Capitolo 24 - In cui incontro per caso quello che vuole assassinarmi
Dopo aver sentito la voce di Viola riacquistai forza e fiducia in me stessa. Non ero sola. Avevo ancora la mia migliore amica. E Yemon.
Negli ultimi giorni la mia convivenza forzata con quel procione non era migliorata. Ogni mattina cercava di intrufolarsi nel bagno insieme a me, e ogni notte lo sentivo rovistare nel mio cassetto della biancheria. Smetteva solo quando riuscivo a centrarlo in pieno con una ciabatta volante.
La questione "Chiavi degli Inferi" non era più stata riaperta. Yemon era troppo occupato a riprendere il suo feeling con il mondo. Anche se il fatto di passare così tanto tempo con il mio cane lo stava portando sempre di più a tendere verso la parte animale piuttosto che quella umana.
«Che fai oggi, padroncina?» chiese, grattandosi nervosamente dietro l'orecchio con le zampe posteriori. Appunto: un cane.
Ormai avevo anche iniziato ad accettare passivamente il fatto che mi chiamasse padroncina. Anche se sapevo che nel suo cervello malato poteva prendere qualche piega potenzialmente disturbante.
«Devo lavorare. Tu pensi di riuscire a non creare problemi a tutto il vicinato?»
Yemon sembrò risentirsi particolarmente di quella frecciatina, ma io gli sorrisi amorevolmente aprendogli una delle scatolette di Jack Emerson.
Avevo scoperto che era una bestiola onnivora, quindi non mi creava troppi problemi nutrirlo.
Tranne quando mi chiedeva di imboccarlo. In quei casi gli rovesciavo il cibo direttamente sulla testa.
«Hai sentito di nuovo Viola?» chiese Yemon, trangugiando la sua colazione.
«Pensavo di chiamarla proprio oggi. Spero che si sia ricordata della missione.»
Il procione mi osservò come se fosse perfettamente conscio che fidarsi di Viola era una pessima idea. Non mi sentii neanche di dissentire.
«Beh, meglio che vada. Ho quattro riunioni oggi. Lascio tutto nelle tue mani, Yemon.»
Lo salutavo sempre con quella frase per farlo piombare nell'ansia più assoluta. Lo trovavo molto divertente.
A lavoro il tempo scorreva sempre più a rilento. In quell'ultimo periodo era stato molto più facile scambiare due chiacchiere con Tom, anziché con Rachel. Il mio cuore ne risentiva sempre un po', ma ero convinta di poter sopportare questo e altro per preservare l'incolumità della mia amica.
«Insomma, avevo appena aperto la porta di casa e vedo Stefan corrermi incontro con i capelli che stavano andando a fuoco! Te lo immagini?»
Sinceramente non me lo immaginavo, ma Tom ormai era un fiume in piena di aneddoti bizzarri sui suoi weekend pazzerelli.
Io volevo tanto rispondergli che convivevo con un procione parlante che voleva vedermi nuda e che la mia migliore amica mi rispondeva al telefono dal futuro, ma avrebbe solo pensato che mi sparavo dell'LSD direttamente in endovena.
«Affascinante, direi.»
Proprio in quel momento entrarono due persone nella sala riunioni. Eravamo in attesa dell'ultimo cliente della giornata. Ci avevano richiesto uno spot per una piccola televisione.
Il mio cervello ci mise un attimo a fare mente locale.
Piccola televisione. Spot pubblicitario. E il tizio che era appena entrato aveva una preoccupante chioma bionda ossigenata.
«Spike?» urlai, alzandomi in piedi. Tom cercò di riportarmi seduta, tirandomi insistentemente dalla manica del maglione fucsia che indossavo.
Spike mi rivolse un sorriso ghignante, che non mi faceva presagire niente di buono. Insieme a lui c'era un signore brizzolato e dall'aria severa che non avevo mai visto.
«Bianca Sterling. Non mi sarei mai aspettato di trovarla qui.»
Falso. Manipolatore. E bugiardo.
Gli rivolsi un'occhiata di fuoco e mi costrinsi a mantenere un atteggiamento dignitoso per non perdere il posto di lavoro. Strinsi la mano del secondo uomo, che disse di chiamarsi Loyd, e ignorai totalmente Spike.
Tom cercò di essere educato per entrambi, ma io non facevo altro che perdermi negli occhi dolorosamente scuri di Spike. C'era qualcosa di lui che mi faceva perdere il lume della ragione.
Dovevo mantenere il controllo di me stessa, mi dissi, respirando a fondo.
«Bene. Qual è la vostra richiesta per questo spot?» chiesi, fissando Loyd.
«Loyd è il mio cameriere. Devi parlare con me, principessa.»
Bestemmiai internamente, e gli rivolsi il sorriso più falso che potei.
Deglutii a vuoto quando sentii che Spike mi stava accarezzando la caviglia con il suo piede. Volevo urlare. Lanciai uno sguardo disperato a Tom, ma lui non colse la gravità della situazione.
Chi avrebbe potuto, in effetti?
«Vorrei uno spot di circa sessanta secondi, in cui vengono mostrati spezzoni delle varie trasmissioni del nostro canale.»
Osservai Spike con astio crescente, era evidente che mi stava sfidando. Il suo stupido piede continuava ad accarezzarmi la coscia. E saliva sempre più su...
«Compresi i suoi stupidi scherzi apocalittici, signor Tempest?»
Spike rise di cuore, gustandosi la mia espressione. Dovevo avere le guance in fiamme. Mi posizionai meglio sulla sedia, cercando in tutti i modi di tirarmi indietro, ma quel diavolo aveva le gambe troppo lunghe e riusciva ugualmente a sfiorarmi.
Stronzo, sfacciato e assassino.
In quel momento ricordai con orrore che aveva chiaramente stabilito di volermi uccidere. Sbiancai, e lui se ne accorse, perché ritrasse il piede come se lo avessi punto.
«Sono entusiasta del fatto che segua così assiduamente la mia televisione, signorina Sterling.»
«Mi informo sempre sui nostri potenziali clienti» risposi, seccata. Tom, seduto accanto a me, trattenne una risata, visto che sapeva perfettamente che quella era una bugia bella e buona.
Sperai che dopo non mi facesse alcuna domanda su quel tipo. Come chiedermi per quale ragione c'era dell'evidente tensione sessuale fra noi.
Il resto della riunione trascorse nel totale disagio. Spike non fece altro che lanciarmi occhiate in tralice. Non avrei saputo dire se voleva accoltellarmi o portarmi a letto.
Ed era abbastanza eccitante.
Dio, ma che problemi avevo? Dopo quella faccenda dovevo decisamente farmi ricoverare. L'apocalisse mi aveva dato alla testa, non c'era altra spiegazione.
«Che ne pensate di un pranzo tutti insieme per definire meglio la richiesta?» propose Spike, guardandomi con un sopracciglio alzato. Notai che era tagliato verso la fine, e gli donava un aspetto da cattivo ragazzo che mi rese necessario chiudere gli occhi e respirare a fondo.
«Io purtroppo ho un'altra riunione, ma credo che Bianca non abbia impegni.»
Grazie Tom. Sinceramente, grazie. Non potevano prendere fuoco i tuoi di capelli?
Piuttosto che andare a pranzo con Spike avrei preferito fare qualsiasi altra cosa. Mangiare scorpioni vivi, infilarmi in un formicaio, mettermi i calzini bagnati, far scorrere le unghie su una lavagna per tre ore...
«Perfetto, direi. Non potevo chiedere di meglio» commentò Spike, sollevando gli angoli della bocca in un ghigno talmente intenso da lasciarmi boccheggiante.
Chissà se sarei sopravvissuta a quel pranzo...
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