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Capitolo 21 - In cui ho un procione

Mi svegliai confusa. Era uno stato d'animo con il quale convivevo da quando questa stupidaggine della teiera era cominciata.

Ora avevo un Tanuki parlante, rossiccio e peloso che dormiva ai piedi del mio letto e non avevo idea di come rapportarmi con lui.

"Ehi, che ne dici di liberarci di quelle chiavi e di non scatenare l'apocalisse?"

Sarebbe sembrato troppo strano. E io avevo assoluto bisogno di sfogarmi con qualcuno che non avesse sembianze animali.

Pensai subito a Rachel, ma temevo che l'avrei messa in pericolo se le avessi raccontato altro. Non potevo permettermi di sbagliare ancora. Dentro di me sapevo che eravamo alla svolta decisiva, dovevo rimanere concentrata.

Yemon si svegliò, stropicciandosi gli occhi acquosi e ricettivi, da vero predatore.

«Buongiorno padroncina, dormito bene?»

«La prossima volta che mi chiami così ti butto nel forno con le patate.»

«Immagino di no.»

Mi catapultai fuori dal letto e decisi di prepararmi per andare a lavorare. Yemon, però, non era dello stesso avviso perché mi seguì come un'ombra al bagno.

«Che stai facendo?» chiesi, sbigottita. Il cane procione sostava sull'uscio della porta, e mi fissava in modo inquietante. A breve avrei iniziato a urlare.

«Mi sono sempre chiesto cosa succedesse in questa stanza, quando ero una teiera. Posso assistere? Deve esser interessante visto tutto il tempo che ci passi dentro.»

Urlai. Yemon si spaventò a sufficienza per indietreggiare quel tanto che bastava per permettermi di chiudergli la porta in faccia.

Sfiatai un lunghissimo sospiro, mentre mi sedevo sulla tavoletta abbassata del water. Santo cielo, avevo davvero bisogno di qualcuno con cui parlare.

Afferrai il cellulare e scorsi la rubrica con fare interessato.

Mi soffermai su pochi nomi: Rachel, scartata in partenza, Miles, neanche a parlarne, Jesus, non mi sarebbe stato di molto conforto, Spike, lo avrei chiamato solo nel caso in cui la mia vena suicida avesse preso il sopravvento.

Il mio pollice si fermò sul nome Viola, e il mio cuore sembrò smettere di battere. Quanto avevo voglia di sentire la sua voce...

Sorridendo, avviai la chiamata. In quell'ultimo periodo avevo chiamato Viola tantissime volte, ma, ovviamente non aveva mai risposto.

Squillò libero per tre volte, stavo già per attaccare quando sentii un fruscio metallico dall'altra parte della cornetta, seguita dalla cristallina voce della mia migliore amica.

«Pronto? Si può sapere chi è?»

I miei occhi si inumidirono all'istante, mentre il mio cervello già stava viaggiando verso altri lidi.

«Viola! Sono Bianca...» mormorai, avevo la voce spezzata dal pianto. Non appena proferii parola, sentii le unghie di Yemon grattare contro il legno bianco della porta. Cacciai un urlo e smise.

«Hola lattughina, ce ne hai messo di tempo per chiamare!»

Mi portai lo smartphone sulle mani aperte a conca e fissai lo schermo. C'era scritto il nome di Viola. Era inconfondibile.

Non poteva essere una allucinazione così vivida.

«Vio... che sta succedendo? Perché riesci a rispondere?»

«Ah non lo so. È la prima volta che schiaccio il pulsante per accettare la chiamata, in verità.»

Rimasi in silenzio per qualche secondo.

«Cioè tu hai ricevuto tutte le mie chiamate e hai scientemente deciso di non rispondermi?»

Viola sbuffò sonoramente. «Lo sai che non rispondo ai numeri che non conosco.»

«Non hai il mio numero salvato in rubrica?»

«Mi stai facendo troppe domande inutili, Bianca. Sai come sono, suvvia.»

Io avevo passato dei giorni di inferno e lei mi diceva 'suvvia', accampando scuse veramente becere. Fui tentata di attaccare, ma ero troppo felice di sentire di nuovo la sua voce.

«Come stai? Dove sei? Ti stanno trattando bene?»

«Mmh... ora sono TROPPE domande utili. Aspetta. Sto bene, sono nel futuro e mi stanno trattando come una con problemi mentali.» sospirò, alla fine.

«Hai scoperto qualcosa di utile?» chiesi, speranzosa.

Viola sembrò titubante, e io capii subito che non sapeva quanto poteva sbilanciarsi con me. Apprendere quella notizia mi rattristò, ma compresi immediatamente il suo punto di vista. D'altronde era stata la me stessa del futuro a rapirla.

Sentii dei passi vibrare su una superficie metallica, poi Viola tossicchiò e rispose.

«Qui sono tutti strani, Bianca. Ho parlato con un sacco di vecchi che mi hanno spiegato robe noiose sull'apocalisse. Vogliono farmi combattere dei demoni. Ti rendi conto?»

Sospirai, lanciando uno sguardo laconico verso la porta chiusa del bagno. Dall'altro lato c'era il mio stupido procione con le chiavi Infernali.

«E poi tu sei stranissima in questa epoca. Pensa che non ti ho mai raccontato neanche dei delfini suicidi!» trillò, come se quello dovesse spiegare chissà quale mistero.

Forse nella testa di Viola era effettivamente così.

«Veramente terribile, Vì. Ora sentimi bene: la mia teiera è un cane procione che ha rubato le chiavi dell'Inferno. Ho conosciuto Spike ed è un pazzo assassino che vuole rubare il suddetto procione calpestando il mio cadavere. E non posso parlare con Rachel perché Bianca mi minaccia di prendere anche lei. Ti prego, dammi un consiglio.»

Le possibilità che Viola avesse ascoltato tutto quel discorso erano così basse che avrei dovuto grattarle via dal pavimento, ma nonostante questo attesi una sua risposta con fiducia.

«Lo sapevi che i procioni sono daltonici? L'ho visto una volta su National Geographic.»

«Bene. Allora non chiederò consiglio su cosa indossare al mio procione parlante. Grazie della dritta, Viola.»

Ero satura. La mia vita non poteva andare peggio di così, ma ormai ogni volta che lo pensavo succedeva qualcosa progettata con l'esatto scopo di smentirmi.

«Comunque tu e Spike siete vomitevoli nel futuro. Prendetevi una stanza, cazzo.» borbottò Viola, distraendomi dai miei progetti di morte.

«Un momento. Che? Io e Spike siamo insieme nel futuro? A fare che?» chiesi, sorpresa.

Viola ridacchiò. «Beh, fate sesso per lo più.»

Quello finiva direttamente nel novero delle cose che non volevo sapere. O forse sì.

«OLTRE fare sesso?»

Viola fece spallucce. Non chiedetemi come facevo a saperlo, lo sapevo e basta. Quando si conosce qualcuno da tutta la vita si conoscono perfettamente tutte le sue movenze anche senza vederle.

«State sempre a confabulare qualcosa. Ho provato ad avvicinarmi per sentire cosa dite, ma parlate maledettamente a bassa voce e io sono un po' sorda. Ti ricordi quando alle superiori mi dicevi sempre di tenere più bassa la musica nel walkman perché altrimenti mi avrebbe fatto diventare sorda? Credo che avessi ragione.»

«Sono felice di aver avuto ragione dopo solo quindici anni.»

«Sei sempre molto buffa, lattughina. Senti ma Jesus come sta?»

Decisi di alzarmi dal water e aprire la porta del bagno. Il muso di Yemon si illuminò e si divincolò dall'abbraccio con Jack Emerson. Li fissai con disgusto.

«Penso bene. Ieri mi ha mandato un messaggio con una emoji di uno scarafaggio. Gli manchi.»

«Lo hai capito dallo scarafaggio?» chiese Viola, indispettita. Non capivo tutto quell'astio verso Jesus, ma non avevo tempo per indagare. Avevo appena avuto un'idea geniale.

«Viola è importante che ascolti questo discorso che sto per fare. Tutto.»

La sentii annuire, ma ero seriamente preoccupata che non avesse sentito neanche quella frase. Decisi di fidarmi.

«Non dobbiamo dire a nessuno che siamo riuscite a sentirci. E tu dovrai indagare su Spike e riferirmi tutto. Chiaro?»

Viola annuí ancora. «Non parlare a nessuno e spiare Spike, tutto chiaro.»

Bene.

«Ti chiamerò fra una settimana da un altro numero di cellulare, per evitare che qualcuno ci rintracci. Tu rispondi anche se non conosci il numero. Ok?»

«Chiaro.»

Dopo giorni, finalmente mi sentii pronta per sorridere. Cosa che feci. Anche se nessuno poteva vedermi.

«Vì, un'ultima cosa. Hai visto anche cosa mangiano i procioni su National Geographic, per caso?»

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