, dalla sua bocca uscivano solo cose imbarazzanti, nemmeno Ryan era in grado di imbarazzarmi in quel modo.

Non sapevo che cavolo dire, mi guardai attorno cercando una via di fuga, ma quello che incontrai non mi tirò fuori dai guai anzi mi ci catapultò dentro, incrociai lo sguardo di Lilibeth, mi guardava mentre era appoggiata al tronco di un albero, mi stava studiando, o forse mi stava solo prendendo le misure per la bara, non saprei dire, tra lei e mia sorella dire che non correva buon sangue era l'eufemismo del secolo, sentendomi sotto analisi mi sforzai di sorridere e di sembrare meno me e più Evie.

<<Ragazze vi prego una alla volta, Londra è sempre un sogno, stupenda, antica e poi i ragazzi beh, loro sono... da orgasmo.>> mi sforzai di pronunciare quelle parole senza arrossire <<Ma oltre a qualche uscita occasionale, niente, quindi forse ho fatto veramente voto di castità, sto aspettando il mio principe azzurro.>> dissi facendo l'occhiolino e loro scoppiarono a ridere come se avessi fatto una grandissima battuta e non una frase stupida, forse era questo il loro livello intellettuale.

<<Quello ce l'hai già!>> disse in un sospiro Piper, ma non capì a cosa alludesse.

Erano solo in quattro ma sembravano un esercito, Piper che sembrava di poche parole, lasciava un piccolo commento qui e là, e non mi dispiacque, Katy quella dei genitori prossimi al divorzio, Kendall che sembrava mangiare imprudenza a colazione, e l'ultima del gruppetto, Lisa che finora si limitava a ridere alle battute di Kendall. Facevano parte delle cheerleader, che cliché Dio mio, ero certa che fossero anche programmate dalla fabbrica per accoppiarsi con i giocatori di football o con qualche altro sportivo. Odiavo pensare che anche mia sorella, che sapevo avere una mente brillante, si fosse amalgamata con loro.

Riuscivano a passare di un tema all'altro con una naturalità sconcertante, non facevano pause e forse si leggevano anche nel pensiero, giacché completavano le frasi le une delle altre, se avessero usato tutta quell'energia a lezione, avrei avuto a che fare con dei geni.

Katy si attaccò al mio braccio tirandomi al suo fianco, mentre ci incamminavamo verso l'edificio centrale, dove si sarebbero tenute le lezioni del mattino, a quanto pareva frequentavamo diversi corsi insieme, che fortuna!

Per un attimo mi sentii in colpa per tutti i pregiudizi che avevo nei loro confronti, di certo stavo proiettando su di loro i miei problemi, era il caso di dare loro una seconda possibilità, se dovevo passarci del tempo insieme, dovevo impegnarmi un po' di più.


Ciaoo a tutti... Erin la nostra protagonista sta per iniziare la sua avventura e non vedo l'ora di farvi leggere l'evoluzione della storia.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro