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CHAPTER 44 || #volleyball is for losers

❝Kuroo lo avrebbe ucciso.
Anzi, prima avrebbe ucciso Kageyama.
Pensava che tra i due quello che aveva un po' di sale in zucca fosse l'alpha, ma a quanto pareva praticando Shōyō aveva iniziato a comportarsi da coglione irresponsabile anche lui.

Una settimana. Kageyama aveva chiesto una settimana di pausa.
E Shōyō aveva fatto lo stesso in agenzia.
E perché? Perché dovevano andare in vacanza. In Irlanda.
E mentre Kageyama sarebbe tornato giusto in tempo per il torneo, Shōyō avrebbe gettato nel cesso sponsorizzazioni e interviste varie.

E Kuroo non solo doveva cercare di non ammazzare Tōya per tutte le cazzate che gli combinava, ma adesso doveva pensare pure a come rinviare tutte quelle cose perché i due enemies to lovers del cazzo dovevano scopare in un albergo a cinque stelle in Irlanda.
Per la fine dell'anno avrebbe preso suo marito e i suoi tre figli responsabili (Tōya lo avrebbe lasciato a Shōyō) e si sarebbe ritirato su un bricco di montagna ad allevare caprette e pecore.

Tornò a casa stanco, stanchissimo.
Lavorare con Shōyō era come lavorare con trecento persone.
Se poi ci si metteva Tōya e i suoi problemi di comportamento, beh, le persone ne diventavano seicento.
E infatti, proprio Tōya stava urlando contro i fratelli.
Non finiva mai. La sua giornata non finiva davvero mai.

Kuroo si passò una mano in pieno viso; era stanco, stanco di tutto e tutti. Sì, la sua idea di allevare caprette e pecore e creare formaggi di esportazione sembrava davvero un'ottima ma ottima idea. <<Perché sta urlando? Che sta succedendo?>>

Takao mise entrambe le mani sui fianchi e aggrottò le sopracciglia così tanto fino a crearne un solco in mezzo; aveva le guance rosse e il respiro affannato di chi stava urlando da ore. <<Tuo figlio non la smette di fare il prepotente. È insopportabile>>

Taisho annuì, dando man forte al fratello maggiore. Tōya si comportava sempre più da dittatore in casa e nessuno dei suoi genitori faceva nulla per impedirlo, dicevano loro di essere comprensivi e di capire il fratello minore che stava passando una fase delicata, ma era diventato tutto troppo insopportabile. Tōya era troppo insopportabile. <<Non fa altro che trattarci male e non ci chiede nemmeno scusa. Siamo noi quelli che stavano giocando con i videogiochi perché non può aspettare il suo turno come facciamo noi?>>

Kenma uscì dalla cucina; la bambina tra le sue braccia, con le lacrime agli angoli degli occhi e la testa poggiata sulla spalla del padre omega — aveva indosso un vestitino rosa a balze, i capelli neri raccolti in due codine laterali. Si stava succhiando il pollice mentre mugugnava versetti incomprensibili. Kuroo le sorrise dolcemente, e Kenma prese un respiro profondo, stanco di tutto quel frastuono che alloggiava in casa. Era diventato un incubo. <<Stanno litigando da due ore. Non so come farli stare zitti, per favore pensaci tu. Io non ce la faccio più>>

Kuroo si voltò verso il suo terzogenito, l'espressione severa di chi non ammetteva neppure una replica. Tōya lo guardava con aria di sfida, le sopracciglia aggrottate e l'aria di chi sapeva di avere ragione a prescindere dal pensiero degli altri membri della famiglia. <<Se con i videogiochi stanno giocando i tuoi fratelli, devi aspettare che finiscano di giocare prima di poterlo fare tu. È sempre stato così in questa casa perché adesso ti metti a fare il prepotente, mh? — Tōya fece per aprire la bocca e parlare, ma Kuroo lo zittì prima ancora che lui potesse anche solo formulare una sillaba. — Invece di giocare ai videogiochi, hai fatto i compiti per domani? Immagino di no, giusto? — Tōya non gli rispose e continuava solo a guardarlo male, come se volesse fulminarlo con lo sguardo perché non stava dando man forte a lui ma ai suoi fratelli più grandi. A Kuroo l'espressione cattiva del figlio spaventò leggermente. — Vai a fare i compiti per domani, e se chiederai scusa ai tuoi fratelli potrai giocare con i videogiochi dopo cena, prima di andare a letto>>

<<No>>

Okay, Kuroo questa non se l'aspettava. Insomma, se la sarebbe aspettata da Takao (che sin da bambino era quello che gli teneva più testa) o da Shōyō, sì, Shōyō i no glieli regalava come se fossero stati acqua fresca... ma non da Tōya, non dal suo dolce e tenero Tōya. Tōya che quando tornava da lavoro gli correva incontro e lo abbracciava riempiendolo di baci. Tōya che stava sempre appiccato a lui come se fossero stati una cosa sola. <<Cosa?>>

<<Io non chiedo scusa a questi due idioti. Stavo giocando io, era il mio turno. E poi anche loro fanno sempre i prepotenti con me quando voi non ci siete, ma non ve ne accorgete nemmeno perché siete troppo impegnati ad occuparvi di quella mocciosa di merda — indicò la sorellina con tutta la rabbia che aveva in corpo. Tōya si avvicinò al padre alpha sul passo di marcia, gli puntò un dito al petto con tutta la rabbia presente in corpo. Tra tutti, suo padre Kuroo era quello che lo faceva arrabbiare di più in assoluto. — Io non vi sopporto più, vi odio, vi odio tutti. Non voglio più andare in quella merda di scuola e soprattutto non voglio più giocare a pallavolo. La pallavolo è da falliti, falliti come te e i tuoi due figli. Voglio andare a stare dal nonno e dalla nonna e voglio andarci a stare adesso>>

Si diresse in camera sua e sbatté la porta con tutta la rabbia che possedeva. Tōya chiuse la porta a chiave e accese lo stereo a tutto volume, ma nessuno fece nulla per fermarlo perché troppo scossi da quello che era appena successo.
Kuroo portò lo sguardo su Kenma, e Kenma fece altrettanto. Erano preoccupati, spaventati da quello che stava passando nella testa del loro bambino.

In un primo momento avevano addirittura ipotizzato che il bambino si comportasse in questo modo perché voleva seguire l'esempio di Shōyō, avevano pensato che volesse diventare come lui... ma Shōyō non era mai stato così irascibile, così cattivo.
Soprattutto con loro. Soprattutto con Kuroo.
Tōya invece sembrava avercela a morte proprio con loro, e in particolare con il suo papà alpha.

Che cosa stava succedendo al loro bambino?

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