1.1
Quando Simone riesce finalmente a mettere piede in casa, l'unica cosa che vuole fare è dormire.
La stanchezza dell'intera giornata gli si riversa sulle spalle tutt'assieme; la sveglia che non ha suonato incasinandogli la mattina intera, il caffè bruciato, la doccia fredda e il motorino dal meccanico, la pioggia torrenziale apparentemente intenzionata ad affogare tutta Roma.
E poi il ritardo a lezione, gli allenamenti nel fango, il pranzo saltato.
Quasi gli viene da piangere a ripensare all'inferno di giornata che ha avuto, non è neanche riuscito a vedere Manuel.
Improvvisamente sente freddo e la fame scompare del tutto.
Struscia i piedi verso le scale e biascica un saluto per sua nonna e suo padre che lo fissano dalla cucina.
A stento si concede di chiudere la porta della sua stanza prima di lasciarsi cadere sul letto.
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Gli occhi di Simone non accennano a chiudersi.
Si rigira per l'ennesima volta tra le lenzuola ormai completamente sfatte, poi si allunga per controllare di nuovo l'orario sullo schermo del cellulare.
04:45.
Tra la stanchezza, il mal di testa lancinante e la frustrazione, non riesce a decidere se mettersi a urlare o tentare di soffocarsi.
Sente la pioggia torrenziale abbattersi con forza sul vetro della finestra chiusa mentre il vento continua a fischiare incessantemente, prova a concentrarsi sul mondo esterno e a rilassarsi ma nulla ha effetto.
È sicuro di scorgere l'albeggiare del sole prima che i suoi occhi decidano finalmente di lasciarlo riposare.
Che poi riposare è un parolone, alle sette del mattino è di nuovo in piedi con due occhiaie da spavento e lo zaino sulle spalle.
È quasi contento che il motorino sia rotto, in questo modo è costretto ad accettare il passaggio che suo padre gli offre nonostante la sua testa dura.
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"C'hai na faccia che fa paura"
Simone sbatte le palpebre una, due, tre volte, prima di spostare lo sguardo verso destra.
Manuel se ne sta con il gomito sul banco e il mento appoggiato sul palmo aperto. Ha cambiato l'orecchino, Simone nota, e i ricci sembrano più curati del solito. Alza un sopracciglio castano nella sua direzione e Simone realizza che, forse, la voce che ha sentito non se l'è immaginata.
"Che?"
"Ho detto che fai paura stamattina, se vede che stai stanco. Sicuro che ce la fai a passà da me per studiare oggi? Se vuoi te riporto a casa."
Simone si rende conto in quel preciso istante di aver completamente rimosso l'impegno preso con Manuel soltanto due giorni prima. Si abbassa a sbirciare sotto il banco dove, fortuna vuole, trova il libro di matematica, poi si volta di nuovo verso di lui e gli sorride leggermente.
"Seh, poi chi te deve sopportà. E comunque io c'ho bisogno de ripassà filosofa e 'na mano a mio padre non la chiedo".
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A metà mattina Manuel gli porta il caffè.
Gli sorride, le dita coperte di anelli strette sul bordo del bicchiere mentre glielo porge.
"Magari te ripigli un po' " dice, poi picchetta le nocche sul banco, gli lancia un occhiolino e torna al suo posto.
Mentre lo guarda sedersi, Simone nota che Manuel non ha più nulla in mano, non ha preso niente, si è alzato apposta per prendergli il caffè.
La consapevolezza peggiora ciò che l'occhiolino ha avviato.
La tachicardia diventa talmente forte che non può neanche far finta che sia colpa della caffeina.
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La pioggia sembra aver concesso loro una tregua, tant'è che c'è un timido sole ad accoglierli quando mettono piede per strada.
C'è da camminare un po' in più rispetto al solito, "stamattina ho parcheggiato sotto i portici pe' non fa bagna' la moto".
Manuel sembra quasi dispiaciuto mentre gli parla, rallenta lievemente il passo per trovarsi esattamente al fianco di Simone, "sicuro che ce la fai? N'te voglio sulla coscienza."
Simone gli da una lieve spallata ma poi non si sposta, continua a camminare con il suo braccio incollato a quello di Manuel. Un po' è per rubargli calore, un po' perché è davvero stanco, ma il motivo principale è che il profumo di Manuel gli riempie le narci appena s'avvicina e Simone non trova la forza di allontanarsi.
"T'ho detto di sì, non ti preoccupare".
Manuel è ancora abbastanza titubante quando gli porge il casco, poi gli raccomanda di tenersi stretto e mette in moto.
Simone sorride sulla sua schiena e stringe più forte le braccia attorno ai suoi fianchi, i capelli di Manuel sfuggiti al casco gli solleticano delicatamente il naso e lo costringono ad insipirare più forte, "Ma che è tutta 'sta premura oggi? Nun me pari manco tu".
La schiena di Manuel vibra sotto la sua guancia assieme alla sua risata,
"Oh e vaffanculo allora."
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Il tonfo del libro di matematica che si chiude lascia Simone sfinito ma soddisfatto. Manuel la matematica l' ha sempre detestata, Simone lo sa bene, ma sa anche che non è stupido, per questo gli prudono le mani.
"Giuro, hai la testa più dura di un mulo. Avremmo finito due ore fa se non ti fossi distratto così tanto".
In risposta, Manuel si limita a sbuffare e a lanciar via il suo, di libro, che aterra sotto sopra vicino al cestino e si tira dietro un paio di fogli nella caduta. Simone prova quasi tristezza per quell' incuria.
"N'te lamentà e prendi er libro de filosofia, mo è er turno mio de fa quello intellettuale", Manuel apre il cassetto della scrivania e tira fuori una montatura nera senza vetri, se la mette sul naso e si gira verso Simone, "n'te sembro un professore?"
Simone si sente un po' morire, ringrazia di essere già seduto perché le ginocchia gli sono diventate di gelatina. Deglutisce, poi si sforza di rispondere perché Manuel lo sta ancora fissando, "tu sei tutto cretino".
Manuel si toglie gli occhiali e glieli tira sul petto, "sto stronzo".
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Più si va avanti e più la testa di Simone gira.
Manuel s'interrompe a metà lettura e gli lancia uno sguardo preoccupato, "ma te senti bene?".
Simone gli dice di sì ma allo steso tempo scuote la testa, "sono solo stanco". Si passa una mano sugli occhi ed espira forte dal naso, sembra che la stanza gli stia vorticando attorno e si accorge che Manuel si è alzato soltanto quando sente le sue mani sotto il mento.
Sorpreso, alza gli occhi su di lui e incontra il suo sguardo preoccupato,
"Manu?"
"Manu niente, te lamenti de me ma c'hai la testa più dura della mia eh. Vie qua"
"Qua dove?"
Manuel lo solleva e lo spinge verso il letto, "stenditi".
"Manu dobbiamo fa filosofia-"
"Te la leggo ma tu stenditi, va a finire che t'addormenti sulla sedia e poi me cadi pure pe' terra. "
Simone è lievemente titubante e molto in imbarazzo, ma la testa lo sta uccidendo, quindi si stende lo stesso. Non si aspetta che Manuel si stenda accanto a lui, né che si assicuri di coprirlo con il piumone prima di sistemarsi con la schiena contro i cuscini, perciò non riesce a fare a meno di arrossire e di fissarlo inebetito.
Manuel se ne accorge e se lo tira addosso, gli lascia un bacio sulla fronte prima di fargli poggiare la testa sul suo stomaco e affondargli una mano tra i capelli.
"N'te agità" gli dice, poi apre di nuovo il libro e riprende la lettura.
Simone dorme nel giro di due minuti.
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È già quasi buio quando Simone si risveglia.
Fa un po' fatica a mettere a fuoco dov' è, ma è avvolto da un profumo familiare e qualcuno gli sta accarezzando il collo così delicatamente che Simone non riesce proprio ad entrare nel panico.
Poi, il suo cuscino si solleva sotto la sua guancia e Simone si rende improvvisamente conto di essersi addormentato su Manuel.
No.
Il respiro gli si blocca e poco dopo si blocca anche la mano di Manuel, "ma sei sveglio?"
Simone scuote la testa, "no".
Manuel fa per spostarsi allora ma Simone gli arpiona i fianchi e nasconde il viso contro la sua maglietta, è talmente in imbarazzo che sente le guance bruciare, "lasciami morire qui".
La risata di Manuel gli riempie le orecchie e Simone, se possibile, si stringe ancora di più nelle spalle e chiude forte gli occhi. "Non prendermi in giro", lamenta, poi quasi si scioglie quando sente le dita di Manuel scivolare nuovamente tra i suoi ricci.
"Non te prendo in giro".
Simone non risponde e, anche se Manuel non può vederlo, gli mette su il broncio.
"... Simò?"
"Eh?"
"me puoi guardà?"
"No."
Con un sospiro, Manuel blocca il telefono e si dimena finché non riesce a trovarsi faccia a faccia con il viso ancora nascosto di Simone, gli accarezza il lobo e poi glielo tira lievemente.
Simone lo schiaffeggia alla cieca.
"Manco pe' menamme me guardi?"
"No."
Manuel ride di nuovo e dolcemente stringe le dita attorno ai polsi di Simone per provare a tirar via le mani dal suo viso, "Simò, te fai guardà per favore?"
"Mi stai già guardando"
"Te voglio guardà n'faccia"
Simone sbuffa e abbassa le mani quanto basta per scoprire gli occhi, "contento?"
Manuel non risponde, si limita a fissarlo per un periodo di tempo che a Simone sembra infinito, poi, delicatamente, gli accarezza il dorso del naso con le nocche e si sposta su, sul sopracciglio, gli sfiora le ciglia col pollice.
"T'ho mai detto che c'hai du'occhi troppo belli?"
"Che?"
Manuel gli stringe un fianco, lascia un bacio delicato sulle sue dita, all'altezza delle labbra, così dolce che Simone si sente tremare fin dentro l'anima.
"Simo', non ce la faccio più a scappa' via da te"
"Fermati allora"
"E tu te fai guarda'? "
"Io me faccio guardà"
"E te fai pure toccà?"
Simone si fa più vicino, finalmente scopre il volto e accarezza la guancia di Manuel, sente la barba pizzicare sotto la pelle.
Manuel gli sorride, fa scontrare i loro nasi.
"E te fai bacià?"
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