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LA MALINCONIA

La malinconia, amata e cercata, nostalgia di nessun luogo.
Un sentimento di cui moltissime storie e opere d'arte sono intrise.
Da dove nasce, che funzione e che esito ha? Perché amiamo crogiolarci in lei e infilarci in storie che la dispensano a piene mani?  Perché è tanto tiepida e accogliente? È un sentimento universale? Ha una o molte facce? Un solo o molti motori?

La malinconia è un sentimento che cerchiamo spesso.
È come se avessimo bisogno di pillole di malinconia.
Quali sono le fonti?

La materia principale della malinconia è il TEMPO. Il tempo è un grande produttore di malinconia. Di essa conosciamo molto poco. Gran parte è antimateria. Proprio come l'universo di cui conosciamo circa il 4%.
Come l'universo è costituito da materia, antimateria e materia oscura, così lo è la malinconia.
Proveremo a esaminare la materia di cui è composta.

In "Casino totale" c'è molta materia, tutta riconoscibile, a volte anche smaccatamente. La narrazione è malinconica.
Il passato è un fattore predominante - un posto che si è lasciato e al nostro ritorno è cambiato -.
Gli elementi essenziali del libro sono:
1) Il PASSATO, con il tempo che corre inesorabilmente.
2) La FOTOGRAFIA, altro elemento malinconico. Essa ferma il tempo. Nonostante i nostri tentativi di bloccarlo, corre.

Il tempo li aveva superati.

3) La MUSICA è un altro elemento malinconico. Crea quello stato d'animo in cui ci piace stare.
Che differenza c'è tra nostalgia e malinconia? La malinconia è un insieme più grande, la nostalgia è un sottoinsieme che ha a che vedere col tempo.
Vi è un luogo dell'infanzia dove vogliamo tornare, in cui le lancette del tempo non avevano ancora cominciato a correre.
Ulisse è il personaggio che meglio incarna questo sentimento. Fa tutto per nostalgia. I greci non hanno la parola per definire questo sentimento.
"Nostalgia" è una parola moderna che ha inventato Hofer nel 1688. La parola compare nel titolo della sua tesi di laurea,  se lo inventa per descrivere una patologia che affliggeva i mercenari svizzeri, che lavoravano per Luigi XIV, i quali, portati a combattere lontano dalle valli, si ammalavano di tristezza, languivano, piangevano, si disperavano, colti da un senso di oppressione e di soffocamento, un po' come Ulisse sulla riva del mare di Ogigia, e dovevano essere rimpatriati. Così come è teorizzata dal giovane Hofer, la nostalgia è una forza potentissima, un legame che trascende lo spazio e il tempo.
Solo il ritorno era in grado di curare il loro dolore. Questa malattia nasceva da una canzone, Il canto dei vaccai.
Canzone che venne proibita in tutta Europa.
In Svezia c'è un'altra sindrome da rassegnazione che colpisce i bambini immigrati mediorientali. Il loro diritto d'asilo può essere revocato in qualsiasi momento. Il loro futuro è incerto, insicuro. Vivono una dimensione di insolubilità.
Parla di questo la poesia di Ungaretti "In memoria".
"E non sapeva sciogliere il canto del suo abbandono."

Se tu ti sposti e poi vuoi ritornare indietro, è possibile che quel luogo non lo senta più tuo.
In tutti noi c'è un luogo dove vorremmo tornare. Izzo è profondamente onesto. Il luogo è quello dell'infanzia, motore principale della nostalgia. Perché proprio quel momento?
La nostalgia scaturisce anche da un evento del passato che vorremmo rivivere. Non solo da luoghi e persone. Tendenzialmente, isoliamo due o tre momenti della nostra infanzia.
Il bambino vive un eterno presente, è estraneo alla malinconia. C'è stato un tempo, in cui il tempo, per noi non c'era.

MOONRISE KINGDOM (Una fuga d'amore)
Tutti i film di Wes Anderson sono materia. Ci sono varie citazioni che lo spettatore riconosce facilmente:
1) Tin Tin (il cane)
2) La camera di Van Gogh
3) Fuga da Alcatraz
Due sono gli elementi che spiccano: la natura statica e i cromatismi. I colori non sono veri, sono alterati. Il colore che emerge è il giallo che da l'effetto alle fotografie invecchiate. Tutto ciò che gira Anderson ha l'effetto della pellicola invecchiata, perfettamente in sintonia col suo personaggio.

Il binocolo, nel film, ha un ruolo simbolico importante. Chi lo usa? Lei, la ragazzina. Vede gli adulti che fanno cose, pensando di non essere visti dai bambini. L'adulto guarda i bambini attraverso i colori dell'infanzia. Lo sguardo è colorato. La psicologia è quella dei bambini e noi spettatori parteggiamo per loro. Condividiamo con loro la necessità di stare nell'attimo. Non c'è il dopo, e noi amiamo molto questa condizione.
Il titolo del film dà il nome alla baia dove si accampano i due bambini quando fuggono. Ha a che fare con la traiettoria della Luna. La Luna, in quella baia, sorge perennemente.
A un certo punto del film il colore giallo lascia il posto al blu, che simboleggia una zavorra, il senso della realtà. Arriva e vuole contagiare il mondo dei bambini. Si percepisce una battaglia tra l'arancione e il blu. L'unico modo che abbiamo per salvarci è non crescere.
Nel finale trionfa l'arancio. Il regista gioca con i colori.

Che cosa smuove il vintage? Gli anni sessanta furono anni di grande crescita e spensieratezza.
Tendenzialmente lo sguardo rivolto al passato produce in noi qualcosa di piacevole.

Fino adesso abbiamo osservato la nostalgia guardando al passato.
La Saudade coinvolge anche il futuro. Malinconia che esprime qualcosa che non si è vissuto, nostalgia di qualcosa che non potrò mai avere.

Hopper è intriso di malinconia.
Tabucchi trova una parola nel Purgatorio "Desio". L'ora che volge al desiderio che ai naviganti intenerisce il cor. Ricorda che il giorno muore.

La canzone di Guccini, narra di lui che va in un autogrill, incontra una cameriera che vorrebbe conoscere. Però è già triste, prova già nostalgia per il futuro. Ma davvero lo voglio, si domanda. Perché mi sto creando quel desiderio lì? Lo desidero per non averlo, non per averlo.
Pare che la parola tempo, in una pubblicità, faccia aumentare l'attenzione del lettore.
Perché ci è necessaria la nostalgia?
È un motore. Il motore, che come abbiamo visto, ha mosso Ulisse nel suo viaggio.
Perché la nostalgia funzioni, il porto in cui devi tornare deve essere molto lontano. Il tempo scorre, le esperienze passano, e quando ci voltiamo per riguardarle, hanno il color ocra. Il meccanismo della nostalgia è uno strumento legato a quello della narrazione. Io racconto un'esperienza quando questa già si è conclusa.
I padri simbolici non sono gli stessi per tutte le civiltà.

Nell'Iliade i personaggi pensano poco. Achille agisce, pensa poco. Ulisse è il fondatore dell'uomo nostalgico.
Uno scrittore disse che prima dei trent'anni non si può scrivere niente di decente. C'è una parte di vero in questo.
Achille ha il desiderio di lasciare il suo nome nella storia, in Ulisse la malinconia è il motore della sua saggezza e gli permette di diventare l'uomo che sa del mondo. Tutti noi abbiamo un luogo ideale in cui tornare.

In "Casino totale" tutti e tre gli amici tornano. La materia è confezionata all'occidentale. Kawabata invece, confina quel sentimento in uno spazio molto ristretto (bonsai). Condensa le cose importanti in poche righe, tutto il resto è decorazione. I giapponesi lo fanno con tutta la sfera sentimentale. La loro tendenza è quella di comporre. Noi occidentali tendiamo a farli deflagrare i sentimenti.

KAWABATA è abbastanza materia, la stessa di IZZO, ma la tratta da giapponese. Fanno entrambi la stessa cosa. Kawabata ha scritto molta letteratura rosa.
Nel racconto "Prima neve sul Fujy", scrive due pagine sulla neve che cade, e poche righe per raccontare la questione importante, il nucleo del racconto.

Il CANTO è un meccanismo scatenante della malinconia.
Ne' "La sera del dì di festa" è il canto a muovere tutta la faccenda. Proprio come il "Canto dei Vaccai" per i mercenari svizzeri.

Il suono ricorda sempre il tempo che passa. La cosa più difficile da conservare è il ricordo del suono della voce.
L'uomo schiacciato dal tempo fa qualcosa destinato a soccombere il tempo: cantare. Il canto è effimero, un atto estremamente coraggioso.
In Giappone la fioritura dei ciliegi è una festa. Il fiore, per sua natura effimero, ha un grandissimo valore. I giapponesi hanno un amore fortissimo per tutto ciò che è caduco. Il fiore di ciliegio raggiunge il culmine della sua bellezza in un istante solo e poi svanisce. Il fiore ha quel grande fascino proprio perché non lo puoi guardare a lungo.
Nel racconto "Un filare di alberi" l'uomo è triste perché i suoi figli devono partire. È interessante notare com'è costruito il racconto.
La cultura del Bonsai è nata in Cina. L'albero è simbolo di grande forza e di vita. Perché lo si vuol far diventare piccolo?
(Sì, vero è anche, che in Giappone c'è poco spazio)
Loro pensano che se si riesce a condensare la forza di qualcosa di molto grande, in qualcosa di molto piccolo, mantenendone le proporzioni, e conservandone forza e bellezza, si accresce il valore.
Kawabata prende una questione molto grande - la sofferenza per i figli che partono - la rimpicciolisce, la scrive in quattro frasi,  e tutto il resto è imballaggio.
In occidente avremmo preso quelle quattro frasi e le avremmo dilatate.
Accettazione della bellezza, nonostante la fugacità del tempo, è la materia trattata in maniera differente da entrambi.
Perché noi occidentali siamo particolarmente malinconici? Nella nostra narrazione ci sentiamo molto soli. Nella cultura orientale l'uomo è sganciato dalla natura, ma mantiene con essa un rapporto molto forte. A partire da Eraclito, abbiamo detto che per osservare la natura dobbiamo staccarci da lei. Siamo diventati orfani della natura.
Gli orientali vivono una condizione di minor solitudine perché sono più integrati nella natura.

PENNAC

Siamo abituati a pensare che l'intimità passi attraverso il dialogo, la parola. La loro intimità, quella di Pennac e suo fratello, e il loro affetto passavano attraverso il tentativo di non ferirsi. Bartleby lo scrivano, il personaggio di Melville, apparentemente sembra sfuggire al dialogo e alla vita. È la domanda che si fa Pennac sul fratello. Lui sa che questa persona, il fratello, che ha amato infinitamente, non sa chi sia veramente. Sa quello che ha perso, ma dire chi, non lo sa.
Perché ha scelto proprio Bartleby? "Preferirei di no", risponde a ogni cosa. Noi seguiamo il notaio. Inizialmente Bartleby suscita curiosità e divertimento nel notaio, come in noi. Poi il notaio si accorge di non poter risolvere questo mistero. Matura l'idea che ci sia un mistero irrisolvibile in Bartleby come in suo fratello.
Pennac ci dice che nella testa delle persone non entriamo mai. Siamo soli. Proviamo malinconia. Noi, a nostra volta potremmo essere il caso clinico di qualcuno.
Viviamo in una comunità sempre più interconnessa, ma cosa ci diciamo? Che cosa vuol dire comunicazione profonda?
Nella pittura e nella fotografia del Novecento gli uomini sono comunque soli. Siamo estranei e non c'è verso di entrare in comunicazione con gli altri. Il gruppo si trasforma presto in gregge, e se tu vuoi riconoscerti come uomo, devi uscire dal gregge. Gesù muore solo. Gli altri ci attraggono molto, ma abbiamo difficoltà a comprenderli e a comunicare.
Gesù sperimenta la solitudine in un Vangelo apocrifo, quando i bambini se ne vanno. Ribadisce che tutti sono soli. Noi abbiamo un bisogno spasmodico di aggregarci, ma Gesù dice - tu devi stare solo -. Noi abbiamo bisogno di parlare.
Gesù dice di uscire dal gregge. Stare nel branco, spesso, fa commettere delle stupidaggini.
La parola e l'umorismo sono i grandi temi che Pennac tocca a proposito del fratello.
Il fratello muore in una clinica per un errore. Nella stessa clinica era già stato vittima di un altro errore. Curioso!
Che cosa ho potuto fare io per lui? Si domanda.
"Non ci siamo mai feriti nelle lunghe partite a scacchi" che erano il loro mezzo per comunicare.

IDA
L'attacco del film è molto importante. Ci sono lei e la statua inquadrata da dietro. Sembra stia plasmando qualcosa, è come se lei si stesse specchiando in cerca di se stessa. È la storia di una donna che cerca di capire chi è. La prima cosa che sentiamo è un canto. Il tempo passa e noi cantiamo. Il canto è l'unica cosa che ci può salvare.
Ida è una suora orfana che scopre di essere ebrea e di avere una zia. In quasi tutte le inquadrature c'è una parte di vuoto consistente che sta a rappresentare il vuoto interiore. Le immagini sono tagliate. Si sentono i rumori delle cose nel silenzio del monastero. La zia le dice di conoscere. Prima di prendere i voti, prima del vuoto devi conoscere il pieno.
C'è molto di Achille, viene buttata fuori di casa e costretta ad agire. Quel vuoto attorno protegge le persone come un imballaggio. Quando Ida esce nel mondo il vuoto scompare e i suoi occhi sono senza pupille, sembra un alieno. Ida non sa nulla di se, scoprire le proprie origini diventa importante.
Compaiono le fotografie di famiglia.
Gesù dice ai discepoli - niente famiglia-.
Anche la zia ha un vuoto interiore. Lo sguardo della zia cambia quando scopre di avere lo stesso vuoto interiore della ragazza. Si avverte l'esigenza di voltare lo sguardo al passato per capire chi siamo oggi.
Ida e la zia sono personaggi molto diversi, ma accomunati dal vuoto interiore, che entrambe cercano di riempire con esiti differenti. Hanno entrambe l'esigenza di voltarsi al passato, risalire alle loro origini, per comprendere chi sono.
Presente è la musica come il canto.
In due scene compaiono due lampade vicine che ci danno l'illusione di non essere soli.

Il padre dell'antimateria è Amleto, ci troviamo di fronte a uno step narrativo che ci porta verso l'uomo moderno.
Ulisse è l'uomo che ha agito, però è l'uomo del rimpianto, del ritorno. È anche l'uomo del rimorso. È partito innocente ed è tornato colpevole.
Amleto non fa, non agisce. Personaggio ispirato a un principe danese che però agisce diversamente da Amleto. Quando Amleto riceve la visita del fantasma l'affronta con la ragione. Posso credere a un fantasma? Per tutta la tragedia va in cerca di conferme. La fidanzata muore. Lui non decide. È l'espressione del dramma dell'uomo moderno che non agisce.
Il tempo dell'azione scivola via. L'epica muore con Don Chisciotte. La narrazione diventa esplorazione interiore. Il romanzo racconta come l'eroe indaga su di se. Non ci racconta più ciò che l'uomo fa.

Nel film c'è un teschio. La zia - il procuratore - quando trova il teschio del figlio firma la sua condanna. Riempie quel vuoto. L'uomo moderno diventa un Amleto.
La zia si butta dalla finestra alzando la musica.

"La vita senza musica sarebbe un errore." (Nietzsche)

Sulla scrivania di Mussolini, nel 1938 c'è un foglio sul quale c'è scritto "Voglio che si trovi" Ettore Majorana, notabile siciliano progressista.
Era una mente straordinaria, si laurea in ingegneria, insegna fisica, conosce Segre e lavora con Enrico Fermi alla ricerca sull'atomo. Fermi capisce di avere di fronte un genio. Accetta una cattedra all'università di Napoli e si isola sempre più dal mondo accademico.
Nel 1938 sale su un piroscafo, pare, e non arriverà mai a Napoli. Lascia una lettera "Non vestitevi a lutto per più di tre giorni". La prima ipotesi è di suicidio, poi però i conti non tornano e nasce il sospetto che abbia inscenato tutto.
Si sospetta che sia coinvolto nei servizi segreti.
Sciascia scrive che si è ritirato in un convento in Calabria.
Vengono formulate diverse ipotesi.
Dove va davvero Ida? Cosa c'è davvero lì? Dove va Ettore?
Vanno dentro se stessi.
C'è un posto dove vanno i Bartleby?
Tutti quelli che hanno lavorato con Majorana hanno lavorato alla bomba atomica. Forse aveva capito.
Chissà cos'ha capito Bartleby?

RAYMOND CARVER
Emblematica è la poesia "La Ragazza sensibile".

4 16 8
4 inspirazioni 16 battiti 8 espirazioni... questo è un esercizio yoga che ci consente di sentire il battito del nostro cuore.
Un canto unico che è solo nostro.
La malinconia è la molla che ci spinge a cercare il nostro canto.

[Dovrebbe esserci un GIF o un video qui. Aggiorna l'app ora per vederlo.]

N.d.A. Questa è una sintesi del workshop di lettura sulla "Malinconia" di Davide Longo, scrittore e docente della Scuola Holden.
Lido di Camaiore, 26/27 gennaio 2019

Alcune immagini di una passeggiata sul mare in compagnia della malinconia.

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