Capitolo 19- Patsy's
JAY
Guardo il temporale abbattersi sul retro del giardino della Trojans, attraverso il vetro appannato della finestra della mia camera. Non riesco a smettere di pensare al fatto che, se i miei genitori non fossero stati tra i donatori più influenti della Usc, probabilmente oggi non mi troverei nemmeno più qui.
Questa casa non è più il mio posto da tempo ormai, ma quando il rettore Stevens, dopo l'incidente, mi chiese se avessi voglia di rimanere a vivere con mio fratello e i miei ex compagni di squadra, la mia risposta affermativa non si fece attendere nemmeno qualche secondo.
A quei tempi mi portavo ancora addosso i segni dell'incidente, ovviamente fisici, perché quelli mentali non sono mai spariti. Ero già pieno di mostri interiori che mi stavano rodendo dall'interno, l'alcool mi circolava nelle vene più del sangue a quei tempi, ma, dopo aver perso l'unica cosa che amavo, il football, ho raggiunto livelli che mai avrei pensato di toccare.
È stata Jaimie a obbligarmi a un certo punto a scegliere e, quando la posta in gioco è stata o lei o l'alcool, ho dovuto prendere una decisione sofferta. Mi ha accompagnato sulla Madison e mi ha scaricato dalla mia auto - che lei stessa mi impediva di guidare - sul ciglio della strada come se fossi un rifiuto umano. Lo ero in verità.
Gli alcolisti anonimi mi hanno salvato nuovamente la vita, ma non è stata la prima volta che ho avuto bisogno di loro e sono sicuro non sarà mai l'ultima. Non so perché io abbia scelto proprio di rifugiarmi nell'alcool, ma ciclicamente non posso fare a meno di cadere in quella trappola.
«JJ hai preso tu la bottiglia di Bourbon dalla scrivania del nonno?» la voce di nonna Etta risuona forte nella mia testa, come se lei fosse ancora qui su questa Terra.
«No, nonna» pronuncia il mio gemello, mentre cerca di nascondere una bottiglia vuota dietro le sue spalle.
«Cos'hai lì, fa vedere» lei si sporge verso di lui e, con una rapida mossa, gliela strappa di mano.
«Dov-ve è il contenuto?» chiede sconvolta, notando che il liquido ambrato al suo interno è totalmente scomparso.
JJ si guarda intorno preoccupato, facendo saettare gli occhi da una parte all'altra della stanza. «Io-io no-non lo so» pronuncia, buttando fuori tutta l'aria nei suoi polmoni.
Poi a un tratto, un mugolio risuona nella nostra cameretta dalle pareti blu.
Non sono più riuscito a rimanere in silenzio.
Nonna Etta si sposta rapidamente alle spalle del mio gemello, trovandomi disteso sul tappetto dietro il divano.
«Jay, Jay» mi chiama più volte scuotendomi, ma non riesco a risponderle.
Poi il vuoto.
Solo una flebile voce.
«Aiutami Jay»
Avevo quattordici anni.
«Aiutami Jay» una voce che pare un lamento proviene dalle mie spalle.
«Co-cosa?» mi giro tremando, ho paura che questa sia un'allucinazione e che io possa vederlo di nuovo lì, comparire davanti ai miei occhi.
«Tutto ok?» JJ è sulla soglia della porta con un volto tutt'altro che sereno.
Quando lo vedo, tutta la tensione che mi si era accumulata sulle spalle, si scioglie rapidamente.
«Di cosa hai bisogno?» mi schiarisco la voce, ritornando alla normalità.
«Verità o bugia?» ghigna.
«Spara» pronuncio contrariato.
«Kate» sussurra, come se il suo nome fosse una parola sacra.
Annuisco, invitandolo a proseguire.
«Potrebbe avermi scritto un messaggio per incontrarci in gran segreto» batte i talloni, portando poi entrambe le mani dietro la schiena.
Il suo tentativo per non sembrare su di giri è chiaramente fallito, e direi anche la sua promessa di non parlarne con nessuno, anche se sono sicuro che lei lo sapesse già che sarebbe corso da me a vuotare il sacco senza neanche far trascorrere qualche minuto.
«E da me che vuoi?» lo guardo torvo. Deve per forza esserci qualcosa che vuole chiedermi, altrimenti avrebbe utilizzato un altro modo per raccontarmi della proposta di Kate.
«Devi soltanto fare compagnia a Eva, mi sembra sia una cosa che ti riesce bene ultimamente» porta una mano sul mento, alzando ripetutamente le sopracciglia.
Mi fa venire voglia di lanciargli in faccia il posacenere di marmo appoggiato sul davanzale della finestra.
«Beh, comunque K le aveva promesso di andare a mangiare qualcosa fuori, visto che quell'energumeno di Steve ha una cena con i compagni del suo stupido laboratorio di bio-qualcosa» giocherella con i lacci della sua felpa, portandoli entrambi alla bocca. Mi sembra regredito a uno stato infantile talmente tanto che freme.
«Se proprio devo» non so davvero come comportarmi con lei dopo quel bacio. Il fatto che non se lo ricordasse, inizialmente, mi aveva mandato su tutte le furie, tanto da ritrovarmi, meno di cinque minuti dopo il suo messaggio, nel letto di Lexie, poi, parlandole, mi sono reso conto di quanto sia fragile e di come la sua amnesia sia un segno, non posso farle del male, non posso rischiare di rompere quel poco di lei che è rimasto. Dopo quello che le è accaduto con Luke, non posso permettermi di farla ancora soffrire, non lo sopporterebbe, e non lo sopporterei nemmeno io. Tu le persone sai soltanto deluderle mi ha ripetuto mia madre un'infinità di volte, e, malgrado io sappia che lei spesso si è rivolta a me in questi termini solo per ferirmi, so anche che ha tremendamente ragione su questo. Se permettessi a me stesso di provarci, di tentare di amare qualcuno, che sia Eva o un'altra ragazza, finirei per portarla all'esasperazione, esattamente come è accaduto con Beth.
Non merito l'amore di nessuno, Oph per prima.
Come può un cuore rotto, ripararne un altro spezzato?
***
Cammino spavaldo e a testa alta tra i corridoi dell'edificio C20, sede dei dormitori femminili. Un paio di ragazze mi passano accanto, squadrandomi dalla testa ai piedi. Probabilmente molte di loro sono passate nel mio letto, senza che io possa neppure ricordarlo, ubriaco e disperato com'ero.
Mi fermo davanti alla 806, prendo un respiro profondo e poi busso.
Chissà se Oph è stata avvertita di questo cambio di programma, del fatto che a portarla a cena questa sera sarò io e non la sua compagna di stanza.
Sento i suoi passi farsi sempre più vicini alla porta e, quando la sua esile figura fa capolino attraverso la minuscola apertura, non ho bisogno che lei mi dica altro. Non ne aveva idea. Dannata Kate.
«Ehm, ciao» cerca di coprirsi con la porta per non mostrarmi ciò che indossa.
«Ciao, qualcosa mi dice che non sapevi del nostro appuntamento di stasera» mi soffermo a guardare i suoi capelli arruffati; lei se ne accorge e prontamente li pettina con le dita.
«Eva» una voce maschile la chiama dall'interno della stanza.
«Oh, scusami non credevo avessi compagnia» indietreggio lentamente.
Non è possibile, non posso credere che sia con qualcuno: stava facendo sesso? Si sta nascondendo perché è nuda? Oddio, è per questo che aveva i capelli scompigliati?
Un milione di domande mi affollano la mente in pochi secondi e una sensazione di bruciore si espande alla bocca dello stomaco.
«No!» grida e la sua voce giunge alle mie orecchie come uno squittio «sono in videochiamata con il mio migliore amico» ride di me.
Mi fa cenno di entrare, ma, prima che io possa oltrepassare la soglia, mi blocca con una mano. «Se ridi, sei morto» invade il mio spazio vitale, avvicinandosi fin troppo alle mie labbra, quando se ne rende conto fa un passo indietro e, solo dopo essersi accertata che io abbia capito la sua minaccia, si lascia finalmente vedere.
Indossa una maglietta bianca sulla quale sono stampate tantissime immagini diverse, ne metto a fuoco alcune e non posso che soffocare le risate sotto il suo sguardo attento, sembra pronta ad accoltellarmi se solo un risolino dovesse fuoriuscire dalla mia bocca.
«Perché hai addosso una t-shirt con la collezione delle tue facce più buffe?» mi asciugo una lacrima che ricade dall'occhio destro.
«Una meravigliosa tradizione» risponde una voce maschile e metallica dal computer poggiato sul letto.
«Oggi è il compleanno di Francesco e mi obbliga da dieci anni a fare questa cazzata- sì, hai capito bene- cazzata» alza la voce per farsi sentire meglio dall'amico, scandendo ogni singola parola dell'ultima parte della frase pronunciata in italiano.
Mi gira le spalle per farmi vedere il retro «ogni anno mi obbliga ad aggiungere una mia foto a sua scelta e a scrivere una dedica, fortunatamente ormai non c'è più spazio» alza gli occhi al cielo e poi si accomoda sul suo letto sfatto – sembra quasi che ci abbia dormito per mesi senza mai rifarlo.
«A quanto pare questa sera ho una cena inaspettata Fra, ci vediamo presto, non vedo l'ora» squittisce, facendo un piccolo applauso con entrambe le mani.
«Ciao pallina, a presto» la voce fa una pausa, per poi continuare «e tu, chiunque tu sia, ricordati che ti guardo» chiude la chiamata e il silenzio si impadronisce della camera.
«Lascialo perdere, è super protettivo» arrossisce leggermente. «Beh, comunque... perché devo uscire a cena con te? Dov'è Kate?» si avvicina all'armadio e comincia a tirare fuori a uno a uno dei vestiti, per poi rimetterli all'interno dopo averli guardati.
«Vorrei saperlo anche io» vengo attirato da uno dei vestiti che le vedo prendere tra le mani, per poi riporlo nuovamente nell'armadio «metti quello» glielo indico.
Lei lo riprende e storce il naso guardandolo.
«Fidati di me, andiamo in uno posto esclusivo, ti piacerà».
«Kate è fortunata che io stia riprendendo le pillole, perché se mi avesse fatto una cosa del genere un mese fa, l'avrei uccisa» si chiude al centro delle due ante dell'armadio per cambiarsi e in men che non si dica è già vestita. L'abito bianco in pizzo sul suo corpo appare ancora più interessante che sulla gruccia.
Lega i capelli in una coda alta e passa soltanto un leggero strato di mascara sugli occhi. Completa il look con degli stivaletti neri.
Non credo di aver mai visto una ragazza più bella di lei.
«Andiamo?» mi chiede guardandomi negli occhi, sbattendo leggermente le palpebre, in un modo che a me risulta tremendamente sensuale.
«Sì» le porgo la mano e lei senza esitazione me la stringe.
Ho sempre adorato la sua totale spontaneità nel fare questo gesto.
***
Parcheggio la Porsche davanti al diner di Sean, uno dei posti più squallidi nei dintorni del campus della Usc, ma anche il migliore in cui mangiare un hamburger da queste parti.
«Mi hai portato da Patsy's, sul serio? Avevi detto che era un posto elegante» si lamenta, spingendosi leggermente in avanti verso il parabrezza, per guardare meglio l'esterno del locale. Nel muoversi una ventata di profumo mi arriva alle narici. Inspiro intensamente per non perdere neppure una sfumatura di quella fragranza.
«Mi piaceva quel vestito e, se ti avessi detto dove eravamo diretti, non l'avresti mai indossato» le faccio l'occhiolino.
Insieme ci dirigiamo all'entrata. Sean, come sempre, è impegnato a parlottare al telefono, mentre stringe una sigaretta tra i denti. Appena mi vede, mi strizza un occhio e mi fa segno di accomodarci al tavolo migliore di tutta la sala: quello lontano dalla cucina, dalla pattumiera e persino dai bagni. Un lusso. Ecco i privilegi di aver conosciuto, fuori dagli alcolisti anonimi, uno dei più ferventi frequentatori dei narcotici anonimi.
«Ora puoi dirmi qualcosa in più riguardo Kate?» mi si avvicina come se fosse pronta ad ascoltare un segreto. E in effetti è proprio un segreto quello che sto per rivelarle.
«Credo ci sia qualcosa tra lei e JJ» sussurro.
Mi dà uno schiaffetto sulla spalla «non ci credo» saltella sulla sedia.
«Non so altro, solo che dovevano vedersi stasera perché Steve non c'è» fingo indifferenza, come se non stessi aspettando il ricongiungimento di quei due come un bambino che spera che i genitori divorziati tornino insieme.
«Che stronza, poteva dirmelo...e poi non c'era bisogno che mi trovasse un sostituto per la cena, potevo benissimo mangiare a mensa» mi rivolge uno sguardo confuso, ma subito dopo sembra realizzare che, probabilmente, nelle menti perverse di quei due il nostro appuntamento non è soltanto un favore che noi stiamo facendo a loro, bensì una loro trovata per farci passare del tempo insieme.
***
Dopo aver mangiato due hamburger enormi e bevuto litri di coca-cola, siamo entrambi sazi. Eva, talmente tanto, da essersi seduta scomposta sulla sedia, tenendo entrambe le mani sulla pancia come a simulare una gravidanza.
È così lontana dalla Eva del muffin vegano in caffetteria, da quella che, ogni volta che l'ho vista mangiare, cercava sempre di ingurgitare il minor quantitativo possibile di cibo, così diversa dalla solita Ophelia timorosa.
Il rumore della campanella d'ingresso disturba i miei pensieri, tutti incentrati sulla donna che ho di fronte. Solo quando la vedo sbiancare, capisco che da quella porta deve essere entrato qualcuno che non le piace, e ci metto davvero poco a intuire chi sia. Il suo volto ormai è più chiaro del vestito che indossa. Di sottecchi ruoto il capo per vedere chi stia procedendo alle mie spalle. Non c'è bisogno che io metta a fuoco quella figura, perché il rumore dei tacchi che battono sul pavimento è inconfondibile. Ho imparato con il tempo a dare un ritmo ai suoi passi.
«Ah, bene bene bene» uno schiocco di lingua accompagna le sue parole «quel che si dice uno scambio di coppia» Beth è al centro della sala, perfettamente fasciata in uno strettissimo abito nero, lungo fino alle caviglie, che mette in risalto i suoi occhi di ghiaccio.
Eva abbassa lo sguardo e si morde il labbro inferiore, probabilmente a voler ricacciare le lacrime che rischiano di fuoriuscire dai suoi occhi, dopo che spiacevoli ricordi le sono ritornati alla mente.
«Sapevo che questo posto fosse squallido, ma non pensavo fino a questo punto» le dico con il massimo disappunto che sono capace di rivolgerle.
«Tranquilla Eva, sto solo raggiungendo dei miei compagni di corso» li indica con la testa «Lu non verrà, potete continuare a fare gli amanti felici senza timore» prosegue sculettando verso un tavolo non lontano dal nostro, accanto ai bagni.
«Ehi Oph, andiamo su, lasciala perdere» le porgo la mano e lei prontamente l'afferra, continuando a tenere gli occhi fissi sul pavimento. Lancio un po' di banconote sul tavolo e usciamo rapidi. Solo quando la porta si chiude alle nostre spalle, sembra che lei ricominci finalmente a respirare e che le sue gote riprendano colore.
Saliamo in macchina in totale silenzio, sono indeciso se prendere la strada del ritorno o se portarla da qualche altra parte.
«Vuoi tornare al campus?» chiedo piano, come se anche solo qualche decibel in più possa romperla. Ogni minuto che passa, sembra diventare sempre più una di quelle bambole di porcellana: così fragili eppure così belle.
Annuisce.
Così, senza che ci sia bisogno che mi dica altro, l'accompagno nuovamente davanti all'edificio C20.
Quando spengo l'auto, mi accorgo della presenza di Kate davanti all'ingresso. Anche lei ci ha visti e avanza verso di noi con passo sicuro. Apre la portiera del passeggero e stampa un bacio sulla fronte di Eva, non rendendosi conto dello stato emotivo in cui è e, in realtà, non sembra farci caso neppure quando si allontana per guardarla negli occhi.
«Allora com'è andata questa cena?» chiede curiosa, gli occhi azzurri sono più sereni del solito.
«Dovremmo piuttosto concentrarci sul tuo di appuntamento» constato, ricambiando lo sguardo interessato che lei aveva rivolto prima a me.
«Uhm, molto bene direi» ridacchia, e ciò mi fa ben sperare. Magari finalmente sono riusciti ad appianare le divergenze e hanno capito che sono destinati a stare insieme.
«Sto aspettando che Steve venga a prendermi, dormo da lui stanotte Ev» le accarezza lentamente il volto.
«E JJ?» finalmente anche Oph ricomincia a parlare.
«Oh cazzo, avete frainteso! No, no...non è andato bene perché è successo qualcosa tra me e JJ» mette le mani davanti al corpo come a voler allontanare quella nostra supposizione.
Comincia a giocherellare con un anello, passandolo dall'anulare della mano destra a quello della sinistra. Io e Oph attendiamo entrambi che lei prosegua, quando K se ne accorge sembra quasi seccata, come se non fosse in realtà intenzionata a parlare.
«Non mi viene il ciclo da un po'» butta fuori come se fosse una delle notizie più leggere del mondo.
Io in quel frangente mi vedo già zio. Sudo freddo.
«Tu e JJ?» Eva sgrana gli occhi.
Com'è possibile che non lo sapesse?
«Sì Ev, l'abbiamo fatto subito dopo la cena pre-partita, è stata la mia unica volta senza protezioni, essendo praticamente una sveltina, quindi Steve non era contemplato».
«E sei in-» si blocca timorosa.
«No, abbiamo fatto un test insieme...sarà solo stress, per fortuna» saltella sul posto e anche io mi sento molto più sollevato. Mio fratello con un bambino in braccio non me lo sarei immaginato proprio per niente. Beh, forse con il neonato tenuto al contrario per una sola gamba, sì.
Una moto entra nel parcheggio e Kate manda un bacio volante prima di salire in sella.
Il silenzio cala nuovamente nell'abitacolo.
Guardo Oph e lei mi scruta come se avesse qualcosa da dirmi ma fosse combattuta, non sembra essere sicura di quello che sta per chiedermi.
«Posso chiederti una cosa?» si schiarisce la voce, cercando di mantenere un tono che sia il più regolare possibile, senza che le sue emozioni possano alterarlo.
«Certo».
«Perché ti sei messo con Beth?» i suoi occhi verdi cercano i miei.
Sembra che la parentesi di Kate non sia mai esistita e che Eva sia rimasta con la mente in quel diner.
Questa domanda mi spiazza, non me l'aspettavo e, in verità, mi trovo anche in difficoltà solo a pensare di spiegare a parole quella che è stata la mia relazione complicata con B.
«Lei non è così, davvero Oph, è una maschera. Anche lei ha avuto la sua buona dose di problemi nella vita e solo se la conosci tanto intimamente quanto l'abbiamo fatto io e...Luke, puoi davvero capirla. Con questo non la sto giustificando, ma non voglio che tu creda che io sono stato per un anno con un mostro. Mi piaceva fisicamente, questo sì, l'ho fregata a Jefferson perché odiavo lui e volevo ferirlo, probabile, ma ci ho tenuto tantissimo a lei fin dal primo giorno. Poi beh, lo sai com'è finita» avvicino la mano destra al labbro, cominciando a tormentarlo. Per me non è per nulla semplice parlare di quegli ultimi giorni con Beth e di tutto quello che è accaduto. In generale non mi è mai piaciuto raccontare cose così intime del mio passato, eppure, considerando che lei lo ha fatto con me con una semplicità disarmante, ho sempre saputo che sarebbe arrivato il mio turno di aprirmi.
«Ti va di raccontarmelo?» sposta una mano sulla mia, stringendomela al massimo della sua esile forza.
«Dell'incidente dici?» faccio fatica solo a pronunciare quella parola.
Un flebile «sì» esce dalla sua bocca.
Prendo fiato.
«Ok, ma ti avverto...quello di cui ti parlerò è uno Jay molto diverso da quello che conosci adesso. So che lo scorso anno hai avuto modo di vedermi in qualche situazione in cui non ero in me, ma quel giorno di un anno e mezzo fa ho detto delle cose davvero pesanti, soprattutto a Beth, e ho toccato davvero il fond-».
«Qualunque cosa mi dirai, non cambierò mai opinione su di te. Io più di tutti gli altri so cosa significa convivere con una parte oscura... se ci sono due Jay, fidati che ci sono anche due Eva, e non so quale delle due parti che compongono il mio io sia peggiore; perciò racconta pure tutto senza tralasciare niente, ti ascolto» mi sorride incitandomi a proseguire.
«Ok Oph».
Spazio autrice:
Lo so, c'è un girone dell'inferno per quelle come me😂
Anche il prossimo capitolo sarà dal pov di Jay e ci racconterà qualcosa in più sul suo rapporto con Beth e soprattutto sull'incidente.
Fossi in voi resterei sintonizzati per i prossimi aggiornamenti, stanno arrivando i miei capitoli preferiti ahah
Qualcuno sa chi è Sean e cos'è Patsy's?💓
Volevo chiedervi se tra voi c'è qualche lettore silenzioso, sono sicura che qualcuno che mi legge e di cui non conosco il nome ci sia, palesatevi per favore in privato, sia qui su Wattpad che su Instagram, vorrei conoscere la vostra opinione.❤️
Grazie perché continuate a esserci,
mi rendete felice,
Non mi abbandonate🥀
Vostra Matilde,
PS. seguitemi su Instagram e Tiktok sono logorroica e spoileratrice seriale😂💞 e, se non l'avete ancora fatto, premete sulla stellina⭐.
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