Capitolo IV
"Parla, Emma! I tuoi imperterriti sguardi di rimprovero non sono di alcun aiuto, se non te ne fossi accorta...", le intimai l'indomani sera, aspettando che i bambini rincasassero.
"La tua storia è di cattivo presagio, Garrett! Sai benissimo come la penso!", esclamò, sbattendo la teiera sul desco, furiosa.
"Da quando sei diventata superstiziosa, di preciso?"
"Richiamerà le attenzioni di quei mostri! Hanno orecchie, ovunque... Sei un idiota!", inveì.
"Prega affinchè non accada, allora. È la cosa che ti riesce meglio, d'altronde. Non fai altro, ormai!"
"Sparisci dalla mia vista, Garrett! Mi rifiuto di ascoltare le tue dabbenaggini!"
La vidi stringere un mestolo nella mano, trattenendosi probabilmente dal tirarmelo addosso. Poi, uscì un fazzoletto dalla tasca del vestito per asciugarsi il viso lacrimoso.
Provai pena per lei. Magari rimorso... Ma non glielo palesai.
"Non sei la Emma di una volta... Sei cambiata drasticamente e io non ti riconosco più"
"Se non mi aggrappo almeno a queste suppliche, è tutto finito! Lo capisci, oppure no? È la mia unica speranza..."
Quell'ultima affermazione mi turbò: il Male che ci circondava sembrava incrollabile, non scalfibile... Tuttavia, c'era chi, come lei, aveva imparato a nutrire fiducia in un Bene viceversa intangibile, immateriale.
Era anch'esso altrettanto reale, nella sua inconsistenza fisica?
O è soltanto la paura del concreto a far scaturire, in ciascuno di noi, fede nei confronti dell'astratto?
Si tratta di mera Necessità? Un Bisogno degli uomini per fronteggiare il terrore? Pure della semplice morte, ad esempio?
O forse... È un'idea tutt'altro che teorica?
"D'accordo... Ma non dipendere esclusivamente da... Questo. Reagisci, santo cielo!", conclusi, mentre Rowan e Hamond spalancavano l'uscio, scherzando allegramente tra loro.
Jonathan era ancora rannicchiato, là dove i suoi arti inferiori avevano ceduto, facendolo crollare.
Il rubicondo Drake lo avvolse nel suo ampio cappotto e lo sollevò.
Egli ebbe una fitta al petto, nel percepire il suo corpo completamente congelato al tatto, dal forte spavento provato.
Scese le rampe, scanzando i cadaveri martoriati e lo issò sul suo carro, ricolmo di ogni bottiglia o intruglio avesse potuto raccogliere prima che la sua bottega fosse divorata dalle fiamme, con il quale trottò per il villaggio alla ricerca di altri sopravvissuti.
Niente.
"Corvi di malaugurio, etere iniettato di rosso, attacco su larga scala...", bisbigliò scrutando meticolosamente in giro, con gli occhiali dalla montatura tonda, ben inforcati.
"Demone in vista. Già... Il problema è decidere quale, Drake...", si chiedeva, rivolgendosi meditabondo a sè stesso.
"Nessuna strategia, uccisioni alla cieca... Lo fa per divertirsi, sembrerebbe. Inoltre, una sola strega al suo seguito. Mmm... A quanto pare non siamo gli unici a passarsela male, di questi tempi. Ottimo, aggiungerei!", esclamò, baldanzoso, spronando con un colpo secco di redini il suo calesse in legno e cominciando a fischiettare un motivetto lungo la strada, del tutto disinteressato al fatto che fosse ricoperto di sangue dalla testa ai piedi.
Dove fosse diretto?
Jonathan, di certo, non ne era a conoscenza.
Anzi, questa poteva proprio essere un'opinione comune di ciascun singolo abitante di BlackSwamp, in vero... Ammettendo sempre che qualcuno fosse rimasto in vita per poterne ad oggi discutere, chiaramente.
Ciò nonostante, così non era.
Ops!
Lo speziale, insomma, era lo speziale: un uomo panciuto e bonario, alquanto avanti con l'età, che conduceva la sua esistenza tra filtri e pozioni.
Soffrivi di dolori allo stomaco?
Lui li risolveva.
Avevi il raffreddore?
Lui lo curava.
Poco importava se i suoi medicamenti avessero tutti un identico quanto inconfondibile sapore d'acqua fresca.
Funzionavano?
Ovviamente. E i cittadini, infatti, ne erano contenti, senza troppo disturbarsi nel formulare un qualche tipo di quesito in merito.
Mastro Drake era lo speziale, in fondo, quasi come a dire: EGLI PUÒ.
Eppure, se solamente avessimo scorto dall'alto il suo percorso, ci saremmo parecchio incuriositi.
Il motivo?
La carrozza non era trainata da alcun destriero.
Nè cavallo, nè bue.
Assurdo.
Magia?
Oh no! Quella era sinonimo di Stregoneria, bambini.
Drake preferiva parlare di Arcano, spiegandone il significato in tal modo:
"C'era una volta, un Imperatore vanitoso che aveva ordinato a due tessitori di cucirgli il vestito più straordinario che potesse mai esistere. Sorte volle che incappasse in due imbroglioni, i quali millantarono di avere a disposizione un tessuto formidabile, sottile, leggero, meraviglioso e, soprattutto, con la capacità di risultare invisibile agli stolti e agli indegni. Il Sovrano, alla fine, terminò con lo sfilare attraverso la regione nudo, in calzoni e mutande"
Si comparava ai mascalzoni, per caso?
Non credo.
Piuttosto, con quella novella usava esporre quanto alle volte bastasse assecondare con attenzione le richieste dei suoi clienti e dimostrare di serbarne enorme riguardo, per permettergli di guarire.
Al di là di qualsiasi potere occulto intrinsecamente celasse, si intende.
L'assenza di un animale da soma, in effetti, ne era una schiacciante, lampante prova.
E allora... Chi era?
Beh... Nessuno li chiamava, poichè per nessuno esistevano.
Nomadi viandanti, innocui all'aspetto. Sparuti esponenti di un'esigua classe di persone che aveva deciso di penetrare oltre i limiti attraverso lo studio e il raziocinio, riuscendo a riportare alla luce misteriose ed enigmatiche energie antiche.
Perchè enigmatiche, mi domandate?
Perchè quelle abilità erano in grado di innescare differenti esiti e conseguenze... Stava all'Uomo stabilire verso quale colore ammaestrarle e farle propendere: il Bianco oppure il Nero?
Regola imprescindibile della loro casta: mantenere il segreto e agire nel silenzio, soprattutto ora che i membri si potevano contare sulla punta delle dita di una mano.
Erano scoppiate miriadi di guerre contro le Creature partorite dalle Tenebre, in passato, seppur la storia non pareva serbarne alcuna traccia distinguibile.
Ci si affrettava presto a soffocarne i resti e mascherarli da focolai epidemici o conquiste di efferati incursori: le carni ridotte a brandelli e ammassi di poltiglie informi erano parecchio difficili da giustificare, dopotutto.
I diavoli non mostravano pietà.
Attisch crocifiggeva.
Beorn impalava.
Cora decapitava.
Ma erano stati sconfitti, per fortuna.
Cosa li muovesse?
Suppongo non ci fosse una vera ragione in grado di rendere comprensibile la loro efferatezza. Venivano rigettati dal Buio. Vi era marcio e sadismo a imbibire, impregnare le loro viscere decomposte. Si trattava di un istinto felino di caccia e predazione, avulso dalla colpa o da un sentimento di rimpianto, primitivo.
Proprio per questo, la pericolosità maggiore apparteneva, per l'esattezza, ai loro fedeli proseliti.
Poichè... Sapete, bambini?
È molto più temibile colui che malvagio non è nato, ma lo è diventato.
Il trigger è concentrato tutto lì.
I loro adepti, una cagione, chiara e spesso radicale inoltre, per operare altrettante nefandezze, l'avevano trovata. Perciò, la scelta di scortarli era frutto di riflessioni ben ponderate.
Zero impulso. Totale volontà.
Drake accelerò, arrampicandosi sopra un pendìo.
In lontananza si andava stagliando un rudere fatiscente. L'erba aveva invaso ogni millimetro dello spazio limitrofo. Edera rampicante risaliva le sue mura di mattoni ruvidi, grezzi, sfondandone persino i vetri delle finestre, dopo aver superato le inferriate, e annidandosi dentro quell'enorme convitto su due piani, apparentemente abbandonato.
Le imposte erano fradicie di pioggia e umidità, le pareti scrostate, i tetti crollati, le impalcature con grosse travi in pino esposte.
Ne rimanevano macerie e desolazione. Esclusivamente topi o lucertole potevano in quell'istante godere di quel rozzo nido.
Il droghiere ne aggirò il perimetro con le iridi minuziosamente puntate verso l'edificio, sondandone la sicurezza.
"Calmo, bello... Procedi con cautela", invitò il suo cocchio, accompagnando l'esortazione con una carezza sul sedile, quasi il mezzo fosse senziente.
E, in procinto di un cancello abbattuto, disarcionato dai chiodi della sua cerniera, esso, in effetti, obbedendo, rallentò, lasciando che le ruote girassero per inerzia sul morbido manto verde, sino ad esaurimento della forza.
"Attendi qui... E attento al ragazzo!", aggiunse l'uomo, smontando.
Fitti intrichi di glicine ne attutirono il pesante impatto, all'atterraggio.
Egli si inoltrò tra ostacoli di rovi e ortiche spinose. Le lenti gli si appannarono dalla fatica dell'impresa.
Ansimava.
Poi, però, scorse un'ombra dietro una tenda strappata e ricoperta dalla muffa.
"Talbot! Apri, maledizione! Sono Drake!", si presentò, squarciando un groviglio di sterpaglie con un fendente.
Al sollevarsi del capo, il bocchettone di una canna di fucile era piantato proprio al centro della sua fronte.
La spada gli cadde di mano per la sorpresa dell'agguato, mentre l'aggressore, in contemporanea, caricava il proiettile.
"Parola d'ordine!"
"Manco da secoli, Talbot! Ho mandato al demonio voi e ciascun vostro scriteriato precetto! Sono estenuato da queste fesserie!"
"PAROLA D'ORDINE, O TI BUCO LE CERVELLA, CANAGLIA! LO GIURO SUI NOSTRI ANTENATI!", gridò quello.
"Fammi entrare! Ho qualcuno da soccorrere!", ammise, spintonandolo con foga.
L'altro poggiò l'indice sul grilletto.
"Peccato... Addio, Drake..."
Si sentì un sonoro sparo rimbombare in ogni direzione per la landa desolata.
Alcuni uccelli si levarono in volo dal fitto dei cespugli, spaventati da quel frastuono, e persino Jonathan si ridestò, sobbalzando per il terrore.
Cuore frenetico, a fracassargli i timpani.
Testa vuota.
Successivamente, lo raggiunsero risa in sottofondo.
"SEI UN FOLLE!", urlò una voce familiare.
"Te ne sei dimenticato? Io governo il Mondo delle Illusioni, amico mio!", confessava un signore, con timbro compiaciuto.
Jonathan se ne confuse.
Eppure, preferì restare al suo posto, immobile, permettendo alle immagini che gli offuscavano la mente di riprendere a decorrere in maniera lineare, logica.
"Xavier?! Killian?! Sono qui? Come stanno quei farabutti?", si informò, perplesso, Drake.
"Deceduti... Cinque anni or sono. Ma hanno trascinato gli ultimi tre nella tomba, insieme a loro... Custodisco le loro ceneri in anfore di ceramica, presso l'altare della Cripta dei Padri Fondatori. Quarto insegnamento del Conte di Cagliostro? Nessun sacrificio sarà mai vano. Rammenti?"
Drake sospirò, avvilito da quelle preziose perdite.
Erano in due, adesso.
"Ahimè... Ce n'è un altro in circolazione", commentò dopo una pausa.
"Ne sono consapevole...", confermò quello, per nulla stupito.
"Come ci organizzeremo, ora? Siamo..."
"Alt! Frena la tua lingua! Finché anche un unico ARCANISTA continuerà a respirare, la speranza permane. Quinto assioma della Tavola!"
"Ti sei guardato allo specchio di recente, Talbot?! Siamo anziani, stanchi, goffi! Ci reggiamo a malapena sulle nostre nodose, scricchiolanti gambe!"
"E chi ha menzionato un "NOI", scettico di un Alchimista? Io, di sicuro, no...", proruppe Talbot, sornione, dando una pacca sulla spalla al suo interlocutore.
Drake si ammutolì, spiazzato.
"Prendi Jonathan. Sarà tanto affamato. Non vorrai che si congeli, lì fuori, giusto? Suvvia, Mastro! Abbiamo letti caldi, poltrone accomodate dinanzi a camini accesi, abiti puliti e vettovaglie a profusione. Ne rimarrai meravigliato tu stesso! Te lo garantisco!"
"Abbiamo?!"
La figura magra e sottile del collega si bloccò sul diroccato patio di accesso, antecedendolo di appena un passo su uno spesso pavimento di foglie rinsecchite.
"È arrivato il momento di allevare giovani Arcanisti, vecchio mio... La nostra Sapienza non può essere destinata all'Oblio. Mi rifiuto categoricamente! Sei con me?", esordì, con entusiasmo.
"Che le labbra non rivelino, ciò che gli occhi apprenderanno...", sussurrò Drake, inginocchiandosi sul bagnato e cospargendosi la testa di un mucchio di polvere raccolta da terra.
"Bentornato, dunque... Fratello!", terminò Talbot, ritirandosi.
"È davvero affascinante la coppia di saggi, nonno!", scoppiò Hamond, saltando all'impazzata sul materasso.
"Chetati, ragazzo!", lo ammonii.
"Racconta ancora un pò, nonno! È presto! Ti scongiuro!", mormorò Rowan, con gli occhioni dolci.
Roteai i miei al soffitto.
Ero tremendamente spossato, quella notte.
"Coraggio, Garrett... I bambini sono trepidanti. Non vedi?"
Emma mi porse una tazza di fumante tè.
Aveva mutato d'improvviso la sua opinione?
Ne bevvi un sorso rinvigorente, squadrandola da vicino.
"D'accordo... Proseguiamo...", affermai, quindi.
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