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Capitolo 30 - In cui entrambi gli Spike mi portano all'esaurimento

Tutti e due gli Spike mi osservarono, facendo piombare i loro occhi neri su di me.
Lo Spike più vecchio alzò gli occhi al cielo, affranto. Doveva sinceramente odiare il fatto di vedermi in quella casa. Lo Spike che conoscevo, invece, mi riservò la solita occhiataccia.

«Padroncina! Sei venuta a riprendermi?» trillò entusiasta la voce di Yemon.

Lo scorsi tra le braccia del vecchio Spike e mossi qualche passo verso di lui. Spike non sembrava intimorito da me, anzi, più mi avvicinavo, più mi guardava con amore. Nessuno mi aveva mai guardata in quel modo. Era evidente l'estrema devozione che sentisse nei miei confronti.
Mi sentii nuda.

«Devi scusarlo, Bianca. Non ci siamo capiti» disse Spike, porgendomi Yemon. Il procione distese le zampine verso di me e io lo afferrai.

«Quanto mi sei mancata! Pensavo che mi avessi abbandonato!»

Già stavo ripensando a tutta la mia vita e alle mie scelte. Lanciai un'occhiataccia allo Spike più giovane e gli feci la linguaccia.

«Visto, brutto demente? Non sono io quella che causerà l'apocalisse! Sei tu!»
«Taci, cretina.»

Incredibile come due adulti di trent'anni potessero parlare tra loro come degli adolescenti. Spike mi faceva rimbambire.
In quel momento, però, notai che sul viso dello Spike più vecchio si stava allargando una espressione di puro sgomento. Mi preoccupò talmente tanto che dovetti chiedergli quale fosse il problema. Ero convinta che stesse per avere un infarto.

«Ehi, tutto bene?» chiesi, buttando a terra Yemon e avvicinandomi a Spike. Gli misi una mano sulle spalle e mi accertai che fosse reale.

Lui rimase in silenzio, però appoggiò le mani sulle sue ginocchia e lo sentii faticare a prendere fiato. Mi faceva strano vedere un omone grande e grosso, vestito di pelle nera e tutto pieno di armi reagire a quella maniera davanti a qualcosa.

«Che cosa ti ha detto Bianca?» mormorò alla fine, quando stavo per perdere le speranze sul fatto che avrebbe mai più parlato.

Yemon osservava Spike adulto con un misto di ammirazione e determinazione, ed era esattamente la stessa emozione che suscitava in me.

«Mi ha detto che saresti stato tu a causare la fine del mondo. Usando Yemon.»

Spike emise un lungo lamento, come un guaito. Io mi allontanai di poco, presa dallo spavento.
Lui rialzò lo sguardo e solo in quel momento scorse la persona che mi aveva accompagnata.

«Miles?» biascicò, emozionato. Lo vidi trattenersi a stento dal corrergli incontro. Aveva gli occhi lucidi, espressivi. Quell'uomo non aveva niente a che fare con quello scherzo della natura con cui ero costretta a parlare nel mio presente.

Miles Tempest osservava la scena inorridito. Io pensavo che si sarebbe trovato davanti solo il mio procione parlante, che, per carità, era una cosa decisamente strana da vedere, ma sopportabile. Il doppio Spike rischiava di essere troppo anche per me.

«S-Spike?» sibilò Miles, arretrando di qualche centimetro. Spike comprese che il fratello doveva essere terrorizzato, quindi non si avvicinò oltre.

«Fratello... è da tanto che non ti vedo...» sussurrò lui, con dolcezza. In qualche strano modo capii subito che Miles doveva essere stato una delle vittime dell'apocalisse, e la realizzazione di questa cosa mi spezzò il cuore.

Dovevo avere gli occhi lucidi, perché il giovane Spike mi si avvicinò e mi fissò con disprezzo.

«Non hai nessun motivo per essere qua» disse, soffiandomi in faccia.

«Ah no? Ti ricordo che hai rubato il mio procione e che stavi tramando per far accadere la fine del mondo!»

«Sto solo cercando di fermare le tue idiozie, pazza scatenata!»

Fortunatamente, in quel momento l'altro Spike ci separò, con sguardo severo.

«Dovete smetterla. Ogni minuto in più che passate insieme è deleterio per tutti. Ora ho bisogno che tu mi ripeta per filo e per segno cosa ti ha detto la Bianca del futuro. Non tralasciare niente.»

Fortunatamente avevo ripetuto quella storia così tante volte e a così tante persone da riuscire senza sforzi a ricordarmi ogni dettaglio, anche il più superfluo. Finalmente il mio talento nel non riuscire a chiudere la bocca serviva a qualcosa. Mi sentivo stranamente fiera di me stessa.

Dopo che conclusi il racconto, Spike sembrava molto provato. E arrabbiato.

«Non erano questi i patti, Bianca...» lo sentii mormorare.

Quando ritornò in sè mi chiese di non fare parola con nessuno riguardo al nostro incontro.

«E ti fidi? Questa tizia non sarebbe capace di mantenere un segreto neanche se ne dipendesse la sua stessa vita» commentò Spike.

Feci per ribattere, ma effettivamente non potevo dargli torto. Chiusi la bocca e osservai il vecchio Spike con sguardo colpevole. Come un chihuahua che ha appena fatto la pipì sul pavimento appena lavato.

«Affiderei alla Bianca del 2022 la mia intera esistenza.»

Lo disse con una voce calda e impassibile, non ammetteva repliche. Mi sentii lusingata e commossa. Soprattutto dal fatto che avesse specificato che ero io, quella di cui si fidava. Proprio io.

«Sono contento di non pensarla come te» bofonchiò il giovane Spike, acido come sempre.

«È esattamente quello che devi fare. Miles, per cortesia, porta Bianca a casa. E tu, Spike, non cercare di vederla MAI PIÙ. Per nessun motivo al mondo. Mi sono spiegato?»

Spike annuì, ma non rispose. Lo feci io al posto suo.

«Non sarà un problema, fidati. Non ci vedremo più.»

Sarebbe stata una liberazione, finalmente, non dover più avere a che fare con quell'essere. Quella stessa sera avrei festeggiato con caviale e champagne sdraiata nella vasca da bagno.

Afferrai Yemon per la zampetta e salutai Spike con un cenno della mano. Pensai fugacemente che era un vero peccato il fatto che non avrei mai potuto conoscere quell'uomo.

«Ciao Bianca, cerca di rimanere come sei il più a lungo possibile.»

Miles Tempest sembrava parecchio turbato da quell'incontro. Come biasimarlo. Durante il viaggio in macchina non disse una sola parola. Era anche impossibile farlo visto che Yemon era un vero fiume in piena e ci stava raccontando ogni virgola della sua permanenza a casa Tempest, comprese varie digressioni fantasiose secondo le quali avrebbe cercato di rubare una macchina sportiva per fuggire dal maggiordomo Loyd.

Ero preoccupata per Miles, ma decisi di non affaticare oltre il suo cervello. Forse era meglio per me tenermi lontana da qualsiasi Tempest.

Quando rientrammo a Londra e lui parcheggiò sotto casa mia sentii una stretta al cuore.

«Quando vuoi sono qui, Miles. Posso essere una buona amica, quando mi impegno.»

Lui mi rivolse un sorriso scialbo, e seppi che non mi avrebbe mai cercata.

Quando rientrammo a casa dovetti assistere alla riunione strappalacrime fra Yemon e Fitzgerarld. Io e il gatto osservammo attoniti quella scena, condita da uggiolati e scodinzolamenti vari.

Eppure, per la prima volta dopo tanto tempo, sentii il cuore leggero. Ero serena.

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