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Capitolo 8 - In cui decido di farmi un té

Ero ancora allibita da tutta la vicenda con Miles, Spike o chiunque diavolo fosse quel ragazzo.

Tornai a casa a mezzanotte passata, e decisi di fare una videochiamata urgente con Viola e Rachel.

Dovevo assolutamente allinearle sulla situazione.

Mi accomodai sulla poltrona, e lanciai uno sguardo di fuoco alla teiera.

Era ancora intatta, ovviamente.

Viola mi rispose quasi subito, indossando un turbante fucsia.

Rachel non rispose. Lei si addormentava sempre alle otto e venti, quando non usciva con noi. Non ce ne aveva mai spiegato il motivo.

«Mi stavo mettendo lo smalto sui piedi», spiegò Viola, stropicciandosi l'occhio destro. Aveva tutto il trucco colato sul viso, e sembrava molto stanca. «Che ti è successo?»

«Perché hai il turbante, se ti stavi mettendo lo smalto sui piedi?»

Odiavo quando il mio cervello mi imponeva di fare domande astruse, che non c'entravano nulla con quello che dovevo effettivamente dire.

«Per non farmi andare i capelli negli occhi».

Per ricevere questo tipo di risposte senza senso, poi.

«Ok», mormorai, perplessa. «Sono andata al Royal e ho incontrato Spike»

Vuotai subito il sacco. Avevo deciso scientemente di comporre solo frasi brevi, in modo che Viola potesse tenere il filo del discorso.

«Oh cielo, e com'era?»

«Bellissimo. Stronzo, ma bellissimo. Però c'è un problema».

«Oltre la fine del mondo?»

Non sapevo perché, ma continuavo a scordarmi quel dettaglio.

«Sì. Spike non era Spike. Si chiama Miles».

«Che? Mi sto perdendo»

In quel momento, stranamente, si collegò in videochiamata anche Rachel. Si vedevano solo i suoi capelli biondi, che sbucavano da una coltre di coperte.

«Che cazzo di ora è?» mugugnò, con la voce impastata dal sonno.

Perfetto. Ora dovevo anche ricominciare da capo a raccontare.

«Mezzanotte e venti. Dovevo solo dirvi che ho incontrato Spike, prima»

«Ma hai appena detto che non era Spike! Chi diavolo è Miles?» trillò Viola, sempre più confusa.

«Sì Viola, sto ricominciando a raccontare per Rachel. Aspetta»

«Come faceva a essere Spike, senza essere Spike? Ma che mi avete chiamato a fare?» borbottò Rachel, sull'orlo del tracollo emotivo.

«Calme. Datemi tempo. Io pensavo fosse Spike, ma lui si è presentato come Miles. E credo che Spike sia suo fratello»

Ok. Speravo che a quel punto fosse tutto chiaro, ma dalle loro espressioni confuse mi resi conto che probabilmente non lo era.

«Ma tu domani non lavori? Vai a dormire, Bianca» esalò Rachel, prima di attaccare.

Rimanemmo io e Viola, in silenzio per qualche minuto. Lei aveva ricominciato a mettersi lo smalto sui piedi.

Io mi appoggiai una mano sulla fronte, scompigliandomi i capelli. Dovevo assolutamente dormire.

«Io ancora non ho capito chi è Miles» sussurrò Viola.

Attaccai il telefono anche io. Evidentemente non era possibile riuscire ad avere delle amiche normali.

Avevo provato a richiamare il numero da cui mi aveva cercato la Bianca del futuro la prima volta, ma ovviamente non era più esistente.

Necessitavo delle spiegazioni. Perché la teiera si ricomponeva? Perché era Miles a volere la teiera, e non suo fratello, come da profezia?

Bianca lo avrebbe saputo.

Sbuffai, e decisi di farmi un tè.

Ero così incazzata con quella stupida teiera, che scaldai l'acqua e gliela versai dentro.

Ci misi dentro quattro bustine di Prince of Wales, e attesi pazientemente che l'acqua si colorasse, tanto quanto piaceva a me: cioè moltissimo.

Non ero una fan dei sapori blandi, se non si fosse ancora capito.

Ci buttai dentro due cucchiaini di zucchero, un goccino di latte, e ne ingurgitai due tazze alla velocità della luce.

Dio, perché stavo vendendo quella teiera? Faceva un té DIVINO.

Mi sentii ancora più stupida.

Decisi di accedere la TV, visto che non avevo affatto sonno dopo quella giornata da incubo.

Lasciai sintonizzato su un programmaccio che raccontava le vicende di alcuni adolescenti, che vivevano tutti insieme in una villa al mare. Era tutto meraviglioso, se non fosse che questi poveracci venivano costantemente disturbati dall'arrivo di un taglialegna canadese.

Non chiedetemi perché. E neanche cosa diavolo avrebbe potuto fregarmene a quell'ora.

Guardai il cellulare, ma da Miles non era arrivato nessun messaggio.

Forse aveva parlato con Spike, e lui gli aveva vietato di uscire di nuovo con me, perché sicuramente ero una pazza invasata, ossessionata da lui.

Era una cosa che mi sarei aspettata da uno come Spike, sebbene non lo conoscessi neanche.

«Interrompiamo le trasmissioni per un comunicato ufficiale. Abbiamo ricevuto la terribile notizia poco fa: uno tsunami si è abbattuto sul Galles».

Uno tsunami? In Galles? Ma che cazzo...?

Riportai l'attenzione sulla TV. La giornalista era sull'orlo delle lacrime, sembrava sconvolta.

«Non sappiamo ancora quantificare le vittime. È una tragedia senza precedenti. Non abbiamo alcuna idea del perché sia successa una cosa simile».

Ero sbigottita. Afferrai il telefono, e richiamai Viola.

Mi tremavano le mani, e avevo decisamente bisogno di sentire una voce amica.

Lei rispose dopo pochi secondi.

«Ehi, stai bene?» chiese subito, la voce preoccupatissima.

«Sì. Tu?»

Annuì, in sottofondo sentivo la sua TV parlare all'unisono con la mia.

«Che sta succedendo?»

«Non lo so. Come cazzo ci arriva uno tsunami in Galles?»

Viola rimase ammutolita. Evidentemente non lo sapeva neanche lei. Era strano che non avesse una opinione su qualcosa.

«Viola, ho paura»
«Stai calma, lattughina. Si risolve tutto. Non è mica stata colpa tua».

Era vero. Dovevo fare un bel respiro. Mi alzai, e mi recai di nuovo alla penisola della mia cucina. Un'altra bella tazza di tè caldo mi avrebbe aiutato. Sicuramente.

Bevvi un sorso, lunghissimo, ma per poco non mi strozzai quando la mia attenzione andò a poggiarsi sulla confezione del té che avevo aperto.

Prince Of Wales
Principe di Galles

Lanciai uno sguardo orrificato prima alla confezione, e poi alla teiera.

«Vio... ma se per puro caso... fosse stata colpa mia?»

Lei rise.

«Finiscila con le tue manie di grandezza. Non hai ancora il potere di creare uno tsunami, dai».

Il cuore mi batteva all'impazzata nel petto.

Cazzo, avevo appena causato la morte di non so quante persone. Come mi sarei mai perdonata?

Mio Dio, ero una persona orribile.

«Stasera mi andava di bere un té, Vio...» sussurrai, sperando che la spiegazione bastasse.

Viola non capiva mai niente al volo. Quindi avevo pochissime speranze che riuscisse a farlo quella volta.

Eppure, stranamente, annuì e basta.

«Sì, ma non è stata colpa tua. Non lo sapevi».

Ok. Ok.

Non mi sentivo meglio per niente.

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