Capitolo 2 - In cui capisco di aver guardato troppi film sui viaggi nel tempo
«Tu sei chi?» borbottai, incredula.
«Santo cielo, ma ero così idiota da giovane?»
Gongolai dopo quello scomplimento. Lo scomplimento avviene quando qualcuno ti dice una cosa brutta, ma che ha dei risvolti positivi. Per esempio essere una giovane idiota era un potenziale scomplimento. Tutto dipendeva dall'età del mio interlocutore.
«Non sono idiota. Trovo solo difficile credere alla prima invasata che viene a dirmi di venire dal futuro».
La Bianca del futuro ringhiò al telefono, facendomi una paura del diavolo. Viola si rese conto solo in quel momento del fatto che mi trovassi in difficoltà e si avvicinò con preoccupazione.
«Che diavolo succede, lattuga?»
«È sempre l'acquirente di questa mattina», spiegai, ma dalla mia espressione dovette intuire che non stavo dicendo tutto.
«È Viola? È ancora il periodo in cui ci chiama lattuga?»
«Sì, purtroppo», risposi, alzando gli occhi al cielo.
Non sapevo più a quale conversazione dare retta, tanto che in quel momento invidiai Jesus e il suo non capire l'inglese.
Una volta la mia insegnante di yoga mi aveva detto che esisteva questa tecnica di trasposizione dei corpi. Magari se mi concentravo moltissimo avrei potuto fondermi momentaneamente nella mente di Jesus e scollegarmi dalla mia.
Rabbrividii al solo pensiero.
«Tranquilla, fra un anno proveremo a coltivare i peperoni», disse la Bianca del futuro, in un pallido tentativo di fare conversazione.
Viola, nel mentre, continuava a battermi una mano sulla coscia, cercando di attirare la mia attenzione.
Qualche altro minuto e sarei impazzita del tutto.
«Senti Bianca del futuro, mettiamo che ti credo», feci una breve pausa riflessiva. Viola spalancò i suoi occhioni color castagna e io feci spallucce. «Al corso sul viaggio nel tempo non ti hanno insegnato che è proibito farsi vedere dalla tua versione del passato? Vuoi farmi diventare pazza?»
«Per favore, smettila di dire cazzate e dimmi dove ci possiamo vedere».
La Bianca del futuro sembrava davvero una persona nervosa. Chissà in quale momento della mia vita ero diventata così tanto scurrile.
«Guarda che ti sto sottoponendo un quesito sensato».
«Bianca... io conosco come le mie tasche i tuoi quesiti sensati. Ti spiego qual è il problema: hai visto DECISAMENTE troppe volte Ritorno Al Futuro. Pensi di sapere cose che in realtà ignori. Adesso, per cortesia, dammi un posto e un orario».
Beh, era stata decisamente cristallina nella sua esposizione. Sebbene mi sentissi attaccata su un piano molto personale, decisi di collaborare.
«Fra due ore al Royal?» chiesi, incerta.
«Il Royal... quanti ricordi», commentò lei, estatica. «Va bene. A dopo».
Attaccai il telefono e sospirai. Viola, ancora immobile davanti a me, mi fissava aspettando una spiegazione.
Io volevo solo il mio panino e il mio bicchiere di Chardonnay.
«Mi ha chiamato una tizia che pensa di essere la Bianca Sterling del futuro. Vuole incontrarmi», dissi senza alcun tono di voce.
Viola, stranamente, sembrò recepire tutto quel lunghissimo discorso.
«Tu non incontrerai una potenziale serial killer da sola», annunciò sbrigativa.
«Non credo sia una serial killer, sembra più che altro una persona molto sola. Sai che fine ha fatto il mio panino?»
Viola sbuffò, scacciando la mia voce con stizza.
«Pensavo di aver la mortadella, ma alla fine avevo solo pane e Chardonnay. Va bene lo stesso?»
Sollevai le sopracciglia, provavo un mix di emozioni talmente contrastanti che alla fine sospirai e annuii.
«Non è la cosa più strana che abbia mai mangiato».
Il Royal era il punto di ritrovo delle nostre serate fra donne. Io, Viola e Rachel ci vedevamo sempre lì quando avevamo voglia di un Cosmopolitan e di fare quattro salti.
Bianca Sterling del futuro sembrava parlarne con evidente nostalgia, come se non frequentasse quel posto da secoli.
Io e Viola arrivammo fuori dal locale attrezzate come se stessimo per andare in guerra: padelle legate sui fianchi, spray al peperoncino in tasca e cappelli di quelli rigidi, militari.
Non seppi dire dove Viola li avesse presi. Probabilmente era un qualche gioco erotico che facevano con Jesus.
Il buttafuori del locale, Jonas, ovviamente, non poteva farci entrare con tutta quella roba.
«È un cosplay, Jonas, stai imbottigliando la mia arte», asserì Viola, recitando così male che fui costretta ad alzare gli occhi al cielo.
Jonas non controbatté, ma si limitò a farci cenno di liberarci di tutta quella roba.
Viola sbuffò sonoramente, e abbandonò tutto tranne il cappellino.
Io feci altrettanto ed entrai nel Royal.
Era molto presto, la gente non era ancora arrivata.
Ora dovrei perdermi in una lunghissima descrizione del posto, ma non ne ho alcuna voglia e soprattutto voi lo immaginerete comunque come più preferite, quindi non lo farò, limitandomi a dirvi che il Royal era un posto enorme e rumorosissimo.
Nonostante questo Viola riuscì comunque a intercettare lo sguardo della persona che ci aveva convocate. Si aggrappò al mio braccio e lo strattonò talmente forte da farmi traballare il caschetto sulla testa.
«GUARDA!»
Mi guardai intorno, ma non vidi nulla. Lei indicava un punto imprecisato nel vuoto.
Io non indossavo mai gli occhiali quando venivo al Royal, perché mi aiutava ad essere più briosa.
«Non vedo niente, Vi».
«C'è una tizia che sembra tua nonna agghindata a festa. Ed è senza occhiali pure lei».
Dalla descrizione non potevano esserci molti dubbi. Ci avvicinammo alla nonna in questione, che ci riservò uno sguardo di puro avvilimento quando si accorse dei nostri cappelli.
«Che diavolo state indossando?» ci chiese, come prima cosa.
«Protezioni. Viola era convinta che tu fossi una serial killer».
A vederla ora, quella donna non sembrava affatto una persona pericolosa. Era assolutamente identica a me, solamente più rugosa. Sembravo io quando utilizzavo i filtri invecchianti su Instagram.
La vecchia Bianca ci guardò, era evidentemente rassegnata al fatto che fossimo due deficienti. D'altronde chi avrebbe potuto saperlo meglio di lei?
«Sedetevi e ascoltatemi bene. Ne va della salvezza del mondo».
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