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Karol - L'Inizio della Fine

Genere - Fantasy

Non ricordo da quanto tempo sono seduta qui. Non mi ricordo da quanto tempo non mangio un piatto di cibo caldo e succulento.

Questo seminterrato è così freddo che riesco a sentire il calore che il mio fiato rilascia uscendo fuori dalla mia bocca, come una lingua di fuoco.
Loro passano ogni giorno a lasciarmi il loro cibo, sporco e viscido, di sicuro impregnato di qualche Siero, uno di quelli potenti, che ti rendono di loro proprietà.
Ma io non tocco niente da quando sono qui e sinceramente, non riesco quasi più a sentire i miei pensieri.
Ricordo ancora tutto, dall'inizio.
Da un lato vorrei dimenticare, ma dall'altro so che non posso e so che non voglio veramente che accada, perché non posso permettere che altri patiscano questo inferno, come l'ho patito io.

(Qualche tempo prima)

«Karol, non litigare con tua sorella.» dice mia madre dalla cucina, guardandomi con quel suo sguardo di ammonimento, che significa, "fai quello che non ti dico, o te la vedrai con me."
Io sono Karol, mentre la mia sorellina, o dovrei dire, quella peste, - o forse è meglio dire bestia, no saprei - di mia sorella è in giardino intenta a giocare con tutta la mia roba.
So di essere molto più grande di lei, ma sono gelosissima delle mie cose e non voglio, - per quanto vecchie siano loro o per quanto vecchia sia io - che qualcuno le tocchi senza permesso, sparatutto, quella bestia in miniatura di Evely.

Ma io so cosa fare per farle togliere quelle maninacce dai miei giocattoli.

È da davvero poco che ho scoperto di poterlo fare e sarà davvero difficile rifarlo ancora, ma non voglio che quella creatura tocchi i miei ricordi d'infanzia.

Vado in salotto, accanto alla porta-finestra che si apre sul giardino dove Evely sta giocando. Mi concentro, penso di voler essere invisibile.

Ora sono Invisibile.

Per esserne sicura, mi avvicino al salotto, e mi piazzo davanti alla televisione che mia madre sta guardando, ma lei non mi dice nulla, continua a guardare la televisione attraverso il mio corpo. È inquietante, un po' come se non esistessi.
Ma sto iniziando a stancarmi quindi è meglio che faccia in fretta.

Come previsto, mia sorella non mi nota minimamente, nemmeno se i miei passi calpestano l'erba.
Lei è così intenta a giocare!

Mi avvicino da dietro e mi abbasso per prendere una giostra, rendendo invisibile di mia volontà anche lei.

In quel momento lei si gira cercandola, allora le vado davanti e prendo anche la mia bambola, lasciandola a mani vuote e sconvolta.

Si guarda in giro stranita, anche in cerca di me, per vedere se sono stata io, ma non mi trova, almeno, non subito.

La stanchezza inizia a farsi sentire, devo scappare, oppure mi troverà, ma non ci riesco e vado sfinita vicino al tronco dell'albero perdendo il travestimento, con ancora i giochi tra le mani.

Giro la testa verso Evely che è sbiancata e sembra non respirare più. La guardò preoccupata e mi precipito verso di lei

«Evely, Hey Evely, che hai?»
Lei non mi risponde, ma in compenso è fredda come il ghiaccio.
Il panico mi assale."Ti prego, ti prego, muoviti, svegliati, fa qualcosa!" Penso nella mia testa immaginando che si sblocchi.

È così accade.
Evely si muove, riprendendo colore, continua a guardarmi ancora stranita. Poi mi guarda con rabbiosamente.
«Tu, hai preso i miei giochi! Ridammeli!»
«Evely stai bene?» dico toccandola sulle braccia come per accertarmi che sia tutto apposto,
«Ma che ti prende? Certo che sto bene, ora ridammi i giocattoli!»
«Ma quindi non hai visto niente?»
«Visto cosa? Sei strana.»
Glielo faccio vedere, o non glielo faccio vedere? Glielo faccio vedere, o non glielo faccio vedere?

Ma sì dai!

È da troppo tempo che tengo questo segreto per me, non so se sia giusto o meno dirlo a qualcuno, ma ho bisogno di aiuto.

«Devo farvi vedere una cosa.» dico a mia sorella invitandola a venire in salotto dove anche mia madre sta guardando la televisione stirando.
«Cosa? Uffa, stavo giocando!» dice Evely mentre la strattono per il braccio.

«Mamma devo farvi vedere una cosa!» prendo coraggio arrivata davanti a mia madre. Non so perché mi senta così, forse perché adesso mi crederanno non so cosa, forse mi manderanno in un'ospedale psichiatrico, o roba simile. Solo a pensarci mi vengono i brividi e vacillo un po' .

«Dimmi Karol, non ho tutta la giornata.» afferma mamma.
Sospiro.
«Mamma, devi prepararti, non sarà facile da elaborare. È da qualche mese che tengo questo segreto per me, ma è arrivato il momento di dirlo a qualcuno, forse riuscirete ad aiutarmi.
Mia madre sembra essersi preoccupata e si addolcisce, camminando a braccia aperte verso di me
«Tesoro, ma che ti succede? Qualcosa non va? Qualcuno ti ha fatto qualcosa? Di tutto alla mamma!»
«No, mamma prendi Evely e tienila stretta forte, non vorrei che cadessi e ti facessi male, anzi, sai che c'è? Sedetevi sul divano.»
Loro lo fanno, adesso anche mia sorella è ammutolita.
Mi posiziono davanti alla televisione.
Loro mi guardano.
Prendo un respiro e divento invisibile ai loro occhi.

Le vedo strabuzzare questi ultimi e gridare. Torno normale prima di farle svenire del tutto.
«Oh mio Dio, che bello! Me lo insegni?» Grida Evely.
Guardo mia madre e non so se sia ancora viva sinceramente.
«Mamma?»
«K-arol? Ma c-osa?»
«Non lo so mamma!»
«Q-uando lo hai s-coperto?»
«Stavamo giocando a nascondino con i ragazzi, tanto per scherzo, ho solo voluto che non mi vedessero, poi sono spuntati nel mio nascondiglio e non mi hanno notata, ho pensato che stessero solo scherzando e così sono uscita, ma nessuno mi ha vista, mi guardavano attraverso, come voi, e di lì ho capito.»
«Ma non è possibile!»
«Lo so, non me ne capacito nemmeno io.»
«Devono aver sbagliato.» dice lei andando verso la sua asse da stiro.
«Cosa? Chi?»
«In ospedale, hanno sbagliato figlia. Tu, NON sei mia figlia. Cosa sei tu?» dice urlando e guardandomi in cagnesco, poi si rivolge ad Evely,
«Anche tu sai fare quello?» chiede,
«N-no, mamma, no. Non lo so fare, non sapevo niente.»
«È vero!» dico io sperando che mi creda, ho la sensazione che qui finirà male, mia madre non mi reputa più sua figlia.

O mio Dio, ma come ho potuto essere così stupida? Non so cosa dire, non so cosa pensare, sento solo un vuoto nel petto, che ad ogni singola parola di mia madre si lacera sempre di più.

«Aspettiamo tuo padre, anzi non so chi tu sia, quindi aspetteremo George e decideremo cosa farne di te, ma una cosa è sicura: lascerai questa casa oggi stesso.»
Non so cosa dire. Perché? C'è qualcosa che dovrei dire?
«Pensavo che mi avresti aiutata, che avresti provato a scoprire cosa mi rende diversa, non avrei mai immaginato che tu, mia madre per quasi diciotto anni, possa ripudiarmi così. Come puoi? Si vede che per tutto questo tempo non mi hai mai amata come figlia. Sono in difficoltà, mi succede qualcosa che non so e tu fai così?»

Lei sbianca. Penso di aver colpito nel segno.

«Tu non sei più mia figlia.» dice sussurrando. Forse cerca di convincersi da sola di questo.

Per quanto doloroso possa essere, per quanto io sia sotto choc adesso, da non riuscire minimamente a capire un accidente, so che, forse, tutto quello che mia madre ha dimostrato nei miei confronti, non era vero amore materno a questo punto.

Dopo tutto quello che mi ha detto, sono sicura che lei non sia capace di amare. Ho capito, che anche se questa è stata casa mia per quasi diciotto anni e questa, la mia famiglia, adesso niente è più mio, nulla, mi rendo conto di essere sola all'improvviso. Se mia madre mi avesse appoggiata, mi sarei sentita meno sola, meno estranea a me stessa, ma non comprendo la sua reazione. Come può dopo diciotto anni buttarmi via così?
Ho anche capito che per quanto io mi senta a casa, non ha senso che stia in un luogo che mi respinge. Mi dispiace solo per Evely.

Le lacrime sgorgano come fiumi in piena, senza sosta.
Salgo al piano di sopra, prendo la valigia più grande che trovo e metto tutto al suo interno, ricordi compresi, non ho molti giochi, ma lascerò di sicuro la giostra e la bambola ed Evely, non voglio che anche lei mi dimentichi o mi odi.

Sento al piano di sotto una porta aprirsi e poi chiudersi e poi un «Sono a casa.» Urla dall'ingresso.

"George" è tornato.

«Quella è un mostro!» urla mia madre.
«Ma che stai dicendo cara? Che cosa hai mangiato oggi?»
«Tua figlia è un mostro!»
Le lacrime sgorgano più incessanti mentre origlio dal piano superiore la loro conversazione. Sono in cima alle scale e vedo tutti e tre in basso.
«Ma che stai blaterando? Come puoi dire una cosa del genere?»
Scendo dalle scale, portando dietro la valigia ed il giubbotto.
Mio padre mi guarda «Dove stai andando?»
«Tua moglie non mi vuole più qui!» affermo
«Ma che state blaterando tutte e due?» alza il tono di voce.
«Faglielo vedere mostro!» urla mia madre.
«Basta, non rivolgerti così a nostra figlia» si impone mio padre.
«Quella non è mia figlia!»
Divento nuovamente invisibile per far vedere a mio padre il mostro che sono e lui strabuzza gli occhi, poi torno normale.
«So che anche tu "George" vuoi buttarmi fuori, quindi se non vi dispiace, tolgo il disturbo.».
Esco di casa e l'aria primaverile mi investe come una lama tagliente.... Sapevo che mio padre non avrebbe detto niente...

(Ritorno al presente)

Quello che successe dopo, aveva sconvolto la mia vita più di quanto non lo fosse già. E così, una semplice azione, ha scaturito una reazione più grande ed esplosiva, risultato: sono ancora sola, in questo seminterrato. Ma la storia che mi porta in questo lurido luogo, è anche più lunga della storia dell'inizio della mia fine.

* Angoletto Me *
La prima OS che ho pubblicato nella storia della mia vita wattpadiana. È scritta in modo abbastanza semplice - e male - e non mi convince molto, mah pazienza...

L'idea ricordo vagamente come mi sia venuta e nella mia testa la storia che avrei voluto sviluppare, era bellissima. E non l'ho pubblicata e neppure scritta, l'unico ricordo è questo frammento.
E niente, basta mi dileguo...

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