Capitolo 1
(Pov Melanie)
Stavo correndo da non so quanto tempo, seguita da quelle ormai familiari ombre nere, ombre spaventose.
Improvvisamente si apre una botola sotto i miei piedi e cado nel vuoto.
Mi sveglio con l'affanno, ci scommettevo, gli stessi incubi del giorno prima e dei giorni precedenti da almeno una settimana.
È da un bel po' che queste ombre mi fanno visita in sogno, rendendo il tutto un inferno. Un incrocio fra terrore e meraviglia che mi rende la testa pesante.
Mi alzo tirando un sospiro di sollievo, anche oggi farò tardi a scuola, ormai è diventato un ripetersi continuo delle stesse azioni. Tutte le mattine mi sveglio dopo aver fatto quello strano sogno, mi preparo e vado a scuola arrivando dieci minuti dopo la campanella. Dopo scuola perdo il bus e vado a casa di nonna, il pomeriggio torno a casa e studio. È sempre cosí, una successione di giorni completamente uguali fra loro da almeno due settimane.
Fortunatamente i professori chiudono occhio su questi miei piccoli ritardi, la fama da studentessa modello può essermi utile in qualche modo.
Caso voglia che proprio oggi, la continuità delle "vicende", venga smorzata.
Proprio mentre vado verso l'armadio sento un suono acuto alle mie spalle e mi congelo sul posto. Chiudo gli occhi, sento il respiro farsi sforzato e pesante mentre il mio battito cardiaco rallenta per poi velocizzarsi all'improvviso.
Qualcosa di freddo come il ghiaccio si poggia sulla mia guancia accarezzandola. Non riesco a muovermi, spero solo che qualcuno venga a salvarmi. Apro lentamente gli occhi fissandoli sull'orribile immagine che si prospetta dinanzi a me. Una di quelle ombre, una delle tante, nera, completamente nera ad eccezione degli occhi color argento. Provo a prendere aria invano. La vedo avvicinarsi ancora di più, la paura mi assale e sento l'ansia divorarmi lo stomaco, mentre il nulla pervade la mia testa. C'è un unico pensiero.
Restiamo qualche minuto cosí. Quell'oscura figura davanti a me ed io tremante e in silenzio vicino all'armadio.
Non so perchè sia quí, sempre se esiste. È reale? Oppure sto immaginando tutto? Chi mi dice ch'io non sia stanca o impazzita? Se fossi ancora in uno dei miei incubi?
Chiudo gli occhi e mi do un pizzicotto. Percepisco un piccolo dolore, un fastidio tenue. Apro gli occhi e quell'ammasso di nero è ancora qui.
-Non stai immaginando nulla, piccola Mel- una voce grossa e cupa si fa spazio nella stanza.
Ha davvero parlato? Da quando le ombre parlano? Perchè sa il mio nome?
L'agitazione prende il possesso del mio corpo, indietreggio e sbatto con la schiena sull'anta dell'armadio.
Non sei reale, non puoi, non lo sei. Sei solo frutto della mia fantasia, sei un'altra di quelle ombre che infestano i miei sogni. Sei una creazione della mia mente, troppo stanca e cupa per inventare qualcosa di sereno e rilassante. Sei solo una mia stupida paura che prende forma.
Sento un dolore lancinante alla testa, mi chiudo nell'armadio e inizio a piangere.
"Aiuto" è tutto ciò che riesco a pensare mentre l'aria mi viene a mancare a poco a poco. Non posso urlare, non posso muovermi, non posso fare nulla.
Le mie paure aumentano quando percepisco l'odore di bruciato. Cosa stava bruciando esattamente? Che sia la vicina?
Non sarebbe la prima volta poichè giusto ieri ha bruciato un'intera lasagna.
Fatico a prendere aria, se solo riuscissi a sbloccarmi e urlare chiedendo aiuto...
L'ossigeno è ormai un lontano ricordo. Non è nemmeno l'unico problema, l'odore di bruciato si fa' più vivo, rendendo la mia respirazione impossibile.
Prendo una maglia di cotone dalla pila di indumenti piegati ordinatamente al mio fianco e la poggio sul viso. Forse arriverà qualcuno. Forse non è successo nulla, tra un po' mi risveglierò e andrà tutto bene.
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Un mese dopo
Esco di casa, le pareti sono ancora bruciate, quel nero non dona per nulla alla mia abitazione. Poco importa, nessuno ha voluto riparare le travi del tetto in cucina e nessuno ha voluto riverniciare le pareti che prima brillavano di un color crema pulito. Il mio adorato puff a torta è un ammasso di ceneri. Pazienza...
Cammino tranquillamente per la strada con i miei soliti jeans blu scuro e la mia felpa grigia. Ogni giorno mi vesto, scendo di casa e giro per la cittá, aiuto chi ne ha bisogno e osservo con aria infuriata i crudeli e gli imbroglioni del mio paese.
-Ciao, come ti chiami?-Ah, la dolcissima Eleonor, una bambina di cinque anni dai meravigliosi capelli biondi e occhi azzurri.
Non sono una stalker, me l'ha detto lei due settimane fà che aveva cinque anni e che la mamma si chiama Tatiana.
Ora che ci penso me l'ha detto anche tre giorni fà, ieri e pure l'altroieri.
-Mi chiamo Melanie, ciao, tu come ti chiami?-Devo solo fingere anche io di non conoscerla.
-Mi chiamo Eleonor-Non che io non lo sapessi...
Mi dirà sicuramente le stesse cose, quelle che mi dice ogni giorno. Ma non è colpa sua se non ricorda di avermi già vista e di avermi già detto molte cose.
Dopo la solita chiacchierata ci salutiamo, tanto domani non ricorderà nulla.
Nessuno ricorderà mai nulla.
Nessuno può.
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