Ruzzolai malamente attraverso il passaggio, sbattendo contro le pareti come un sasso. Ad un certo punto sentii un forte colpo in faccia e credo di aver perduto conoscenza perché mi risvegliai a terra, con un fortissimo mal di testa, la faccia in fiamme e la bocca che sapeva di sangue. Avevo ancora gli occhi offuscati, ma mi parve quasi di poter percepire una fioca luce. Solo quando mi riebbi capii cos'era la luce. Cristalli, come quelli che mio padre aveva detto illuminare molte città del regno di Darv.

"Konrad!"

Mi voltai verso l'alto quando finalmente riuscii a sentire il mio nome attraverso il ronzio nelle mie orecchie.

"Papà!" urlai di rimando. Ci fu silenzio per un paio di secondi prima che mio padre urlasse di nuovo il mio nome, come se non mi avesse sentito. Sputai un grumo di sangue. "Papà!" urlai di nuovo, usando tutto il fiato che avevo in corpo.

"Oddio Konrad! grazie al cielo sei vivo. Riesci a risalire?"

Provai ad arrampicarmi sulla parete, ma era liscia e umida e ricaddi a terra.

"Non ce la faccio pa'".

"Sei ferito?" chiese mio padre, la sua apprensione che poteva essere percepita fin qua sotto.

"Ho sbattuto la faccia".

"Hai la nausea? Ti fa male da qualche altra parte corpo?"

Potevo chiaramente sentire i graffi e le contusioni che mi ero fatto cadendo, ma non mi sembrava di avere niente di rotto.

"No".

"Ne sei assolutamente sicuro?"

"Penso di sì".

Ci fu di nuovo silenzio per qualche secondo.

"Dove ti trovi esattamente? Sei in una posizione molto stretta?"

"No, credo di essere finito in una specie di caverna. Ci sono dei cristalli luminosi".

"Ce la fai ad aspettare?"

Guardai verso il fondo, che si perdeva chissà dove. Istintivamente mi rannicchiai verso la parete, una paura viscerale mi attanagliò le viscere.

"Konrad?"

"Papà, la grotta continua e non riesco a vedere il fondo".

"Rimani lì, non muoverti. Devi aspettare un po', riesci a farlo?"

"Quanto devo aspettare?" chiesi, la voce che mi pareva più acuta del normale.

"Non lo so ancora. Alcune ore penso. Devo fabbricare una corda".

"Ore?"

"La corda della tenda è troppo corta. Ho visto un albero adatto qui vicino, tu devi avere solo pazienza".

"E cosa faccio?"

"Allenati un po' con il flusso di mana".

"Mi dovrei allenare in un momento come questo?"

"Ascolta, tu non puoi fare niente là dentro. Cerca di distrarre la mente concentrandoti su qualcos'altro, è l'unico consiglio che posso darti" cercò di confortarmi.

Guardai verso l'alto, frustrato, ma mio padre aveva ragione. Non potevo fare altro che aspettare.

...

Il tempo passava lentamente, senza che potessi fare nulla. La luce proveniente dai cristalli non subiva alcuna variazione e presto persi la cognizione del tempo. All'inizio io e mio padre avevamo un po' parlato, ma la profondità e gli angoli del buco ci costringevano a urlare per sentirci, quindi ben presto avevamo smesso e mentre mio padre si concentrava nella fabbricazione della corda io stavo ripetendo gli esercizi per il flusso di mana. Avevo chiesto a mio padre di buttarmi giù della legna e le pietre focaie per accendermi il fuoco, ma mio padre aveva categoricamente escluso la possibilità dicendomi che rischiavo di soffocare, quindi l'unica fonte di luce erano i cristalli, che rilasciavano una debole luce crepuscolare.

Stavo facendo circolare il mana nel mio nucleo, un esercizio di base che serviva ai maghi per schiarirlo e renderlo più forte. Wil era riuscito a sfondare al livello rosso scuro, un grande traguardo considerando che suo padre era appena al livello rosso solido. Dopo di quello c'era il rosso chiaro, e dopo l'arancione scuro e così via. Mio padre era un mago giallo scuro e mia zia addirittura giallo solido. Pochi maghi riuscivano a schiarire il proprio nucleo fino a renderlo d'argento, e per quanto ne sapevo non si conosceva nessun mago con il nucleo bianco. Avevo sentito da mio padre che girava una diceria per cui le guardie del corpo personali dei re erano maghi dal nucleo bianco, ma anche solo immaginare qualcuno così potente mi faceva venire le vertigini. Secondo il tipo che aveva scritto uno dei miei libri forse esisteva uno stadio ancora superiore e che gli stessi antichi maghi erano maghi che avevano trasceso il nucleo bianco.

Il brontolio del mio stomaco mi fece perdere la concentrazione. Non avevo ancora mangiato niente da quando ero caduto. Cercai nelle tasche della mia giacca se era rimasto qualcosa – mi ricordavo di aver messo mezzo-panino in tasca mentre camminavo – ma invece del cibo afferrai qualcosa di duro e metallico. Il manufatto degli antichi maghi! Con tutto quello che era successo mi ero completamente dimenticato che ce l'avevo in tasca. Per fortuna che non era caduto, avrei rischiato di perderlo per sempre se mi fosse scivolato dalla tasca mentre precipitavo.

Una leggera scossa mi attraversò il braccio mentre lo tenevo e per puro istinto lo aprii e misi il vetrino sull'occhio.  Sul fondo qualcosa brillava intensamente, invitandomi ad avvicinarmi per vedere.

Guardai in alto, dove mio padre stava intrecciando la corda per farmi salire. Sapevo che era una pessima idea inoltrarmi più in profondità, ma il manufatto mi invitava chiaramente ad andare avanti.

La mia indecisione si rivelò inutile, perché l'alone bianco si mosse e, cosa peggiore, lo fece verso di me. Mi sentii raggelare perché quella cosa doveva essere viva. Il manufatto mi stava avvertendo del pericolo? Ma l'alone era luminoso come quando mi aveva portato nelle rovine.

Man mano che si avvicinava iniziò ad essere udibile un rumore, come di qualcosa che grattava la roccia per farsi strada, e capii che non si trovava nel tunnel ma nella roccia stessa. Com'era possibile? Lo sentivo chiaramente, la grotta non era terriccio ma solida pietra. Era una bestia di mana? La mia testa vorticò in cerca di una soluzione. Non conoscevo nessun incantesimo offensivo e sapevo appena creare una bolla di mana, che sarebbe stata poco utile in questa situazione. Provai a chiamare mio padre, ma le parole mi morirono in gola e mi parve di essere paralizzato. Alla fine tutto quello che riuscii a fare fu appiattirmi contro la parete e tentare di trattenere il mana.

Sentii il terreno tremare, poi, come se fosse sbucato dall'acqua invece che dalla nuda roccia, dalla parete uscì la bestia di mana. Sembrava, in mancanza di un termine migliore, una sorta di talpa, ma a differenza di quelle che a volte rovinano le colture e stavano tranquillamente sul palmo di una mano questa era enorme, al punto che alla spalla era più alto di me. La sua testa era completamente corazzata con piastre di cristallo, gli occhi erano così piccoli che era difficile vederli, ma quando si voltò verso di me ero sicuro che mi avesse visto. Rimasi completamente immobile e con il mana ritirato, più per la paura che per precisa volontà. Tuttavia la creatura perse subito interesse per me, rivolgendo l'attenzione verso il soffitto. Aprì la bocca e, non credevo ai miei occhi, iniziò a grattare il soffitto e a mangiare i cristalli.

Quando finalmente la paralisi del mio corpo si dissipò mi staccai con molta cautela dalla parete. Feci un passo, calpestando però un mucchio di sassolini e facendo voltare la creatura, rivelando un naso carnoso a forma di stella che era stato coperto da una delle sue piastre facciali. Rimasi fermo per un minuto intero, poi la creatura tornò a quello che stava facendo.

Evocai una sfera di mana puro dato che man mano che mangiava la caverna diventava più buia, e lo osservai mentre raschiava la roccia e toglieva i cristalli. Subito alzai l'artefatto ancora aperto e lo guardai attraverso la lente. Quello che prima era un alone indistinto adesso aveva assunto due tonalità. Da una parte le zampe e il muso avevano assunto un colore giallognolo e si muovevano in modo strano, in parte seguendo il movimento delle sue mani ma tendendo sempre verso il terreno. Dall'altra parte il resto del suo corpo continuava sì a brillare di bianco, ma invece di rimanere un alone inerte aveva assunto un aspetto vorticoso, che si dirigeva verso l'animale.

Rimasi lì, fissando la bestia di mana mentre continuava a mangiare, in un certo senso confortato dalla sua compagnia dopo aver capito che non era pericoloso. Quasi non mi accorsi di star seguendo l'animale mentre si inoltrava nella caverna finché un tonfo di pietra contro pietra ci fece voltare entrambi verso l'uscita. La bestia di mana non perse tempo, l'alone giallo sulle sue mani si mosse violentemente e la roccia sul pavimento si divise. Subito la creatura ci si tuffò dentro e scomparve, richiudendosi dietro il passaggio.

Mi avvicinai con in mano ancora la sfera di mana puro e afferrai la corda. Sembrava una corda di tiglio, ruvida al tatto e fatta di fretta. All'estremità c'era un grosso sasso, quello che evidentemente aveva generato il rumore che aveva spaventato me e la bestia di mana.

Feci dissipare la sfera di mana e rimasi quasi completamente al buio ora che molti dei cristalli vicini erano stati mangiati, poi cominciai a salire attraverso il buco dentro cui ero caduto. Il passaggio in certi punti divenne angusto e lo sfregamento contro le pareti riaccese il dolore per tutti i graffi e i lividi che mi ero fatto cadendo.

Salii e salii, non riuscendo a capire quanto mancasse perché non stavano arrivando raggi del sole, ma quando mio padre all'improvviso mi afferrò e mi tirò sù capii che il motivo per cui non filtrava luce era che mentre ero bloccato lì il sole era tramontato. Il cielo era diventato praticamente nero, dominato dalla luce delle stelle e della luna.

Mio padre mi portò immediatamente giù dall'ammasso di rocce e mi fece sedere su un tronco scortecciato, evidentemente uno di quelli da cui aveva ricavato il materiale per la corda. Il fuoco si era spento, ma mio padre sfilacciò una parte della corda per farne dell'esca per il fuoco e lo riaccese con un po' di brace che aveva portato sulle rocce per riscaldarsi. Quando il falò era ormai avviato si concentrò su di me.

Mi esaminò con sguardo attento e severo, concentrandosi in particolare sulla mia faccia dove potevo solo immaginare quanto fosse brutta la tumefazione attraverso le fitte che mi mandava quando mio padre la toccò con le dita. Alla fine, emettendo un sospiro che non riuscivo a capire se fosse di sollievo o di stanchezza, iniziò a mormorare un canto. Subito potei sentire le mie ferite rimarginarsi e un sollievo palpabile che pervadeva il mio corpo.

Quando il canto finì e le mie ferite per la maggior parte furono guarite, mio padre mi afferrò la faccia e mi guardò fisso negli occhi con uno sguardo feroce.

"Non azzardarti più ad allontanarti da me se ci troviamo in luoghi sconosciuti. Per poco non mi hai fatto venire un infarto!"

"Sì" dissi con la testa bloccata tra le sue mani.

Mi lasciò la faccia, poi dal suo zaino tirò fuori la casseruola, la riempì di neve e la appese sopra il fuoco usando tre pietre piuttosto alte per tenerla rialzata. In quel momento il mio stomaco brontolò, ricordandomi che non avevo mangiato nulla da quella mattina. Mio padre mi diede appena un occhiata, poi mi lanciò un pezzo di pane che iniziai subito a mangiare.

"Hai visto qualcosa prima di cadere?" mi domandò mio padre mentre tagliava in cubetti una patata sopra una tavoletta di legno posta sulle sue ginocchia.

"Prima di cadere no" dissi con la bocca piena di pane. "Ma ... sul fondo, poco prima che mi tirassi fuori, è comparsa una bestia di mana."

Mio padre smise di tagliare e si voltò verso di me.

"Una bestia di mana? Com'era?"

"Era una specie di talpa gigantesca, con il muso coperto di cristallo".

"Un motal allora. Niente di preoccupante" disse, ricominciando a tagliare la patata.

"Cos'è?"

"Una bestia di mana che si nutre di minerali e rocce. Avevi detto che c'erano dei cristalli luminosi, giusto? Quando scavano tunnel si formano delle crepe e, in qualche modo che non conosco, da queste iniziano a condensarsi delle specie di cristalli ricchi di mana di cui vanno ghiotti. Non sono potenti come i veri cristalli di mana, ma sono un sostituto accettabile in caso di necessità".

"Quando l'ho guardata attraverso il manufatto stava brillando di due colori diversi".

"Si è colorato di due colori diversi?" chiese, iniziando a tagliare due carote.

"Sì. Il suo corpo era bianco, ma il suo muso e le sue zampe erano gialle".

"Non so che dirti. Non l'ho mai usato in questo modo".

"Come lo usavi"?

"Io e Alice spesso guardavamo i pazienti mentre mia madre li curava, poi in genere ripetevamo nella nostra mente quello che faceva usando il manufatto". Mio padre mise da parte le carote e tagliò anche una mezza cipolla. "Domani vedi se c'è altro con il manufatto, poi torniamo a casa. Ho voglia di tornare al coperto il prima possibile".

Mio padre finì di affettare la cipolla, poi attendemmo che la neve sciolta iniziasse a bollire prima di mettere dentro il trito insieme ad alcuni grossi pezzi di manzo salato. Ci volle un po' di tempo perché cuocesse del tutto, ma quando fu pronto ne mangiai tre porzioni tanto ero affamato.

Una volta finito di mangiare lavammo casseruola e ciotole nella neve, spegnemmo il fuoco e ci infilammo nei sacchi a pelo dentro la tenda.

Rimasi parecchio tempo a rimuginare su quello che era successo. Forse avrei potuto trovare altro, ma sentivo già che era una ricerca inutile. Era davvero  così importante quello che avevo visto? Avevo già capito che quella che stava usando la bestia di mana era arte della terra, ma cos'era quell'alone che gli vorticava attorno?

Improvvisamente affianco a me percepii un movimento. Mio padre si alzò dal suo sacco a pelo e uscì dalla tenda, facendo entrare un alito di vento che mi fece rabbrividire. Mi girai e scostai appena un lembo della tenda per vedere cosa stava facendo. Si allontanò di diversi passi, al punto che temetti volesse inoltrarsi nel bosco, ma arrivato al centro dell'abitato in rovina si fermò e si sedette su qualcosa, forse una pietra. La luna lo prendeva da dietro, cosicché potevo distinguere solo la sua sagoma scura in mezzo a quelle dei ruderi e degli alberi.

Nelle sue mani comparvero un archetto e la sua viella. Mio padre appoggiò lo strumento sulla sua spalla, posò l'archetto sulle corde e iniziò a suonare. 

Suonava bene mio padre e insegnava anche a me, sebbene lo strumento per me fosse troppo grande per poterlo suonare correttamente. Spesso suonava alle feste, producendo ritmi veloci e allegri che facevano ballare tutti gli abitanti di Elwood riuniti nella casa del capo, ma in quel momento stava producendo una musica diversa, che a volte suonava nei silenzi solitari della notte.

Riconobbi dalle note 'La Caduta del Principe'. La canzone raccontava la storia di un nobile che si ribellava al re e veniva sconfitto ma, invece di essere catturato, si gettava sulla sua spada. Le versioni del testo erano innumerevoli: in alcuni il re era un tiranno e il nobile si ribellava contro le sue atrocità, in altre il nobile era uno sciocco arrogante che voleva usurpare il re, in altre ancora il re era sempre malvagio ma a ribellarsi era il suo stesso figlio. Il testo a prescindere era sempre rischioso, motivo per cui spesso si suonava soltanto la musica, che era sempre uguale, così come quello che trasmetteva. Rassegnazione, dolore, impossibilità di sfuggire al fato.

Alcuni dicevano che la musica era magia, tanto e più degli incantesimi, e in quel momento, con il chiarore della luna che faceva risplendere quelle vecchie rovine capii il perché. Quelle che erano state semplici pietre acquisirono tutto il peso sacro delle vite che avevano vissuto lì. Ogni risata, ogni gioco, ogni litigio e antipatia erano rimasti, aggrappati a quei ruderi come disperati in cerca di salvezza dall'oblio del tempo parvero ridestarsi mentre le note grevi e malinconiche le toccavano.   

Rimasi ad ascoltare mentre la musica riverberava tra le pietre e si perdeva nel cielo stellato finché, non so dire quando, il sonno mi vinse.

...

Il giorno dopo cercai ancora qualcos'altro, ma come già sospettavo non trovai altro e tornammo a casa. Arrivammo appena in tempo, perché il giorno in cui tornammo la temperatura si alzò bruscamente, come poteva succedere nei giorni a cavallo tra autunno e inverno, sciogliendo la neve e rendendo il terreno fangoso e quasi impossibile da attraversare.

La sera in cui eravamo tornati ero così stanco che mi addormentai di colpo ancora vestito mentre mio padre andava ad avvertire il capo del nostro ritorno, quindi non provai neanche ad usare l'artefatto. Ora però mi trovavo a casa, esaminando l'artefatto tra le mie mani con curiosità. Mio padre era dovuto uscire a curare il vecchio padre di uno dei taglialegna che era scivolato nel fango del disgelo e si era rotto l'anca, quindi in quel momento mi ritrovavo da solo.

Ripensai alle strane cose che avevo visto e a quello che mi aveva detto mio padre, di come l'artefatto facesse rivivere le cose importanti. Mi concentrai intensamente sul ricordo di ciò che era successo e pompai il mana nel manufatto.

Per un minuto non successe niente, poi una sensazione cruda ma familiare mi fece rizzare i capelli sulla nuca e fui come trasportato fuori dal mio stesso corpo. All'improvviso mi ritrovai di nuovo in quella caverna, e il ricordo era così vivido che mi parve di essere davvero di nuovo lì. Provai a toccare la parete, ma non sentii nulla, come se fossi uno spirito disincarnato. Questa sensazione così estranea mi spaventò così tanto che per poco non mollai il manufatto e il ricordo parve venire strattonato da una forza esterna. Nell'attimo che mi ci volle per calmarmi ritornai ad avere un corpo, con tutte le sensazioni che mi trasmetteva. Mi guardai la mano, stupito da questo strano effetto. Mi ci volle tutta la mia concentrazione per ritornare a osservare il motal. La creatura stava facendo esattamente quello che aveva fatto mentre ero lì, cioè mangiare cristalli. Anche se non avevo l'artefatto tra le mani – o almeno quelle che in quel momento erano le mie mani – potevo vedere chiaramente gli aloni luminosi sulla creatura.

Mi avvicinai alla bestia di mana, molto più di quanto avevo fatto nella realtà, ma la creatura si comportava come se non esistessi. Addirittura le girai attorno e anche se non l'avevo vista da quella posizione nella realtà riuscii a vedere l'altra parte. Lo feci diverse volte, guardando l'animale da sopra e da sotto, ma non riuscivo a capire.

Provai a immettere mana nelle mie mani, a immaginare la sensazione di quello che faceva, e all'improvviso mi sembrò di essere diventato la bestia di mana. Era come se avessi sbattuto le palpebre e in quell'attimo fossi passato dall'essere me stesso all'essere la creatura. Potevo chiaramente sentire il mana che fluiva dal suo nucleo alle sue mani, di come questo si attaccasse al mana terrestre e lo piegasse alla sua volontà. Potevo addirittura sentire la roccia che si muoveva sulle sue zampe, il calore sprigionato dal mana in circolo e, meno piacevolmente, il sapore dei cristalli che mangiava e riduceva in briciole con i suoi forti denti. Sapevano di sabbia.

Cercai di lasciare da parte il sapore dei cristalli e di concentrarmi sulla manipolazione del mana, su come il suo mana alterasse quello ambientale e poi attraverso questo come manipolava la roccia fisica. A margine di ciò però potevo sentire un'altra cosa, una cosa simile alla meditazione, ma più istintiva meno controllata. Diversa.

Il rumore della porta di casa che si apriva mi riportò indietro e mi ritrovai nuovamente a casa mia, con le dita sudate che tenevano il manufatto. Una profonda stanchezza si impossessò di me e mi resi conto che nel mio nucleo era rimasto pochissimo mana.

"Sei molto stanco, vero?"

Mi voltai e vidi mio padre che appendeva la pelliccia con cui era uscito.

"Non potevi avvertirmi?" chiesi.

"Dovevi sperimentarlo da te e capire quali erano i tuoi limiti".

Si sedette anche lui accanto al fuoco e gettò un altro ciocco nel camino, che si era parecchio consumato.

"Se fosse saltata una scintilla sui miei pantaloni e avesse preso fuoco mi sarei svegliato?"

"Ti sei svegliato quando sono entrato, quindi direi di sì".

"Che faccio ora?"

"Medita o riposati. Non è il caso che usi il mana adesso per provare ciò che hai visto o fatto con il manufatto. Ci riproverai dopo pranzo".

Mi alzai e andai in camera mia per sdraiarmi. Mentre ero nel mio letto guardai gli scarponi che avevo usato per la scalata, ancora sporchi della terra del viaggio. Ripensai alla sensazione del mana che prendeva il controllo del mana ambientale e lo manipolava, deformando le pietre come fosse sabbia. Attinsi alle mie magre riserve e puntai la mano verso la scarpa.

Con un sorriso, vidi che lo sporco dalle mie scarpe si staccò e iniziò a fluttuare a pochi centimetri da terra.

English version

I tumbled awkwardly through the passage, hitting the walls like a stone. At a certain point I felt a strong blow to my face and I think I lost consciousness because I woke up on the ground, with a terrible headache, my face on fire and my mouth tasting like blood. My eyes were still blurry, but I almost thought I could perceive a dim light. Only when I recovered did I understand what light was. Crystals, like the ones my father had said illuminate many cities in the kingdom of Darv.

"Konrad!"

I looked up when I finally could hear my name through the ringing in my ears.

"Dad!" I yelled back. There was silence for a couple of seconds before my father shouted my name again, as if he hadn't heard me. I spat out a glob of blood. "Dad!" I screamed again, using all the breath I had in my body.

"Oh God Konrad! Thank goodness you're alive. Can you get back up?"

I tried to climb the wall, but it was smooth and wet and I fell back to the ground.

"I can't do it, dad."

"Are you hurt?" my father asked, his apprehension visible all the way down here.

"My face hurts."

"Are you nauseous? Does any other part of your body hurt?"

I could clearly feel the scrapes and bruises I'd gotten from falling, but it didn't feel like anything was broken.

"No".

"Are you absolutely sure?"

"I think so".

There was silence again for a few seconds.

"Where exactly are you? Are you in a very tight spot?"

"No, I think I ended up in some kind of cave. There are some glowing crystals."

"Can you wait?"

I looked towards the bottom, which was lost who knows where. Instinctively I cowered towards the wall, a visceral fear gripping my insides.

"Konrad?"

"Dad, the cave continues and I can't see the bottom."

"Stay there, don't move. You have to wait a bit, can you do that?"

"How long must I wait?" I asked, my voice sounding higher than normal.

"I don't know yet. Some hours I think. I have to make a rope."

"Hours?"

"The tent rope is too short. I saw a suitable tree nearby, you just have to be patient."

"And what do I do?"

"Train some mana flow."

"Should I train at a time like this?"

"Look, you can't do anything in there. Try to distract your mind by focusing on something else, that's the only advice I can give you," he tried to comfort me.

I looked up, frustrated, but my father was right. There was nothing I could do but wait.

...

Time passed slowly, without me being able to do anything. The light coming from the crystals remained unchanged and I soon lost track of time. At first my father and I had talked a little, but the depth and angles of the hole forced us to shout to hear each other, so we soon stopped and while my father concentrated on making the rope I was repeating the exercises for the mana flow. I had asked my father to throw down some wood and flints for me to light a fire, but my father had categorically ruled out the possibility, telling me that I risked suffocating, so the only source of light was the crystals, which released a weak twilight light. .

I was circulating mana in my core, a basic exercise that mages used to clear it and make it stronger. Wil had managed to break through to the dark red level, a great achievement considering his father was barely at the solid red level. After that was light red, and after that dark orange, and so on. My father was a dark yellow wizard and my aunt was even solid yellow. Few mages could lighten their cores to silver, and as far as I knew, no one with white cores were known. I had heard from my father that he had a rumor that kings' personal bodyguards were white-core wizards, but even imagining someone so powerful made me dizzy. According to the guy who wrote one of my books, perhaps there was an even higher stage and that the ancient mages themselves were magicians who had transcended the white core.

The growling of my stomach made me lose concentration. I still hadn't eaten anything since I fell. I looked in my jacket pockets to see if there was anything left – I remembered putting half a sandwich in my pocket as I walked – but instead of food I grabbed something hard and metallic. The artifact of the ancient mages! With everything that had happened I completely forgot I had it in my pocket. Luckily it hadn't fallen, I would have risked losing it forever if it had slipped from my pocket while I was falling.

A slight shock went through my arm as I held it and by pure instinct I opened it and placed the slide over the eye. At the bottom something shone brightly, inviting me to come closer and see.

I looked up, where my father was weaving the rope for me to climb. I knew it was a bad idea to go deeper, but the artifact clearly invited me to continue.

My indecision turned out to be useless, because the white halo moved and, worse, it moved towards me. I felt frozen because that thing had to be alive. Was the artifact warning me of danger? But the halo was as bright as when he had taken me into the ruins.

As he got closer, a noise began to be audible, as if something was scraping the rock to make its way, and I realized that he was not in the tunnel but in the rock itself. How was this possible? I could feel it clearly, the cave was not dirt but solid stone. Was it a mana beast? My head whirled for a solution. I didn't know any offensive spells and I barely knew how to create a mana bubble, which would be of little use in this situation. I tried to call my father, but the words died in my throat and my body was paralyzed. In the end all I could do was press myself against the wall and try to hold on to the mana.

I felt the ground shake, then, as if it had emerged from the water instead of bare rock, the mana beast came out of the wall. It looked, for lack of a better term, like a mole, but unlike the ones that sometimes ruin crops and fit comfortably in the palm of your hand, this one was enormous, so much so that it was taller than me at the shoulder. His head was completely armored with crystal plates, his eyes were so small they were difficult to see, but when he turned towards me I was sure he had seen me. I remained completely still and with my mana withdrawn, more out of fear than out of precise will. However, the creature immediately lost interest in me, turning its attention towards the ceiling. He opened his mouth and, I couldn't believe my eyes, started scratching the ceiling and eating the crystals.

When the paralysis of my body finally dissipated, I very carefully detached myself from the wall. I took a step, but stepped on a pile of pebbles and caused the creature to turn around, revealing a fleshy, star-shaped nose that had been covered by one of its face plates. I stood still for a full minute, then the creature went back to what it was doing.

I summoned a sphere of pure mana as the cave grew darker as he ate it, and I watched as it scraped the rock and removed the crystals. I immediately raised the still open artifact and looked at it through the lens. What had previously been an indistinct halo had now taken on two shades. On the one hand, his paws and muzzle had taken on a yellowish color and were moving in a strange way, partly following the movement of his hands but always tending towards the ground. On the other side, the rest of its body continued to shine white, but instead of remaining an inert halo it had taken on a swirling appearance, which was heading towards the animal.

I stood there, staring at the mana beast as he continued to eat, somewhat comforted by its company after realizing it wasn't dangerous. I almost didn't realize I was following the animal as it entered the cave until a thud of stone against stone made us both turn towards the exit. The mana beast wasted no time, the yellow halo on its paws moved violently, and the rock on the floor split. Immediately the creature dove into it and disappeared, closing the passage behind it.

I approached, still holding the sphere of pure mana, and grabbed the rope. It looked like lime rope, rough to the touch and hastily made. At the end was a large rock, the one that had evidently generated the noise that had scared me and the mana beast.

I dispelled the mana sphere and was left mostly in darkness now that many of the nearby crystals had been eaten, then began to climb up through the hole I had fallen into. The passage became narrow in certain places and the rubbing against the walls rekindled the pain from all the scratches and bruises I had gotten when I fell.

I went up and up, not being able to understand how far it was because no rays of sun were coming, but when my father suddenly grabbed me and pulled me up I realized that the reason why no light was coming through was that while I was stuck there the sun had set . The sky had become practically black, dominated by the light of the stars and the moon.

My father immediately took me down from the pile of rocks and made me sit on a debarked trunk, evidently one of those from which he had made the material for the rope. The fire had gone out, but my father frayed a part of the rope to make tinder for the fire and rekindled it with some embers that he had brought to the rocks to warm up. When the bonfire was already started he concentrated on me.

He examined me with a careful and severe gaze, focusing particularly on my face where I could only imagine how bad the swelling was through the pangs it sent me when my father touched it with his fingers. Finally, letting out a sigh that I couldn't tell whether it was relief or tiredness, he began to hum a song. Immediately I could feel my wounds healing and a palpable relief pervading my body.

When the singing was over and my wounds were mostly healed, my father grabbed my face and looked me straight in the eyes with a fierce look.

"Don't you dare walk away from me again if we're in unfamiliar places. You almost gave me a heart attack!"

"Yes," I said with my head stuck in his hands.

He left my face, then took the saucepan from his backpack, filled it with snow, and hung it over the fire using three fairly tall stones to keep it elevated. At that moment my stomach growled, reminding me that I hadn't eaten anything since that morning. My father barely glanced at me, then he threw me a piece of bread which I immediately started eating.

"Did you see anything before you fell?" my father asked me as he cut a potato into cubes on a wooden board placed on his lap.

"Not before I fall" I said with my mouth full of bread. "But... at the bottom, just before I pulled myself out, a mana beast appeared."

My father stopped cutting and turned to me.

"A mana beast? What was it like?"

"It was some kind of giant mole, with a snout covered in crystal."

"A motal then. Nothing to worry about," he said, starting to cut the potato again.

"What is was?"

"A mana beast that feeds on minerals and rocks. You said there were glowing crystals, right? When they dig tunnels, cracks form, and in some way I don't know about, crystals of some kind begin to condense from them." rich in mana that they greedy for. They are not as powerful as real mana crystals, but they are an acceptable substitute in case of need."

"When I looked at her through the artifact she was glowing two different colors."

"Did he paint himself two different colors?" he asked, starting to cut two carrots.

"Yes. Its body was white, but its face and paws were yellow."

"I don't know what to tell you. I've never used it like this."

"How did you use it"?

"Alice and I often watched patients while my mother treated them, then generally replayed in our minds what she did using the artifact." My father put the carrots aside and also cut half an onion. "Tomorrow see if there's anything else with the artifact, then we go home. I want to get back indoors as soon as possible."

My father finished slicing the onion, then we waited for the melted snow to boil before putting in the mince along with some large pieces of salt beef. It took a little while for it to fully cook, but when it was ready I ate three portions I was so hungry.

Once we finished eating we washed the saucepan and bowls in the snow, put out the fire and crawled into our sleeping bags inside the tent.

I spent a long time brooding over what had happened. Maybe I could have found more, but I already felt that it was a useless search. Was what I had seen really that important? I had already figured out that what the mana beast was using was earth art, but what was that halo swirling around it?

Suddenly I noticed movement next to me. My father got up from his sleeping bag and walked out of the tent, letting in a breath of wind that made me shiver. I turned and moved the tent flap aside to see what he was doing. He took several steps away, to the point that I feared he would go into the woods, but when he reached the center of the ruined town he stopped and sat down on something, perhaps a stone. The moon fell on him from behind, so that I could only make out his dark silhouette among those of the ruins and trees.

A bow and his viella appeared in his hands. My father placed the instrument on his shoulder, placed the bow on the strings and began to play.

My father played well and he taught me too, although the instrument was too big for me to play properly. He often played at parties, producing fast and cheerful rhythms that made all the inhabitants of Elwood gathered in the chief's house dance, but at that moment he was producing a different music, which sometimes played in the lonely silences of the night.

I recognized 'The Fall of the Prince' from the notes. The song told the story of a nobleman who rebelled against the king and was defeated but, instead of being captured, he threw himself on his sword. The versions of the text were innumerable: in some the king was a tyrant and the noble rebelled against his atrocities, in others the noble was an arrogant fool who wanted to usurp the king, in still others the king was always evil but the one who rebelled was his own son. Regardless, the text was always risky, which is why often only the music was played, which was always the same, as was what it conveyed. Resignation, pain, inability to escape fate.

Some said that music was magic, much more than spells, and in that moment, with the moonlight making those old ruins shine, I understood why. What had been simple stones took on all the sacred weight of the lives they had lived there. Every laugh, every game, every argument and dislike remained, clinging to those ruins as if desperate for salvation from the oblivion of time, they seemed to reawaken while the heavy and melancholy notes touched them.

I remained listening while the music reverberated among the stones and was lost in the starry sky until, I can't say when, sleep overcame me.

...

The next day I looked for something else again, but as I already suspected I found nothing else and we returned home. We arrived just in time, because the day we returned the temperature rose sharply, as it could happen in the days between autumn and winter, melting the snow and making the ground muddy and almost impossible to cross.

The evening we returned I was so tired that I suddenly fell asleep while still dressed while my father went to warn the boss of our return, so I didn't even try to use the artifact. But now I was at home, examining the artifact in my hands with curiosity. My father had had to go out to look after the old father of one of the loggers who had slipped in the thawing mud and broken his hip, so I was alone at the time.

I thought about the strange things I had seen and what my father had told me, about how the artifact brought important things. I concentrated intently on the memory of what had happened and pumped mana into the artifact.

For a minute nothing happened, then a raw but familiar sensation made the hairs on the back of my neck stand up and I was transported out of my own body. Suddenly I found myself in that cave again, and the memory was so vivid that I felt like I was really there again. I tried to touch the wall, but felt nothing, as if I were a disembodied spirit. This foreign sensation frightened me so much that I almost let go of the artifact and the memory seemed to be tugged at by an external force. In the moment it took me to calm down I returned to having a body, with all the sensations it sent me. I looked at my hand, amazed by this strange effect. It took all my concentration to look back at the motal. The creature was doing exactly what it had been doing while I was there, which was eating crystals. Even though I didn't have the artifact in my hands – or at least what were my hands at the time – I could clearly see the glowing halos on the creature.

I got closer to the mana beast, much closer than I had in reality, but the creature acted as if I didn't exist. I even walked around her and even though I hadn't seen her from that position in reality I was able to see the other side. I did this several times, looking at the animal from above and below, but I couldn't understand.

I tried putting mana into my hands, imagining the sensation of what it did, and suddenly it felt like I had become the mana beast. It was as if I had blinked and in that instant I had gone from being myself to being the creature. I could clearly feel the mana flowing from his core to his hands, how it attached to the Earth's mana and bent it to his will. I could even feel the rock moving on its paws, the heat released by the circulating mana and, less pleasantly, the taste of the crystals it ate and crushed into crumbs with its strong teeth. They tasted like sand.

I tried to leave aside the flavor of the crystals and focus on the manipulation of mana, how its mana altered the environmental mana and then through this how it manipulated the physical rock. On the sidelines of this, however, I could feel another thing, something similar to meditation, but more instinctive and less controlled. Different.

The sound of the front door opening brought me back and I found myself back in my house, with sweaty fingers holding the artifact. A deep tiredness took over me and I realized that there was very little mana left in my core.

"You're very tired, aren't you?"

I turned and saw my father hanging up the fur coat he had gone out with.

"You couldn't have warned me?" I asked.

"You had to experience it for yourself and understand what your limits were."

He also sat down by the fire and threw another log into the fireplace, which was quite burned out.

"If a spark had jumped on my pants and it caught fire would I have woken up?"

"You woke up when I came in, so I guess so."

"What do I do now?"

"Meditate or rest. There is no point in using mana now to prove what you saw or did with the artifact. You will try again after lunch."

I got up and went to my room to lie down. While I was in my bed I looked at the boots I had used for the climb, still dirty from the journey. I thought back to the sensation of mana taking control of the ambient mana and manipulating it, warping the stones like sand. I drew on my meager reserves and pointed my hand towards the shoe.

With a smile, I watched as the dirt on my shoes broke away and began to float a few inches off the ground.