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I atto

Lo sforzo disperato che compie l'uomo nel tentativo di dare alla vita un qualsiasi significato è teatro.
(Eduardo De Filippo)



PROLOGO (andante)

"Hai passato la notte fuori."
"E tu sulla mia poltrona."

Scrolla le spalle come se non gli interessasse.
Probabilmente è così.

Non che sia una scena nuova di per sé.
Anzi.
La chiave oscillante fra le mani è la prova che non c'è nulla di inedito in tutto questo.

"Ti ho quasi lanciato l'ombrello entrando in casa... Potevi almeno accendere la luce. O avvisarmi che stavi qua."

"Non è bastata sta lagna ad avvisarti?" accenna senza entusiasmo al giradischi in funzione "Ti piace, no?"

«sotto la pioggia batte forte il cuore,
ma la pioggia non ci bagna»

Annuisco.
"Lo dovevo capire che un ladro non mi poteva accogliere con le canzoni di Venditti..."
"Neanche io se è per questo. E' che volevo sentì un po' de musica, ma non ce stavano alternative."

«e due ragazzi con il loro amore
stan cercando una speranza»

"Mi vuoi dare una lista di vinili da ascoltare per la prossima volta Manuel?"

"Non ci sarà una prossima volta" afferma riciclando un classico del suo repertorio "non era previsto nemmeno che ci fosse questa."
"No?"

Un semplice quanto perentorio "vié qua dai" è sufficiente ad eludere la domanda.

Prima che me ne renda conto ho già percorso lo spazio che dall'ingresso del salotto mi porta a lui.
Il parquet protesta sotto le suole ancora fradicie delle scarpe e il rumore familiare quasi mi rassicura.

"Hey" cede pacifico alla mano che allungo sui suoi ricci.
Gli anelli si incastrano nel mezzo e a me questa sensazione piace sempre.
"E' da molto che aspetti? Che aspetti me?"

Anche qui, nessuna risposta.

Stringo un po' la presa solo per il gusto di farlo "Manuel"
Inspira forte irrigidendosi, ma rimane zitto.
"Se mi avessi avvisato prima non sarei uscito."
"Per questo non l'ho fatto."

"Non volevi vedermi?"
"Manco per idea."
Non c'è alcuna insicurezza nella voce.
Ma nella gamba che ora trema sulla poltrona, .

"Però ora sei qua."
"Mh"
"Potevi stare da quella" chiarisco "e invece sei qua. Con me."

Il modo in cui serra le palpebre, come punto sul vivo da questa affermazione, mi provoca un brivido lungo la schiena.

Quanto è sopravvalutata a volte la comunicazione verbale.
Il silenzio invece può rivelarsi un grande atto d'amore.

"Comunque ce so stato da lei."

Specialmente per chi a parole sa solo ferirsi.

"Si?" un angolo della bocca si solleva in automatico verso l'alto "e che avete fatto? Avete guardato un film?"
Le nocche sono bianchissime mentre mi arpionano il bordo della camicia "Simò" e il sorriso di rame sulle mie labbra è più falso che mai.

"Allora?"
"Smettila."
"No, sono davvero curioso" ironizzo "ho proprio voglia di sapere cosa hai fatto con quella."

Parla Manuel.
Non crearmi illusioni, no-
"Volevamo scopare."

Ah.

"Volevate?" la presa sui capelli diventa quasi confortante.
"Si"
"E dopo che è successo?"
Tentenna per qualche attimo.
"Che- che non ci siamo riusciti"

"Voi" col pollice realizzo piccoli cerchi concentrici sulla testa ancora abbassata "o tu?"

E mi sembra quasi di sognare quando finalmente la solleva e, con gli occhi velati dalle lacrime, "io" ammette.




TEMA (mosso)

"Era questo che avevi pensato venendo qui stasera?"
"Simone..."
"Tu a carponi come un cane" gli sibilo cattivo nell'orecchio prima di riportarmi su dritto "che ansimi sul nostro letto?"
"Non è il nost-"

Lo «sciaff» con cui vado incontro alle natiche esposte per me lo redarguisce subito.
"Io scopo solo te qua sopra" spiego freddamente "quindi se permetti" un altro colpo nello stesso punto "questo è il nostro letto" ancora uno "nella nostra camera."
E, dal veleno vomitato assieme alle parole, pare proprio che debba convincere più me che lui.

"Smettila Simò" si dimena come fosse posseduto "smettila di parlare!"

"C'è qualcun altro che ti scopa Manuel?" i polpastrelli scorrono lievi sulle ultime vertebre della schiena "che ti scopa come faccio io?"
"Statte zitto!" il tono è tormentato "basta!"

"Con chi scopi tu?" la curva del coccige si apre docile alla mia pressione e piccoli sbuffi d'aria si infrangono sulla pelle delicata "Da chi ti fai scopare a parte me?" sputo con precisione chirurgica al centro dell'orifizio "me lo dici?"
Il sospiro mozzato col quale replica mi pare un'offesa intollerabile.

"Vorrei che vedessi quello che vedo io in questo momento" insisto allora mentre due dita trovano facilmente accesso al suo corpo "che non devo fare nulla per entrare... tu non aspetti altro, tu non vuoi altro."
"...ti prego"

"Mi preghi cosa?" lo stimolo delle falangi lo fa sussultare "di farti venire?"
"Smettila! Basta! Voglio-"
"Vuoi che?" lo interrompo con una risata denigratoria "un orgasmo? Quello che con lei non riesci ad avere? Che torni a cercare da me come un disperato?"
E' quasi dolorosa la stretta in cui, contraendo i muscoli, mi avvolge adesso.

"Sei indecente... ti ho scopato ieri, ma sembra che tu non lo prenda da mesi."
Un mugugno di dissenso arriva ovattato alle orecchie.
"Torni ogni volta qui a piangere, guardati"
"Non è vero... non è vero! Io-"
"Tu sempre da me vieni. Con tutte le donne che puoi avere, poi però c'hai sempre voglia di cazzo!"
"Stai zitto" si contorce, folgorato da queste parole "devi stare zitto"

"Io non devo nulla" sibilo con l'erezione che preme sulla sua coscia marchiata a fuoco "allora mi sa che non ti è chiaro qua chi decide, Manuel."

E - come se avessi appena recitato una formula che spezza un incantesimo - tutto attorno a noi si ferma.

Il volto arrossato dalla fatica rotea verso di me e un'espressione di evidente pietà appare a inchiodarmi sul posto.

Avverto il dolore del colpo prima ancora che venga sferrato.

"Me fai quasi tenerezza quanno ce credi così" sghignazza con disprezzo "adesso statte zitto e continua prima che cambi idea."

Perlomeno, la spinta che imprimo con violenza fra le sue carni, gli cancella in un attimo il sorrisino strafottente dalla faccia.




ESECUZIONE (crescendo)

"Spiegami" uno sbuffo allontana i ricci ribelli dalla mia fronte imperlata di sudore "era necessario arrivare a tanto?"
"...Simò"
"Era proprio necessario" tre colpi decisi a scandire la frase e a far cigolare il letto "ridurti in questo modo?"
"Per favore..."

Ed è il segno dei miei anelli sul suo corpo che mi smuove qualcosa di primordiale fin dentro le viscere.

"Ti ho fatto una domanda Manuel" scendo a colpire nuovamente la pelle ormai violacea "è buona regola rispondere."
"No!, non lo era" cantilena agitato "non lo era, mi dispiace..."

E, in ogni altro frangente, davanti ad un'immagine del genere, mi sarei prima immobilizzato e poi arreso all'insopportabile fardello della sua disperazione.
In ogni altro frangente, avrei sollevato entrambe le mani dal corpo sotto di me e così deposto le armi.

Ma adesso - aggrovigliati fra le stesse lenzuola di ieri che paiono quasi catene - lasciare questa scena, significa lasciare Manuel.
Significa spezzarlo più di quanto già non sia.

E allora, fedele all'unico modo di amare che conosco, obbedisco alle sue richieste.
Le ricevo in un petto consumato da un sentimento che accumulo sempre, ma che non posso liberare mai.

Il cuore esausto rimbomba persino nelle orecchie e a momenti mi distoglie dalla nuova litania che viene intonata.

Litania che viene intonata per me.

"Me?" chiedo quindi con il battito accelerato "tu volevi me?"
"Solo- solo te" ed è palese la fatica che queste due parole gli costano.
Per questo afferro rapido il poco calore che da esse mi deriva e le conservo in un angolo remoto dell'anima.
E quasi ci spero.

"...Simo"

Ma la speranza è un inganno.

"Simone... ti prego"

I palmi si fermano sulle natiche bollenti e attendono.

"Ti prego cosa?"

La porzione di pelle percorsa da brividi è interamente coperta dalle mie mani instabili.
"Per favore..." pigola strofinandosi fra le pieghe dei due cuscini identici "non farmelo dire"

E... non può andare così.

Il silenzio è un grande atto d'amore, dicevamo.
E allora tu per me non puoi farlo.
Non ne saresti capace.

"Devi Manuel..." lo imploro stremato "devi dirmelo cosa vuoi che faccia."

Si scioglie in un pianto avvilito che sorprende solo lui e "scopami Simò" sibila "Fammi male."

L'ultimo colpo che scaglio prima di capitolare, ancora una volta, ferisce anche me.
Il bordo della lingua, affilato come un coltello, taglia infatti le labbra serrate e un "io?" fuoriesce flebile.

"Tu" anche qui, nessuna incertezza nella voce "tu a me."

La lesione è più profonda del previsto.

Mi chino a lasciare un bacio furtivo alla base della colonna vertebrale.
Almeno per immaginare, per fingere di avere una cosa che evidentemente non c'è.

"Simò..."

Non preoccuparti amore, farò silenzio io per tutti e due.




CODA (lento)

"Mi svegli prima di andartene?"

E' il clacson di una macchina rabbiosa che, infilandosi fra le persiane schiuse, arriva a ridestarmi dal sonno.

"Si. Poi magari te do pure un bacetto come un maritino rincoglionito, mh?"

Alle dieci e venti di mattina osservo Roma dal terzo piano: un reticolo infinito di teste e ombrelli scorre veloce sotto i miei occhi stanchi.
La vita che va e io che la guardo andare.

Tic, tic, tic.
Piccoli frammenti della grandine improvvisa di giugno bussano al davanzale, diventando poi brutti rivoli di acqua sporca.

Te ne vai sempre senza dire niente. Perché?"

Sulla chiave lasciata nello svuota tasche si riflette la luce dell'abat-jour rimasto acceso dalla sera prima.
A cosa è servito prendere tutti quei colpi, allora?

"Perché non ho niente da dirti, ecco perché."

Tiro la tenda con un colpo secco.

Nel silenzio, la maschera può crollare.

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