CHAPTER 68 || #dalai
• 7 mesi dopo •
❝Tobio porse la mano ad Haruiki. Il piccolo era appena uscito da scuola dopo le lezioni pomeridiane.
Lo zainetto rosso e blu sulle spalle e il grembiulino blu indosso, gli occhiali a cerchio scivolati sul naso e le guance arrossate.
Haruiki gli aveva raccontato che la maestra di matematica si era ammalata e la maestra che l'aveva sostituita li aveva portati a giocare in giardino.
Tobio gli sorrise, nel mentre che Haruiki continuava a raccontargli la giornata appena trascorsa a scuola.
A Tobio piaceva sentirlo raccontare tutto quello che gli accadeva tra le mura scolastiche e di quanti amichetti nuovi si fosse fatto in quelle settimane di scuola.
In un primo momento Shōyō si era preoccupato molto della timidezza di Haruiki, aveva il timore che non riuscisse a farsi degli amici perché quella era una nuova cultura, con nuove tradizioni. Quella era una nuova realtà. Ma Haruiki sin dal primo giorno di scuola aveva detto che i bambini erano stati super gentili con lui e super simpatici e aveva stretto tante nuove amicizie.
Haruiki saltellò per evitare un sasso; Tobio non era mai andato a prenderlo a scuola — se non rarissime volte —, di quello se ne occupava sempre Shōyō. <<Ci siamo rincorsi e Mario è stato davvero fastidioso perché continuava a buttarmi sempre a terra, ma non lo faceva perché voleva farmi male ma perché voleva giocare con me. L'ha fatto anche con Gaia e Cristina, e anche con Mattia e Matteo. La maestra l'ha sgridato perché ha detto che potevamo farci male. E poi abbiamo visto un serpente e la maestra ci ha fatti uscire dal giardino e ci ha fatto giocare a salta campana>>
Tobio gli sorrise dolcemente; in lontananza vedeva la sua macchina sportiva parcheggiata dall'altra parte della strada tra una macchina verde e una bianca. <<E hai vinto?>>
<<Papà ma che domande fai. È ovvio che ho vinto — gli sorrise entusiasta facendogli il segno di vittoria con la mano libera. D'un tratto, come ricordatosi improvvisamente di qualcosa, inarcò un sopracciglio inclinando leggermente la testa di lato; a Tobio gli sembrò un piccolo corvetto curioso dalla vita. — Adesso andiamo a trovare papà Shou Shou in ospedale?>>
<<Sì, certo. L'ho chiamato prima per sapere come stesse e se gli servisse qualcosa ma mi ha detto che l'unica cosa che voleva era vederti>>
Haruiki annuì con diversi cenni della testa, un sorriso allegro che gli andava da un orecchio all'altro. <<Ieri gli hai portato il disegno che gli ho fatto?>>
<<Certo, mi ha detto che è bellissimo>>
<<Anche i fiori che preso in prestito dal giardino del custode della scuola?>>
<<Sì, ma mi ha detto di dirti che non devi più farlo>>
<<Va bene. Ma nonno Kenma e nonno Uro sono già da papà?>>
Tobio lo prese in braccio guardando a destra e a sinistra prima di attraversare la strada, gli lasciò un bacio sui capelli e Haruiki abbassò la testa sulla sua spalla. <<No, i nonni sono a casa perché papà deve fare tante analisi oggi e quindi possiamo stare solo per poco tempo>>
<<Quando torna papà a casa?>>
<<Forse domani>>
<<L'hai detto anche tre giorni fa>>
Tobio infilò la mano libera nella tasca posteriore dei suoi jeans chiari per prendere le chiavi della macchina; sì, okay, aveva rifilato la scusa del papà esce domani per una settimana intera perché credeva che in qualche modo Haruiki ci cascasse ma il bambino era troppo intelligente per essere preso per il culo in quel modo. <<Domani papà tornerà a casa>>
<<Dopo parlo io con il dottore>>
<<Va bene, dopo parla tu con il dottore>>
<<Lo convinco io a far tornare papà a casa>>
<<Oh!, sono sicuro che ce la farai testardo come sei>>
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Haruiki stringeva la mano del suo papà mentre attraversava l'enorme corridoio bianco; non gli piacevano molto gli ospedali soprattutto adesso che il suo papà era stato lì per una settimana lunghissima.
Prima di andare a vivere con Tobio e Shōyō lui ci finiva sempre all'ospedale e i medici lo trattavano sempre male perché il signor papà non aveva soldi e aveva un sacco di debiti con l'ospedale.
Prima che il suo papà Shōyō andasse in ospedale loro due facevano un sacco di cose insieme — giocavano molto, coloravano, mangiavano tante caramelle mentre vedevano i cartoni animati e si rincorrevano al parco, ma da quando il suo papà era andato in quel posto era sempre stanco persino per fare una videochiamata la sera. E in quelle poche volte in cui Haruiki era andato a trovarlo il suo papà o dormiva o restava a letto a parlare con Marco e i nonni.
Entrarono in camera ma papà Shōyō non c'era.
Haruiki alzò lo sguardo verso il padre, le sopracciglia aggrottate e le guance gonfie di chi era stato preso in giro.
Tobio abbassò lo sguardo verso il figlio e scrollò una spalla non sapendo dove cavolo si fosse andato a cacciare quell'idiota del marito, anzi adesso aveva anche un po' d'ansia. E se gli fosse successo qualcosa?
<<Ma dov'è papà?>>
Tobio inarcò un sopracciglio. <<Non lo so. Mi aveva detto che le analisi le aveva fatte spostare nel tardo pomeriggio così che potesse stare un po' con te>>
<<E se il dottore l'ha rapito?>>
<<Ce lo riporta indietro, fidati di me>> ...rompicazzo com'è quel coglione!!!
<<Ehi, squaletto sei già qui?>>
Haruiki si voltò alle sue spalle. Un sorriso luminoso stampato in volto, lasciò la mano del papà alpha per correre ad abbracciare il suo papà omega. <<Papà sei qui. Come stai?>>
Shōyō lo racchiuse in un abbraccio; si era abbassato sui talloni per accoglierlo forte a lui, abbassò il naso tra i suoi capelli e aspirò profondamente quell'odore fruttato che non sentiva da un'intera settimana. Un tempo troppo lungo per lui. <<Io sto bene, non preoccuparti per me — gli lasciò un bacio sulla testa. — Com'è andata oggi a scuola? Dimmi tutto tutto, dai dai sono tutto orecchie>>
Shōyō si alzò in piedi e gli tese la mano, mano che Haruiki subito strinse iniziando a raccontargli per filo e per segno tutto quello che era accaduto quella mattina e quel primo pomeriggio. Entrambi si andarono a sedere sul letto. Tobio invece sulla poltroncina accanto il letto.
Haruiki parlava e parlava mentre muoveva le gambe avanti e dietro, mentre Shōyō gli sorrideva dolcemente seduto a gambe incrociate.
<<Adesso stai meglio papà? Domani papà Tobi ha detto che torni a casa>>
Shōyō gli sorrise dolcemente scompigliandogli i capelli con una mano. Haruiki rise. <<Se il dottore dice ancora una volta di no, ti prometto che domani scappiamo e torniamo a casa da soli>>
Tobio ruotò gli occhi al cielo, si sporse nella direzione di suo marito per lasciargli uno scappellotto dietro la testa. <<Non ti azzardare, idiota. Tu torna a casa e io ti riporto qui trascinandoti per i capelli>>
Shōyō aggrottò leggermente le sopracciglia. Si passò una mano sul punto dolorante. <<Ahi, Tobi. Sono in ospedale e dovresti avere più rispetto per i malati>>
<<Senti- cretino del caz->>
<<Lo posso vedere, per favore?>>
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<<Perché ha tutti quei tubicini?>>
Shōyō gli sorrise dolcemente spostando lo sguardo dal bambino al neonato che dormiva nella piccola camera di incubazione.
Era andato in ospedale una settimana prima perché gli faceva male lo stomaco, la pancia, non aveva capito cosa stesse bruciando dentro di lui. Una volta in ospedale gli avevano prima detto che stava avendo un aborto, cosa molto plausibile considerate tutte le notti di fuoco che avevano passato insieme lui e il marito in quei mesi. Ma una dottoressa di passaggio gli aveva detto che si trovava in travaglio e che stava per avere un bambino. Tobio era sbiancato. Shōyō era scoppiato a ridere perché, andiamo!, lui non poteva star avendo un bambino!!!
Gravidanza extra-saccale — gli avevano detto che il bambino era stato concepito all'esterno della sacca e per questo era riuscito a crescere senza pareti che lo soffocassero. Era una condizione che colpiva un omega su diecimila.
Shōyō si schiarì la gola; gli avevano detto che il bambino era nato prematuro, era piccolo molto piccolo — così piccolo che tra le sue braccia e quelle di Tobio sembrava poter sparire —, i medici lo stavano aiutando a nutrirlo e a farlo crescere, ad aiutarlo a respirare da solo. <<Perché così respira meglio>>
<<È piccolo piccolo>>
Shōyō sorrise dolcemente; il bambino nella camera incubatrice mosse entrambe le braccia e le gambe: si stava stiracchiando. Shōyō ridacchiò. <<Sì, è davvero piccolo>>
<<Come si chiama?>>
Tobio e Shōyō si guardarono nello stesso momento. Non ci avevano ancora pensato.
Erano stati così preoccupati sulla salute del bambino che scegliere il suo nome era stato l'ultimo dei loro pensieri.
Kuroo e Kenma appena lo avevano saputo si erano subito diretti da loro con il primo volo disponibile; Ami era rimasta a casa dai nonni mentre i tre maschietti erano voluti per forza di cose partire con loro.
Tobio aveva avvertito la sua famiglia, e sorprendentemente tutti erano rimasti sorpresi e contenti della notizia. Tuttavia, l'unica che era riuscita a liberarsi dai suoi impegni prima del previsto era stata proprio sua nonna.
Tobio si schiarì la gola; Haruiki si trovava in piedi su una sedia, la faccia spiattellata contro il vetro ed entrambi i palmi della mani premuti sul vetro accanto alla sua testa. <<Non lo sappiamo ancora — si voltò verso il marito. — Tu hai pensato a qualche nome?>>
Shōyō aprì la bocca per parlare ma Haruiki lo interruppe continuando a guardare il fratellino dall'altra parte del vetro. <<Perché non lo chiamiamo Dalai?>>
Shōyō inarcò entrambe le sopracciglia sorpreso; il primo giorno, quando lui e Tobio avevano introdotto al bambino l'arrivo del fratellino, Haruiki si era rabbuiato e aveva smesso di parlare rintanandosi in un angolo della stanza d'ospedale a guardare fuori la finestra. Era stato Tobio a parlargli una volta tornato a casa, spiegandogli che non sarebbe cambiato nulla nel rapporto tra lui e loro ma che per i primi tempi le loro attenzioni si sarebbero concentrate maggiormente verso il fratellino perché era piccolo e non sarebbe stato in grado di fare le cose che lui invece faceva tanto facilmente. <<Vuoi chiamarlo Dalai?>>
Haruiki annuì. <<Sì, Tōya-chan ha detto che significa una cosa tipo distesa di mare o di oceano. Il fratellino ha gli occhi blu come il mare — scrollò una spalla e si voltò prima verso il padre omega e poi verso il padre alpha. — Perché? Non vi piace?>>
Tobio gli sorrise dolcemente prendendolo in braccio e lasciandogli un bacio sulla testa. Haruiki ridacchiò allacciando le braccia attorno al collo del padre e ritornando a guardare il suo fratellino. <<No, no. È bellissimo, non ne avremmo potuto scegliere uno migliore>>
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• 3 mesi dopo •
Tobio era tornato a casa all'ora di cena.
Aveva preso delle pizze perché ad Haruiki era venuta voglia, e perché Atsumu — che rompeva il cazzo a casa sua, anziché andare in albergo ogni volta che si trovava in Italia con la sua squadra — voleva assaggiare la famosa pizza italiana. Come se non l'avesse mangiata ogni volta che si fermava a casa sua.
Sua nonna era seduta sul divano. In quei giorni erano riusciti ad arrivare anche i suoi genitori, mentre Kuroo e Kenma erano dovuti ritornare in Giappone per forza di impegni.
Entrò in cucina. Sua madre stava lavando le stoviglie sporche mentre suo padre aiutava Haruiki a fare i compiti.
Atsumu seduto sul divano accanto sua nonna; la seconda a vedere disinteressata un programma di cucina, il primo intento a fare una videochiamata con il fratello.
Tobio poggiò i cartoni di pizza su un ripiano della cucina, quello dove si trovava il microonde. Poggiò il borsone da palestra ai suoi piedi e si abbassò sui talloni giusto in tempo per prendere in braccio il figlio e fargli fare una giravolta. <<Ehi, squaletto — un bacio sulla tempia. — Com'è andata a scuola?>>
<<È andata super bene. Ho preso dieci al compito di italiano>>
<<Non avevo dubbi. Sei bravissimo>>
Haruiki sorrise allegro. <<Prima io e papà abbiamo giocato con il fratellino e papà mi ha fatto cambiare anche il pannolino. Ha detto che sono più bravo di te a cambiare il pannolino di Dalai>>
Tobio ridacchiò. <<Tu sei sempre bravo — strofinò il naso contro quello del bambino prima di rimetterlo a terra e vederlo tornare a fare i compiti insieme al nonno, che cercava di capirci qualcosa di tutte quelle parole straniere. Tobio salutò i due genitori, il padre ricambiò il gesto mentre la madre gli si avvicinò lasciandogli un bacio sulla fronte. Si voltò nuovamente verso il figlio, che stava cercando di spiegare al nonno le regole della grammatica italiana. — Papà è in camera?>>
Haruiki annuì con diversi cenni della testa. <<Il fratellino aveva male al pancino e papà lo ha portato a dormire perché zio Tsum Tsum parlava a voce troppo alta con lo zio Sam>>
Tobio annuì a sua volta. <<Aiuti i nonni ad apparecchiare mentre io chiamo il papà?>>
<<Va bene. Nonno mi aiuti?>>
Tobio si diresse verso la camera da letto, dove Shōyō era seduto sul letto a vedere la televisione; i capelli spettinati e le occhiaie di chi non dormiva perché il bambino non lo lasciava dormire.
Dalai era ranicchiato contro Shōyō; gli occhietti chiusi, la manina chiusa nello stringere la t-shirt bianca del papà e i capelli neri leggermente spettinati. Era la fotocopia sputata di Tobio ma rompeva il cazzo come Shōyō una meraviglia.
Shōyō aveva lo sguardo fisso a seguire la puntata di quel drama horror che aveva iniziato con i sottotitoli — ormai vedere la televisione con la voce alta era diventato un optional per tutti loro.
L'omega abbassò lo sguardo sul bambino lasciandogli un bacio leggero sulla fronte, Dalai mugolò qualche versetto scuotendo la testa. Shōyō ridacchiò per poi incrociare le gambe; Dalai adesso era sdraiato in mezzo alle sue gambe, gli occhi blu vispi e attenti che lo guardavano con curiosità.
A Tobio piaceva perdersi a guardarli.
A guardare Shōyō e Haruiki.
A guardare Shōyō e Dalai.
A guardare Shōyō, Haruiki e Dalai.
Shōyō sorrise dolcemente e Dalai gli sorrise a sua volta muovendo insieme gambe e braccia. Shōyō ridacchiò e si abbassò con il busto in avanti per riempirlo di baci — sulle guance, sul naso, sulla fronte. <<Adesso sei pimpante, eh? Perché la notte non svegli quel coglione di tuo padre invece che me? E poi non ti vergogni? Sei la sua copia sputata, almeno qualcosina da me potevi pure ereditarla. Guarda che sono io quello che ti ha portato in grembo, beh, oddio, non sapevo che tu ci fossi ma ti ho pur sempre portato in grembo. E poi bevi sempre il latte dal mio petto e comunque, amico, sei fastidioso quando bevi il latte, sai? Ma io non mi lamento mai, tu invece sì e non mi fai dormire la notte — Dalai rise, mosse le gambe e le braccia su e giù; le guance rosse e gli occhi vispi ad osservare il suo papà. — Guarda che non mi incanti con quegli occhioni. Sei solo uno sporco traditore>>
Tobio sorrise dolcemente a quella vista.
Erano davvero bellissimi.
Haruiki lo oltrepassò velocemente; un piatto di pizza in una mano.
Shōyō gli sorrise dolcemente lasciandogli un bacio sulla guancia una volta che il bambino si andò a sedere accanto a lui — Dalai spostò immediatamente lo sguardo sul fratello scoppiando a ridere sonoramente.
<<Dalai si è svegliato? Gli ho portato la pizza>>
Shōyō ridacchiò. <<Amore lui non può mangiare la pizza>>
<<Perché?>>
<<Perché non ha i dentini>>
<<E cosa mangia? Solo il tuo latte?>>
<<Per il momento sì>>
<<E lo posso mangiare anche io il tuo latte?>>
<<Eh?>>
<<Papà Tobi ha detto che lui l'ha assaggiato>>
Shōyō spostò lo sguardo dal bambino al marito, gli occhi assottigliati in un'espressione di chi questa non gliel'avrebbe fatta passare liscia. Perché aveva sposato un coglione? <<Davvero?>>
Tobio alzò le mani in segno di resa avvicinandosi cautamente di qualche passo. Si sedette accanto al marito prendendo Dalai in braccio, in questo modo aveva come scusante il bambino per non essere ferito mortalmente dal marito scazzato e ancora in balìa degli ormoni. <<Ne ho parlato solo con Atsumu e con Kei — spostò lo sguardo dal marito a Dalai, che lo osservava con un cipiglio curioso in volto. Shōyō gli aveva detto che aveva la sua stessa espressione. — Ehi, pulce. Che faccia! Cos'hai, mh?>>
Shōyō si portò Haruiki in grembo e strofinò il naso contro il collo del figlio. Haruiki ridacchiò, incassando la testa nelle spalle a causa del solletico. <<L'hai disturbato. Stavamo avendo una conversazione padre-figlio e tu ci hai interrotti>>
<<È stato Haruiki ad interrompervi, a dir tutta la verità>>
<<Haruiki non ci dà fastidio. Tu sì, invece>>
<<Ma stai zitto>>
<<No, stai zitto tu>>
Haruiki li guardò entrambi, un sopracciglio inarcato. Dalai spostò lo sguardo sul fratello cercando di copiare la sua stessa espressione. Haruiki era come miele per Dalai, quando c'era lui il piccolo di casa Kageyama non smetteva mai di ridere. <<Invece di litigare perché non andiamo a mangiare la pizza prima che lo zio Tsum Tsum se la mangi tutta?>>
Tobio sorrise pienamente d'accordo con il figlio. <<Hai ragione. Andiamo prima che lo zio Tsumu mangi tutto come il maiale che è>>
<<TOBIO SO CHE STAI PARLANDO MALE DI ME. BASTARDO DI MERDA, SMETTILA>>❞
quello di domani sarà
l'ultimo capitolo :(
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