Capitolo 32 - Disintossicazione... affettiva
Dopo aver salutato Mora - agitata, super emozionata e pronta a raggiungere Mad a Encino - sono risalita in camera.
Ho messo apposto la valigia, cambiato le lenzuola e dato un po' di ordine generale alla stanza.
E, pur avendo un bisogno impellente di prendere un'altra pillola, ho preferito non cedere.
In quel frangente ho scelto di indirizzare tutte le energie che mi restavano nella costruzione di una strategia da attuare per portare avanti il mio obiettivo.
Una volta delineato il mio piano, sono scesa in palestra con la borsa piena di tutti i flaconi di pillole in mio possesso.
Mancando davvero poco all'orario di chiusura, sono stata costretta a lasciare rapidamente tutte le mie scorte nell'armadietto di Kate - sono fortunata che lei non ricordi mai nessuna combinazione e perciò le affidi tutte a me - e poi sono risalita il più in fretta possibile in camera.
L'idea è quella di portare il mio corpo allo stremo, attuando una disintossicazione parziale.
Per fare ciò non dovrò fare altro che prendere una sola pasticca la mattina appena sveglia, così da non intaccare il mio rendimento universitario e potermi quantomeno recare tranquillamente a lezione. Potendo poi passare la restante parte della giornata nei dormitori, fin quando, con lo scorrere del tempo, non mi sentirò abbastanza sicura di uscire senza aiuto farmacologico.
Niente che non abbia già fatto ovviamente, non è la prima volta né sarà l'ultima.
Essendo praticamente una drogata alla quale sarebbe mancata improvvisamente la propria dose, per non cadere in tentazione, non mi sembrava il caso di avere tutti quei flaconi a mia disposizione, perciò l'opzione palestra è stata un lampo di genio.
Alla fine, infatti, non solo la struttura è chiusa di domenica, rendendomele di fatto totalmente inaccessibili, ma ha anche orari di accesso per gli altri due giorni molto serrati e non sarebbe comunque semplice per me in piena crisi d'astinenza andarle a recuperare, nemmeno se me lo autoimponessi con tutta la forza.
Ne ho tenute soltanto tre, basteranno fino a martedì mattina quando tutti torneranno alla Usc. Poi le affiderò tutte alle mie amiche e saranno loro ad aiutarmi, esattamente come già è accaduto lo scorso anno.
In quell'occasione, però, tutto è stato molto più semplice, da una parte perché avevo una dipendenza molto più lieve, avendo a disposizione soltanto poco più di una dozzina di pillole al mio arrivo negli Usa, dall'altra perché quello che ho fatto è stato ripulirmi totalmente, riuscendo a ripartire da zero. Adesso non credo sarei in grado di fare una cosa del genere neppure se ci mettessi tutta la forza di cui dispongo. Credo a questo punto sia più giusto andarci con i piedi di piombo piuttosto che strafare e ritrovarmi poi nella medesima situazione in cui sono ora tra qualche mese.
Per tutta la serata ho avuto forti tremori, inappetenza, vomito, caldo e freddo allo stesso tempo. Credo di aver sudato i miei vestiti una quindicina di volte e di essermi asciugata per poi bagnarli nuovamente.
Una sola notte senza prendere nulla e già arrivo a livelli simili.
Ho guardato il cellulare incessantemente mentre non riuscivo a chiudere occhio. Non ho ricevuto neppure un messaggio, a eccezione delle foto di Kate in vacanza.
Mi sono ripromessa di non raccontare nulla a nessuno dei miei amici, né tantomeno di contattare quelli che sapevo fossero alla Usc. Sophie, Rick e Nick non sono a conoscenza di questa parte della mia vita e non voglio assolutamente renderli partecipi. Non perché me ne vergogni, ormai ho imparato a conviverci, ma vorrei fingere almeno quando sono in loro compagnia di essere una persona normale, senza che loro debbano controllare ossessivamente quante pillole ho ingoiato o entrare in panico se provo a bere o fumare erba dopo averne assunto una.
Voglio solo essere libera, pur continuando a essere schiava.
In realtà, l'unica persona dalla quale aspettavo almeno un messaggio, non si è fatta minimamente sentire. Le uniche informazioni che ho avuto su di lui nelle ultime ore sono state storie Instagram con foto dei locali più in voga di San Francisco e video di diverse discoteche frequentate tutte in una sola notte. Nient'altro: non un messaggio, non una chiamata...
La prima mattina di astinenza, appena sveglia, mi sono fiondata sulla pillola come fosse l'unico antidoto che potesse salvarmi la vita, permettendomi di sopravvivere dopo aver ingerito chissà quale veleno.
Dopo poche ore, però, ero già punto e accapo.
Tremavo, non riuscivo a tenere gli occhi aperti e avevo difficoltà anche soltanto ad alzarmi dal letto senza rischiare di svenire.
È quando stavo per cadere di faccia, mentre mi trascinavo a fare pipì, che ho realizzato quanto fare tutto ciò da sola fosse pericoloso.
Ma in fondo, ormai, ero in ballo e tanto, come sempre, avrei dovuto continuare a ballare un assolo.
Non credo di aver mangiato nulla per tutto il tempo, se non alle cinque del mattino del secondo giorno. Ho preso un paio di pacchi di patatine e li ho ingurgitati voracemente, non ne potevo più di stare senza cibo e in più il mio stomaco pareva essersi improvvisamente risvegliato.
Trenta minuti dopo ho rimesso ogni cosa, fino all'ultimo granello.
Mi guardo allo specchio, osservando con disgusto il mio viso smunto, gli occhi segnati da due cerchi scurissimi, le labbra screpolate e il corpo che stranamente sembra più ossuto e scarno di quanto non lo fosse solo poche ore fa. Sono deperita così in fretta che non pensavo sarebbe stato possibile. Un po' me ne compiaccio, perché per quanto io non abbia un vero e proprio disturbo alimentare, ho sempre voluto vedermi così magra. Sin da quando a soli otto anni mi sono guadagnata il soprannome di pallina. Ancora oggi papà e Francesco lo usano in maniera amorevole ma, se sentissi qualcun altro chiamarmi così, credo non sarebbe altrettanto semplice per me accettarlo.
Presa la pillola del lunedì mattina, la puzza del mio sudore ha cominciato a dare la nausea anche a me; perciò, ho deciso fosse giunta l'ora di lavarmi. Odio il fatto che alla Usc il bagno delle camere non sia attrezzato anche con una doccia.
Non vorrei rischiare di incontrare qualcuno, non perché ci sia qualche persona alla quale freghi realmente qualcosa di me, ma non mi va comunque di farmi vedere in questo stato pietoso.
Alla fine, però, appena mi sento un po' più in forze, decido che è giunto il momento di andare.
Faccio scorrere l'acqua calda sul mio corpo per un tempo indefinito. Talmente tanto che, quando esco, tutti gli specchi del grande bagno comune sono interamente appannati.
Non appena sono pronta per tornare in camera, finalmente soddisfatta e con il mio accappatoio fucsia stretto intorno alla vita, mi imbatto in Ness.
«Ciao Eva! Non credevo che ci fosse qualcun altro il lunedì dopo il Ringraziamento» mi saluta con particolare enfasi, per poi accigliarsi immediatamente, non appena ha modo di mettere a fuoco il mio aspetto.
Se solo mi avesse vista prima.
«Hey, Ness» esce dalla mia bocca come un singulto, esattamente con il tono e il volume della voce che userebbe una persona che non parla da giorni con nessuno se non con se stessa.
«Oddio, ma stai bene?» chiede preoccupata, squadrandomi ancora dalla testa ai piedi.
«Ho avuto la febbre alta, credo di essermi beccata un virus» invento la prima scusa che mi viene in mente, sperando che lei mi creda e mi lasci in pace.
«Oh mi dispiace, infatti hai una pessima cera... hai bisogno di qualcosa? Ho visto su Ig che Kate non c'è, quindi immagino tu sia sola in camera».
«Sì, ma me la sto cavando benissimo, non preoccuparti... domani starò già meglio» le sorrido debolmente. Anche i miei muscoli facciali, dopo questo inferno, sono stanchi.
«Ok, se dovessi avere bisogno di qualcosa sai qual è la mia camera. Anche io sono sola, Lexie è a San Francisco» la butta lì, come se dire una cosa del genere non fosse rilevante, ma io sono sicura che lo abbia fatto di proposito.
«Ah» inizio a sentire inspiegabilmente molto freddo, anche se le mani mi stanno sudando.
Penso di aver intuito perché non ho ricevuto nemmeno un messaggio da lui.
«Eh, lei abita lì... poco fa mi ha mandato questa foto con Jay» prende il telefono dalla tasca e mi mostra un'immagine di loro due con facce buffe mentre stringono i bicchieri di Starbucks.
«Oh buon per loro, adesso devo andare... scusami ma credo mi sia risalita la febbre» mi congedo di fretta e furia. Se rimanessi ancora qui a sentirla blaterare su Jay e Lexie, potrei vomitare davanti a lei e non sarebbe affatto uno spettacolo gradevole.
Mi sono messa nel letto con i capelli ancora bagnati, ho represso qualche lacrima che non avrebbe avuto nemmeno senso versare e mi sono riaddormentata.
Scale, scale, ancora scale... crollo e cado e ancora cado e crollo. Mi risveglio sudata, mi riaddormento tremando. Mi risveglio tremando, mi riaddormento sudata.
Non so per quante ore vada avanti, ma questo cerchio perfetto viene interrotto da un bussare deciso sulla superficie della porta della mia camera.
La prima volta che lo sento, ho quasi l'impressione di averlo immaginato; la seconda mi spavento, cominciando a pensare a chi possa essere; la terza decido che è giunto il momento di alzarmi.
«Non pensavo che tu fossi tornata, quando Ness me l'ha detto non volevo crederci... quanto tempo è che eviti di rispondere ai miei messaggi?» Rick è in piedi davanti alla porta con in mano un contenitore trasparente colmo di un liquido arancione. Il suo volto sembra sereno, se non fosse per una piccola rughetta che mi suggerisce che in realtà non sia poi così tranquillo.
«Ciao Rick, scusami ma non sono stata bene e in realtà sto un po' di merda ancora adesso... mi fa piacere vederti» bugia numero uno, anzi, numero due. Adesso non solo dovrò mentirgli sul mio misterioso virus, ma dovrò anche fingere che in questi giorni non sia accaduto nulla tra me e Jay. Per quanto effettivamente tutto quello che c'è stato sia inequivocabilmente finito.
«Ti ho portato la zuppa di mia nonna, è miracolosa» agita il contenitore, portandolo nuovamente alla mia attenzione «e non sentirò scuse, resto con te, perché si vede lontano un miglio che stai malissimo e non posso lasciarti da sola» fa un passo in avanti ed entra in camera senza che io gli dia il permesso. Comincia a osservare qua e là tutti gli oggetti sparsi sulla mia scrivania, soffermandosi su alcune fotografie di quando ero bambina.
«Come sono andati i tuoi giorni con i Cook?» chiede fingendosi disinteressato, ma in realtà, essendo trasparente come l'acqua, so quanto muoia dalla voglia di sapere.
«Abbastanza bene, sono stati momenti ricchi di drama, ma da loro non mi aspettavo altro... Malibu è un posto super chic, non che io abbia visto molto però».
«Non ti hanno portata in nessun ristorante stellato? Che sorpresa» scherza, com'è solito fare sulle loro ingenti disponibilità economiche, tuttavia ignorando del tutto il loro disinteresse verso i soldi.
«Non ce n'è stato il tempo... l'unica festa alla quale sono andata era veramente spaventosa, neanche i party dell'Upper East Side di Gossip Girl erano paragonabili».
«Non mi aspettavo niente di diverso in realtà» sogghigna «hai pensato alla mia proposta?».
«Certo» bugia numero mille «attualmente non credo riuscirei a fare molto, ma appena starò meglio... possiamo uscire».
«Non devi farlo per farmi contento, eh».
«Non lo faccio per quello» potrei sentirmi leggermente obbligata vista la sua insistenza, però alla fine è davvero un bel ragazzo e soprattutto una persona equilibrata. Esattamente ciò che mi servirebbe in questo momento, al contrario di quello che mi offre qualcun altro.
«Dai mangia un po' di questa così starai subito meglio e potrai uscire con me» mi allunga un cucchiaio. Mangio o bevo? Non saprei quale termine utilizzare, in ogni caso ingerisco quello strano intruglio, che a dir la verità non so neanche definire bene che sapore abbia... pochi istanti dopo, lo sto già vomitando nella tazza del water. Rick mi mantiene i capelli, mentre si scusa infinite volte per ciò che sta accadendo, come se i sintomi dell'astinenza possano essere davvero colpa sua e delle sue scarse doti culinarie.
Dopo essermi ripulita, ho indossato i vestiti più pesanti che avevo. All'improvviso sono stata colta da brividi talmente forti da farmi tremare persino le ossa. Rick mi ha costretta a misurare la febbre e, quando il termometro ha segnato la temperatura di 34.5, ho dovuto fingere che fosse rotto, visto che solo poco tempo dopo improvvisamente si era alzata fino a 38.5.
«Ev, non ti lascio da sola, non pensarci minimamente... dormo nel letto di Kate, ma io resto qui» annuncia risoluto, dopo qualche ora passata con me in quello stato quasi di pre-morte.
Annuisco troppo stanca per ribattere, in effetti un po' di compagnia mi farebbe bene. In teoria domani mattina dopo la pillola starò molto meglio e mi riprenderò sempre di più con i giorni a venire; quindi, mi basterà convincerlo che la mia sia realmente influenza solo per qualche altra ora.
Si sfila la felpa e i jeans, restando soltanto in mutande e per poco nell'osservare il suo lento spogliarello, non mi cade la mascella. Rick non è molto alto ma devo ammettere che ha un fisico pazzesco, sebbene cerchi di celarlo sotto le sue magliette oversize e i suoi pantaloni larghi.
Mi sorride un po' compiaciuto, notando il modo in cui lo sto osservando. Dissimulo, guardando in un'altra direzione.
Dopo non so quanto tempo e quanti incubi, il freddo è tale che mi ritrovo a implorarlo di raggiungermi sotto le coperte per cercare un po' di calore tra le sue braccia. Non se lo fa ripetere due volte e mi accoglie tra i suoi pettorali, i suoi bicipiti, i suoi deltoidi... Eva! Frena gli ormoni! Sono decisamente in fase di risalita se comincio a ripensare al sesso.
Devo ammettere che con lui accanto i miei incubi si trasformano in sogni erotici di ogni sorta.
A un certo punto il fuoco brucia così intensamente in me che sto sudando talmente tanto da dovermi spogliare. Resto così soltanto in intimo, mentre lui continua a dormirmi accanto senza accorgersi di nulla.
«Buongiorno Ev, sono tornata!» la voce squillante di Kate è uno squarcio improvviso nel mio sonno.
Mi alzo di scatto spaventata.
«Oh cazzo, s-scusami» abbassa la voce, non appena si accorge della presenza di una persona accanto a me.
«K ma quante cazzo di valigie ti sei portata?» la voce di Jay si avvicina sempre più alla porta, mentre io ancora intontita tengo stretto sul petto il lenzuolo per coprirmi.
I nostri occhi si incrociano appena si avvicina all'uscio, sorride, ma dura un istante, smette di farlo non appena anche Rick si tira su accanto a me, senza che nulla copra il suo addome.
«Ho avuto la febbre alta e lui è rimasto qui a farmi compagnia» mi affretto a dire, come se dovessi trovare una scusa al perché siamo insieme, nudi, a letto.
«Ehm, scusate, forse è il caso che mi rivesta» Rick si alza, cominciando immediatamente a cercare i suoi pantaloni per indossarli.
Gli altri due restano impalati sull'uscio in evidente imbarazzo.
«Non poteva dormire Mora con te?» chiede Jay inacidito. Improvvisamente mi ricordo che nessuno a parte me sa che lei non è stata qui in questi giorni.
Appena vedo Rick aprire bocca, mi fiondo su di lui e lo cingo con un braccio, conficcandogli le unghie nella carne.
«Rick ha insistito tanto che nemmeno Jaimie ha saputo convincerlo» sorrido goffamente per dissimulare.
Lui si lamenta a bassa voce per il dolore inflittogli, ma fortunatamente capisce e sta al gioco, asserendo a ciò che dico.
Kate comincia a disfare la valigia come se nulla fosse, cercando di non dare importanza alla cosa, ma riconosco chiaramente quell'espressione, so quanto stia fremendo per sapere i dettagli e sono perfettamente consapevole che non appena loro andranno via mi tempesterà di domande.
Incurante della mia nudità, mi avvicino alla scrivania e con nonchalance ingoio l'ultima pillola rimasta, come se fosse solo semplice paracetamolo.
«Non hai mai visto una ragazza in mutande?!» Jay si rivolge infastidito a Rick, probabilmente perché, stupito dal vedermi così scoperta, si è soffermato a guardarmi troppo.
«Eva, forse è il caso che io vada via, magari ci vediamo più tardi» mi raggiunge e mi abbraccia stando attento a non toccarmi troppo, essendo io praticamente mezza nuda. Saluta gentilmente Kate ed esce dando una spallata, che ha tutta l'aria di essere intenzionale, a Jay.
«Ci hai fatto sesso troietta?» mi chiede Kate con la sua solita ironia. Peccato che lei non sia ancora a conoscenza di cosa è accaduto durante il mio soggiorno dai Cook.
«No, certo che no... sto di merda perché sto prendendo meno pillole. Anche se volessi, potrei svenire mentre scopo» porto una mano verso l'alto a massaggiarmi la tempia.
«Ma se ne hai appena presa una» ribatte l'altro, rimanendo ancora in piedi all'esterno della stanza.
«Devi per forza rimanere lì impalato? Mi metti ansia!» sbraito infastidita.
Fa un passo avanti, chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandosi allo stipite. Incrocia le braccia, aspettando che io prosegua.
«Ho deciso di disintossicarmi parzialmente, continuo a prenderne una, ma non di più... sto già molto meglio rispetto al primo giorno» li informo rapidamente.
«Ev ma sei pazza, ti ricordi come sei stata l'ultima volta? Come ti viene in mente di rimanere sola mentre lo fai... non potevi aspettare?» Kate mi rimprovera, alzandosi in piedi e avvicinando minacciosamente il suo indice destro a me.
«No, era il momento perfetto... non preoccuparti K, il peggio è passato» cerco di convincere più me stessa che lei.
«Perché non me lo hai detto, sarei rimasto qui, non sarei partito» anche Jay si avvicina di più, appoggiandomi una mano sulla spalla.
«Da quando in qua siete fidanzati?» chiede Kate ironica, ma se ne pente appena entrambi la guardiamo male.
«No, queste cose le affronto da sola... non tutti hanno la fortuna di avere qualcuno che gli stia accanto in momenti come questi!» riconosco che forse non avrei dovuto dirgli una cosa del genere, ma quella foto con Lexie mi è comparsa davanti agli occhi e mi sono innervosita a pensarlo così spensierato mentre io soffrivo.
«Ok, improvvisamente mi sono ricordata di dover dire una cosa a Jaimie» Kate se la squaglia lesta.
«Wow Eva, davvero, questa non me l'aspettavo. Non credevo che tu fossi quel genere di persona che prima fa qualcosa per gli altri e poi la rinfaccia» toglie la mano dalla mia epidermide nuda come se fosse stato scottato da quel tocco. Dal tono di voce che utilizza si capisce chiaramente quanto è deluso.
«Ti sbagli, non mi pento di niente, sia chiaro... ma vederti qui a fare quella sceneggiata del ragazzo geloso mi ha fatto salire il sangue al cervello. Sei stato per tre giorni via con la tua amichetta, mentre io pativo le pene dell'inferno, e poi pretendi anche di tornare qui a farmi la morale perché ho dormito con un altro?» le parole escono velocemente dalla bocca, senza che io possa controllarle e frenarle in alcun modo.
«Sei anche gelosa adesso? Credevo che avessimo trovato un accordo a Encino... non pensavo che ti avrei fatto un torto lasciandoti qui per andare semplicemente a trovare un vecchio amico. Tra l'altro che colpa ne ho di aver passato del tempo con Lex, non ero mica andato lì per lei» mi rivolge uno sguardo di disapprovazione, mentre scuote la testa rammaricato.
«Se non sei stato con lei, poco importa, sarai stato certamente con un'altra» ribatto inspiegabilmente fuori di me.
Improvvisamente si ammutolisce.
«Vedi? Non te ne frega un cazzo di me» appoggio una mano sul bracciolo della sedia. Devo trovare qualcosa che mi sorregga, tutto questo nervosismo mi sta prosciugando le poche energie rimaste.
«Eva si può sapere cosa stai blaterando? Come se non si vedesse lontano da cento chilometri quanto ci tengo a te-».
«Abbiamo fatto solo sesso, no?» lo interrompo, ancora più nervosa di quanto non lo fossi prima. La me interiore mi urla di stare zitta, non sono io a parlare, è la mia dipendenza non soddisfatta. «È così che hai detto, giusto? E allora che ci fai qui, per quale cazzo di oscura ragione stiamo litigando, quando a nessuno dei due interessa davvero nulla dell'altro? Ho affrontato tre giorni d'inferno, sono stata talmente tanto piegata su quel dannato cesso da essermi resa solo ora conto che è un fottuto Evans, non mi ero nemmeno mai accorta che l'azienda di Kate fornisse i sanitari a tutta la Usc. Pensa che bella visione ho avuto nelle ultime settantadue ore. Quindi, se permetti, adesso vorrei rimanere sola, immagino tu sappia quanto sia pesante affrontare un percorso di disintossicazione... se poi ovviamente a quella canonica, si aggiunge anche una disintossicazione affettiva da un'altra persona e da quanto di sbagliato essa rappresenta, ancora meglio» la lingua si muove, articolando delle frasi colleriche che non so esattamente da dove provengano.
«Io non ti capisco, davvero. Ti racconti questa favola triste della te abbandonata a se stessa, costretta ad affrontare i propri demoni da sola... ma poi in fin dei conti, ti sei mai resa conto che sei tu quella che accetta che le cose siano così? Sei tu che mi allontani e tu che di proposito hai scelto di fare una cosa del genere mentre non c'ero. Nel tuo contorto mondo era un piano, così avresti avuto l'ennesima scusa per rimproverarmi, per chiudere e in qualche modo, perdonami se te lo dico, per fare la vittima» anche lui sembra non essere più padrone delle parole che fuoriescono dalle sue labbra.
«Dio mio, sei uguale a Luke. Ti ha forse prestato il suo copione? Sono certa che tutte queste cose me le abbia dette almeno una dozzina di volte. L'ho scelto io di essere da sola, ok, te lo concedo... ma adesso puoi per favore smetterla di prendertela con una drogata in crisi d'astinenza che potrebbe dire-».
«Ah, beh, l'ultima cosa che hai detto, nominando Jefferson, non so se potrò fingere di non averla sentita. Questo mi addolora Oph. Faccio schifo come persona, e penso che tu l'abbia ampiamente capito. Eppure io con te sono completamente diverso. Sono un idiota con tutti gli esseri viventi fatta eccezione che con te. Te lo ricordi come ti parlavo quando ancora non ci conoscevamo? Mi hai mai visto approcciare con una donna? Mi hai forse mai sentito dire a qualcuno che è arte, mi hai forse mai visto preoccuparmi per la salute di qualsiasi altra ragazza che non sia tu o mia sorella... La maschera che indosso, la tolgo solo quando sono con te».
«E se invece tu ti nascondessi da me e non dagli altri? Se tu stessi fingendo con me, rimanendo te stesso con il resto delle persone? Te lo sei mai chiesto chi sei davvero Jay? Se sei quello che mi teneva la mano mentre facevamo l'amore o quello che non si è neppure chiesto cosa fosse accaduto quando abbiamo, anzi, quando ti ho scopato su quel bancone? Mio malgrado, piegata su quel cesso, con i brividi di freddo mentre sudavo dal caldo e con l'intestino che minacciava di fuoriuscirmi dalle labbra, mentre aspettavo soltanto un tuo messaggio, una risposta me la sono data. Vuoi che la condivida con te?» gli chiedo retoricamente, ormai totalmente impossessata dalle emozioni negative che ho represso per troppo tempo dentro di me.
«No, ti ringrazio. Credo sia tutto sufficientemente chiaro adesso. Ciao Eva».
Esce sbattendosi la porta alle spalle, con una furia tale che un pezzo d'intonaco della parete si stacca, finendo rovinosamente a terra.
Una fitta di rimorso mi prende fortissima nella parte bassa dell'addome. Vorrei corrergli dietro a scusarmi, non so cosa mi sia preso, ma ho esagerato. Quel tonfo improvviso è bastato a svegliarmi, cazzo che stupida che sono stata.
Quando provo a muovermi per seguirlo, vedo tutto nero.
Un fischio potente si impadronisce della testa, e poi il vuoto.
SPAZIO AUTRICE:
Ormai dovreste aver imparato che dopo lo Zenit, viene sempre Nadir 😉
Eva sta sempre peggio... il suo però è un percorso necessario. Non avrebbe potuto continuare a vivere serenamente se avesse persistito nell'ingoiare tutte quelle pillole.
Speriamo solo che tutto questo passi il più in fretta possibile...
Grazie perché continuate a leggermi,
ringrazio sia i veterani che le nuove leve,
mi rendete estremamente felice,
non mi abbandonate🥀,
Matilde.
Ci vediamo venerdì prossimo, d'ora in poi alle 15.30.
Ps. se vi va mettete una stellina per supportare me e TAOBA, e per qualunque cosa vi lascio il box domande sulle storie di Instagram.
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