Capitolo 6 - In cui fallisco miseramente tutti quanti i miei piani
Lanciai le scarpe col tacco il più lontano possibile, non appena mi richiusi la porta di ingresso alle spalle.
Casa mia era in penombra, interrotta solo dallo scorrere veloce delle macchine, che a ogni loro passaggio riusciva a creare un riverbero di luce lungo tutte le mie pareti, prima di sparire.
Sospirai rumorosamente, prima di raggiungere la cuccia di Fitzgerarld.
Dormiva pesantemente, muovendo a scatti le zampe posteriori.
Non sapevo perché quella storia di Spike mi stesse occupando il cervello in quel modo.
Insomma, il mondo era a rischio. Avrei dovuto preoccuparmene più seriamente.
Lanciai uno sguardo alla fottutissima teiera, abbandonata in un angolo della cucina.
Ponderai attentamente sulla possibilità di comprare una cassaforte, e mettercela dentro.
Oppure avrei potuto semplicemente romperla.
Il pensiero si fece sempre più largo nella mia mente.
Se avessi rotto la teiera avrei anche potuto lasciarmi andare con Spike Tempest...
Mi avvicinai lentamente all'oggetto, rimirandolo scintillare nelle mie mani.
Avrei detto alla Bianca del futuro che mi era sfuggito dalle mani... insomma sarebbe stato meglio per tutti, no?
Se sarà la stupida teiera a causare la fine del mondo, perché non potevo semplicemente liberarmene?
Lasciai la presa, guardando la teiera andare in mille pezzi.
Il rumore della porcellana infranta al suolo risuonò nell'aria per almeno due minuti, nei quali io afferrai repentina il telefono e richiamai l'ultimo numero.
Lui rispose dopo mezzo squillo.
«Non riuscivi a stare senza di me, vero?» scherzò la sua maledetta voce. Io non riuscii a trattenere un sorriso, ma non glielo feci notare.
«Non avevo ancora finito di insultarti»
Lui rise, di nuovo, mandandomi in pappa il cervello.
«Sei impegnata domani?»
Me lo chiese con una nonchalance che mi lasciò boccheggiante. La sua stupida voce sembrava un fiume in piena, e io stavo decisamente annegando.
Prima di rispondere lanciai un ultimo sguardo alle macerie della teiera, ancora inermi sotto i miei piedi.
«No. Dove ci vediamo?»
Il giorno dopo aprii gli occhi, e la prima cosa che feci fu sorridere.
Quel pomeriggio, dopo lavoro, io e Spike ci saremmo finalmente incontrati al Royal.
Ero così emozionata per talmente tanti motivi che non sapevo neanche contarli.
Non mi era mai capitato di incontrare una persona conosciuta attraverso un sito internet; fatta eccezione per Bianca del futuro. Ma quella non era una sconosciuta... ero io. Quindi non valeva.
Mi alzai dal letto, estatica, e mi diressi in cucina. Mangiai il mio ananas con calma, visto che ero molto in anticipo.
Finii il mio cappuccino, e poi lanciai un'occhiata laconica al pavimento, cercando con lo sguardo i resti della FU teiera.
Con mio sommo disgusto mi resi conto che lei era lì, poggiata a terra, miracolosamente intatta.
Spalancai gli occhi, raccapricciata. Mi avvicinai a grandi passi verso l'oggetto.
Mi si stava gelando il sangue nelle vene, e mi stava iniziando a far male la pancia, da quanto mi stavo agitando.
O forse era stata la combo ananas e cappuccino.
Osservai la teiera e la presi fra le mani, rigirandola con cura.
Come diavolo era possibile? Ricordavo perfettamente di averla spaccata in mille pezzi ieri sera, prima di chiamare Spike.
Possibile che il mojito mi avesse giocato un brutto tiro?
Quel pomeriggio avrei dovuto conoscere mio marito, quindi, per non sapere né leggere né scrivere lasciai cadere nuovamente la teiera a terra.
Si infranse in tanti piccoli pezzi di porcellana acuminati, che mi si conficcarono nella carne dei piedi.
Imprecai, e mi mi andai a vestire.
Ok, per l'appuntamento con Spike cosa avrei potuto indossare? Dovevo considerare anche le ore che avrei passato in ufficio, quindi optai per un semplice vestito a fiori, con sopra una giacca fucsia.
Ero abbastanza soddisfatta, ma mancava un tocco sui capelli. Decisi di recarmi al bagno per indossare un cerchietto, ma quando ripassai dal salone mi resi conto che la teiera era ritornata immacolata.
Cazzo.
Era proprio questo che intendevo quando avevo detto a Bianca del futuro che doveva dirmi tutto quanto!
Sfiatai un lunghissimo sospiro, affranta, e mi lasciai ricadere sulla poltrona del salotto.
Cosa cavolo potevo fare, ora?
L'unica opzione che mi venne in mente fu quella di disdire l'appuntamento con Spike.
Per un solo attimo, avevo visto una possibile via di uscita, ma evidentemente quella cazzo di teiera non era d'accordo.
Afferrai il cellulare, e composi velocemente un messaggio.
«Mi dispiace, mi sono resa conto che vederci potrebbe essere un errore. Fai conto di aver parlato con una che aveva appena ricevuto una fortissima botta in testa, ieri. Buona vita, ciao».
Lui visualizzò il messaggio quasi immediatamente, ma non rispose nulla.
Ero veramente triste. Spike mi innervosiva moltissimo, ma allo stesso tempo era riuscito a incuriosirmi a sufficienza.
Mi succedeva talmente di rado di essere incuriosita da qualcosa.
Non avrei mai dovuto sapere che sarebbe diventato mio marito. Ora avrei passato tutta la vita con il dubbio.
Lanciai uno sguardo irato alla teiera. Fui tentata di lanciarla dal terzo piano, ma comunque non sarebbe servito a spaccarla.
Quando entrai in ufficio dovevo avere una faccia da funerale tale, che Rachel mi trascinò subito dentro al bagno. Mi fece entrare, e si mise a fissarmi con le mani sulle anche, come una mamma apprensiva.
«Ho provato a rompere la teiera, ma non funziona», spiegai, rendendomi perfettamente conto da sola dell'insensatezza delle mie parole.
«E...?» chiese Rachel. Faticava a capire quale fosse il problema.
Faticavo a capirlo anche io.
Scrollai le spalle, e scossi la testa. Non volevo rispondere. Mi rifiutavo.
Non potevo ammettere di essere così triste solo perché non avrei avuto la possibilità di conoscere un perfetto sconosciuto, che mi stava anche sulle scatole.
«Mi sono svegliata con il piede sbagliato. Poi passa».
Lei sollevò un angolo della bocca, e annuì.
Mi affrettai fuori dal bagno, e mi diressi nel mio loculo.
La consegna dei miei progetti si avvicinava, e ancora non avevo niente di niente.
Tom mi lanciava delle occhiate preoccupate, ma io mi ostinavo ad ignorare tutti i miei colleghi.
Fortunatamente la giornata lavorativa si concluse in fretta, e nel mio totale mutismo.
Decisi di andare ugualmente al Royal, dopo lavoro.
Un drink mi avrebbe fatto rilassare, e magari mi sarebbe tornato anche il buonumore.
Mi accomodai al bancone e ordinai un Sex On The Beach. Stringevo il telefono tra le mani, così forte da farmi diventare le nocche esangui.
Lui non aveva mai risposto al mio ultimo messaggio, eppure mi sentivo strana.
Osservata.
Mi sentii la schiena scossa da brividi, quindi mi voltai.
La sala era gremita di gente che faceva aperitivo, eppure ci misi un secondo a vederlo.
Era come se un grandissimo riflettore lo avesse illuminato, solo per me.
E io vedevo solo lui.
Spike Tempest mi fissava, sorridendo.
Era lì.
Il mio pensiero volò subito alla teiera, abbandonata su una poltrona nel mio triste appartamento.
Fanculo.
Spike era lì, e cavolo... era bellissimo.
Spazio Autrice:
Sì, questa storia sta diventando un romance.
No, non era affatto voluto.
Ahahaha
Scherzi a parte, scusate anche del capitolo meno ironico, ma serviva un po' di pathos.
Spero la storia vi stia comunque piacendo!
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