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Atto XIII

La violenta esplosione fece tremare anche la sabbia, i ninja salirono sui tetti per evitare di essere sommersi dalla sabbia. Itachi e Shisui erano riusciti a concludere il loro combattimento e stavano aspettando che Minako riemergesse dal disastro che stava avvenendo a poca distanza da loro.  Esplosioni su esplosioni, terremoti su terremoti.

E non si capiva nulla, letteralmente.

Il ciclone di sabbia e chakra che aveva avvolto l'intera area cominciò a perdere forza, disperdendosi lentamente come una tempesta che si placa dopo aver sfogato tutta la sua furia. Le esplosioni si fecero meno frequenti, i terremoti rallentarono fino a diventare solo delle leggere vibrazioni. Una nube di polvere si sollevò nell'aria, offuscando la vista e rendendo tutto un indistinto caos di forme e ombre.

I ninja che erano riusciti a trovare riparo sui tetti, scrutavano con attenzione il campo devastato, pronti a balzare in azione in caso di pericolo. Ma quando la polvere iniziò a depositarsi, rivelando il terreno sottostante, divenne chiaro che il pericolo immediato era passato.

Al centro del cratere creato dall'ultima esplosione, tra i detriti e le macerie, Gaara stava in piedi, ancora avvolto dalla sua armatura di sabbia, con lo sguardo fisso verso l'orizzonte. I suoi occhi, che un tempo emanavano un'inquietante freddezza, ora brillavano di una nuova determinazione. Attorno a lui, tutto era silenzio, come se la furia della tempesta avesse succhiato via ogni suono.

Il consiglio del Villaggio della Sabbia, riunitosi in fretta e furia durante il disastro, si era posizionato su un promontorio poco distante, al sicuro dal ciclone. Gli anziani si scambiarono sguardi rapidi e decisi. Era evidente che quello che Gaara aveva appena dimostrato andava ben oltre qualsiasi prova di forza che avessero mai visto. Uno degli anziani, un uomo dal volto segnato dagli anni ma con occhi ancora acuti, si fece avanti. La sua voce, sebbene ferma, era intrisa di un'ombra di rispetto e timore per ciò che aveva appena assistito.

Minako era in piedi al suo fianco, con lo sguardo assorto verso i ninja di Konoha che aveva già intravisto prima e, nel momento in cui Temari e Kankuro lo raggiunsero si allontanò per raggiungere il team di Kakashi. Restò ferma a guardare  suo fratello che stava lentamente avanzando verso di lei.  «Na-ru-to.» affermò la giovane ragazza correndogli incontro.

«Mi dispiace interrompere il momento ma....» esclamò Chiyo arrivando alle spalle dei due ninja accompagnata da Matsuri. « sei tu l'unica in grado di porre questo cappello sulla testa di Gaara. »  mormorò mentre Naruto non poté far  a meno di restare a guardare il cappello verde posto a sua sorella.

«Non ha senso che sia io a farlo. Io non ho vissuto il terrore, non sono stata io ad accettare Gaara dopo ciò che è successo. Spetta a te questo compito, Matsuri.»

Il silenzio che seguì le parole di Minako sembrò estendersi all'infinito, come se ogni ninja presente trattenesse il respiro, in attesa della risposta. Naruto, ancora accanto a sua sorella, poteva sentire il peso di quel momento gravare su di loro. Gaara, il giovane che aveva conosciuto come un nemico spietato, stava ora di fronte a lui, un uomo trasformato dalla lotta e dalla sofferenza. Il simbolo del Villaggio della Sabbia, un tempo solo un'arma vivente, ora aveva la possibilità di diventare un leader, una guida per il suo popolo.

Matsuri, la giovane ninja che aveva seguito Gaara con devozione, sembrò colta alla sprovvista dalle parole di Minako. Il suo sguardo oscillava tra il cappello cerimoniale nelle mani di Chiyo e il volto di Gaara, che avanzava lentamente, senza una parola. La responsabilità che le era stata appena conferita era enorme, e lo sapeva. Tuttavia, c'era anche un senso di inevitabilità in quel gesto: Matsuri era stata testimone della trasformazione di Gaara, aveva visto in prima persona il cambiamento nel suo cuore. Era lei la più adatta a compiere quel gesto simbolico.

Con un profondo respiro, Matsuri fece un passo avanti. Chiyo le porse il cappello con mani tremanti, ma con un'espressione di orgoglio nei suoi occhi stanchi. Matsuri lo prese con reverenza, sentendo il peso del Villaggio della Sabbia posarsi sulle sue spalle. Si avvicinò a Gaara, i suoi passi decisi, ma non privi di esitazione.

Quando fu abbastanza vicina, sollevò il cappello sopra la testa di Gaara, e per un istante, tutto sembrò sospeso. Gaara sollevò lo sguardo, i suoi occhi verdi fissi in quelli di Matsuri, e in quel momento ci fu un'intesa silenziosa tra loro. Con un gesto delicato, Matsuri posò il cappello sulla testa di Gaara, sancendo così la sua posizione di Kazekage, il leader del Villaggio della Sabbia.

Un mormorio di approvazione si sollevò tra i ninja presenti, seguito da applausi sommessi che crebbero in intensità. Gaara, ancora avvolto nella sua armatura di sabbia, chiuse brevemente gli occhi, come per assorbire la portata di quel momento. Quando li riaprì, era chiaro a tutti che Gaara non era più il ragazzo dominato dall'odio e dal dolore, ma un uomo che aveva trovato la sua strada, pronto a guidare il suo villaggio verso un futuro migliore.

Naruto e Minako, osservando la scena, si scambiarono uno sguardo complice. Entrambi sapevano quanto fosse difficile cambiare, quanto fosse arduo perdonare se stessi e gli altri. Eppure, proprio lì, davanti ai loro occhi, avevano visto la prova che il cambiamento era possibile, che persino i cuori più tormentati potevano trovare la pace.

Quando tutto si calmò e la cerimonia improvvisata giunse al termine, il Villaggio della Sabbia iniziò a riprendersi dal disastro, ma con una nuova speranza nel cuore. Gaara, il nuovo Kazekage, si rivolse al suo popolo con parole semplici ma potenti, promettendo di proteggere e guidare la sabbia.

«Io devo andare a Konoha, ci sono cose che devo fare.» esclamò Minako guardando il giovane che le sorrise soltanto posando un bacio sulla sua testa. «Ti aspetto, Mina.» sospirò mentre Matsuri sogghignò,  ora ne aveva la conferma.  Erano sospetti ma dalle parole e dal modo di agire era chiaro che fossero fidanzati.

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