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CHAPTER 53 || #is not our responsibility

❝Erano settimane che Shōyō si comportava in modo strano.
E Tobio non riusciva a capirne la motivazione.
Era scostante e palesemente gli stava nascondendo qualcosa.
Ma non riusciva a capire cosa.

Aveva raccontato dei suoi dubbi a Tsukishima, e quello stronzo bastardo dalla famigliola perfetta gli aveva detto che molto probabilmente Shōyō si era stancato di aspettare che lui prendesse una decisione in merito alla sperimentazione, che Hitoka aveva suggerito all'omega per cercare di portare al termine una gravidanza.
O che forse si era stancato di andare a letto con la stessa e solita persona, che si era stancato delle sue prestazioni sessuali e quindi aveva deciso di fare sesso selvaggio in una camera d'albergo con Terushima, il suo ex-flirt e suo co-protagonista.

Tobio lo aveva mandato a fanculo.
Era andato via da casa sua. E aveva sbattuto la porta.

Shōyō gli stava mentendo.
Su dove passava la maggior parte del tempo.
Shōyō gli stava mentendo.
Su dove andava quando terminava le riprese.

Shōyō gli stava mentendo.
E Tobio non riusciva a capire su cosa, su chi, sul perché.

Era tornato a casa stranamente prima quel pomeriggio.
Un suo compagno di squadra aveva la febbre e quindi l'allenatore aveva mandato tutti a casa, dando il giorno successivo come libero.
In questo modo tutti gli altri componenti della squadra avrebbero potuto riguardare la loro salute e controllare che anche loro non avessero sintomi di febbre.

Tutto quello che voleva fare era farsi un bagno caldo.
Mangiare il cibo d'asporto che Shōyō aveva sicuramente comprato per quella sera.
Stravaccarsi sul divano e, boh, vedere in streaming qualche partita.
O vedere una serie tv. Un film della Marvel.

O litigare con Shōyō.
E cercare di capire che cosa cazzo stesse combinando.

<<Ti ho comprato lo shampoo all'arancia, ti piace?>>

Kageyama inarcò un sopracciglio.
Shampoo? All'arancia?
E a chi cazzo lo aveva comprato?

Era così scemo in culo da portare il suo amante in casa?
Da portarlo in bagno? Fare un bagno in casa loro?
Stavano facendo il bagno insieme? Nel loro bagno?

Voleva beccarlo sul fatto. E fargli una di quelle scenate epiche.
Avrebbe voluto vederlo dormire sul divano di casa Kuroo per il resto dei suoi giorni. E avrebbero anche divorziato.
Lentamente si avvicinò alla porta del bagno.
E, okay, Kei aveva ragione. Non sulla seconda opzione.
Ma sulla prima. Cazzo!!!

Il bambino nella vasca da bagno stringeva in una mano uno squalo di gomma grigio e bianco, mentre con l'altra si toccò una ciocca di capelli e se la portò al naso; aveva i capelli neri e gli occhi di un particolare grigio — Tobio aveva notato un occhio nero e un piccolo graffio sull'occhio sinistro. <<Sì, come i tuoi>>

Shōyō ridacchiò; era seduto sul pavimento accanto alla vasca da bagno — una mano penzoloni sul marmo nero, mentre con la mano libera prendeva l'acqua con un bicchiere nero e bagnava i capelli del bambino. <<Adesso profumano come i miei? — il bambino annuì con diversi cenni della testa; lo squalo di gomma che entrava e usciva dall'acqua, schizzando di tanto in tanto. — Okay, e dimmi un po'. Hai un posto dove andare adesso che il tuo papà non è a casa? — il bambino scosse la testa continuando a giocare con lo squaletto di gomma. — Non hai neppure una zia? O una nonna?>>

<<No>>

<<E dove ti porto? Non posso lasciarti in strada>>

<<Con te>>

<<Con me?>>

<<Sì. Qui, a casa tua>>

Shōyō sospirò mordendosi il labbro inferiore.
Oh, no. Oh, no no no.
A Tobio stava mancando il respiro nei polmoni, lo stomaco gli si stava attorcigliando, comprimendo su sé stesso.
Quando Shōyō faceva quell'espressione combattuta non finiva mai bene. No, no, no e no. Non poteva farsi trovare nella vasca da bagno a sorseggiare champagne con quel cazzo di Terushima?

Shōyō gli sorrise dolcemente accarezzandogli i capelli con una mano. <<Haruiki lo sai che non puoi restare qui a casa mia, vero?>>

<<Perché?>>

<<Perché non puoi restare con me>>

<<Perché?>>

<<Perché il tuo papà non vorrebbe>>

<<Perché?>>

<<Perché non mi conosce>>

<<Perché?>>

<<Perché tu non vuoi farmi venire a casa tua e parlare con il tuo papà. Se mi lasciassi parlare con il tuo papà potremmo metterci d'accordo e tu potresti venire a stare a casa con me anche tutto il giorno>>

<<No no. Non devi parlare con il signor papà>>

Shōyō lo osservò prima di accarezzargli i capelli un'ultima volta e dirgli che sarebbe andato in cucina perché gli aveva comprato dei biscotti al cioccolato buonissimi, ed essendo che era stato molto bravo glieli avrebbe fatti mangiare nella vasca da bagno.
Il bambino, quel Haruiki, gli aveva sorriso a trentadue denti e aveva annuito con diversi cenni della testa, chiedendogli poi se avesse potuto aprire un po' di acqua calda perché l'acqua della vasca stava diventando fredda.

Shōyō aveva annuito con un sorriso.
Aprì la porta del bagno e sbarrò gli occhi.
Tobio lo guardava... smarrito, disorientato, stava per farsi cogliere da un attacco di panico?
Shōyō deglutì sonoramente; gli mise entrambe le mani all'altezza dei pettorali spingendolo leggermente qualche passo indietro, così da socchiudere la porta del bagno.

<<Posso spiegare>>

<<Già. Dovresti proprio spiegarmi perché c'è un cazzo di cucciolo di essere umano di sesso maschile nella mia cazzo di vasca da bagno>>

Shōyō ruotò gli occhi al cielo recandosi in cucina per prendere i biscotti al cioccolato di cui stava parlando al bambino. <<Punto primo: è la nostra vasca da bagno, e punto secondo: non devi preoccuparti perché come ti ho già detto tempo fa aspetterò i tuoi tempi sia per quanto riguarda la sperimentazione che l'adozione che l'affido, è solo un bambino con una situazione familiare abbastanza particolare e- e- e, sì, insomma, volevo rendere tutto il contorno almeno sopportabile>>

<<E vorresti farlo in casa nostra?>>

Shōyō sbuffò sonoramente sbattendo fortemente l'anta del mobiletto dei biscotti e cereali; prese un piatto dalla credenza e aprì con un po' troppa forza la scatola di biscotti, alcuni caddero a terra e Noodles si fiondò a mangiarli. <<Gli ho solo fatto fare un bagno con della cazzo di acqua calda e gli sto dando dei biscotti al cioccolato. Non lo voglio mica adottare!>>

<<Gli hai comprato lo shampoo all'arancia e, di certo, quello squalo di gomma non è né mio e né tuo>>

<<Stiamo davvero litigando per una bottiglia di shampoo e un cazzo di squalo di gomma?>>

<<Tu vorresti che lui passasse la notte qui. Tu vuoi farlo dormire qui>>

<<E se anche fosse? I genitori non ci sono, non ha altri parenti. Dovrei lasciarlo in mezzo ad una cazzo di strada?>>

<<Non è una nostra responsabilità>>

Shōyō si voltò verso di lui, le mani sui fianchi e le sopracciglia aggrottate. Si stava incazzando, si stava davvero incazzando. Tobio aveva oltrepassato quella linea sottile che si era ripromesso di non oltrepassare mai — soprattutto, quando Shōyō era in pre-calore ed era sovraccaricato di lavoro. << Lo so, lo so che non è una nostra responsabilità, ma tu lo lasceresti in mezzo ad una strada? Da solo? Potrebbero fargli del male o- o che ne so? Potrebbe succedergli qualsiasi cosa e->>

Kageyama sospirò portandosi una mano tra i capelli.
Non poteva credere che stavano avendo quella conversazione.
Quel bambino aveva dei genitori e dovevano riportarlo a casa.
Non era una loro responsabilità.

Tobio sospirò. <<Shōyō ha dei genitori e quei genitori non siamo noi. Non può restare qui perché se i genitori si accorgono che lui non è a casa, e ne denunciano la scomparsa tu finisci nei guai. Potrebbero accusarti di rapimento o che cazzo ne so, di altro. Per favore, amore, per favore, non metterti nei guai per un bambino che->>

Shōyō singhiozzò, e Tobio avrebbe preferito essere colpito da un fulmine proprio in quel momento — perché, porca puttana, loro due non potevano passare un periodo di tempo senza mai litigare? <<Io non voglio portarlo a casa. La madre l'ha lasciato da solo e il padre lo tratta sempre male, gli urla sempre contro e lo picchia. Lui resta qui solo per questa notte, Tobi. E non intendo discuterne o cambiare la mia posizione>>

Tobio sbuffò passandosi entrambe le mani in faccia. <<Non può restare qui Shōyō, porco cazzo. Non è tuo, non è mio, non è nostro. Ha un padre e quel padre non sei tu. Non ti stai facendo prendere un po' troppo dalla cosa perché si chiama come il tuo Haruiki?>>

Shōyō lo guardò... affranto, ferito.
Perché aveva toccato quel tasto, quel nervo scoperto?
Perché Tobio era stato così cattivo?
Perché proprio quel paragone? Perché proprio in quel momento?

<<Perché piangi, Shou Shou?>>

Tobio si girò alle sue spalle; Haruiki aveva i capelli bagnati e indossava solo delle mutandine bianche a strisce nere. Nella mano destra stringeva il suo squaletto di gomma.
Shōyō tirò su col naso e si asciugò le guance con i palmi delle mani.
Si schiarì la gola. E prese il piatto di biscotti dal bancone.

Hinata sorrise dolcemente mentre si avvicinava al bambino, che lo guardava con il capo leggermente inclinato verso destra e un sopracciglio inarcato. <<Non stavo piangendo. Ti stavo portando i biscotti, come ti avevo promesso. Andiamo in camera da letto, ti va'? Tu mangi i biscotti mentre vedi i cartoni animati e io ti asciugo i capelli? — Haruiki annuì con diversi cenni della testa. — E andiamo allora, dai. Su su su — Haruiki gli allungò una manina, manina che Shōyō afferrò. — Andiamo ad asciugare questi capelli prima che ti venga un bruttissimo raffreddore>>

<<Fa male il raffreddore>>

<<Sì, fa tanto tanto male>>

<<Shōyō? — l'omega si fermò di colpo; le spalle rigide come una tavola da surf. Haruiki si voltò a guardare quello strano alpha dalla faccia seria e che faceva davvero tanta tanta paura. — Hai mezz'ora di autonomia, poi prepara il bambino perché lo riportiamo a casa, e se il padre non c'è lo lasciamo ad una vicina>>

౨ৎ ˖ ࣪⊹🌻⊹₊ ⋆୨ৎ

Kageyama fermò la macchina in un quartiere malfamato poco fuori il centro.
Il palazzo stava letteralmente cadendo a pezzi.
Pezzi di intonaco che cadevano, vetri rotti e cumuli e cumuli di spazzatura in ogni angolo. Il portone del palazzo era rotto — un vetro mancava e la serratura penzolava verso l'esterno.

Alcuni ragazzini che stavano giocando a calcio si erano fermati a guardarli.
Era strano che qualcuno con una macchina del genere, una macchina sportiva molto costosa, si fermasse in quel quartiere così... particolare.
Shōyō sospirò portando uno sguardo sui sedili posteriori — Haruiki indossava la cintura di sicurezza e stringeva forte al petto il suo squalo di gomma, aveva la testa inclinata verso destra mentre dormiva beatamente.

<<Andiamo?>>

Shōyō ruotò gli occhi al cielo reprimendo la voglia di mandarlo a fanculo. <<Vado da solo>>

Tobio sospirò sonoramente; entrambe le mani sullo sterzo della macchina. <<Tu non vuoi proprio capirlo il mio punto di vista, vero?>>

<<Ti avevo chiesto di farlo dormire da noi solo per questa notte>>

<<E io ti ho detto che->>

<<Sei stato cattivo a fare quel paragone con mio figlio>>

<<Shou, senti, per quello mi dispia->>

<<Sveglio il bambino così torniamo a casa e dimentichiamo tutta questa storia del cazzo>>

Tobio appoggiò la fronte sullo sterzo sospirando sonoramente; perché non capiva il suo cazzo di punto di vista per una volta buona? <<Shou, per favore->>

<<Smettila di parlarmi>>

౨ৎ ˖ ࣪⊹🌻⊹₊ ⋆୨ৎ

<<Non devi accompagnarmi>>

Shōyō gli sorrise dolcemente, la mano con la fede intrecciata a quella del bambino. <<Devo dire al tuo papà che sei stato tutto il giorno con me così non ti sgriderà>>

<<Al signor papà non importa se sto tutto il giorno fuori casa>>

Kageyama vide il bambino fermarsi dinanzi l'appartamento 301.
La porta era ricoperta di graffi, in due punti Tobio poteva osservare le rientranze di due pugni ben assestati.
Haruiki lasciò la mano di Shōyō e bussò al campanello.
Kageyama sentiva una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Non sarebbe affatto finita bene tutta quella storia.

Dall'altra parte della porta si sentiva della musica alta. E delle persone che urlavano e ridevano ad alta voce.
Haruiki suonò ancora, questa volta premendo il dito sul campanello qualche secondo in più. Shōyō infilò le mani nelle tasche del suo cappotto bianco — l'aveva ricomprato qualche giorno dopo il primo incontro con Haruiki; il piede che batteva nervosamente sul pavimento incrostato di sporco.

La porta si aprì di scatto e un uomo fece capolino dalla porta.
Aveva i capelli neri sporchi, la canottiera bianca sporca di quello che sembrava essere del vino alquanto scadente.
Portò uno sguardo veloce prima sui coniugi Kageyama e poi sul figlio.
Haruiki guardava il padre con gli occhi lucidi di spavento.

<<E voi chi cazzo siete? Ha combinato qualcosa?>>

Shōyō si affrettò prontamente a negare sorridendo cordiale come sempre. <<No, no, anzi, siamo venuti per scusarci con lei perché Haruiki è stato tutto il pomeriggio con me e non l'ho avvertita, quindi volevo chiederle scusa per la preoccupazione. Haruiki non ricordava il suo numero di telefono e quindi non l'ho potuta chiamare e avvisarla come si deve>> Si inchinò leggermente in segno di scuse per poi riportare lo sguardo sul padre di Haruiki e continuare a sorridere cordialmente.

Il padre del bambino sbatté le palpebre un paio di volte; e Shōyō aveva fumato abbastanza canne nel suo periodo buio brasiliano da sapere che quegli occhi rossi erano dovuti alle canne, così come l'odore che si respirava sui suoi vestiti e, in generale, tutto attorno a loro. <<Mi stai dicendo che lui è stato tutto il cazzo di giorno con te? — Shōyō annuì con diversi cenni della testa; l'aria nervosa ma il sorriso sempre stampato in viso. — Chi cazzo sei un assistente sociale?>>

Shōyō scosse la testa. <<No, non lavoro per l'assistenza sociale>>

<<Sei venuto qui per dare un lavoro a mio figlio?>>

<<No, io- io sono diventato amico di suo figlio e->>

<<Mi stai prendendo per il culo? Un adulto non diventa amico di un moccioso... se non per altro>>

Hinata inarcò un sopracciglio. <<Mi sta per caso accusando di aver fatto del male a suo figlio?>>

L'uomo schioccò la lingua contro il palato e scrollò una spalla.
Kageyama poggiò una mano sulla spalla del marito, indicandogli con un cenno della testa la rampa di scale alla loro destra. Hinata scrollò la spalla facendo in questo modo allontanare il marito da lui.
Tobio sospirò. Si stava mettendo davvero male.
Tanto male.

L'uomo afferrò il bambino per un polso, spingendolo bruscamente dentro casa.
Hinata aggrottò le sopracciglia facendo un passo avanti.
Kageyama gli appoggiò nuovamente la mano sulla spalla, stringendo questa volta un po' di più: Tobio gli stava intimando in quel modo di non fare cazzate perché quel bambino non era una loro responsabilità. Ma Shōyō sembrava non volerne sapere nulla, come sempre stava facendo di testa sua.

<<Non m'importa quello che fai con questo mocciosetto. Se vuoi stare con lui mi devi pagare, dolcezza>>

Shōyō serrò la mascella. <<Mi sta vendendo suo figlio? — l'uomo gli sorrise sprezzante e scrollò una spalla con finta innocenza. — Senta brutto bastar- EHI, TOBIO MA CHE CAZZO FAI? METTIMI GIÙ, COGLIONE DEL CAZZO>>

Tobio si caricò il marito su una spalla, come un sacco di patate; si voltò verso l'uomo, ancora sulla soglia della porta, e aggrottò così tanto le sopracciglia fino a crearne un solco in mezzo. <<Ci dispiace averla disturbata e aver interrotto la sua festa, ma si lasci dire che lei è un padre di merda — abbassò lo sguardo sul bambino, adesso nascosto dietro il padre. Haruiki lo guardò con gli occhi spaventati, come se sapesse che suo padre avrebbe potuto fare qualcosa di brutto da lì a poco. — Se ti fa qualcosa, qualsiasi cosa, sai dove abitiamo. Vieni a casa nostra, hai capito?>>

Haruiki annuì.
La porta dell'appartamento 301 si chiuse.❞

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