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Capitolo 37 - Tra due fuochi

«Allora... visto che ti rifiuti di venire alla Cantina, la Cantina è venuta da te» Rick siede sul mio letto, togliendosi le scarpe. Apre la zip del suo zaino estraendone il portatile e l'hard disk esterno. Il suo santo Graal pieno di film divisi per registi, per anni di distribuzione e per genere cinematografico.

«Oggi, e solo per oggi, puoi scegliere tu. Tutto quello che è qui sopra andrà bene... non azzardarti a nominare Netflix, Hulu, Prime, Disney + o qualsiasi altra piattaforma streaming o ti rispedisco in Italia» mi minaccia, non tanto velatamente, con lo sguardo.

Mi arrendo alle sue volontà; così, dopo una mezz'oretta a spulciare nella lista, trovo l'unico regista che non mi dispiace. È inspiegabile in effetti, visto che non lo conoscevo e non l'avevo mai sentito nominare, ma tutti i film contenuti nella cartella di Yorgos Lanthimos mi ispirano.

Tra il Sacrificio del cervo sacro, Dogtooth e The Lobster, alla fine opto per l'ultimo.

«Non male come scelta, non è un capolavoro, ma ha il suo perché» Rick, dopo aver nominato un milione di pellicole e aver tentato invano di propormi un film bielorusso sulla Seconda guerra mondiale, accetta di buon grado la mia proposta di guardare il film del regista greco.

«Vuoi un tarallo? Oddio, aspetta... ma in Spagna esistono i taralli? Cioè tu sai cosa sono?» gli domando trattenendo a stento le risate. In effetti non ho la più pallida idea se si tratti di un cibo solo italiano o anche estero. 

Io, memore delle mie vacanze al mare in Puglia da quando ero bambina, ne mangerei una busta intera in pochi minuti.

«Sì, ovviamente so cosa sono... ti ricordo che la Spagna non è dall'altra parte del globo, siamo neanche a due ore di volo, sono stato anche io in Italia. Ma, tra l'altro, dove cazzo hai comprato, in California» prende la busta dalle mie mani e legge la descrizione sull'etichetta «gli Scaldatelli pugliesi?» fa una faccia strana dopo averne pronunciato il nome.

«Jay mi ha portato un po' di cibo italiano... neanche la mia nausea può impedirmi di mangiare alcune prelibatezze» sorrido, ripensando a quel gesto così semplice eppure così pregno di significato. Sapeva che per farmi mangiare avrebbe dovuto trovare uno stratagemma.

«Jay siempre está un paso por delante» pronuncia stizzito nella sua lingua madre.

Come se io non capissi cosa dice. Non ho mai studiato spagnolo, ma non ci vuole un genio.

«Nessuno sta un passo avanti a nessuno, semplicemente sapendo cosa mi piace, ha cercato di farmi mangiare qualcosa... esattamente come hai fatto tu. Se non la smetti di parlare in spagnolo, altro che The Lobster, ti faccio vedere Paso Adelante».

«Dios mío, ti prego non infliggermi questa pena» si finge disperato. Se lo meriterebbe davvero certe volte di essere sottoposto a estenuanti visioni di serie tv di dubbio gusto.

Decido di non proseguire oltre la nostra conversazione e di avviare play visto che, considerato l'orario, abbiamo soltanto qualche ora prima che Kate si catapulti di nuovo nella camera impedendoci con la sua parlantina di vedere anche soltanto un video su Youtube.

Il film dura poco meno di due ore. 

Finalmente alla millesima pellicola guardata con lui, non mi sono addormentata.

«Allora?» mi domanda appena cominciano a scorrere i titoli di coda. 

La regola del non parlare durante le proiezioni è stata estesa anche alla 806.

«Un modo sicuramente anticonvenzionale di trattare l'amore, che forse negli anni è diventato l'argomento più convenzionale di tutti. Non saprei comunque, non credo di essere mai stata una da grandi parole, lo definirei surrealista, onirico... non so, qualcosa del genere».

«É tutto esatto Ev, pensa che è stato definito: un'allegoria moderna sulla condizione umana. Hai centrato il punto. Se tu ti trovassi in quell'hotel, quale animale sceglieresti per un'eventuale trasformazione?» con questa domanda allude al fatto che nel film, al protagonista e a tutti i single rinchiusi in un hotel/clinica viene chiesto in quale animale vorrebbero essere trasformati allo scadere del tempo, in caso non fossero abbastanza abili da trovare l'amore.

«Mmm... oddio questa è difficile. Probabilmente un cane, almeno con un po' di fortuna potrei avere dieci anni di vita con un padrone amorevole. E tu?» la mia scelta è banale, ma avrebbe il suo perché. Gli domando per cosa opterebbe lui, visto che solitamente ha sempre idee particolari.

«Boh, probabilmente una tartaruga... non so, ho troppa paura della morte. Gli altri animali vivono troppo poco» mi spiazza con questa risposta; non mi aspettavo fosse così poco avventuroso.

«Che vita è, cento anni come tartaruga, che palle» non mi trattengo dall'esprimere ciò che penso, almeno per una volta.

«Io non ho paura della morte, né ora che sono un essere umano insulso, né in un probabile futuro che mi vedrebbe tramuta in cane. Quasi quasi mi proporrei per vivere davvero in The Lobster, tanto l'amore non lo troverei di sicuro, perciò mi converrebbe andare... farmi trasformare in un cane sarebbe bellissimo, non avrei nessun problema, nessuna preoccupazione di nessun genere... Che sogno!» mi perdo a immaginare un'esistenza da quadrupede, che pace sarebbe doversi preoccupare soltanto di cosa mangiare e di dormire tutto il giorno.

«Perché pensi che non troveresti l'amore? Se ci fossi io, le tue convinzioni sarebbero in grave pericolo» si vanta come uno sbruffone, ostentando questa sicurezza di sé che non gli appartiene.

«Ah davvero? Ma come sei convinto... e come mi faresti innamorare?» sfilo il golfino, sta iniziando a fare troppo caldo in questa camera.

«Beh, nella clinica del film non saprei, considerando la poca scelta che c'è, io sarei probabilmente oro. Nel mondo reale, tutt'altra cosa» mi fa l'occhiolino.

«Quindi? Condividi con me i tuoi metodi infallibili» lo provoco.

«Innanzitutto, anche se tu non lo vuoi dare a vedere, lo so che sei una persona molto sensibile e anche piuttosto ansiosa... perciò credo che semplicemente ti resterei accanto, sempre. Darei tutto me stesso per farti essere felice e al sicuro. Pensaci, quando siamo insieme, il resto del mondo per te non scompare?» me lo chiede guardandomi intensamente negli occhi, non so se io sia in grado di reggere sguardi di questo tipo.

«Mmm... non sempre. Ci sono alcune cose che è difficile far uscire dalla mia mente» scelgo per una volta di essere sincera con lui. Forse è ora che io mi apra un pochino di più, sebbene io resti comunque convinta della decisione di rimanere sulle mie, non voglio arrecare a nessun altro preoccupazioni sul mio conto.

«Solo perché tu non ti apri con me, se io conoscessi davvero tutto quello che ti affligge, credimi... farei di tutto perché niente più ti tormenti» sembra leggermi nel pensiero.

«É un compito arduo che-».

«Che io sarei in grado di portare avanti, più di chiunque altro! Tu pensi che io non mi accorga di determinate cose, ma non è così. Ev io ti ho studiata e conosciuta in silenzio, senza nemmeno doverti chiedere qualcosa... Dio quanto mi piaci e nemmeno te ne rendi conto» si alza dal letto, cercando goffamente di ricalzare le sue scarpe. Resto spiazzata dal suo improvviso atteggiamento, non mi aspettavo perdesse le staffe. Evidentemente ho sottovalutato la sua insofferenza al mio continuo eludere le sue domande e le sue osservazioni.

«Ma perché ti arrabbi?» gli stringo l'avambraccio per evitare che termini ciò che è intento a fare.

«Perché sto pensando al fatto che a quell'idiota non avresti detto le stesse cose che dici a me... e questa eterna competizione mi sta sfiancando» se prima ero confusa, adesso lo sono molto di più... ma perché in questo momento, così totalmente dal nulla, ha iniziato a pensare a Jay?

«Ma se non l'ho neanche nominato, smettila» lo faccio ricadere con forza sul materasso, stringendogli entrambe le braccia in una morsa.

«Non serve... è ovunque» alza gli occhi al cielo, sbuffando.

«Non è vero, non è qui... ci sei tu adesso. E io sto bene, conta soltanto questo» cerco di rassicurarlo con le mie parole. Avrei dovuto dirgli di più, trattarlo meglio, condividere con lui quello che penso sul suo conto e il fatto che mi piaccia davvero... non è soltanto un ripiego.

«Con me stai bene?» mi domanda sorpreso, il suo viso si illumina con un sorriso smagliante.

«Sì, quando siamo soli mi dimentico di una grande percentuale dei miei problemi e ne ho bisogno. Lo so che è egoistico da parte mia tenere per me alcune cose della mia vita... ma in qualche modo lo faccio anche per te. Non voglio dover perdere questa spensieratezza. Non voglio che mi guardi in un modo diverso da questo» prendo il volto dal mento, costringendolo a guardarmi negli occhi. Per la prima volta ci scrutiamo da così vicino. Mi accorgo di una macchia più chiara che gli orna l'occhio destro, quasi in corrispondenza della pupilla.

«Se tu mi parlassi con il cuore, te lo giuro che non cambierei mai il modo in cui ti guardo, niente mi farebbe desistere-».

«Shhh» gli appoggio l'indice sulle labbra, per cercare di placare questo rapido botta e risposta; sono certa che se non lo fermassi proseguiremmo all'infinito.

Continuando a premere il dito sul suo volto per impedirgli di parlare, lo faccio stendere di nuovo sul letto. Si sistema di lato e io lo abbraccio da dietro, in una posizione a cucchiaio, ormai diventata quasi un leitmotiv della nostra relazione.

«Avrei dovuto dirtelo prima ma... domani parto» se ne esce improvvisamente. 

Questa conversazione è bizzarra, lo devo ammettere.

Alzo il capo di scatto, ruotando il busto per poterlo guardare.

«Nick vuole andare per forza a New York per qualche giorno e mi ha praticamente pagato tutto il viaggio pur di farsi accompagnare. Poi da lì, andremo direttamente a Parigi fino a Capodanno» il suo tono non sembra quello che userebbe un ragazzo della nostra età prima di un viaggio, tutt'altro, è molto triste.

«Non torni in Spagna?».

«No, i miei genitori ci raggiungono lì per stare con mia sorella. È quasi al termine e non poteva venire a Valencia».

«Quindi... è l'ultimo giorno che stiamo insieme?» gli chiedo, cominciando a sentire la sua mancanza ancor prima che parta. Nell'ultimo periodo abbiamo passato davvero tanto tempo insieme, e sapere che sarà lontano, anche se per poco, mi fa sentire vuota.

«Fino a quando non torno, sì... poi spero ce ne saranno tanti altri» si gira verso di me, intrappolando una delle mie gambe tra le sue. 

Siamo a un millimetro l'uno dall'altro.

Lo so che in questo momento dovrei soltanto pensare a Rick e al modo in cui mi sta facendo sentire, perché dentro il mio cuore lo percepisco che sto iniziando a provare qualcosa per lui. So che dovrei concentrarmi soltanto su quello che conosco di lui senza il bisogno che me lo dica; sulla convinzione che ho che lui mi resterà sempre accanto; sul fatto che sarà sempre un porto sicuro in cui attraccare e che con lui molte delle mie paure si ridurrebbero. Ma in realtà, ciò che mi porta ad avvicinare il volto progressivamente al suo, sono le parole di Jay. Non posso condannarti a sorreggermi mentre tu cadi. 

So anche che non ho bisogno di un uomo per essere felice, perché prima di donarmi a qualcuno devo trovare la mia strada. Perché se con Luke non ha funzionato, oltre che ovviamente perché lui è un coglione, è anche perché io non ero pronta. Al tempo stesso però in questo momento, mi sembra più saggio scegliere la strada più semplice, cercare delle braccia in cui ripararmi, un appiglio per evitare di cadere... e lui è così vicino e mi vuole così tanto. E io lo voglio, non posso aspettare per capire se potrò dargli una chance, passerà del tempo prima di rivederlo...

e allora sì, che diamine... lo faccio.

Appoggio le mie labbra sulle sue e lui resta fermo, completamente spiazzato da questo mio gesto improvviso.

Mi stacco, allontanando la testa dalla sua. Il suo rifiuto mi ferisce. Neanche il tempo però di aver preso qualche centimetro di distanza, che lui mi afferra dalla nuca e mi spinge di nuovo su di lui.

La sua lingua si fa immediatamente strada nella mia bocca, esplorandola in una maniera così lenta che potrei percepire i suoi gesti in modo quasi straziante.

Impaziente come sono, prendo il timone, cominciando a muovere la mia nella sua bocca con rapidità.

Sto ufficialmente per perdere il controllo delle mie azioni.

Gli mordo il labbro inferiore con veemenza, mentre ruotando su me stessa, apro le gambe mettendomi a cavalcioni su di lui.

Rick fa risalire le mani dalle mie cosce sulle natiche, fino a raggiungere, esplorando tutta la schiena, le mie spalle. Mi spinge verso il basso per sfiorargli l'erezione e, quando la sento, perdo definitivamente ogni contegno.

Non ricordo dove ho letto che a un certo punto della disintossicazione l'appetito sessuale aumenta a dismisura, diventando incontrollabile. Credo sia esattamente ciò che sta accadendo a me.

Lui posiziona entrambe le mani sui miei seni, accarezzandoli lentamente da sopra i vestiti, ma facendo particolare attenzione ai miei capezzoli, continuando a baciarmi con un trasporto sempre maggiore, talmente tanto frenetico da iniziare ad avere dolore alle labbra. Anche lui ha infatti cominciato a morderle e a succhiarle.

Quando mi convinco che è arrivato il momento di sbottonargli i pantaloni, sentiamo la chiave girare nella serratura. Ci stacchiamo con uno slancio improvviso, rimanendo ansimanti l'uno accanto all'altro.

«Sì, ma lui continua a dire che non è una buona idea, che non dovremmo assolutamente dirglielo» è la voce di Jaimie a squarciare per prima il silenzio.

«Non ha tutti i torti- ah, ciao ragazzi» Kate cambia tono quando si rende conto della nostra presenza.

«Ciao» rispondo con la gola secca.

«Tutto ok? Sembrate strani» Mora ci rivolge uno sguardo interrogativo.

«Ehm sì, abbiamo appena finito di vedere The Lobster... è ora che io vada» Rick si alza lentamente, dando le spalle alle due, per evitare di mostrare loro l'innaturale rigonfiamento dei suoi pantaloni.

Raccoglie le sue cose, mettendo poi le mani in tasca.

Sorride impacciato, avvicinandosi alla porta.

Mi alzo per seguirlo; visto che non ci vedremo per un po' vorrei salutarlo come si deve. Indosso soltanto le ciabatte e lo raggiungo nel corridoio. Lo affianco per stringergli la mano e per accompagnarlo all'esterno.

Restiamo sulla soglia della porta. Le temperature si sono abbassate e io sono troppo svestita finanche per affrontare il freddo californiano che non è poi così rigido.

«Ehm, è stato un pomeriggio sicuramente interessante... mi dispiace di dover andare via e anzi, se proprio devo dirlo, mi dispiace che siano arrivate le tue amiche» è un po' impacciato. Mi fa sorridere questo cambio repentino di atmosfera tra noi.

«Sì, anche a me... tempismo perfetto, sia il loro arrivo, che la tua partenza» adesso che eravamo pronti a scoprirci e conoscerci, la lontananza metterà a dura prova questo rapporto. Con il periodo natalizio e il Capodanno che passeremo separati, lui a Parigi, e io dagli Evans a stretto contatto con i Cook, non so come saranno le cose tra noi al suo ritorno.

«Dobbiamo resistere solo fino a dopo Capodanno... e poi, riprenderemo da dove abbiamo lasciato» ridacchia, prendendomi la mano e portandosela alle labbra «Ciao Eva... pensami».

«Ciao Rick... pensami» rispondo a mia volta, mentre lui chiude tra noi la porta d'ingresso a vetri, rimanendo dall'altro lato trasparente a guardarmi.

Scosto la porta, spingendomi fuori, malgrado le basse temperature. Gli prendo entrambe le mani e me le porto attorno ai fianchi. Lui abbassa la testa di poco, non essendo molto più alto di me, e fa scorrere il suo naso sul mio, solleticandomi. Mi scosta un ciuffo di capelli ribelli dietro l'orecchio e, dopo avermi chiesto il consenso con lo sguardo, mi bacia. In maniera molto più romantica di quanto non avesse fatto prima, visto che la parte animalesca di entrambi aveva preso piuttosto in fretta il sopravvento.

«Dopo questo, ti penserò ancora più ardentemente di quanto non avrei già fatto» indietreggia, rimanendo girato nella mia direzione e mandandomi un bacio a distanza, prima di voltarsi definitivamente.

Sorrido come una quindicenne ma, questa sensazione di felicità, dura poco. Non molto distante da me, seduto su quella stessa panchina dove poche ore fa ero con mio padre, siede Jay. Il volto è impassibile, privo di qualsiasi emozione. Guarda nella mia direzione, continuando ad aspirare senza mai fermarsi la sua immancabile sigaretta.

Resto ferma a fissarlo anch'io, senza sapere cosa fare.

Sono pietrificata.

Rimaniamo qualche minuto così, prima che io mi decida a raggiungerlo.

Il cuore potrebbe smettere di battere tra qualche istante.

«Non so che dire» è la prima cosa che dico.

«Non parlare allora» mi risponde atono, gettando la millesima sigaretta per terra, laddove si è creata una specie di montagna di mozziconi. Ne prende subito un'altra, la porta alla bocca, accendendola, dopo aver litigato qualche istante con l'accendino.

«Dov'è finito: saperti al sicuro vince 11 a 0 sulla mia gelosia irrazionale?» domando, vedendolo come una granata senza sicura, pronto a esplodere.

«Pensare che ciò potesse accadere e vederlo davanti ai miei occhi sono due cose molto diverse» risponde ancora inespressivo.

Mi siedo accanto a lui, sfregando le mani sugli avambracci per cercare un po' di calore. Si sfila il giubbotto e me lo appoggia sulle spalle senza nemmeno guardarmi in faccia.

«Benvenuto nel club, ora sai come ci si sente» osservo in maniera spontanea.

«Lo so, non voglio fare il maschio alfa che può baciare e andare a letto con tutte le ragazze del campus mentre la ragazza non può neanche sfiorare un altro... ma posso almeno essere scosso?» chiede retoricamente.

«Sì... se avessi saputo che eri qui, non l'avrei mai fatto. Ma, a proposito, che fai al freddo?» cerco di cambiare argomento; questa situazione è tremendamente imbarazzante.

«Prima non sono riuscito ad andare via, sono due ore e quarantaquattro minuti che aspettavo uscisse» continua a non guardarmi negli occhi.

«Sei diventato uno stalker?».

«Qualcosa del genere» stritola con nervosismo il pacchetto vuoto di Marlboro tra le mani. Dalla tasca ne estrae uno nuovo, togliendogli lentamente la plastica protettiva. 

«Sono troppo agitato, ho bisogno di calmarmi... scegli tu come, hai tre opzioni: prendo il cellulare e chiamo tutte le ragazze nella mia rubrica finché una non mi dice sì; fumo altri trecento pacchetti di sigarette fino a che non mi viene un tumore immediato ai polmoni; oppure bevo una birra?» sospira, portando lo sguardo in un punto imprecisato dritto davanti a sé, come se si fosse perso a osservare l'infinito.

«Direi che la più fattibile sarebbe la prima... ma andrei contro i miei interessi, a meno che tu non chiamassi me, quella sarebbe l'unica eventualità in cui l'accetterei-» provo a giocare un po' per stemperare.

«Adesso non ti toccherei nemmeno per tutto l'oro del mondo... pensare alle mani di quell'idiota su di te, mi fa venire da vomitare» scuote la testa con un'espressione colma di disgusto sulla faccia.

«Ovviamente scherzavo... però il karma reclama. Io ho vomitato davvero dopo averti visto con Lexie».

Finalmente i suoi occhi tornano a posarsi su di me, sebbene il suo sguardo non sia proprio colmo di sentimenti positivi.

«E quindi hai deliberato? Com'è Zorro a letto?» pronuncia in maniera piuttosto tagliente; ha proprio l'aria di essere una domanda di cui non vorrebbe mai sentire la risposta.

«Non abbiamo fatto sesso... ma per questo ringrazia Kate e tua sorella. Per il resto, purtroppo domani parte, quindi il mio giudizio sarà in pausa per un po'. In ogni caso...non male» dovrei smetterla di provocarlo, eppure non ci riesco, è più forte di me.

«Che peccato» il sarcasmo ormai è diventato il suo pane quotidiano «sono troppo nervoso, ho bisogno che tu scelga» si riallaccia alla domanda postami in precedenza.

«Nel dubbio... chiama Leah» ho pensato e ripensato all'eventualità di dirgli della mia conversazione con la sua sponsor. So che non sarebbe il massimo per lui saperlo, ma al tempo stesso, non penso di poterglielo tenere nascosto ancora a lungo.

«Che ne sai di lei?» mi domanda sorpreso, aggrottando le sopracciglia.

«L'ho incontrata da Patsy's qualche giorno fa, non sono stata bene e lei mi ha aiutata... tra una cosa e l'altra mi ha rivelato la sua identità» non è andata proprio così, ma spiegargli tutto quello che è successo sarebbe troppo complicato.

«Cazzo, gliel'ho detto mille volte di restare al suo posto» dà un calcio alla pila di Marlboro spente poggiate accanto alla panchina.

«Non mi ha rivelato nessun tuo segreto inconfessabile se è ciò che ti spaventa. Abbiamo soltanto parlato di lei e di me. Mi ha soltanto spiegato qual è il suo ruolo... e l'ha fatto solo perché credevo che voi due steste insieme» abbasso la voce, riducendola quasi a un sussurro sull'ultima frase, ancora mi vergogno per averlo pensato.

«Ammetto che portarla alla partita è stato un po' azzardato... soprattutto con Lily ed Elijah al seguito» un minuscolo e impercettibile sorriso si fa spazio sul suo volto contratto.

«Ah, quindi alla festa quella sera non eri soltanto incazzata per Lexie, ma anche per lei-».

«E chissà per quanti altri milioni di ragazze dovrei esserlo» faccio una smorfia di disapprovazione.

«Fidati che per nessuna di loro provo niente... a differenza tua per la brutta copia di Messi» un'espressione di ribrezzo sostituisce il sorrisetto di prima.

«Messi è Argentino, giocava soltanto nel Barcellona».

«Non fa niente, l'altezza è la stessa» alza gli occhi al cielo.

«Possiamo interrompere questa conversazione illogica? Cioè non è normale che io stia parlando con te, che in teoria dovresti essere un mio amico, di ciò che è successo di sopra con un altro. O meglio, se tu fossi un amico con il quale non ho mai condiviso il letto ci starebbe anche, ma così, è ai limiti dell'assurdo» credo di non aver mai avuto tante conversazioni ambigue in un solo giorno. Sarò io a essere incapace o sarà che mi sto circondando soltanto di persone strane?

«Quanto vorrei avere la capacità di staccarmi da te. Lo dico un milione di volte che non è il caso di comportarmi così e un milione e uno dopo sono di nuovo qui» mette una mano sugli occhi, stropicciandoli.

«Diciamo che la coerenza non è il nostro forte».

«Per niente» gli scappa un risolino amaro.

«Se ti trovo ancora una volta nel braco dei maiali, scannerò te e loro» la voce profonda di papà, mi fa sobbalzare.

Mi giro di scatto all'indietro, trovandomi a cinque centimetri due figure familiari: mia zia e mio padre.

«Che ci fate qui?» domando incredula, non me lo aspettavo per niente di rivederli oggi.

«Ti ho scritto venti messaggi» risponde mia zia a denti stretti, strabuzzando gli occhi. Il suo segnale: sta cercando di dirmi che ha provato a far desistere mio padre, ma che ovviamente non ci è riuscita.

Menomale che non sono arrivati quando ero in camera con Rick, quello sarebbe stato più imbarazzante.

«Professor Neri, interessante la scelta di utilizzare una frase di Gadda come minaccia» Jay sfida mio padre a colpi di letteratura... qui le cose si fanno interessanti.

«Oh signor Cook, scherzavo ovviamente. Non mi permetterei mai di minacciare una persona che sa riconoscere una citazione decontestualizzata» è piacevolmente sorpreso, e ciò capita di rado.

«Più che altro c'è da dire che potrebbe offendermi il fatto che lei mi consideri come Gonzalo giudicava Giuseppe, un proletario rispetto alla madre» non capisco la sua osservazione ma, dall'espressione di papà, immagino sia corretta.

«Era una battuta come le ho detto, resto colpito dalla sua conoscenza della Cognizione del dolore, ma non potevo aspettarmi altro, considerata la levatura di sua madre-».

«Oh che cazzo Federico, non ce ne frega niente di Gadda e, soprattutto, ma cosa credi che sia uno dei tuoi studenti lagnosi, non siamo nell'Ottocento, puoi anche evitare di dargli del lei» mia zia come al solito non trattiene i suoi commenti sarcastici.

Non riesco a trattenermi, scoppiando a ridere in faccia a mio padre che, tutto composto, continua a guardare male sua sorella. 

Io li amo, non potevano essere più diversi l'uno dall'altro, eppure comunque così uniti. Quando li vedo litigare e cinque secondi dopo fare pace ed essere più affiatati di prima, sento davvero la mancanza del fratello o della sorella che non ho mai avuto.

«Amore, tralasciando la volgarità di tua zia, eravamo venuti a chiederti se volessi cenare con noi. So che domani hai la presentazione nel pomeriggio e che probabilmente domattina ti sveglierai presto per ripetere, però ci faceva piacere uscire di nuovo tutti e tre insieme... o quattro se, ehm non ricordo il tuo nome, beh, comunque se anche tu vuoi unirti a noi» non riesco a credere ai miei occhi... Federico che invita spontaneamente un ragazzo che potrebbe essere più che un mio amico a passare una serata con noi.

«James ma mi chiamano tutti Jay, e comunque no, non vorrei disturbare» se non lo conoscessi benissimo, crederei quasi di avere davanti un ragazzo timido.

«Oh, no tesoro... come potresti disturbarci. Al massimo rendi la serata più divertente» zia Gin gli fa l'occhiolino, facendomi vergognare da morire per le sue allusioni.

Alla fine, a causa dell'insistenza di entrambi, Jay è costretto ad accettare l'invito. Mi accompagna in camera per cambiarmi ma, quando entriamo, troviamo all'interno soltanto Mad e Jaimie, senza che di Kate ci sia neppure l'ombra.

Fortunatamente sono seduti distanti l'uno dall'altro e non sembra affatto che siano in atteggiamenti intimi, anzi, sembra più che siano nel bel mezzo di una discussione.

«Johnson che fai qui?» gli domanda Jay con un tono di voce che oscilla tra il sorpreso e l'infastidito.

«Ero passato a chiedere una cosa a Kate, ma è uscita... adesso vado, ci vediamo a casa» si allontana rapidamente senza dare nessun tipo di delucidazione.

«Vado anche io, Kate è andata a prendere da mangiare... ma si è persa. Ciao» anche Mora corre via, quasi come se stesse scappando da un cataclisma improvviso.

«Tu ne sai qualcosa?» mi chiede sospettoso, ma io scrollo le spalle nel modo più naturale possibile. So ovviamente della loro relazione, ma non ho idea del perché fossero qui da soli e soprattutto del perché stessero palesemente litigando.

«Presto partiremo per Malibu, lo scoprirò di certo» pronuncia più a se stesso che a me, mentre prende posto sul letto in attesa che io mi cambi.

Scelgo un vestito a maniche lunghe, visto il freddo che c'è fuori ma, quando sto per spogliarmi, mi ricordo di non aver indossato il reggiseno.

«Puoi girarti, non ho il reggiseno» gli chiedo gentilmente, sebbene non ci sia nulla da mostrare che lui non abbia già visto.

«Niente che non conosca a memoria... oh no cazzo, perché me lo hai detto, ora sto immaginando le sue mani di merda sulle tue tette» porta le dita tra i capelli, cercando a fatica di modulare il respiro.

«Sì, faceva più o meno così» mi palpo il seno, accompagnando il movimento con un'espressione di finto godimento, prendendolo palesemente in giro.

«Scherzo, giuro che non le ha toccate... cioè forse sì, ma per tipo quattro secondi, non conta» mi affretto a dire, prima che svenga a causa del nervosismo represso.

Mette le mani sulle orecchie, ripetendo all'infinito dei suoni, per cercare di non sentire cosa gli sto dicendo.

Ne approfitto per sfilarmi la maglietta e girarmi di spalle, infilando subito l'abito. Mi do una rapida sistemata e sono pronta per uscire.

«Quindi questa di stasera è la cena di prova per sondare il terreno con il mio futuro suocero?» scherza anche lui prendendomi la mano, fingendo di essere una coppietta felice. Stranamente gli è tornato il sorriso. Oggi siamo proprio lunatici.

«Tu parlagli di letteratura e andrà pazzo per te... ma ti conviene tacere dei tuoi altri problemi, così come dei miei, altrimenti perderai tutta la sua stima. Se ti giochi bene le tue carte, gli piacerai anche più di Luke... ha un pessimo gusto in fatto di miei fidanzati» lo guardo serio, prima di scoppiare in una fragorosa risata.

«Come te con gli uomini» risponde secco.

Gli faccio il dito medio.

«Anzi no, non hai sempre pessimi gusti... prima eri tra le braccia di Speedy Gonzales, è vero, ma adesso sei con me... questo vorrà pur dire qualcosa» pronuncia vittorioso, trascinandomi, stritolandomi la mano, verso le scale.

Qualcosa mi dice che ormai sono tra due fuochi... 

il guaio è che non mi vergogno di provare piacere a riscaldarmi accanto a entrambi... 

...il rischio di bruciarmi però è alle stelle.

Che cazzo ti sta succedendo Eva?

Spazio autrice:

Dai, non sono stata così cattiva oggi...

Per le fan più "accanite" di Rick, vi prometto almeno quattro capitoli senza vederlo. 😂

Sto attraversando un periodo di crisi ed è palese leggendo quello che scrivo... ma vi prometto verranno tempi migliori. Ieri ho pubblicato anche la dedica, spero l'abbiate letta, ci tenevo particolarmente a condividerla...

Non so cos'altro dirvi, se non che vi ringrazio infinitamente per essere ancora qui.

Non mi abbandonate🥀,

Vi amo❤️,

Matilde.

Ps. se vi va aggiungete una stellina per supportare me e TAOBA, e lasciate un commento (anche un insulto mi sta bene). Mi farebbe molto piacere sentirvi. Molte di voi sono lettrici silenziose, di alcune conosco i nomi grazie alle stelline che lasciano, di altre invece non so nulla... mi piacerebbe sapere di più. Come sempre, vi lascio anche un box su Instagram, così potete insultarmi anche sull'altro social.

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