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44.

⚠️ATTENZIONE⚠️: questo capitolo contiene linguaggio esplicito e scene con contenuti forti, se siete dei lettori sensibili, siete pregati di passare avanti.

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<Ehi, ehi, è tutto okay. Ci sono io ora qui con te! Non ti succederà nulla, te lo prometto!> mi sussurrò abbracciandomi, addirittura stringendomi sempre di più. <Non serve che continui...> stava cominciando a dirmi, ma io lo bloccai.

<Ti prego, non fermarmi, ho bisogno di confidarmi, sono pochissime le persone a conoscere la versione integrale e voglio che tu sia una di quelle, e se mi blocco adesso temo che non riuscirò più a parlartene...> affermai convinta.

<Okay, ma se è troppo difficile per te voglio che ti fermi okay? Sally?> annuii senza guardarlo.

<Non ricordo granché del momento del crash se non un forte urto, le tante luci colorate delle macchine dei paramedici e il grigio della sala operatoria, ma sono flash più che altro. Ancora li rivivo nei miei incubi più vividi! La mano me l'hanno salvata per miracolo. Per i dottori sono praticamente un fenomeno clinico!> guardavo fissa di fronte a me ma ero lontana anni luce, in realtà.

<Sono rimasta in ospedale per diversi mesi, tra operazioni e terapie... James non è mai venuto a trovarmi, mia madre è venuta qualche volta, l'ultima per chiedermi di non sporgere denuncia, perché altrimenti il mio caro fidanzato avrebbe passato i guai, visto che guidava con un tasso alcolemico ben oltre la norma! Io l'ho mandata via e non l'ho più voluta vedere da allora. Non so nemmeno se ho una sorella o un fratello.> singhiozzai.

<Mio padre non venne mai a vedermi, invece, seppe tutto da mia madre credo, sia del tradimento che dell'incidente, in che modo non so dirti, sta di fatto che mi voltò le spalle anche lui, dicendo che gli avevo mentito anche io, che non ero più sua figlia, che avevo introdotto io quella serpe nella nostra famiglia...!>

Ormai non controllavo più le lacrime, ero una specie di fiume in piena, sentivo solo gli abbracci caldi del riccio accanto a me che mi aiutavano a contrastare il freddo che quei ricordi stavano evocando.

<Così a poco più di 16 anni mi sono ritrovata senza più niente: non avevo più una madre, né un padre, né un fidanzato...> mi girai verso di lui, <Vedi Eddie, quando ho cominciato a frequentarti, tu sei stato il primo con cui ho ricominciato a 'vivere normalmente' e credo di essermi bloccata quando mi sono accorta che stavo cominciando a tenere molto a te... temevo che avresti potuto comportarti come James, quindi mi sono chiusa a riccio, pensando più al mio dolore che a quello che avrei potuto causare a te, mi dispiace!> confessai imbarazzata.

Lui mi osservò sbalordito dalle mie parole, ma dopo averle pronunciate vidi che il suo sguardo si era addolcito.

<Sally...> cominciò.

<No, non ho ancora finito, ti prego, poi mi dirai tutto quello che riterrai più opportuno...> lo fermai convinta.

<Dov'ero rimasta? Ah sì, non avevo più niente, nemmeno la mia unica passione: la musica...> aggiunsi deglutendo a fatica, <Eh già, perché non te l'ho mai detto ma io sono mancina. Suono la chitarra con la sinistra tenendola con la destra.> confessai, ottenendo in cambio un'occhiata esterrefatta.

<Non è possibile?! Ti ho visto suonarla da destra!> mi chiese stupito. Gli rivolsi uno sguardo triste.

<La suono da entrambi i lati in realtà!> confessai, <Ma mentre con la destra la suono come una brava alunna che porta a termine il suo compitino, con la sinistra, invece, la suono, o meglio suonavo, come se fossi una fottuta dea della musica!> feci una smorfia e gli mostrai volontariamente il palmo della mano per la prima volta, lui lo sfiorò come se fosse la cosa più preziosa al mondo, provocandomi dei brividi in tutto il corpo.

<Avrei dovuto partecipare al bando per una prestigiosa borsa di studio, ero la prescelta del mio conservatorio, ma con l'incidente è sfumato tutto!> gli confidai.

<Ho il 90% dei legamenti tranciati e microfratture praticamente ovunque, sono stata operata tante di quelle volte che ho perso il conto! Ti ripeto, secondo i dottori è un miracolo che io ce l'abbia ancora e che riesca a muoverla! Sono rotta in tutto e tutto e per tutto, così come lo sono i miei sogni!> parlai rassegnata e, per la prima volta, leggermente meno spaventata di quanto fossi di solito.

<Non è possibile! Quelle poche volte che ti ho sentito strimpellare mentre accordavi gli strumenti hai suonato benissimo! Saresti una chitarrista bravissima anche con la destra!> provò a confortarmi lui.

<No, Eddie, ormai è un sogno che non mi appartiene più, davvero, è di una Sally che non esiste più! Ormai l'ho capito e devo accettarlo! Non voglio essere una pallida imitazione del passato!> mi alzai.

Mi sentivo più leggera, come se mi fossi tolta un enorme peso di dosso, ma avevo anche la consapevolezza che in quel momento dovevo uscire da quel posto e allontanarmi da lui. La verità mi era calata davanti agli occhi mentre tenevo la mia seduta psicoterapeutica lì nel salotto di casa Munson.

<Praticamente ora sai che sono un cazzo di Mida al contrario, rompo tutto quello che tocco! Perciò è meglio se rimango lontana da tutto e da tutti!> ammisi con amarezza.

Mi avvicinai alla porta.

<Dove vai?> mi chiese curioso, lanciandomi uno sguardo indagatore.

<Vado via, come ti ho detto è molto meglio per tutti voi se mi state lontani, guarda che è successo stasera!> risposi rassegnata, alzando le mani. <Come mi muovo creo casini!>

<E se ti dicessi che per me potresti essere anche la peggiore appestata e mi piaceresti comunque, ci crederesti?> mi bloccai all'istante.

<Che vuoi dire?> mi voltai.

<Non l'hai ancora capito?> fece una smorfia, <Ho praticamente spaccato il naso a un ragazzo perché si è permesso di definirsi il tuo ragazzo e di baciarti! Cosa credi che significhi?> confessò, piegando la testa.

Feci uno sguardo incerto.

<Che sei un violento?> lo canzonai.

<A volte sei snervante, sai?> fece frustrato.

<Che vuoi dire?> mi ripetei.

Si alzò e con pochi balzi coprì la distanza che ci separava.

Mi prese la mano e per la prima volta non mi venne da ritrarla, ma lasciai che se la portasse alle labbra e che ci posasse un dolce bacio.

Chiusi gli occhi e mi scese una lacrima.

<Se avessi saputo che i miei baci ti facevano quest'effetto avrei evitato.> ridacchiò e io feci una mezza smorfia.

<Io non credo che tu sia un Mida al contrario>, continuò <Ma che abbia solo avuto la sfortuna di trovare persone di merda sul tuo cammino ma, ehi, può capitare a tutti, no? Guarda con chi stai parlando? Non dimenticare che sono il re degli svitati!> fece una smorfia.

<Tu dici di essere rotta ormai, ma io ti chiedo di fidarti di me e di lasciare che ti aiuti a rimetterti in sesto!> ponderai le sue parole restando impalata vicino alla porta.

<Adesso hai capito?> proseguì.

Rimasi immobile, timorosa di aver inteso fischi per fiaschi. Mi prese il volto con le mani e incatenò il suo sguardo al mio.

<Ahhhhh sei la persona più impossibile che conosca, Sally Henderson, forse è proprio per questo che ti amo così tanto.>

In quel momento non sapevo dire di che colore ero diventata ed ero convinta che se lui non mi stesse tenendo il volto con le mani avrei spalancato la bocca fino a toccare terra.

<Co... cosa hai detto?> non credevo alle mie orecchie. Lui sorrise a pochi centimetri dalla mia faccia.

<Devo ripetertelo? Che poi sarebbe la terza volta, in realtà...> ammise, facendomi sbarrare gli occhi.

<Come la terza?> ero sbigottita e incredula.

Scosse la testa, sorridendo, continuandomi a tenere stretta tra le sue mani e inchiodandomi con lo sguardo.

<Te l'ho già confessato la notte dopo il tuo compleanno, te l'ho detto poco fa e te lo sto ripetendo adesso... ti amo fottuta dea della musica!> e nel pronunciare quelle parole mi fissò con un'intensità tale che avrebbe potuto sciogliere tutto il circolo polare artico.
Ormai io ero oltre il rossore, oltre tutto.

<Non ho mai incontrato nessuna come te, riesci a rendertene conto? Mi fai andare letteralmente fuori di testa!> proseguì, sollevando la mia anima. Le sue parole e la sua vicinanza stavano versando una medicina miracolosa sulle ferite che ormai erano aperte da troppo tempo e per la prima volta mi sentivo come se stessi cominciando a guarire.

Sorrisi e avvicinai la mia fronte alla sua.

<Bene, allora, perché credo che la cosa sia assolutamente, completamente reciproca.> fui abbastanza lapidaria, ma in quel momento era il massimo che le mie sinapsi allentate riuscirono ad elaborare.

Mi fissò con forza e io ricambiai con uno sguardo pieno di tante altre cose non dette e quando premette la sua bocca sulla mia mi sembrò di implodere. Erano settimane che ero affamata dei suoi baci e in quel momento sarei potuta venir meno se lui non mi tenesse ancorata al pavimento e soprattutto alla realtà.

La memoria del corpo ricordava esattamente tutto quello che le nostre bocche insieme erano abituate a fare, così come i nostri corpi che premevano l'uno sull'altro. Mi sembrava come se tornassi a respirare dopo giorni e giorni di influenza.

Ben presto mi ritrovai in braccio ad Eddie che mi spinse verso il muro mentre io lo cingevo con le gambe. Cominciò a darmi dei piccoli morsetti al lato del collo, provocandomi dei brividi talmente intensi da farmi tremare, per poi cominciare a torturare dolcemente i miei lobi.

<Sally?> mi domandò lui quando ci staccammo dopo quella che sembrava un'eternità o forse un attimo, riportandomi sul pianeta terra.

<S..sì?>

<Ti va di venire con me?>

<Non possiamo rimanere qui?> proposi, sfiorandogli la punta del naso.

<Potremmo, certo, ma vorrei portarti in un posto!>

Annuii.

Cominciò a girovagare per la stanza, poi prese due mazzi di chiavi, agguantò un thermos e mise tutto in uno zaino, sotto il mio sguardo incuriosito.

Entrammo nel van e diede gas.

<Ogni volta che vengo in questo furgoncino sembra sempre che tu mi stia sequestrando...> rivelai con un ghigno.

<Ti ripeto: chi ti dice che non sia quello il mio fine ultimo?> ridacchiò.

Arrivammo in questo posto assurdo, scendemmo e mi prese per mano, solo quel contatto mi bastava per tenermi sveglia nonostante fosse notte fonda; sentivo il rumore dell'acqua in lontananza, quindi immaginavo che dovessimo essere vicino a qualche fiumiciattolo. Faceva anche freddo e l'umidità era palpabile.

<Eddie?>

<Sì?>

<Dove siamo?>

<Tra poco lo vedrai...> fece divertito.

Poi prese dalla tasca della giacca il mazzo di chiavi che aveva preso dal caravan. Ci avvicinammo ad una casa, ma con mio stupore non entrammo lì, bensì la circumnavigammo fino a raggiungere la nostra meta: un capannone mezzo abbandonato in riva ad un lago.

<Mi correggo: da sequestratore vuoi passare a serial killer? Dove cavolo siamo?>

<Ahhhhh, fidati.> Entrammo in una specie di rimessa per barche e lui cominciò ad afferrare delle cose al volo, tra cui un sacco a pelo, una lampada da campo e un paio di torce.

<Okay, adesso ho capito: vuoi andare in campeggio! Ma non mi sembra proprio l'ora adatta!> ridacchiai.

<Ci rinuncio! Aspetta e vedrai!> mi incuriosì ancora di più.

Dopo aver fatto scorte, mi condusse all'esterno e mi fece avvicinare alle sponde del lago.

<Alza lo sguardo!> mi invitò, puntando una delle torce che aveva appena trafugato.

Seguii con lo sguardo la luce e mi accorsi che indirizzava ad una casetta di legno su una grossa quercia poco distante dalla riva.

<Daiiiiii, non ci credo!! Ma che posto è questo?> domandai entusiasta.

<Siamo al Lover's Lake, non sei mai venuta qui?> scossi la testa. <Questa è la casa di un mio amico, cioè del mio, ehm datore di lavoro, se possiamo definirlo così...> si grattò la testa imbarazzato e io alzai gli occhi al cielo.

<Comunque, non ci viene mai e questa> diede un colpetto all'albero, <l'ha costruita lui da bambino, e spesso, quando sono deluso dal mondo, mi capita di rifugiarmici.>

<Quindi praticamente dovremmo stare sempre lassù?> scherzai, ma fino ad un certo punto.

<Esattamente.> sorrise. <Comunque, da lì la vista è bellissima, anche se adesso è notte, vabbè dettagli... Ad ogni modo, saliamo?> mi propose speranzoso e leggermente impacciato.

<Okay.> afferrai la mano che mi stava tendendo e mi tolsi i tacchi, provocandogli un'occhiata divertita.

Dopo aver acceso le torce e la lampada, non appena salimmo, mi accorsi che c'era un odore di aria lacustre e che il legno portava con sé i segni del tempo - era scheggiato e scolorito in molti punti; tuttavia, nel complesso la struttura era molto graziosa e poi mi sembrava una reggia visto che ero con lui.

Ci sedemmo a terra, e il ragazzo tirò fuori dal suo zaino un thermos con del the e me lo passò.

Diedi un sorso.

<Che schifezza è?> quasi sputai.

<Perché?> domandò spaventato.

<Sa di menta e di qualcosa di piccante.> ammisi.

<Ahhhhh, cazzo, è la tisana di zio Wayne allo zenzero! Scusa ero convinto di aver preso il contenitore giusto!> era mortificato.

<Dai, va benissimo lo stesso con questo freddo!> mi feci ripassare la bevanda.

Lui si avvicinò a me e aprì il sacco a pelo.

<Prego.> facendo il gesto di accomodarmi.

<Grazie.> entrai volentieri al suo interno e richiusi la zip.

Ridacchiò abbracciandomi come se fossi un fagotto e strofinandomi con le mani per riscaldarmi un po'.

<Meglio?>

<Adesso sì!> confessai.

Si strinse ancora più a me. Saperlo vicino mi suscitava una serie di emozioni difficilissime da spiegare.

Appoggiò la sua testa alla mia.

<Come va l'occhio?> domandai preoccupata, sfiorandolo e facendogli chiudere le palpebre.

<Potrebbe andare meglio, ma non mi lamento. Credo che l'altro stia messo molto peggio di me!> confessò anche un po' soddisfatto.

<Ci credo! Gli hai rotto il naso, povero Nate!>

<Ehi, ehi, vacci piano, che ti ho appena perdonata!> mi canzonò lui.

<Mmm... poi invece tu mi dirai come mai la ragazza con cui sei venuto al ballo si è praticamente gettata addosso a Steve?> lo punzecchiai.

<Certamente un giorno... forse!>

Scossi la testa, poi gli passai la bevanda e fece una faccia disgustata, ma ne ingollò comunque un generoso sorso.

<Questa roba fa schifo, ma almeno riscalda!> affermò e io annui.

Osservai attentamente il luogo in cui ci trovavamo. La lampada e le torce gettavano una strana luce, tutto sembrava in penombra e gli unici rumori che si sentivano erano il leggero infrangersi delle onde sulla riva del lago e il battito dei nostri cuori che tamburellavano all'unisono. Sospirai.

<Sai che quando ero piccola, mia cugina Rose non voleva mai farmi salire sulla sua casetta sull'albero a meno che non le pagassi un pedaggio?> scossi la testa, ridendo a quel ricordo.

Lui rise. <Ah sì?>

<Sì, sembrava una casellante della M-48!>

<L'ho sempre detestata quella cazzo di autostrada!> sorrise lui.

Scoppiai a ridere, mentre lui divenne improvvisamente serio, sorprendendomi.

In quel momento si fermò e mi fissò. Nella penombra riusciva a risplendere l'intensità del desiderio che era riflessa nelle sue iridi nere e che immaginavo dovesse rispecchiarsi nelle mie.

Fu un attimo, si avvicinò delicatamente con il volto al mio, sembrava come intimorito, come se fosse la prima volta che mi stesse vicino.

Avvicinò le sue labbra alle mie timidamente come se le stesse incontrando solamente ora, mi si accostò lentamente, stringendomi a sé – il mio corpo rispose all'istante, scattò al solo semplice tocco e premette contro il suo, bramando un contatto ancora più ravvicinato. Gusto di menta, zenzero e tabacco si mischiarono sulle nostre lingue. Le sue dita aprirono la cerniera del sacco a pelo, liberando la mia persona e incollandola alla sua.

Internamente maledissi ancora di più il mio costume per la festa in quanto mi impediva i movimenti e soprattutto contrastava i suoi.

Le sue mani, infatti, viaggiavano frenetiche ma non con poca difficoltà lungo le mie gambe fasciate dai fuseaux, poi prima di risalire verso la pancia, dove indugiarono un bel po' sull'elastico, si stopparono in prossimità del mio inguine, rendendomi il respiro affannoso. Le mie, invece, si erano un po' più velocizzate e gli avevano già sfilato la maglietta, tastando il petto che ne era stato fino a poco ricoperto, mappando dolcemente ogni centimetro di pelle che riuscivano a raggiungere.

Arrivarono fino al bottone dei suoi pantaloni e li liberarono in poche mosse, superando la barriera del cotone e arrivando ai suoi boxer, dove qualcosa sembrava stesse protestando per la limitatezza di movimento.

Ridacchiai e lui colse il mio sguardo in zone inopportune.

<Maniaca!> mugugnò facendomi arrossire.

<Senti chi parla!> ribattei, visto che mi aveva già fatto almeno un paio di check-up completi.

Le sue dita, infatti, stavano incontrando più di una barriera di indumenti, ma ciò non le scoraggiò dallo sfiorare ogni centimetro del mio corpo che gli capitava a tiro. Tirai la testa all'indietro quando raggiunsero il mio seno, ritrovandomi ad ansimare con lui che mi mordicchiava l'incavo del collo.

<Lo hai fatto apposta a vestirti così, dì la verità?> sorrise leggermente frustrato, sussurrandomi nell'orecchio, facendomi tremare ancora di più.

<Volevo metterti alla prova, Munson!> arricciai le labbra.

<Guarda che io accetto la sfida...>

Rabbrividii ma non per il freddo quando alla fine con pochi gesti riuscì a sfilarmi i leggins e a sbottonarmi il body, facendomi spalancare gli occhi dalla sorpresa.

<Ti avevo sottovalutato, svitato!>

<Te l'ho detto sono pieno di sorprese!> mi soffiò sul collo.

Chiusi gli occhi e, senza rendermene neanche conto, mi ritrovai senza niente addosso, stretta tra il sacco a pelo e il corpo del ragazzo che mi faceva battere il cuore come se fosse un esperto centometrista.

Le mie braccia stringevano la sua schiena, le sue labbra affannose non lasciavano le mie nemmeno un attimo, i nostri corpi si incontravano, si scontravano, si incastravano alla perfezione, sembravano davvero essere stati modellati con il fine di condurci entrambi a quel momento, dove ebbri di amore, eravamo sopraffatti l'uno dall'altra.

Ondate di piacere mi avvolsero completamente, i pensieri in testa si azzerarono, era come fluttuare in un mare calmo, abbracciata alla sola persona che riusciva a farmi trascendere il tempo e lo spazio.

Sudati e ansimanti ci guardammo negli occhi, dove l'uno poteva osservare il riflesso di ciò che in quel momento stava provando anche l'altro.

Cercai di sistemarmi meglio per trovare una posizione più comoda. Quando lui mi ebbe circondata con entrambe le braccia, presi a comunicare nel nostro codice segreto, facendolo rabbrividire di piacere – cominciando a scrivergli lentamente con le dita sulle braccia delle lettere: I, L, O, V, E, Y, O, U.

Questa volta fu il mio turno di dirglielo.

Lui sorrise nel mio orecchio e poi sussurrò visibilmente emozionato, con la voce ancora affannosa, <Credo che la cosa sia assolutamente, completamente, fottutamente reciproca!>.

<Sai Eddie, sulle tue labbra anche la tisana allo zenzero diventa la cosa più buona del mondo?> ridacchiò, stringendomi ancora di più a sé.

E io sorrisi, finalmente ubriaca di felicità.


⚠️ATTENZIONE⚠️: quest'opera è protetta da copyright © - sono vietati plagi, anche in modo parziale.


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hola bruchachos **
siamo proprio in dirittura d'arrivo, il prossimo capitolo sarà l'ultimo, vi lascerò un messaggio a seguire chiedendovi un po' di cosine <3

allooooora per il resto che mi dite? vi è piaciuto questo capitolo? e la riconciliazione dei nostri eroi? <3 ve l'aspettavate? ** sono curiosa ovviamente di conoscere le vostre opinioni/commenti/sensazioni, quello che volete **

come sempre vi ringrazio del sostegno a questa storia e spero che continuerete a sostenerla con una stellina ** così come spero che continuerete a sostenere le altre storie che stanno affollando la mia mente e che spero tradurrò su carta a breve ** <3 

vi lascio con la voce ansimante di Robert Smith perché mi sembrava adatta, sia come testo che come musica, ascoltatela non ve ne pentirete <3 **

grazie di tutto <3 

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