Capitolo 20 - Punto di non ritorno
JAY
Tre anni prima
«Allora signor Cook, ha fatto progressi rispetto all'ultima volta in cui ci siamo visti?» il dottor Neville mi guarda intensamente con i suoi occhi cerulei e, mentre aspetta una mia risposta, batte ritmicamente il piede destro, coperto da un mocassino color terra di Siena, sul pavimento grigiastro del suo studio.
«Mi sono avvicinato a una persona» confesso a voce bassa.
«Su, mi dica di più, è qui per parlare, no?» porta una mano alla testa per accarezzarsi i capelli ricci, continuando a tenere le sue iridi fisse nelle mie.
«Si chiama Beth, è una mia compagna di classe...ci siamo visti qualche volta a casa sua per un progetto di scienze... credo di piacerle» abbasso lo sguardo, fissando la punta delle mie Air force one.
«C'è qualcosa che la preoccupa? Si ricordi che abbiamo parlato in tante sedute dell'importanza delle relazioni. Deve aprirsi signor Cook, non può portare il fardello del suo passato da solo».
«Ha un ragazzo» ammetto con una punta di vergogna «è un mio compagno di squadra e non credo sia la scelta giusta quella di lasciarmi andare, o meglio, probabilmente lo sarebbe per me, ma non sicuramente per il gruppo» alzo lo sguardo per cercare nuovamente il suo. Il volto del dottor Neville è contratto in una strana smorfia, non riesco a capire cosa ne pensi.
«Jay, non si dia limiti in amore, glielo dico come un fratello maggiore, non come psicologo, si senta libero» comincia a frugare in un cassetto, dal quale pochi secondi dopo estrae un enorme libro. Quando lo sfoglia ne scorgo sulla copertina il titolo: L'uomo senza qualità di Robert Musil. «"Dà alle fiamme tutto ciò che hai, comprese le scarpe. Quando non possiedi più nulla, non pensare neanche al sudario e gettati nudo nel fuoco!" » legge con soddisfazione da un punto del testo tutto sottolineato in verde. Quando ha finito, posa l'oggetto e continua «per rinascere Jay, c'è bisogno di buttarsi nel fuoco e se è necessario con tutte le scarpe» mi rivolge un sorriso sincero.
Potrei quasi decidere di seguire il consiglio del dottore, peccato che a volte io senta il bisogno di gettarmi tra le fiamme non proprio con l'intento nobile di rinascere, ma più che altro con quello di farla finita... ma forse lei, Beth, potrebbe effettivamente rappresentare una ragione per abbandonare, almeno per un po', la cella in cui mi sono auto-imprigionato.
***
«Perché hai scelto il corso di Scienze se odi tutte le materie scientifiche?» la voce melodiosa di Beth mi arriva dalle spalle, è in piedi accanto allo stipite della porta.
«Perché avevo voglia di cambiare, il mio dottore sostiene che mi faccia bene uscire dalla mia zona sicura ogni tanto» continuo a darle le spalle mentre scorro, con il cursore del touchpad del mio MacBook, l'elaborato che abbiamo appena completato.
«Mmm...» mi si avvicina lentamente, poggiando il mento sull'incavo della mia spalla «quindi questa non è una zona sicura per te?» struscia la punta del suo naso sul mio collo.
Jay, contieniti.
«La scienza non lo è. La letteratura, l'arte, la filosofia, la storia e tutti corsi umanistici che ho frequentato, per me hanno sempre rappresentato casa, il porto sicuro in cui il marinaio attracca dopo mesi di tempeste, eppure a seguire quelle materie la situazione non stava migliorando, anzi. Il dottor Neville mi ha consigliato di uscire dagli schemi, e così eccomi qui, a fare un progetto sfigato in compagnia dell'unica ragazza con la quale non avrei mai pensato neanche lontanamente di scambiare più che qualche parola di cortesia» mi volto nella sua direzione, notando il sorriso compiaciuto che ha sul volto.
«E quindi, fammi indovinare, in qualche modo malgrado questo corso ti faccia letteralmente ribrezzo, non te ne penti?» si allontana da me per prendere qualcosa dalla tasca anteriore del suo zaino.
«No, non me ne pento affatto... sai ti ho sempre considerata solo come la fidanzatina snob di Jefferson, ma tu non sei così, o meglio, sei molto più di questo» mi scappa una risata e lei coglie subito la piccola presa in giro riguardo il suo essere leggermente altezzosa.
«Anche io sono felice di averti conosciuto, sul serio intendo... sono anni che frequentiamo la stessa scuola, ma non avevo mai capito davvero chi tu fossi» allunga la mano nella mia direzione, porgendomi una delle due cuffie bluetooth «ti va se ascoltiamo un po' di musica?» indica con un gesto del capo il suo letto, per invitarmi a stendermici sopra con lei.
Mi alzo dalla sedia della scrivania e, dopo essermi sfilato le scarpe, mi distendo completamente sul piumone rosa.
Lei fa la stessa cosa.
Siamo l'uno a un palmo dall'altro.
Ancor prima che lei possa far partire una canzone qualunque, le nostre mani si sfiorano inavvertitamente.
Tra noi si propaga una piccola scintilla che basta ad accendere la miccia.
Un istante dopo: siamo senza vestiti, corpo contro corpo, cuore contro cuore.
Scusami Luke.
Per rinascere bisogna buttarsi nel fuoco con tutte le scarpe.
Il presente
«Quando sei pronto, io sono qui per ascoltarti» la voce di Eva mi riporta alla realtà, è ora che io le racconti del mio punto di non ritorno, di quella goccia che ha fatto traboccare un fiume che troppe volte aveva rischiato di esondare.
Un anno e mezzo prima
Butto giù un intero bicchiere di whiskey come se fosse acqua, il sapore forte e il bruciore che sento nella gola non mi impediscono di fare segno alla cameriera di questo squallido pub per farmene versare subito un altro.
«Jay era da un po' che non passavi... va tutto bene?» la signora Drew prende una bottiglia e me la porge. Sa benissimo che non me ne andrò finché non ne avrò scolata almeno una.
«Più o meno signora...sono stato lontano da qui per un po', sono al primo anno di università e sono tornato per le vacanze di primavera» le racconto, mentre già sto portando alla bocca il mio secondo bicchiere, e sono qui da soli due minuti.
Lei di rimando mi accarezza lievemente una spalla, in segno di comprensione, per poi allontanarsi dal bancone per andare sul retro, lasciandomi praticamente da solo nel locale.
Guardo l'orologio, il cui vetro è oscurato da un fitto strato di polvere, riuscendo appena a scorgerne le lancette. Sono solo le cinque del pomeriggio.
"Devo fare la chemio", le parole di mio nonno continuano a risuonarmi nella testa.
Ho una tremenda paura di vedermi portare via anche lui. Perdere nonna Etta per me è stato distruttivo, pensare che presto anche mio nonno possa raggiungerla, mi causa una fitta al petto che mi impedisce di respirare. Se non fosse stato per loro, oggi non sarei questo, non sarei me, mi sarei ritrovato a essere un surrogato dei miei genitori, se loro non si fossero presi cura di me e dei miei fratelli. I miei veri genitori sono stati James ed Etta.
Non voglio diventare orfano a vent'anni.
Il timore da che ne ho memoria mi ha sempre spinto verso l'autodistruzione. Il calice di vino, il boccale di birra, il bicchiere di whiskey, la bottiglia di rum... tutto quello che ricordo delle difficoltà è il numero di alcolici che ho dovuto bere per dimenticarmi di esse. È tutto qui quello che sono: un fallito incapace di sopportare il dolore senza lasciar andare con esso una parte di sé. Ad ogni brutta notizia un pezzo di Jay è stato consumato dall'etanolo, tanto che oggi credo ci sia rimasto ben poco...
...se non fossimo andati quel giorno, se avessimo evitato..., se avessi avuto la forza... forse oggi sarebbe stato diverso, ma non lo saprò mai perché ormai è stato... la mia anima è morta quel giorno, sebbene il mio corpo sia ancora vivo.
«Cazzo, ecco dov'eri!» sbatto le palpebre, mettendo a fuoco nuovamente l'orologio del bar. Sono le undici. Ma com'è possibile?! Mi guardo intorno e il locale è pieno di persone, per lo più barboni chinati a dormire sui bicchieri vuoti, non mi ero accorto della loro presenza né tantomeno dello scorrere del tempo. Beth è in piedi al centro del locale con il suo abitino firmato che stona con tutto lo squallore del posto. I capelli lisci sono completamente bagnati e attaccati alla faccia, il mascara le è un po' colato sulle guance, gli occhi color oceano sono arrossati.
Mi prendo qualche secondo per pensare a quanto sia bella e a quanto in qualche modo io la ami... eppure, quando provo a parlarle, non riesco a far trasparire questi sentimenti, ma solo l'odio per la vita che mi ottenebra.
«Che cazzo vuoi?» ringhio.
«Sono due ore che ti cerco, mi ha chiamata tua madre preoccupata, non pensavo saresti caduto così in basso» scuote la testa con un'espressione di puro disgusto.
«Ah povera Beth, una vita così amara la sua, così tanto piena di problemi, di dolore, di difficoltà... ah, Elizabeth siedi a bere con me» pronuncio con tono canzonatorio, per poi indicarle il consunto sgabello in pelle rossa che è al mio fianco.
«Alzati, andiamo a casa» cerca di mantenere la calma con scarsi risultati, la voce si alza, eppure trema leggermente.
È un vero peccato averla nuovamente delusa.
«No, tu va... verrò più tardi» la liquido con un gesto della mano, portandomi alla bocca direttamente il collo della bottiglia di whiskey, al cui interno ormai non è rimasto nient'altro che l'ultimo sorso.
Sono proprio un bastardo teatrale.
«Jay, ti prego» la sua vocina si fa implorante «torna a casa con me, sei ubriaco... qualsiasi cosa ti preoccupi possiamo risolverla insieme» mi allunga una mano, le sue dita tremano, così come il suo labbro inferiore, non lo ammetterebbe mai, ma sta per piangere.
Quando vedo una lacrima rigarle il volto, la mia corazza si infrange e così, ciondolando, mi alzo dalla sedia e, senza dire una parola, la seguo nella sua auto.
Mentre ci allontaniamo in silenzio, guardo l'insegna luminosa del Porter farsi sempre più distante, così come la mia Porsche rimasta abbandonata nel parcheggio. Prego che nessuno rubi la mia bambina in questi bassifondi.
Chiudo gli occhi e le palpebre si fanno immediatamente più pesanti. Almeno quando sono ubriaco riesco a dormire con più facilità, non come le altre notti durante le quali il rumore del mare che si infrange sulle scogliere mi terrorizza, non riesco a riposare serenamente ormai da anni.
«Svegliati, siamo arrivati» una manina fredda continua a toccare il mio addome caldo, nel disperato tentativo di farmi aprire gli occhi. Quando dopo qualche secondo lo faccio, tutto intorno a me appare molto più sfocato di quanto non lo fosse quando mi sono addormentato. La testa pulsa, e faccio fatica anche solo a pensare, tanto è il dolore.
«Non ce la faccio ad alzarmi» mi guardo intorno spaesato, a un tratto però mi rendo conto di dove siamo, il profilo della casa dei miei genitori si fa strada nitido tra tutto il resto che invece ancora ruota.
«Dimmi che è uno scherzo, io scappo da qui e tu mi ci riporti? Mi vuoi così tanto male Beth?» alzo la voce fin troppo, preso dal nervosismo.
«Tua madre mi ha de-»
«Mia madre un cazzo Beth! Portami ovunque ma non qui» sono fuori di me e l'alcool non aiuta affatto.
«Innanzitutto smettila di urlare! Stai iniziando a stancarmi Jay, ricordati di non giocare troppo con il fuoco, perché alla fine ti bruci! E poi cazzo fai l'uomo, hai vent'anni, affronta i tuoi problemi!».
«Oh dai Beth, lo sai quello che ti ripeto sempre "io espiro cenere e inspiro fuoco", sai quanto mi interessa di quello che pensi tu o di quello che mia madre crede sia il meglio per me» apro lo sportello e a fatica esco dall'abitacolo.
Devo prendere aria prima di impazzire totalmente.
«Sono allo stremo delle forze, io non riesco più a capirti...non puoi reagire così perché tuo nonno è malato...Cristo, erano mesi che non toccavi più alcool, non puoi tornare a quello che eri alla morte di Etta, e a quello che sei stato per gran parte della tua prima adolescenza... non ha senso, non puoi» mi segue a grandi passi, facendo ticchettare i tacchi sull'asfalto bagnato.
Credo che abbia smesso di piovere da pochissimo.
«Tu lo sai che sono questo B, lo sapevi molto bene quando hai lasciato il perfetto Jefferson per prenderti questo cumulo di problemi sulle spalle... Cosa vuoi da me? Cosa devo fare? Cancellare il mio passato, solo per il tuo bel faccino?» mi volto verso di lei, rivolgendole un ghigno inquietante.
«No, ma almeno rendermi partecipe dei tuoi problemi, non so nemmeno cosa sia accaduto quel due giugno di tanti anni fa... tu ti chiudi in te stesso, cali la testa su quel dannato bicchiere e non hai occhi che per quello che ti distrugge. Dì la verità, tu godi nel farti male Jay e nel portare in basso come una zavorra anche me» le lacrime scendono prepotentemente dai suoi occhi senza che lei sembri accorgersene. Nessun lamento o singhiozzo fuoriesce dalle sue labbra perfette. È impeccabile anche quando è distrutta.
«Fai una cosa Beth, richiama il tuo bel principe azzurro e vattene a fanculo con lui! Che credi che non lo sappia? Che non mi sia accorto dei messaggi che cancelli quando fingo di essere distratto? "B devi lasciare perdere Cook o ti porterà a fondo con lui" e tu come un pappagallo ripeti le sue parole... non ne voglio sapere più niente di te, non voglio sentirmi un rifiuto umano più di quanto io già non lo sia, smettila di guardarmi come se fossi un brandello di niente, io sono il mio dolore, se non lo ami, non ami me».
«Credo che abbia ragione, sono stufa di te, dei tuoi finti problemi...dell'odio che provi per te stesso e per tutti quelli che ti circondano. Se vuoi ricominciare a bere, bene, fallo. Non sarò accanto a te quando ti porteranno via dal Porter in un sacco di plastica...» tira su con il naso, cercando di fermare le lacrime che sgorgano ormai libere sul suo viso. «Da oggi è finita, vai dove vuoi, annebbiati il cervello dovunque tu voglia, portati a letto tutto il campus e bevi fino a non ricordare più chi sei... anche se tanto neanche da sobrio lo sai. Un puro, semplice e patetico finto intellettuale, un inetto, un reietto...» mi lancia addosso le chiavi della sua auto con stizza, per poi proseguire verso il portone d'ingresso della casa dei miei genitori.
Le afferro con una rabbia che mai aveva percorso il mio corpo. Mi siedo nervosamente sul sedile del guidatore, sbattendo poi la portiera con tanta foga da rischiare di rompere il vetro. Giro le chiavi nel quadro e parto, premendo fino in fondo tutto l'acceleratore. Le ruote della Bmw stridono al contatto con l'asfalto bagnato.
Sfioro i 130 km orari.
Non so nemmeno dove sto andando, so solo che voglio allontanarmi da lei, da mia madre, dalla parte che sono stato costretto a recitare da quando avevo poco meno di quattordici anni. Voglio fuggire dal dolore, dai miei ricordi, dalla mia mente patetica, da tutto quello che sono, da quel fallimento che è la mia vita. Non merito niente se non la morte che mi sto autoinfliggendo in maniera silenziosa, bicchiere dopo bicchiere, sigaretta dopo sigaretta, canna dopo canna...
Una luce accecante si avvicina sempre più verso la mia direzione, solo quando siamo a un palmo dalla colluttazione, mi rendo conto di essere sulla corsia sbagliata. Sebbene la vista dei fari mi prenda alla sprovvista, riesco a girare lo sterzo di scatto verso il lato opposto della carreggiata. L'auto impatta contro qualcosa.
Un sapore di ferro mi inonda la bocca.
Poi il vuoto.
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«Mi sono svegliato qualche giorno dopo, avevo il bacino completamente ingessato, così come il braccio sinistro, e anche un paio di costole incrinate. Il mio tasso alcolemico era tre volte superiore al limite. Mio padre è riuscito a insabbiare l'incidente, come sempre, in modo magistrale, figurati che non mi hanno neppure tolto la patente. L'auto di Beth è stata completamente distrutta dall'impatto contro il guardrail e io sono stato trovato a qualche metro di distanza dalla Bmw, ero stato sbalzato fuori a una velocità impressionante, è un miracolo che io sia ancora qui a raccontartelo. Lei non è mai venuta in ospedale a trovarmi, non mi ha neanche scritto un messaggio per sapere come stessi...non gliene faccio una colpa, prima dell'accaduto non solo ci eravamo detti cose pesanti, ma era già nell'aria che la nostra relazione fosse ormai finita, per quanto entrambi malgrado tutto continuassimo ad amarci a modo nostro. Per quanto riguarda il football invece a causa del bacino fratturato ho dovuto abbandonare la squadra e con essa tutto quello che di più importante avevo nella mia vita...non è stato un bel periodo, ma questo lo sai già, in qualche modo anche tu mi hai visto durante i miei giorni peggiori».
«Perché lei ha deciso di chiudere definitivamente? Capisco che era arrabbiata per il vostro litigio, ma alla fine avresti potuto rischiare la morte, lei ti amava...» Eva mi guarda con i suoi occhietti lucidi, la voce le trema e mi sembra abbia quasi timore a parlare.
«Oph in qualche modo lei aveva ragione: la stavo portando a fondo con me. Beth non è cattiva, non è l'antagonista che tu immagini sia. Lo so che ti riesce difficile considerarla in altre vesti dopo quello che c'è stato tra lei e Luke, e anche dopo tutte quelle cattiverie velate che ti ha rivolto in questi mesi... ma lei ha un animo profondo che cerca di nascondere dietro i suoi vestiti firmati e la sua espressione di superiorità, ma fidati di me se ti dico che un motivo per il quale l'ho amata c'è, e questo però è lo stesso motivo che mi ha poi portato a chiudere con lei. Io non la meritavo e lei non meritava che io la corrodessi dall'interno» sento un peso sullo stomaco che mi impedisce di respirare regolarmente.
«Ma io l'ho vista provarci con te lo scorso anno, ho visto anche come tu la guardavi, sembrava che ci fosse qualcosa tra voi».
«C'è stato infatti...a metà anno abbiamo avuto una discussione, ero tornato da poco sobrio e lei, malgrado non abbia mai fatto cenno alla notte dell'incidente, ha voluto parlare della nostra relazione. Subito dopo siamo finiti a letto insieme e, quando la mattina mi sono svegliato, lei non c'era più. Credo che il sesso le fosse servito a prendere una decisione. La sua scelta era ricaduta su Luke» sussurro l'ultima parola a malincuore, vedendo come solo il pronunciare il suo nome le arrechi ancora dolore.
«Mi dispiace per quello che è accaduto, stavi passando già un periodo difficile, e perdere anche il football deve essere stato troppo da sopportare...quanto avrei voluto conoscerti così profondamente l'anno scorso, avrei dato l'anima pur di aiutarti» Eva slaccia la cintura di sicurezza, che la inchiodava ancora al sedile, per avvicinarsi a me e cingere dolcemente la mia guancia con la sua manina calda.
Una lacrima mi riga il volto. Lei segue con gli occhi la discesa di quella piccola perla salata fino a vederla infrangersi sul mio petto. Pulisce con il pollice la pelle bagnata e adagia lentamente le sue labbra su quella piccola porzione del mio viso. Siamo pericolosamente vicini, ma il ricordo di quello che ho causato a Beth in passato è troppo vivo dentro di me perché io possa anche solo pensare di fare lo stesso con Eva. Vorrei lasciarmi andare e baciarla... so che è quello che vuole anche lei e me ne accorgo dal modo in cui fissa in modo alternato la mia bocca e i miei occhi. Non posso, è tutto quello che riesco a dirmi. Probabilmente, se non avessimo parlato dell'incidente e non avessi rivangato quei ricordi tristi, ora starei approfittando di questo momento per sentire nuovamente il sapore delle sue labbra, per intrecciare la mia lingua alla sua e per poter toccare il suo corpo senza averne mai abbastanza, ma come potrei ora fare una cosa del genere, sapendo che questa non potrebbe rappresentare che una condanna per Oph.
«Forse è il caso di andare» pronuncio a malincuore.
Lei porta entrambe le mani tra i capelli, come scottata dal contatto con la mia pelle. Il suo volto si tinge di un lieve colorito rosato. Annuisce debolmente, cercando di simulare uno dei suoi migliori sorrisi.
«Grazie per avermelo raccontato, per me la nostra amicizia è fondamentale... sapere che ti sei aperto così tanto con me, mi fa capire che posso davvero fidarmi di te. Ho un tremendo bisogno di persone come te nella mia vita» si schiarisce la voce, cercando di sembrare il più convinta possibile. Ormai però ho imparato a capire quando mente.
«Per me vale lo stesso, ho bisogno anche io di un'amica come te» a una bugia scelgo di rispondere con una bugia.
«Buonanotte Jay» scende dall'auto a passo veloce.
Spalanco il finestrino e le urlo «Oph»
Si gira di scatto, come se stesse aspettando solo quello.
«Buonanotte».
Metto in moto e parto.
Per rinascere bisogna buttarsi nel fuoco con tutte le scarpe.
Non è ancora il momento però.
Spazio autrice:
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Oggi, finalmente, abbiamo ottenuto qualche informazione in più su Jay.
Mi è piaciuto particolarmente giocare su più piani temporali. Inoltre ci tengo tanto a non presentare Beth soltanto come un'antagonista, non è un angelo, questo è sicuro, ma non è nemmeno un mostro, e spero che almeno attraverso le parole di Jay si sia capito.
Il prossimo capitolo sarà Zenit, ed è uno dei più importanti e dei più belli che io abbia mai scritto.
Lunedì 24 vi donerò un'altra parte consistente di me.
Ringrazio il mio fidanzato per avermi dato come input la frase de L'Uomo senza qualità e per avermi permesso di inserire una frase presa a caso da un suo scritto nel capitolo, mi diverte molto aggiungere questi elementi.
Come sempre, vi ringrazio per essere ancora qui con me,
vi amo,
non mi abbandonate🥀,
Matilde.
Ps. seguitemi su Instagram e TikTok e scrivetemi cosa ne pensate della storia, ho bisogno di avere il vostro parere per andare avanti.
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