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37. Attese


Pov. Steven

Mi sentivo completamente inutile.
Insomma tutti presi dalle ricerche e io lì, a girarmi i pollici con un'ansia pazzesca
che mi cresceva dentro..
Cazzo! Slash lo sapeva che ero un tipo ansioso!
Tamburellai con le dita sul bancone del bar di Sam in attesa della mia birra, ma quando me la ritrovai di fronte non riuscii neppure a toccarla...
Pensavo a Duff...


- Ehi, Steven Adler che rifiuta una birra! Ora le ho viste proprio tutte!- si meravigliò una voce dietro di me e voltandomi vidi una ragazza dai capelli corti color mogano e la pelle punteggiata di lentiggini chiare.
- Kelly... Pensavo fossi tornata in Irlanda...- la osservai mentre si sedeva accanto a me e mi portava via la birra da sotto il naso.
- Sarei dovuta tornare, ma mio zio non sta molto bene e i medici non gli permettono di prendere un aereo e attraversare l'Oceano... Se lo sarebbe fatto a nuoto per ritornare nella nostra terra, ma... Non ne ha le forze. Purtroppo i medici hanno ragione...- i suoi occhi scuri si abbassarono un momento per poi rialzarsi subito e guardarmi - Mentre tu che fai? Sbaglio o non dovresti essere da qualche parte a suonare con la tua band?
- Sì, ma... Abbiamo perso il nostro bassista...
- Oh cazzo, mi dispiace tesoro... Ma se avete bisogno di qualcuno io conosco un ragazzo che...
- No, no! Non perso in quel senso! Solo che è come scomparso e tutti lo stanno cercando. Siamo come una famiglia, capisci?-
- Wow... Ma allora perché ti sei chiuso da Sam invece che essere in giro ad appendere... Non so...dei volantini con la sua faccia?
- Kelly, Duff non è un cane...- ma malgrado il paragone sorrisi.
- Dal nome non si direbbe...
- E tu perché non sei da tuo zio se lui sta male?
- Perché non vuole... Adesso lo stanno operando.- i suoi occhi si rattristarono e io mi morsi la lingua.
- Dai bella Irlandese! Aiutami a cercare il mio bassista!- le sorrisi, afferrandole una mano e trascinandola fuori.
Girammo per tutti i pub di Seattle e andammo da tutti quelli che conoscevano Duff o che avrebbero potuto sapere qualcosa. Infine Kelly mi spinse fino alla spiaggia, con la sua moto.
Eravamo vicino alla scogliera e c'era su un vento gelido, il sole stava calando dolcemente verso l'orizzonte lontano e l'odore di quella vasta distesa blu mi rilassò.
Guardai la ragazza correre a piedi scalzi sulla spiaggia e immergerli nell'acqua, ridendo.
Lo avrei fatto anch'io in circostanze normali.
Dannazione, volevo solo smetterla di sentire il cuore così pesante nel petto.
Mi passai una mano tra i miei capelli biondi e cotonati, poi rialzando lo sguardo mi
ritrovai gli occhi neri di Kelly a un centimetro dai miei.


- Mi fai un sorriso, tesoro?


Gli angoli della mia bocca scattarono da soli verso l'alto, mentre lei mi prendeva le mani e mi portava verso una rientranza nelle rocce. La guardai sfilarsi la maglia e buttarla su un masso, poi mi prese il viso tra le mani e mi baciò. Le sue mani mi strinsero per la giacca di pelle, per poi sfilarmela, le mie dita corsero al gancetto del suo reggiseno, aprendolo.
Mi separai dalle sue labbra rosse per riprendere fiato e Kelly mi spinse contro una nuda parete di roccia, togliendomi la maglia e aprendo la cerniera dei miei pantaloni.
Ok, il suo tocco era estremamente eccitante, ma non avevo intenzione di stare solo al suo gioco.
Lei ci sapeva fare, ma io non ero da meno.
Sapevamo entrambi come essere degli amanti perfetti.
Lo eravamo sempre stati.
Ben presto i nostri gemiti rimbombarono dentro le pareti di roccia di quella piccola rientranza, poi improvvisamente sentimmo qualcosa.
Era un gemito, ma di tutt'altro genere.
Era un gemito di dolore, da persona ferita.


- Chi cazzo c'è? - gridò spaventata Kelly, raccattando la mia giacca e infilandosela, mentre io chiudevo i pantaloni di pelle e la fiamma del mio accendino ci mostrava un'altra rientranza da cui proveniva più nitido lo sciabordio dell'acqua.
- Steven, dove cazzo vai?
- Non gridare così!- le tappai la bocca e mi osservai intorno -Dobbiamo vedere chi c'è...-
Mi strinse forte una mano e ci inoltrammo nel passaggio.
Quando lo vidi soffocai lo sgomento e mi voltai verso Kelly, lasciandole la mano:

- Va a chiamare aiuto, subito!

§§§

Pov. Jade

C'era qualcosa che non andava... Sentivo il vento soffiare sulla mia pelle, facendomi rabbrividire,
eppure ero sicura di aver chiuso la finestra. Mi girai nelle coperte, stringendo il cuscino sulla testa al rumore di un tuono. Un brivido mi corse lungo la schiena e scattai in piedi, infilandomi le pantofole e strisciando nella stanza accanto.
I tuoni mi toglievano il sonno durante le rare tempeste che lungo la mia vita avevo incontrato.
Non accesi neppure la luce, m'infilai un maglione che mi arrivava a metà coscia lasciandomi sgambata e scesi le scale. Il tintinnio dei bicchieri, le risate che coprivano a tratti le note della chitarra di Jimi Hendrix...
Arrivai davanti alla porta di legno e la spinsi.
Il locale era invaso da una luce calda e soffusa, il bancone di legno scuro e lucido sul quale erano posati diversi boccali di birra, i tavoli distribuiti in giro, l'odore di fumo delle sigarette mischiato con quello buono che sapeva di casa. Il divanetto di pelle bordeaux affianco al mio piano a muro. I ripiani senza neppure un filo di polvere dove erano riposti tutti gli alcolici e il lato della parete a specchio che faceva sembrare la stanza più ampia di quanto non fosse già.
I miei piedi nudi si posarono sulle piastrelle scure facendomi correre un altro brivido lungo la schiena.

- Che ci fai in piedi, bimba?- la voce di Tony, mi fece spostare lo sguardo sulla figura seduta su uno sgabello dal cuscino bordeaux esattamente di fronte al bancone dove si affacciava la porta.

- Non riesco a dormire- mi limitai a rispondere, avvicinandomi alla mini frigo sotto al lavandino, prendendo una birra e aprendola con una botta decisa appoggiandola allo spigolo del bancone.
- Jade, se ti vedesse John s'incazzerebbe... Lo sai che così gli rovini il legno!
Sorrisi divertita e bevvi un lungo sorso, mentre Tony scuoteva la testa.
- Come mai non sei uscita con Jack sta sera? Il mio ragazzo era un po' giù per questo...
- Tony, io e Jack ci siamo lasciati...- mi sbrigai a renderlo partecipe.
- Come? Credevo che fosse solo un periodo di pausa...
- No, Jack e io non siamo fatti per stare assieme, ci abbiamo provato, ma...- una fitta mi prese lo stomaco al solo pensiero -Ma John dov'è?
- Lì - la mano grossa e abbronzata di Tony indicò verso il piano a muro, dove vidi le spalle larghe e i capelli neri di John fermo lì davanti.
- Vuoi suonare?- sorrisi, avvicinandomi, ma lui non rispose.
Continuava a darmi le spalle, non si voltava a guardarmi, anzi era stranamente rigido come quando era teso per qualcosa. Feci rapidamente un controllo di coscienza e mi morsi un labbro, fermandomi dietro di lui.
- Sei arrabbiato perché ho lasciato Jack, vero?
Niente.
Perciò il suo silenzio esprimeva la sua indignazione per ciò che avevo fatto, ma lui più di tutti avrebbe dovuto capire i motivi per cui ci eravamo lasciati...anche se Jack era Jack...
- John... Per favore, guardami...
Ancora un muto silenzio. Feci un passo avanti e gli ero alle spalle, indecisa.
- Oddio santo! Dov'è finito il "tranquilla, io ti capisco e so che non ce niente da fare"?!?- ok, mi stavo incazzando, insomma! Lui dice delle cose e poi se le rimangia... Davanti a Tony per altro!
- Cazzo John! Vuoi degnarti di voltarti e parlarmi faccia a faccia!- gli presi una spalla e lo voltai con la forza.
Ma mi stupii di quanto fosse stato facile, sembrava fatto di piume.
Traballò e cadde a terra.
Mi ritrovai a fissare un manichino senza faccia con macchie rosse che gli inzuppavano i vestiti.
Sotto di lui si allargò sempre di più una pozza cremise.
L'odore di sangue mi diede la nausea.
La testa si staccò e rotolò fino ai miei piedi nudi.
E solo in quel momento prese le sembianze del viso di John, che mi guardava vuoto e sporco.

Mi alzai di scatto urlando.
Il buoi mi attanagliava, facendomi sentire come un peso che mi stava schiacciando sotto di sé.
Le immagini che avevo in testa coloravano tutto di rosso, anche il nero che alleggiava in quella stanza sconosciuta dal forte odore di chiuso che mi faceva tornare in mente il sangue.
Sentivo il gusto metallico sulla punta della lingua.
E non riuscivo a smettere di urlare.
Presi la testa tra le mani e strinsi forte alcune ciocche di capelli in modo convulsivo.
Sentii la porta aprirsi e una figura precipitarsi dentro con passo affrettato, ma non controllai chi fosse.
Nella mia testa ero ancora là, vicino al mio adorato piano a muro con il manichino che si trasformava nel corpo martoriato e sanguinante della persona che per me rappresentava la mia famiglia.
Sentii qualcuno avvicinarsi e le molle del letto piegarsi cigolando sotto il suo peso, delle braccia avvolgermi le spalle e accarezzarmi con dolcezza, cercando di calmarmi.
Ma io continuavo ad urlare.
Nessuno sarebbe riuscito a farmi smettere.

Ero sola con un cadavere nella mia testa.

§§§


Al Group Health Downtown Seattle Medical Center la sala d'attesa era il posto più snervante che ci fosse.
Almeno per tutti coloro che come Steven e Kelly stavano aspettando ormai da ore qualche notizia.
L'irlandese accavallò le gambe scoperte e si strinse addosso il chiodo di Steven, nervosa, per poi voltarsi a guardare il ragazzo silenzioso che ormai aveva seppellito la testa tra le mani e non si muoveva da minuti.
Si arricciò una ciocca di capelli e studiò la situazione per un attimo prima di avvicinarsi e posargli una mano sulla gamba, mentre con l'altra gli accarezzava i capelli.
- Grazie per essere rimasta...- sussurrò il ragazzo, alzando i suoi occhioni blu impauriti su di lei.
- Di niente, tesoro...e poi al piano di sopra c'è anche mio zio...
- Vuoi andare da lui?
La ragazza si perse in quel oceano così dolce e triste, che lei aveva sempre visto brillare di un'allegria infantile
e spensierata, proprio come i suoi neri. Ma ora entrambi i loro occhi si erano rattristati e si rispecchiavano a vicenda.
Erano spenti.
Si sforzò di sorridere e gli baciò delicatamente le labbra carnose, lasciandolo un po' pensieroso e confuso.
- Grazie - si limitò a mormorare lei, alzandosi e sfiorandogli ancora con le dita una guancia -Fammi sapere cosa
dicono i dottori, ok?
- Certo, Kelly...- rispose flebile.
La rossa si allontanò e imboccò il corridoio prima di fermarsi, dubbiosa, e fare per voltarsi verso il giovane batterista, ma qualcuno la urtò, scivolando lungo lo stretto passaggio e precipitandosi nella sala d'aspetto, seguito a raffica da un altro che la prese dentro, facendola quasi cadere.
- Scusa, piccola, ma è urgente...- borbottò uno dei due, che si rivelò un ragazzo mulatto dai folti ricci neri seguito da una figura minuta dai capelli sempre ricci, ma più chiari - Dov'è? Dov'è? Stiamo cercando uno spilungone con i capelli ossigenati, più o meno di corporatura media... È venuto qui con un nanerottolo biondo, alto così, capelli cotonati... Siamo arrivati qui dopo ore insonni! Cioè io non ho dormito, ho guidato per tutto il tempo, Bella ha dormito per poco, ma era troppo nervosa, sapete... Bella è la mia migliore amica, la piccola ricciolina che era dietro di me... Dov'è finita... Sccola lì, e poi...-
- DOVE CAZZO AVETE MESSO IL MIO RAGAZZO! VOGLIO VEDERLO SUBITO!- gridò la ragazza, mentre Steven saltava su e si avvicinava a loro, mettendosi a parlare come un fiume in piena, facendo a gara con il mulatto.
Kelly li osservò confusa per un attimo, poi non poté trattenersi dal sorridere. In fondo erano così buffi.
Un'infermiera arrivò urlando, intimandogli di tacere e l'irlandese decise di muoversi, imboccando le scale.
Slash e Steven tacquero abbassando la testa come due bambini appena sgridati, mentre Bella si metteva le mani sui fianchi e si piazzava di fronte alla donna dai capelli grigi.
- Senta, signora! Io ho viaggiato per tutta la notte per arrivare qui e non ho ALCUNA intenzione di aspettare! Voglio vedere IMMEDIATAMENTE il mio ragazzo!-
- Mi spiace, signorina, ma il ragazzo è ancora in prognosi riservata, perciò le suggerisco di stare calma ed aspettare!- e con quelle parole l'infermiera si allontanò, lanciando un'occhiata di avvertimento
anche agli altri due - Se vi sento fare ancora casino vi dovrò buttare fuori di qui, capito?
- O-ok...- annuì Steven tornando a sedersi.
Bella strinse i pugni e lanciò un'occhiata a Slash ancora in piedi come lei, poi sospirarono e si abbandonarono sulle
scomode poltroncine.

Ad aspettare.



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