Non pensarci🏈
Capitolo 32
Dylan
La hippie la stava senz'altro coprendo, forse era addirittura in casa, era una sensazione, lei era lì da qualche parte ne ero sicuro.
Avrei potuto insistere, bypassare la sua guardia del corpo, ma a che pro? Non avrei ottenuto quello che volevo, desideravo che lei si aprisse con me, che mi spiegasse cosa era successo, ma non volevo forzarla.
Quella mattina mi ero svegliato e come un coglione ero andato a cercarla nella mia stanza, ma la trovai vuota, nessuna donna era mai scomparsa dal mio letto così in fretta, e stranamente la cosa non mi piaceva.
Al piano di sotto Blake e Axel se la ridevano alla grande, ovviamente non sapevano cosa era successo, ai loro occhi la piccoletta era fuggita a gambe levate per non avere a che fare con me, pensavano che la nostra serata fosse finita nel peggiore dei modi, ma era successo tutt'altro. Tutto si poteva dire tranne che non c'era chimica tra noi due, eravamo due fuochi d'artificio pronti ad esplodere, non mi era mai successo di perdere il controllo così in fretta.
Su quel fronte eravamo perfetti, il nostro problema era di tutt'altra natura, uno soltanto "la verità".
Evie forse non aveva mai sentito il detto "la verità rende liberi".
Non ci capivo nulla, niente aveva senso e sentivo il bisogno di mettere un pò di ordine ai miei pensieri.
<<Se non mi scrivi entro questa sera vengo a buttare giù la tua porta.>> avevo detto alla hippie
<<Se proprio uno scimmione.>> aveva risposto roteando gli occhi in maniera plateale e poi aggiunse: <<Ti sei preso una bella cotta eh?>>
Si stava prendendo gioco di me, e non potevo mandarla a quel paese poiché in effetti ero io a rendermi ridicolo inseguendo Evie, ma non riuscivo a convincermi a lasciar perdere.
Senza risponderle uscii in corridoio sbattendomi la porta alle spalle come una furia, era tutto molto frustrante e non sapevo cosa pensare, non ero neanche pronto a parlarne con i miei amici, cosa potevo dire se al momento quello che avevo in testa era solo un gran casino.
Evie in poco tempo era diventata il mio peggior incubo, era tutto quello che non volevo, tutto quello di cui non avevo bisogno e allo stesso tempo era tutto l'opposto.
Camminai senza una metà precisa, lasciando che il vento fresco di quella giornata, oltre a scompigliarmi i capelli, portasse anche via la rabbia che mi scorreva nelle vene al posto del sangue. Ora capivo tutta l'insistenza del couch sul non lasciarci coinvolgere dalle donne durante il campionato, sul non lasciarci distrarre dai drammi e dalla perdita di energia che ne susseguiva.
Le vie del campus il sabato mattina erano deserte e ringraziai tutti i fan della squadra per questo, dopo la vittoria del giorno prima si erano scatenati tra feste, alcool e sesso, quindi erano tutti ko, ero sicuro che molti si fossero svegliati in posti a loro sconosciuti o con persone sconosciute al loro fianco.
I miei piedi sembravano avere vita propria, mi portarono nel posto che mi aiutava più di tutti a pensare e allo stesso tempo mi rilassava come nessun altro. Entrai nello stadio salutando Benito, la guardia di turno, un signore di mezza età ispanico, e forse il nostro più grande sostenitore, che ovviamente si complimentò per la vittoria.
<<Potevamo fare di meglio.>> risposi pensandolo seriamente, non era da me fare il modesto, ma quella vittoria era solo l'inizio del campionato e aveva messo in evidenza i nostri punti di forza ma anche i nostri punti deboli, e non potevamo permetterci debolezze.
<<Devi essere clemente con te stesso ragazzo mio, gioisci delle vittorie che di quelle ce ne sono poche, di sconfitte la vita è piena.>> un commento alquanto deprimente anche se fatto con buone intenzioni, nascondeva una grande verità. Gli diedi una pacca amichevole e andai dritto al campo.
Mi fece strano dopo la serata precedente non sentire le urla, la musica e le risate, era vuoto, fino al lunedì non ci entrava anima viva. Camminai fino a trovarmi sulla linea delle 50 yarde, da lì la vista degli appalti e del campo era perfetta. Quando ero sotto stress ero solito andare lì, il campo verde appena irrigato che si estendeva fino a perdita d'occhio mi aiutava a concentrarmi.
Immaginare lo stadio pieno con i suoi 60.000 spettatori che intonano cori, che urlano il mio nome, mi aiutava sempre a non ritornare sul passato, a non divagare sul presente e a non perdere di vista il futuro.
Mi sdraiai sull'erba incrociando le mani dietro la testa e guardai il cielo, una distesa celeste infinita sopra di me, quella era senza dubbio la miglior vista dell'intero campus, e quella a me più familiare.
La mia vita negli ultimi due anni era migliorata grazie al football, mi aveva calmato e dato una prospettiva nuova. Dopo la morte di mio padre era diventato tutto un grande casino, la vita di mia madre, di mia sorella e la mia stava andando alla deriva. Per un lungo periodo era come si tutto si muovesse ad una velocità troppo alta e io non riuscivo a stare al passo. La conseguenza era stata ovvia, mi ero lasciato andare finché non ritrovai un appiglio per tenermi a galla. Fortunatamente piano piano anche mia madre stava ritornando a vivere, e speravo che anche mia sorella prima o poi iniziasse a smettesse di sopravvivere e iniziasse a lottare, a vivere.
Ora mi sembrava quasi una follia ritrovarmi in quel luogo con pensieri molto più superficiali di quelli che di solito mi portavano lì, ma erano talmente inaspettati da far vacillare il mio asse di equilibrio. Non ero pronto a provare interesse per Evie, a desiderare il suo tocco, a pendere dalle sue labbra e a voler a tutti i costi risolvere il mistero del suo cambiamento. C'era un mondo dentro di lei che volevo scoprire, che non riuscivo a ignorare, e mi faceva andare fuori di testa.
<<Ero certo di trovarti qui.>>
Mi alzai a sedere di scatto guardandomi alle spalle e vidi Blake.
Non avevo idea di quanto tempo fosse passato dal mio arrivo ma, avevo le mani intorpidite per la prolungata immobilità, ed ero così distratto che non mi accorsi del suo arrivo.
<<Sei diventato prevedibile, sono venuto a colpo sicuro.>>
<<Cosa ci fai qui?>> era irritante essere un libro aperto.
<<Non rispondevi al telefono.>>
<<E non ti è passato per la testa che forse volevo stare da solo?>> sapevo di essere scorbutico ma il mio umore era pessimo. Blake non si scompose minimamente, anzi, il mio tono lo incoraggiò.
<<Proprio per questo sono venuto, avevo capito che era successo qualcosa, vuoi raccontarmi? O devo romperti ancora un pò i coglioni prima che tu ti decida?>>
Mi alzai e cominciai a camminare verso la prima fila degli spalti con il mio migliore amico alle calcagna, ci sedemmo uno affianco all'altro, lui in attesa della mia confessione ed io procrastinando più del necessario, finché il silenzio non divenne troppo fastidioso da sopportare.
<<Blake sei una grande seccatura.>> e lo pensavo veramente, era la peggiore seccatura esistente sulla terra ,ma in fondo, molto in fondo ero felice della sua presenza.
<<Ma anche il tuo migliore amico.>>
<<Preferisco Axel.>> era vero in parte, entrambi parte di me.
<<Lo preferisco anch'io, tu sei fastidioso come una malattia venerea, Axel al massimo devo istruirlo su come non prenderle.>>
<<Non so da dove iniziare.>> dissi infine.
<<È successo qualcosa ad Adelaine?>> la nota di preoccupazione nella sua voce non mi sfuggì.
<<No non è lei il problema.>>
Blake sembrò rasserenarsi, ogni volta che parlavamo di Adelaine sembrava una corda tesa, si aspettava delle brutte notizie da un momento all'altro.
<<Fortunatamente sta migliorando, la mamma parla con lei ogni giorno e la sente serena.>> dopo l'ultima telefonata con mia madre avevo ripreso fiato, sapere che mia sorella stava ritornando in sé, era la migliore delle notizie e alleviava il mio senso di colpa.
<<E allora cosa sta succedendo?>>
<<Evie mi sta facendo ammattire, so che è stupido e non pianificato, giuro che non so in quale momento sono passato dalla modalità "voglio scoparti" a quella in cui voglio sapere tutto di te.>> buttai fuori d'un fiato.
<<È strano sentirti parlare di lei in questo modo, non voglio nasconderlo, di solito sentire il suo nome ti irritat e non riesci neanche a pronunciarlo senza fare smorfie, ma se ti piace lo sai come si dice? al cuore non si comanda.>>
<<Ora non esageriamo, frena il carro che non sono ancora a quel punto, sono per lo più interessato in maniera anomala.>>
la faccia di Blake diceva più di mille parole, neanche lui mi credeva.
<<Perché è scappata?>> rilanciò, era un'ottima domanda, la migliore.
Non ero pronto a raccontare ogni particolare di quello che era successo la sera prima, in qualche modo ero geloso di quello che avevamo condiviso, i suoi baci, il suo tocco timido, il suo approccio tutto nuovo che mandava il mio cervello in corto...lo volevo solo per me.
Ma forse parlare avrebbe reso più chiaro il quadro generale della situazione.
<<È scappata da quello che dovrei scappare anch'io, questa situazione, forse è più intelligente di me, o forse sono solo stupido a voler insistere in qualcosa che certamente mi porterà guai.>> provai a spiegare.
<<Non mi aspettavo una risposta criptica a questi livelli, sono più abituato al te rozzo che al te filoso.>>
<<Cazzone o mi aiuti o vattene a fanculo.>> era inutile pretendere che qualcuno capisse qualcosa che non capivo nemmeno io.
<<Vacci a parlare.>>
<< Fosse così semplice, ci ho già provato, ma non mi vuole vedere, e la sua coinquilina diabolica la sta coprendo.>>
<<La hippie di Axel?>>
<<Sì proprio quella.>> cosa ci vedeva Axel in quella lì proprio non lo capivo, era bella ma scorbutica e sarcastica, non proprio il suo solito tipo.
Vidi Blake smanettare con il telefono.
<<Avrai la posizione entro mezz'ora. Qui si fa lavoro di squadra.>> disse soddisfatto <<Ora facciamo due lanci, approfittiamo di questa visita fuori programma allo stadio.>>
Scendemmo acciuffando una delle palle ovali di allenamento e ci posizionammo uno di fronte all'altro.
<<Devo essere masochista per fare questo il sabato mattina.>> si lamentò a bassa voce ma sapevo che anche a lui piaceva stare lì.
Facevamo quel gioco da quando eravamo piccoli, ad ogni lancio ci separavamo di 10 passi, come in un duello del xv secolo, le regole erano semplici, si continuava a lanciare sempre più forte e più lontano finché ad uno dei due non scappava la palla. Era un passatempo per eliminare lo stress, ma allo stesso tempo ci aveva aiutato ad allenarci negli anni.
<<Bastardo, stai barando!>>
Non sapeva perdere!
Blake era piegato sulle ginocchia e tra un insulto ed un'imprecazione provava a prendere fiato.
<<Talento puro baby.>> mi baciai i bicipidi giusto per dargli fastidio.
Dopo un'ora, parecchi lanci e tre tentativi di rivincita da parte di Blake la situazione era la seguente: io ero più rilassato e stanco, e Blake incazzato a morte e distrutto. Andammo a recuperare le nostre cose per tornare a casa.
<<Ti ho fatto il culo come sempre.>> dissi su di giri, il mio braccio era potente e i miei lanci di conseguenza arrivavano più lontano.
<<Ma sta zitto ti ho lasciato vincere per alzarti il morale.>> mi venne da ridere vedendo il broncio che provava a mascherare.
<<Ecco il messaggio di Axel>> disse all'improvviso.
"Ah ecco chi aveva contattato!"
<<Ho sguinzagliato il nostro Don Giovanni e la hippie non ha avuto scampo.>> rise come una iena della sua stessa idea <<Oh Oh oh la piccola Evie sa come fuggire.>>
<<Dimmi dov'è idiota?>> potevo anche sembrare un tantino disperato ma a quel punto chi se ne fregava.
<<All'Hilton, così ha detto la hippie, starà là per il fine settimana, il mondo di voi ricchi è assurdo.>>
<<Blake sei ricco sfondato ma non ti vergogni neanche un po ad essere così spiolorcio?>>
Blake era l'unico erede di suo nonno, e la sua Lexus sarebbe andata a lui, per ora percepiva il 15 percento dei guadagni della casa automobilistica e già così bastava a comprare il campus.
Un albergo, dovevo aspettarmelo, ero certo non sarebbe andata dalla madre.
<<Ora che sai dove trovarla cosa farai?>>
<<Devo ancora capirlo.>> era la sacrosanta verità. Il mio telefono vibrò distogliendomi dai pensieri.
- Scimmione te lo avrei detto anche senza mandare Axel a "convincermi", ma non glielo dire, si è impegnato parecchio. È all'Hilton stanza 65, registrata sotto il nome di Erin Graham. Io passerò da lei nel pomeriggio. Vuoi un consiglio? Dalle tempo.-
Lei sapeva tutto ovviamente, sapeva sicuramente più di me.
<<Un'altra mezza pazza, mi piace.>> Blake lesse il messaggio da sopra la mia spalla <<le darai tempo?>>
<<Sì, le concedo il pomeriggio.>> decisi...non un minuto di più.
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