Capitolo VII
Brooklyn batteva nervosamente il piede sinistro per terra, pensando ad ogni genere di tortura da poter infliggere a James. Quell'uomo l'avrebbe fatta impazzire, erano da poco entrati in camera quando lui aveva iniziato ad andare in giro per la stanza, sbraitando ordini a destra e a manca. Aveva avuto persino il coraggio di urlarle un "muoviti donna!", lei ovviamente aveva risposto con un elegante calcio in mezzo alle gambe, quello che non era riuscita a dargli la prima volta, ed ora lui aveva messo il muso come un bambino e stava preparando da solo i bagagli per il viaggio. E in più c'era una cosa che non le tornava; perché dovevano camminare quando potevano teletrasportarsi? L'idea non la entusiasmava molto dopo averlo provato, ma avrebbero fatto decisamente prima.
«Perché non possiamo semplicemente teletrasportarci?» Diede voce al suo pensiero. James alzò lo sguardo dal sacco che stava riempiendo e la fissò truce.
«Perché ogni volta che mi teletrasporto corro il rischio di lasciare una scia che potrebbe essere intercettata dal demone, siamo già stati fortunati a non ricevere una sua visitina in Alaska.» Lui tornò a concentrare la sua attenzione su quel maledetto sacco, facendola innervosire di più. Evitò, inoltre, di chiedergli cosa fosse una scia, era abbastanza intelligente da immaginarlo.
«E quanto durerebbe questo viaggio?» Voleva anche chiedergli se si sarebbero accampati all'aperto o se nei dintorni ci fossero degli hotel, locande o qualche posto in cui avrebbero alloggiato, ma a giudicare dai bagagli che preparava era più propensa a credere che si sarebbero accampati da qualche parte.
Che bello, il mio primo campeggio, pensò senza entusiasmo. Sarebbe stata anche un'esperienza esaltante se non fosse stato per il demone e per la preoccupazione di capire come mai potesse vedere gli esseri che gli umani di solito non vedevano. Iniziava anche lei a credere di non essere poi così umana, e forse avrebbe dovuto raccontare a James dei suoi sogni ma non si fidava ancora del tutto.
«Direi una settimana, tra tutti i regni da attraversare e le soste.» Rispose in fretta lui, senza alzare nemmeno gli occhi su di lei.
Ora basta!
Si avvicinò a grandi falcate al letto su cui il cacciatore era seduto a riempire quell'odioso sacco di cianfrusaglie, e gli si mise davanti, lanciando l'oggetto dell'attenzione dell'uomo dall'altra parte della camera.
«Ehi!» Sbottò indignato lui. «Ci ho messo molto per decidere cosa mettere lì dentro, visto che una certa persona era troppo irritata per aiutarmi!»
«Io volevo aiutarti, brutto idiota!» Urlò inviperita. C'era una sola cosa che odiava più di un maschilista egocentrico e scontroso; un maschilista egocentrico e scontroso che credeva di aver ragione. «Era il tuo modo di darmi ordini che mi irritava!»
«Il mio modo di darti ordini?» Ripeté lui con disappunto, come se stesse raccontando la più grande frottola della storia. «Ti avevo solo chiesto di sbrigarti, visto che ci mettevi secoli per preparare uno stupido borsone.»
«No, tu non mi hai semplicemente chiesto sbrigarmi, tu me l'hai ordinato! È in puro stile maschilista, tra l'altro.» Strinse i pugni per non saltargli al collo e stritolargli brutalmente la trachea fino a farlo diventare viola in viso.
«Quindi? Ai miei tempi le donne non aspettavano nemmeno che un uomo desse loro un ordine, sapevano già cosa fare.» James incrociò le braccia al petto e la fissò compiaciuto.
Incredibile! Aveva davvero pronunciato le parole "ai miei tempi"? Sentì il cuore pompare velocemente dalla rabbia mentre si tratteneva dal dargli un altro calcio.
«Nei miei, invece, le donne non sono le serve di nessuno anzi, dovresti ringraziarmi per averti piegato le mutande che ti ha prestato Duncan!»
Lui sbuffò, liquidandola con un gesto della mano, cosa che la fece imbestialire ancora di più. «Sì, sì. Come vuoi. Ora potresti, gentilmente, riprendermi il sacco che hai lanciato via come una scaricatrice di porto?»
Calma Brooklyn, si ripeté nella testa, se lo ammazzi ora non avrai mai le risposte che cerchi, ammazzalo quando la sua presenza non sarà più necessaria. Sul suo viso comparve una smorfia sadica e vide James alzare un sopracciglio, sorpreso e curioso. Lui aprì la bocca per parlare, ma venne interrotto da alcuni colpi alla porta e dalla voce di Duncan.
«Quando avrete finito di flirtare, visto che vi si sente da giù, scendete nella sala principale, io vi aspetterò lì.» Entrambi storsero il naso alla parola "flirtare", poi udirono i passi del cacciatore allontanarsi fino a scomparire.
Brook riprese il sacco che aveva lanciato e lo riportò sul letto, lasciando che James se lo riprendesse in malo modo. Lo ignorò e finì di preparare l'altro bagaglio rimanente, accertandosi che ci fosse solo lo stretto necessario. Non voleva essere appesantita durante il viaggio e, soprattutto, non voleva essere più lenta di quei due.
James non avrebbe sicuramente perso tempo per prenderla in giro con un'altra delle sue frasi da maschilista bastardo.
«Io ho finito qui.» Gli disse, puntando il bagaglio nero sul tavolo.
Lui annuì, stringendo una corda intorno al sacco. «Anche io.» Si alzò dal letto e se lo mise sulle spalle.
Brook prese il borsone ed uscirono dalla camera.
Iniziava ad aver un po' paura di quel viaggio, non conosceva nessuno dei regni da attraversare o dei pericoli a cui sarebbero andati incontro, perché sicuramente ce ne sarebbero stati.
Era nelle mani di James e pregava solo che quelle odiose mani fossero sicure.
Lo seguì giù per le scale, ed appena entrarono nella sala grande, Duncan venne vicino a loro. Era vestito esattamente come prima, ma aveva una grande borsa di cuoio che gli pendeva sul fianco destro.
«Eccovi, mi stavo preocupando.» L'espressione del ragazzo era più divertita che preoccupata. «Pensavo che la ragazza ti avesse appeso alla finestra.»
A Brook fece piacere che almeno lui la credesse abbastanza forte da poter tener testa a quell'idiota in felpa.
James grugnì irritato. «Altri cinque minuti ed avresti trovato lei appesa alla finestra.» Sbottò.
«Ma davvero? Io non direi, ricordando come ti contorcevi a terra dolorante poco fa.» Lui la fulminò con lo sguardo, ma lei fece finta di non vederlo. «Allora Duncan, mi farai tu da cavaliere in questo viaggio?»
Il ragazzo rise divertito, mettendo in mostra delle adorabili fossette sulle guance. «Per me sarà un onore.» Mimò un finto inchino che la fece ridere e le sembrò di udire James borbottare un "buffone".
Sorridendo alla reazione dello stupido maschilista, Brooklyn si aggrappò al braccio di Duncan, che l'accompagnò fuori mentre le spiegava come si sarebbero accampati per la notte.
Traditore, pensò James, vedendo Duncan scortare fuori Brooklyn sottobraccio mentre le parlava animatamente e sorrideva mieloso.
Quella ragazza sembrava avercela solo con lui, sentiva ancora i suoi attributi chiedere pietà, non sentiva un dolore del genere da un bel po'. Bel modo di ringraziarlo! Avrebbe fatto meglio a lasciarla a quel demone, almeno si sarebbe risparmiato un sacco di noie e di viaggi non desiderati.
Stava per raggiungerli fuori quando venne trattenuto da una voce alle sue spalle.
«James!» Si voltò trattenendo un imprecazione e vide Kyle, il ragazzo un po' basso e strano che aveva sempre cercato di evitare, venire verso di lui. Gli altri cacciatori si divertivano a fargli scherzi e a cacciarlo in brutte situazioni, a volte persino umilianti, lui però sembrava non prendersela mai e questo lo inquietava. «Da quanto tempo non ti si vede! Come mai sei tornato?».
«Dovevo chiedere una cosa a Dante.» Rispose evasivo. Non sapeva il perché, ma all'improvviso provava una strana sensazione ed un formicolio alla nuca, di solito quella reazione del suo corpo lo metteva in guardia dai pericoli imminenti. Forse il demone era riuscito a rintracciarli, anche se non poteva essersi spinto fin lì, a meno che non fosse stupido. Il che era assai probabile parlando di un demone della caccia.
Si grattò la nuca, preoccupato per Brooklyn, e si affettò a liquidare il ragazzo. «Senti Kyle, io devo andare. Ci vediamo.» Uscì di corsa, senza nemmeno attendere la risposta del giovane.
Trovò Duncan e Brooklyn accanto ad un carretto di verdure, lei era ancora aggrappata al braccio del cacciatore e rideva ad una battuta del ragazzo. Grugnì infastidito a quella scena senza poterci fare nulla, era più forte di lui provare irritazione nel vederla così affiatata con Ducan, e sospettava che chiunque essere di sesso maschile le si fosse avvicinato si sarebbe trovato sulla sua lista.
L'amico, d'altro canto, era sempre il solito e ci provava con ogni donna disponibile; dalle ninfe alle vampire. Ed ora anche Brooklyn... be', peggio per lui, quella donna era una piaga con gambe e braccia.
Li raggiunse, cercando di tenere a bada il suo malumore. Duncan lo vide arrivare e sorrise.
«James!» Lo chiamò, con un tono di voce più alto del solito. «Stavamo giusto parlando di quando Igor l'Oscuro ti ha lanciato in un camion di letame» Vide Brooklyn trattennere una risata e fulminò i due con lo sguardo.
«Avete finito di perdere tempo? Perché dovremmo andare.» La voglia di lanciare Duncan nel recinto dei porci poco distante si fece sempre più forte.
Stava per cedere alla tentazione quando una luce accecante lo costrinse a coprirsi gli occhi, gemendo di dolore. I cacciatori di anime erano più sensibili alla luce, anche se potevano camminare sulla terra quando c'era il sole preferivano compiere le loro missioni di notte quando erano più forti e meno vulnerabili. La luce li rendeva meno forti e quindi più esposti agli attacchi.
«Ma che cos'è?» Sentì Duncan chiedere, ma non riusciva a rispondergli. Aveva davanti agli occhi milioni di piccole lucine colorate che gli impedivano di vedere le cose o le persone che lo circondavano.
Non seppe dire per quanto tempo rimase lì immobile, aspettando di ritrovare la vista, ma l'aggettivo "bella" che uscì con adorazione dalle labbra di Brooklyn lo fece preoccupare.
Finalmente, dopo un tempo che gli parve eterno, riuscì a distinguere nitidamente tutto ciò che lo circondava. Si voltò nella direzione in cui era comparso quel bagliore accecante e si ritrovò davanti una donna dai capelli così biondi da sembrare bianchi, gli occhi azzurri, una lunga veste bianca che le copriva pudicamente tutto il corpo e due enormi ali dorate sulla schiena.
Fantastico, un angelo custode, pensò contrariato. Ci mancava solo la "concorrenza" a peggiorare la situazione.
Era strano che un angelo si spingesse fino al regno dei cacciatori, quindi c'era qualcosa che non andava e quella donna poteva essere lì per qualsiasi motivo. Non temeva un attacco da parte sua, gli angeli custodi attaccavano solo se il loro protetto era in pericolo e lì non c'era nessuna persona da proteggere.
Aprì la bocca per chiederle il motivo della sua apparizione in quel posto, ma Duncan lo precedette con veemenza.
«Cosa cavolo ci fa qui un angelo custode?» Sbraitò rudemente il cacciatore contro l'angelo.
La donna fissò cupa l'amico, evidentemente contrariata dalla poca ospitalità ricevuta.
«Il mio lavoro.» La voce calma e dolce dell'angelo era intrisa di indignazione e sembrava tutta rivolta verso Duncan.
«Il tuo lavoro?» Questa volta fu James a precedere l'amico.
«Sì, devo proteggere la ragazza.» L'angelo spostò lo sguardo su Brooklyn e quest'ultima sgranò gli occhi stupita.
«Devi proteggermi?» Brook era senza parole, per quale motivo un angelo doveva proteggerla?
Perché evidentemente sei in pericolo, le rispose una vocina nella testa.
In pericolo... quello avrebbe spiegato ogni cosa. Forse doveva proteggerla dal demone, o da James...
Spostò lo sguardo verso di lui e lo trovò a fissarla interrogativo, come se leggesse chiaramente le sue paure.
Dannazione! Era così trasparente?
«Sì.» Riprese l'angelo. «Da adesso sono il tuo angelo custode ed è mio dovere proteggerti.» La bionda sostituì il cipiglio contrariato con un caldo sorriso che la fece sentire immediatamente serena.
«Ehm... okay, è un po' strano ma grazie.» Non sapeva cosa dire, era la prima volta che si ritrovava davanti un angelo custode, per giunta il proprio.
«Non devi ringraziarmi.» Rise l'altra. «Comunque mi chiamo Sarah.» Brooklyn arrossì, rendendosi conto solo in quel momento che nessuno dei tre le aveva chiesto come si chiamasse anzi, Duncan l'aveva trattata male e James la fissava con sospetto. Anche lei avrebbe dovuto presentarsi? Oppure Sarah sapeva già il suo nome? Era pur sempre il suo angelo custode, quindi era probabile che sapesse tutto di lei.
«Quindi ora viaggerai con noi?» Chiese James, riportando l'attenzione dell'angelo su di lui.
«Sì.» Confermò la donna.
Sentì l'amico gemere contrariato e lo fulminò con un'occhiata severa. In realtà era felice che quell'angelo fosse stato mandato per Brook, questo significava che aveva più protezione ma anche che lassù sapevano qualcosa che lui non sapeva. Inutile chiedere all'angelo di cosa si trattasse, perché di sicuro non avrebbe aperto bocca.
«Bene, allora ci conviene muoverci.» Voltò le spalle ai tre ed iniziò ad incamminarsi verso le porte del regno. Le guardie che sorvegliavano i cancelli non lo avrebbero fermato, essendo un cacciatore poteva lasciare Iarrthóirríocht senza dover dare nessuna spiegazione.
«James!» Gridò Brooklyn dietro di lui. «Aspettami!»
La ragazza gli corse in contro ed una volta vicina lo fulminò con lo sguardo. Cosa voleva ora? Non se ne stava beata aggrappata al braccio di Duncan? Il ricordo gli causò di nuovo quell'odiosa sensazione alla bocca dello stomaco.
«Cosa vuoi? Mi era sembrato di capire che Duncan dovesse farti da guida.» Riuscì a sembrare indifferente, senza lasciar trasparire dalla voce nessun'emozione che non fosse l'indifferenza.
«È troppo impegnato a litigare con il mio angelo custode.» Brooklyn puntò i due con un cenno del capo.
Duncan che litiga con una donna?, pensò sorpreso. Non c'era essere di sesso femminile che l'amico non corteggiasse. Lui amava farle cadere tutte ai suoi piedi, un comportamento piuttosto borioso a suo parere, e non provava nessun rimorso quando le mandava via.
Si voltò verso i due e li trovò ancora vicino al carretto delle verdure ad inveirsi contro, in verità solo Duncan inveiva contro l'angelo, l'altra si limitava a fissarlo con noia.
«È davvero strano.» Commentò sorpreso.
«Come?» Chiese confusa Brook, fissandolo con i suoi bellissimi occhi grigi.
Rimase a fissarla imbambolato per qualche minuto, contemplando la bellezza dolce e delicata del suo viso, fino a quando lei non gli chiese se avesse qualcosa di strano sul volto.
Tossicchiando nervoso, si affrettò a risponderle «No, nulla.» Distolse lo sguardo da lei e lo riportò sui due litiganti. Duncan aveva smesso di sbraitare e si stava dirigendo verso di loro, seguito da una Sarah piuttosto seccata.
«Quella se ne deve andare.» Gli disse l'amico prima di superarlo per dirigersi verso i cancelli.
«Cos'è successo?» Chiese Brooklyn all'angelo.
Voleva saperlo anche lui, vedere con i suoi occhi che c'era una donna che non sopportava lo faceva sentire meglio, sopratutto perché a quella donna non importava nulla di stargli simpatica.
«Vecchi dolori, se la prende con chi gli ricorda le pene del passato, ed ogni volta che guarda me sente ritornare tutto a galla. Provo molta pena per lui.» James fissò in modo sorpreso Sarah. Dolori del passato? Lui aveva passato praticamente tutta la vita immortale, fino a quel momento, accanto a Duncan e lui non aveva mai accennato ad un angelo o a qualcosa di tremendo causato da uno di essi, doveva fare una lunga chiacchierata con il suo amico.
«Ne riparleremo dopo, ora faremo meglio a muoverci.» E così dicendo si diresse verso i cancelli.
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