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Capitolo 23 - La malattia che tutto ammorba


8 Novembre ore 17.07

JAY

Eva è fuggita via, lasciandomi da solo con un peso immenso sul cuore. Non so cosa mi sia preso oggi, ma quando l'ho vista così, in quella posizione, con quello sguardo innocente ma al tempo stesso malizioso, non ce l'ho fatta più a placare i miei istinti. Dovevo averla a tutti i costi, sentirla mia anche soltanto per un attimo, curare le sue ferite per quel tanto che bastava per godere di lei e della nostra unione. Niente è andato come mi aspettavo però, l'interruzione potrebbe essere stata un segno divino, non una coincidenza, ma un messaggio: non fatelo! 

Avrei preferito però che a scoprirci fosse stato qualcun altro e non Blake, temo infatti che lui possa spifferare tutto a Luke e far peggiorare così ancora di più il nostro rapporto - che già versa in condizioni critiche - ma, soprattutto, ho paura che così facendo possa arrecare danni a lei. Oph non merita di soffrire ulteriormente.

Sono rimasto impalato su queste scale a osservarla mentre rideva e scherzava con Matt, per poi seguire i suoi passi incerti mentre lasciava la casa. Credo di dover fare una chiacchierata con Hall, non capisco infatti quali siano le sue intenzioni con lei, ma qualunque esse siano, non credo che mi andranno a genio.

«Guarda che non sono venuto su per romperti le palle, tuo fratello si è buttato in piscina con dieci gradi, forse dovresti recuperarlo» Blake mi oltrepassa, dandomi una leggera spallata, abbastanza forte per farmi rinvenire dai miei pensieri, ma anche abbastanza fastidiosa perché mi venga voglia di sbatterlo contro il muro.

«McKenzie, mi faresti il favore di tenere la bocca chiusa su quello che hai visto?» gli rivolgo uno sguardo duro, tentando di intimorirlo, ma so bene che neanche i pugni lo farebbero desistere dal provocarmi.

«Vedremo Cook, vedremo» mi fa uno sghembo occhiolino per poi saltare i gradini alla velocità della luce e scomparire nel lungo corridoio del piano superiore della Trojans.

Impreco a voce alta, mentre mi dirigo verso il giardino.

Mio fratello galleggia con la testa sott'acqua, a guardarlo sembrerebbe quasi annegato. Solo questa immagine basta a farmi tremare le mani. 

È abbastanza vicino al bordo della piscina, così, potendolo raggiungere facilmente, lo strattono con una mano per costringerlo a venire a galla.

«Ma che cazzo fai imbecille, ti prenderai una polmonite» urlo per farmi sentire meglio.

JJ apre gli occhi lentamente, come accecato da quell'ultimo flebile raggio di sole che ancora illumina il cielo, per poi sghignazzare, pronunciando tra le risate qualche suono che almeno nella sua mente dovrebbe poter essere ricollegabile a qualche parola di senso compiuto.

«Sei ubriaco?» chiedo sorpreso, di solito non si riduce così senza un motivo.

«Tu che dici?» risponde ironico, mentre a stento riesce a muoversi per uscire dalla piscina.

«E posso sapere cosa ti passa per la testa?» gli porgo una mano per aiutarlo ma, quando si aggrappa con tutto il peso, gliela lascio, facendolo precipitare di nuovo tra le gelide acque.

Mi rivolge uno strano grugnito misto a qualche imprecazione, per poi uscire completamente grondante d'acqua dalla piscina.

«Sono un po' triste e ho esagerato» singhiozza «ho be-bevuto solo un paio di bicchieri».

«E chi cazzo sei, me?» constato ironicamente. Allora siamo più simili di quello che pensavo... anche lui, quando vuole, è capace di affogare le emozioni nell'alcool.

«Che brutta fine che ho fatto, sono diventato proprio come te» mi dà una pacca sulla spalla e rientra dentro, lasciandomi impalato senza parole.

Grazie fratello.

8 novembre ore 20.57

Per tutto il pomeriggio non ho fatto altro che pensare a lei. Ho riguardato la foto che le ho scattato almeno un miliardo di volte, tanto da averne consumato ogni angolo e da conoscerne a memoria ogni ruga di espressione e ogni neo che ha sul corpo. Quanto è bella, non ha neppure idea di quanto lo sia, e proprio per questo, ogni minuto che passa, mi convinco sempre di più che l'unica opzione possibile sia allontanarmi da lei. 

Non posso permettere a me stesso di rovinare un'altra cosa bella, ne ho già uccisa una, non sopporterei di farlo nuovamente.

Sono seduto su questo divano con il caos intorno, ma l'unica cosa che riesco a sentire è il battito accelerato del mio cuore che rimbomba nelle mie orecchie. Tutte le bottiglie in questa stanza gridano "bevici" e io sento la gola improvvisamente talmente arida da essere simile a un deserto.

I ragazzi, malgrado sia così presto, sono già tutti attaccati a quei dannati bicchieri rossi, tanto impegnati a spegnere la mente da non sentire neanche il suono del citofono che rimbomba appena tra i loro schiamazzi. Mi alzo trascinando i piedi - in questo momento sono la rappresentazione in carne e ossa della gioia di vivere - apro la porta e davanti a me compaiono Eloise, Mary Jane e ovviamente Beth. Quest'ultima mi supera senza rivolgermi neppure un cenno di saluto e dandomi una spallata che sembra del tutto accidentale, sebbene io sappia benissimo che non lo è. Non so cosa cazzo voglia, ma non me ne frega nulla delle sue scenette da bambina.

«Ciao Jay» Eloise mi rivolge un sorriso ammiccante, a cui rispondo con un semplice gesto del capo. Non mi dice nient'altro, neppure un come stai di cortesia. Mi oltrepassa rapidamente per dirigersi verso il festeggiato, che è già completamente strafatto dopo neanche cinque minuti dall'inizio della sua festa. 

«Hey, bellissimo» Mary Jane mi accarezza un braccio, indugiando sui bicipiti, non provando neanche a dissimulare per un secondo il suo chiaro tentativo di portarmi a letto.

«MJ» pronuncio le sue iniziali come se fossero paragonabili a un saluto, per poi girarle le spalle e lasciarla lì sull'uscio.

Mi siedo nuovamente sul divano, poggiando sul tavolino tutto il contenuto delle tasche dei miei jeans: cartine lunghe, biglietti dell'autobus e una bustina d'erba.

«JJ mi dai una sigaretta» urlo alle mie spalle.

Mio fratello, che è più ubriaco di quanto non lo fosse già questo pomeriggio, deciso a provocarmi ancora di più di quanto non abbia già fatto, mi lancia il suo pacchetto di Marlboro gold colpendomi direttamente in testa. Sbuffo, cercando di mantenere la calma per evitare di prenderlo a pugni.

Lecco una sigaretta dal filtro fino all'altra estremità, per poi aprirla e prenderne dall'interno il tabacco per assemblare la mia canna. Prelevo un bel quantitativo di erba dalla bustina trasparente e lo aggiungo al resto, per poi rollare il tutto con grande maestria. 

Le dipendenze di ogni tipo sono sconsigliate agli alcolisti, ma io devo pur trovare un modo per sopravvivere quando la mia testa prende troppo il sopravvento. Che si fottano tutti, almeno una droga leggera me la devo concedere.

Esco nel giardino posteriore della casa e mi siedo su un divanetto di vimini in veranda. Odio fumare all'interno, avrei anche potuto farlo, considerando che tutti i miei compagni lo stanno già facendo, ma preferisco evitare che si crei una cappa. 

Accendo la canna e aspiro, godendomi ogni tiro.

Il cuore comincia immediatamente a rallentare i suoi battiti e finalmente mi sento più rilassato. Il pensiero di Eva scompare per qualche istante dalla mia mente, smetto di rivivere ogni momento passato insieme a lei questo pomeriggio, non vedo più quella foto davanti agli occhi.

Il cazzo, dico di non pensare più a lei, mentre anche con me stesso non faccio altro che parlare di lei. Ho qualche problema mentale, è ufficiale.

«Sempre tutto solo tu, eh?!».

Mi volto di scatto in direzione della porta-finestra, Mary Jane è in piedi con una sigaretta tra le labbra. Indossa un abito succinto che le mette in mostra il seno e le gambe. Praticamente a parte il busto, si potrebbe dire che è completamente nuda.

Avanza verso di me e si siede scomposta sul mio stesso divanetto, allargando leggermente le gambe con fare seducente.

Seguo con lo sguardo i suoi movimenti, indugiando in particolar modo su quel poco di stoffa che le copre l'inguine. Di tutta risposta lei inarca la schiena per mettere in mostra il suo seno prosperoso.

Le sorrido appena, mentre continuo a fumare.

«Ti va di andare di sopra?» mi chiede sfacciata e io quasi mi strozzo con il fumo.

«Cazzo, sei una tipa diretta» rido, mentre lei mi strappa la canna dalle mani e, dopo tre tiri, me la restituisce.

«Perché dovrei farmi problemi, ho voglia di scopare, so che tu alle feste fai solo quello e allora uniamo le due cose» dice, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come dire che 2+2 fa 4, e in effetti potrebbe non avere torto.

«E la tua amica? Non gliene frega?».

«É nel periodo Luke adesso, e poi ti sei già scopato El, a questo punto mi sembra giusto che tu ti faccia anche me» mi fa l'occhiolino, si alza e allunga una mano nella mia direzione. «Allora?».

All'improvviso, mentre fisso le sue unghie lunghe e smaltate di un colore molto simile a quello degli occhi di Oph, mi viene un lampo di genio. Se vado a letto con lei, Eva mi odierà talmente tanto che si allontanerà da me quel tanto che basta perché io non le faccia troppo male. So che dopo quello che è successo oggi, quando scoprirà che sono stato con MJ la cosa la farà soffrire, ma sempre meglio che distruggerla tra una settimana, un mese o un anno... perché tanto lo so che il modo per farlo lo troverei anche tra cinquant'anni, con me infatti tra tutte le cose belle c'è sempre una delusione in agguato. Però cazzo, non so davvero come mi sia venuto oggi di dirle tutte quelle cose, dannato Jay, non potevi semplicemente osservarla e tacere. Chi dice a una ragazza quelle parole per poi tirarsi indietro? Sei davvero un coglione.

Tu le persone sai solo deluderle, ecco che la voce severa di mia madre fa eco come sempre nella mia testa.

«Ok andiamo!» mi alzo di scatto, come se le parole di quella stronza di Rosa - o meglio, Rose come si fa chiamare adesso - mi avessero dato una scossa. Prendo MJ per mano e insieme rientriamo dentro, attraversando cucina e salotto indisturbati. Sono già tutti talmente tanto fatti da non accorgersi nemmeno di noi. Quando stiamo per salire l'ultimo gradino della scala, vedo con la coda dell'occhio Kate appoggiata a un pilastro che armeggia annoiata con il telefono. Forse avrei dovuto richiamare la sua attenzione e farmi vedere mentre andavo in camera con MJ, anche se in realtà non so quanto di noi Eva le abbia raccontato, perciò probabilmente è meglio farglielo scoprire in modo diverso.

Faccio segno a Mary Jane di entrare nella mia stanza, per poi chiudere la porta a chiave. Neanche il tempo di girarmi di nuovo nella sua direzione che lei si è già abbassata le spalline sottili del vestito, mettendo così in mostra ancora di più la sua terza abbondante. Si avvicina a me sfilando lentamente quel che resta del suo abito, come se la sua camminata fosse in slow-motion, ad ogni passo lascia cadere sempre più giù il vestito, rimanendo così in pochissimo con la parte superiore del corpo completamente nuda davanti ai miei occhi. Ha due tette meravigliose, in altre circostanze mi sarei già fiondato su di lei, per toccargliele e mordere i suoi capezzoli, ma adesso non ce la faccio, resto inerme. Quella cazzo di sedia è rimasta nello stesso punto in cui eravamo io e Oph oggi e, infatti, non appena la mente ritorna lì, il corpo di Eva si sovrappone a quello di Mary Jane, tanto perfettamente da riuscirne a vedere ogni dettaglio. Tutti tranne uno: i suoi occhi. Quelli sono talmente tanto belli che non sarei capace di riprodurli neanche nelle mie fantasie.

«A che pensi Jay? Anzi... a chi pensi?» sussurra, mentre fa scivolare definitivamente l'abito lungo le caviglie, abbandonandolo per terra; distendendosi poi sulla sedia accanto al letto, rivolgendo verso di me le sue gambe aperte; l'unico indumento che ha addosso è un perizoma fucsia. 

Quando la vedo lì per poco non svengo, e mi impongo di ritornare alla realtà sia per togliere il suo culo da quella sedia e sia perché non posso rimanere imbambolato ancora per altro tempo. Devo portare a termine il mio compito, devo fare sesso con lei, perché questa è l'unica scelta che ho.

Le porgo la mano, permettendole di applicare una forza che sia potente quel tanto che basta per farle alzare il bacino e per poter, di conseguenza, spingere via con un calcio la sedia a rotelle verso la parete opposta.

«Vuoi scoparmi o no?» domanda infastidita.

«Cazzo MJ, stai zitta» non ne posso più della sua voce stridula; quindi, faccio l'unica cosa che la farà tacere. La sollevo con forza e la bacio, mettendo in quell'azione tutta la foga che ho nel corpo. 

Tutto quello che lei potrebbe scambiare come voglia di averla, non è nient'altro che il riflesso dell'odio che io provo verso me stesso.

***

Oph lo sa.

Sono dieci minuti che guardo quelle scale aspettando che lei scenda con Matt. Cosa cazzo staranno facendo in quella camera? Ti prego Eva, dimmi che non sei stupida tanto quanto me, che non farai cazzate, che non andrai a letto con lui solo per vendicarti di me. Ho paura di averti costretto con le mie azioni a fare qualcosa che non vorresti mai fare, me ne pentirei per sempre se io ti avessi spinto verso le sue braccia. Non volevo che lei lo scoprisse così, non davanti a tutti, non da MJ. Quello che ho fatto con quest'ultima è stato il sesso peggiore della mia vita, alla fine mi sono completamente assentato, facendomi praticamente scopare. Ho fatto tutto pur di non pensare a Oph, ma non sono riuscito comunque a dimenticarla neanche per un istante, neppure quando sono venuto ho smesso di vedere la sua immagine davanti ai miei occhi.

Che sete che ho. 

Forse dovrei concedermi almeno una birra, ma sì, starò attento a non ricaderci... solo una nell'attesa che lei scenda, solo per poter guardare i loro volti e per capire dalle loro espressioni se c'è stato altro, poi la smetto, lo giuro.

Mi alzo con le gambe tremanti e mi guardo intorno circospetto, controllando che non ci sia nessuno che possa vedermi, o almeno nessuno che sia ancora sobrio per ricordarsi della mia dipendenza e per accorgersi che sto facendo qualcosa che non dovrei fare.

Riempio un bicchiere di carta direttamente dal fusto, ma non fino all'orlo, giusto una metà, quel tanto che basta per placare l'arsura. 

Con il cuore in gola, sapendo che sto per gettare mesi di sacrificio nel cesso, appoggio la bocca sul bordo del bicchiere; ma, prima che io possa assaporare l'alcool, un urlo mi fa sobbalzare.

«James Cook posa quel cazzo di bicchiere o ti uccido!» mia sorella è in piedi alle mie spalle e brandisce un coltello da cucina verso la mia direzione.

Oh merda, se non fosse così arrabbiata, potrei quasi ridere.

Depongo l'arma del delitto sul bancone, portando poi entrambe le braccia verso l'alto come se fossi un criminale che sta per essere arrestato.

«Scusami» mi esce appena, come una preghiera.

«Ti prego dimmi che non ci sei ricascato, non mentirmi» ha la voce rotta, riesce a stento a trattenere i singhiozzi.

«No, Mora...ehi, guardami» mi avvicino a lei cautamente, poi l'abbraccio più forte che posso, sentendo, mio malgrado, le sue lacrime bagnarmi la maglietta. «Jaimie, no. Sono un coglione, non ho bevuto, davvero, credimi» sussurro quasi a contatto con il suo orecchio. Solo quando pronuncio queste parole sembra credermi, e ricambia il mio abbraccio tenendomi stretto anche lei.

«Posso sape-» tira su con il naso «posso sapere che ti prende?» si asciuga le lacrime con il dorso della mano.

«Niente, ho fatto una cazzata e-»

«E niente Jay...non puoi fare così, se fai una stronzata, vieni da me e me ne parli e risolviamo le cose insieme, l'alcool ti fa prendere solo decisioni sbagliate, peggiori di quelle che prendi da sobrio. Come puoi rimediare a una cazzata se ne fai una ancora più grossa?!» il suo sguardo grida rimprovero, anche se lo sta facendo per il mio bene, nelle sue iridi rivedo troppo quelle di mia madre.

«Ti piace Eva?» mi chiede dolcemente, abbandonando il tono usato in precedenza.

«A chi non piace? Luke, Matt, tutti i ragazzi della casa non fanno che parlare di lei, persino Mad che non si sbilancia mai su nessuna non fa altro che fare apprezzamenti ogni volta che la vede... è ovvio che mi piaccia» quando pronuncio l'ultima parte della frase, abbasso lo sguardo per evitare che lei possa leggere nelle mie iridi ciò che provo davvero.

«Oh» il suo appare un sospiro un po' scocciato, come se la cosa l'avesse infastidita, ho detto qualcosa di male?

«Mora, stai tranquilla... stavo per fare una cazzata, ma non si ripeterà, questa storia è chiusa, perdonami. Adesso però se non ti dispiace, vado a fumare perché sto iniziando a svalvolare senza nicotina. Ti voglio bene sorellina, non dimenticarlo mai... tutti i sacrifici che faccio, li faccio solo per te».

«Anche io fratellone, noi tre contro il mondo» tocca il suo petto e poi il mio a voler significare il legame che inesorabilmente ci unisce.

«Noi tre contro il mondo» ripeto, imitando il suo gesto.

***

La malattia che tutto ammorba.

Così, l'ha definita. Io non riesco a capire con quale coraggio lui cerchi di riprendersela, se poi cinque secondi più tardi non fa altro che insultarla. Non ce la faccio a pensare che Oph sia stata per un anno con lui, non riesco davvero a concepire che Jefferson abbia avuto il privilegio di averla e che l'abbia trattata così male. Non so se sia possibile ma, più rimugino nel mio letto su ciò che le ha detto e sull'astio con il quale le ha rivolto quelle parole, più mi viene voglia di pestarlo a sangue.

Come può parlare di lei così... avrei capito se avesse definito solo me in quel modo, ma Eva, proprio no, mi rifiuto di credere che sia così. Lei non "ammorba", lei rende tutto diverso, migliore, sebbene abbia già tanta sofferenza che pende su di sé, lei sembra essere in grado di farsi carico di quella altrui. Solo con lei mi sono sentito leggero, altro che appesantito.

Forse dovrei andare da Oph, chiederle scusa per quello che ho fatto, cercare di spiegarle le mie ragioni. Sono sicuro che lei mi capirà e che sarà d'accordo con me e con la scelta che ho preso. Non ce la faccio più ad arrovellarmi il cervello... sento che sto per impazzire. Devo lasciare andare ciò che ho provato per concentrarmi su un futuro che non la comprende. Saremo amici se lei vorrà, ma nient'altro. Posso farcela.

La malattia che tutto ammorba sono io. Nietzsche, sono io il Wagner di cui parlavi.

Mi viene in mente quella canzone dei Passenger che dice "Everything you touch surely dies", perché mi sento così da tutta la vita?

Perché è così Jay, tutto quello che tocchi muore, a volte addirittura in senso letterale.

9 Novembre ore 2.24


Dopo aver fumato un'altra canna, ho preso una decisione tanto sofferta quanto necessaria. Sono andato a piedi fino all'edificio C20 per prendere un po' d'aria e per schiarirmi le idee. È una notte bellissima, la luna piena illumina tutto il viale d'ingresso al campus. Il silenzio la fa da padrone, le finestre degli edifici presentano appena qualche luce fioca, segno che quasi tutti gli studenti siano ormai addormentati. Domani ci sono i corsi e io come un coglione mi sono portato dietro un borsone, nella speranza di rimanere a dormire qui e di non tornare a struggermi nel mio letto freddo. Salgo le scale lentamente e, mai come prima d'ora, percepisco ogni gradino sotto la suola. Proseguo nel lungo corridoio e mi fermo davanti alla porta della camera della ragazza verso la quale sono diretto... non l'ho neppure avvisata, chissà se mi aprirà.

Busso prima in maniera quasi impercettibile e poi, a un certo punto, cominciando a colpire la superficie con dei pugni sempre più rumorosi, finché non sento delle imprecazioni e dei passi nervosi avvicinarsi alla porta.

«E tu che cazzo ci fai qui?» si copre il volto per non essere accecata dalle luci al neon sempre accese del corridoio.

«Non riuscivo a dormire».

«E quindi hai pensato bene di venire qui? Sicuro di non aver sbagliato porta» mi sorride beffarda.

«No, mi hai promesso che ci saresti sempre stata, senza domande...è ancora così? O è cambiato qualcosa?» devo capire se prova qualcosa per me, perché se fosse così, andrei via seduta stante.

«É ancora così, però devo ammettere che un po' mi infastidisce tutta questa situazione, improvvisamente sparisci per stare con la rossa e, poi, ricompari così, all'improvviso e in piena notte» schiocca leggermente la lingua nel pronunciare il nomignolo che ha affibbiato a Eva. Odio quando la chiama in questo modo, ma è impossibile farla desistere, prova un astio immotivato nei suoi confronti.

«Dai su, entra, non fare il cazzone lì davanti. Ness non c'è, è rimasta a dormire a casa di un francese che si scopa ogni tanto. Tu vuoi dormire da solo o con me?» si volta verso di me aspettando una risposta, mentre un sorrisino malizioso le illumina il volto.

«Con te Lex, ovvio».

9 novembre ore 14.21

Ho un gran mal di testa dopo la serata movimentata di ieri, Lexie non mi ha fatto chiudere occhio, credo che abbia sentito molto la mia mancanza negli ultimi giorni. Sono contento di aver passato la notte, che inizialmente era stata per me così tanto inquieta, con lei. Sicuramente è stato meglio che ricadere nella mia dipendenza da alcolici, o peggio, di scoparmi qualche altra amica della mia ex. Tra l'altro per tutta la notte in quel dannato dormitorio non ho sentito altro che una specie di lamento, qualcuno che piangeva, una sorta di nenia, ma che cazzo si fumano queste ragazzette per stare così male.

Sto vagando nei corridoi alla ricerca di Eva, ora sono finalmente pronto a parlarle e a spiegarle quello che penso della nostra "relazione".

A un certo punto mentre cammino distratto tra le aule del dipartimento di studi artistici, vedo una piccola ciocca di capelli rossi fuoriuscire da un grande cappuccio di una felpa oversize grigia. La ragazza è di spalle, e non le si vede neppure un brandello di pelle, persino le mani sono coperte... ma sono sicuro sia lei, perciò a grandi falcate la raggiungo.

«Eva, possiamo parlare un secondo» le afferro la spalla destra e mi posiziono subito dietro di lei, poggiando la testa sull'incavo del suo collo, accanto al grande cappuccio.

La sento inizialmente tremare sotto il mio tocco, poi si raddrizza e sembra che in qualche modo si stia imponendo di rilassare i muscoli per risultare tranquilla. Tentativo vano il suo, visto che io percepisco chiaramente che sta fingendo.

«Sono un po' di fretta, ti scrivo io appena ho tempo» dice sbrigativa, tentando di proseguire nella sua camminata veloce.

«Oph guardami, ti prego» cerco di essere il più risoluto possibile.

«No, devo andare, scusa» tenta di fare pressione sulla mia mano pur di liberarsi dalla presa.

Io però non sono convinto, c'è qualcosa che non mi torna. Uso la forza per farla girare nella mia direzione. Quando siamo faccia a faccia lei sussulta, tenendo la testa bassa. Le sfilo il cappuccio con un movimento nervoso, non capisco proprio cosa cazzo stia nascondendo.

Quando le guardo il volto, resto di sasso.

«Oph?!».

Spazio autrice:

Sono tornata con questo bel pov di Jay, una sorta di flusso di pensiero... Qualcuno lo aiuti a non pensare e a svuotare un po' la testa.🙄 Ultimamente vi confesso che mi sento stranamente molto più vicina a lui che a Eva, sto lavorando molto sulla sua storia e non vedo l'ora che voi sappiate di più.

Come non vedo l'ora che voi sappiate cosa è accaduto a Eva la notte del 9 novembre...

Stiamo entrando in una parte della storia che sarà molto tragica ma al tempo stesso alternata da capitoli finalmente un po' spensierati per la nostra protagonista.

C'è una persona che ho presentato molto rapidamente in uno dei capitoli passati di cui scommetto vi sarete dimenticati...e invece mi sa che bisognerà tenerlo/a d'occhio.

Spero che la storia vi stia piacendo e che vi incuriosisca, io sono sempre disponibile a parlare con voi, anzi ricerco disperatamente vostri feedback. Per questo ho deciso di aprire una box domande su Instagram, potete chiedere qualsiasi cosa, fare teorie o semplicemente insultarmi per l'eccessiva lunghezza dei capitoli e per il mondo barbaro in cui li sto facendo finire😂

Seguitemi su Instagram e su Tik Tok (spoilero un po' troppo😂) e per qualsiasi cosa, io ci sono.

Non mi abbandonate,

Matilde.🥀


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