04. I cigni selvatici - Lavorare a maglia
FANDOM - Lo straordinario mondo di Gumball
«Come capoclasse», iniziò Gumball, mettendosi in cattedra e facendo svettare un dito verso l'alto per fingere un'autorità che non aveva, «propongo di lasciare ad Alan il compito di pensare ai costumi per la recita.»
«Ma tu non sei il capoclasse», obiettò Tobias, dal proprio banco.
L'altro fece orecchie da mercante e rincarò la dose. «E per dare maggior credibilità al tutto, propongo di fargli usare delle vere ortiche per sferruzzare gli undici maglioni che serviranno per lo spettacolo su I cigni selvatici.»
«Non ti sembra di esagerare?» cercò di farlo ragionare Darwin, ben sapendo fin dove potesse spingersi la cattiveria di suo fratello quando si trattava di Alan. Era una guerra persa in partenza, Gumball lo odiava senza se e senza ma.
«Sii ragionevole, Gumball», intervenne a quel punto Penny, sperando di riuscire nell'intento di addolcirlo un po'. «Se facesse maglioni con l'ortica vera, nessuno di noi potrebbe indossarli.»
Impossibilitato a replicare, non tanto per questioni di logica, quanto perché non voleva contestare la sua adorata, il ragazzino esitò e questo portò gli altri a farsi avanti in difesa del povero Alan. Eccoli là, pensò immusonendosi e ascoltando le loro proteste. Tutti a prendere le parti di quell'inutile palloncino di gomma, come al solito. Mai nessuno che invece desse ragione a lui. Possibile che fossero così ciechi da non capire quanto fosse odioso Alan?!
«Soprattutto», intervenne Alan in persona, fluttuando verso il suo detrattore. «Dimentichi una cosa di fondamentale importanza.»
«E sarebbe?» lo sfidò Gumball, mani sulle anche, già pronto a dargli battaglia verbale.
«Non posso lavorare a maglia.»
«Perché ti sei finalmente reso conto di essere inutile al mondo intero?»
«Oh, no, non si tratta di questo», rispose Alan, facendosi rimbalzare addosso quell'ennesimo insulto. «Ti assicuro che, se potessi, preparerei davvero i costumi per la recita.»
Quel suo modo di fare così umile innervosì ulteriormente Gumball. «E allora?! Perché non puoi lavorare a maglia?!»
Con infinita pazienza, l'altro gli fece notare l'ovvio: «Non ho le mani.»
Deciso a non lasciargli l'ultima parola, dispettoso come il gatto che era, Gumball lo afferrò per la corda e lo sfregò con forza contro il proprio maglione, prima di spingerlo verso il cestino della carta straccia. In un attimo, caricato di energia statica e sommerso di fogli che gli si attaccavano addosso come fossero stati oggetti di metallo attratti da una calamita, Alan fu costretto a tacere.
«Allora?» riprese Gumball, tornando a rivolgersi al resto della classe con nonchalance. «Altre proteste?»
«Sei pessimo», lo riprese Darwin, disapprovando fortemente quanto appena visto.
«Ho dovuto farlo. Non la smetteva più di blaterare», si giustificò suo fratello, per nulla pentito del suo gesto.
«Sai chi altri dovrebbe smetterla di blaterare?» domandò Carrie, facendosi avanti con un sorriso inquietante dipinto sul visetto incorporeo.
Deglutendo a vuoto, Gumball rabbrividì. «Chi?» gracchiò, già intuendo il peggio. Senza neanche dargli tempo di dire altro, il fantasma recitò una formula incomprensibile e l'altro strizzò gli occhi, spaventato all'idea di cadere vittima di una maledizione. Quando però si rese conto che i secondi passavano e che nulla sembrava essergli accaduto, rialzò le palpebre con aria perplessa. Davanti a lui, Carrie sorrideva soddisfatta. «Bene», disse lei, voltandosi verso i compagni di classe. «Ora possiamo dare inizio alla vera riunione di classe.»
Perché, si domandò Gumball infastidito, finora pensava che avessero perso tempo?! Spalancò la bocca per protestare, ma da essa non uscì alcun suono. Ci riprovò ancora e ancora, fino a che non si arrese all'evidenza che quel sadico fantasma lo aveva maledetto, togliendogli il dono della parola. Gesticolò e si agitò come un matto, ma quando Carrie tornò a fissarlo con aria sinistra, si fece piccolo piccolo e si nascose sotto la cattedra – portandosi dietro Alan, il cui corpo di gomma fu attirato inevitabilmente dal suo maglione.
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